Le Sezioni Unite sull’obbligo di notifica dell’istanza de libertate alla persona offesa

Annalisa Tucciarone
06 Luglio 2022

La Suprema Corte chiarisce a quali condizioni, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, va notificata alla persona offesa l'istanza di revoca o sostituzione in melius delle misure cautelari personali.

   

* La nota è frutto della riflessione comune degli autori; tuttavia, i §§ 1, 3 e 5 sono stati scritti da A. Valenti, mentre i §§ 2, 4 e 6 da A. Tucciarone.

Massima

L'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. va interpretato nel senso che, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, l'istanza di revoca o sostituzione di una delle misure cautelari previste dagli artt. 282-bis e ss. c.p.p. va notificata alla persona offesa solo ove questa abbia nominato un difensore oppure eletto o dichiarato domicilio.

Nel caso in cui la persona offesa sia deceduta in conseguenza del reato, la notifica ex art. 299, comma 4-bis, c.p.p. è dovuta, con le stesse modalità previste per la vittima, ai suoi prossimi congiunti o alla persona con essa legata da relazione affettiva e stabilmente convivente.

Il caso

La Corte di assise di appello di Napoli rigettava l'istanza di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere presentata da un soggetto imputato per i delitti di duplice omicidio aggravato, detenzione e porto d'armi comuni da sparo e occultamento di cadavere, dopo aver confermato nei suoi confronti la sentenza di condanna emessa in primo grado. L'imputato proponeva appello.

Il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice distrettuale del riesame, dichiarava il gravame inammissibile, rilevando d'ufficio che l'appellante non aveva assolto l'onere di cui all'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., secondo cui, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, la parte che, dopo la chiusura delle indagini preliminari, chiede la revoca o la sostituzione delle misure di cui agli artt. 282-bis e ss. c.p.p. deve notificare l'istanza “presso il difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa, salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio”.

Il Tribunale riteneva che l'istanza avrebbe dovuto essere notificata ai prossimi congiunti, in quanto titolari dei diritti delle persone offese decedute in conseguenza dei reati. Sul punto richiamava la definizione di «vittima» contenuta dall'art. 2, §1 della direttiva 2012/29/UE, che ricomprende anche i familiari della persona la cui morte sia stata causata direttamente da un reato e che abbiano subito conseguentemente pregiudizio. Sosteneva altresì che la notifica fosse obbligatoria, sebbene i destinatari non avessero nominato un difensore né dichiarato o eletto domicilio, essendo ricavabile dagli atti del procedimento l'indicazione della residenza, da equiparare, agli effetti dell'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., alla dichiarazione di domicilio.

Contro tale decisione, l'imputato proponeva ricorso per Cassazione, con il quale negava in primo luogo che l'onere della notificazione sia dovuto nel caso in cui la persona offesa, pur debitamente informata della pendenza del procedimento, non abbia nominato un difensore, né dichiarato o eletto domicilio, e, in secondo luogo, che la qualità di persona offesa possa essere attribuita anche ai prossimi congiunti della vittima deceduta in conseguenza del reato.

La Prima sezione penale, rilevata l'esistenza di una pluralità di orientamenti sulla prima questione e ritenuta l'opportunità di prevenire un contrasto giurisprudenziale in merito alla seconda, rimetteva la decisione del ricorso alle Sezioni Unite.

La Procura Generale della Cassazione presentava memoria nella quale assumeva che, nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, sia sufficiente l'indicazione di un domicilio da parte della persona offesa a rendere necessaria la notifica ex art. 299, comma 4-bis, c.p.p. e che per persona offesa debbano intendersi anche gli eredi del soggetto deceduto.

Le Sezioni Unite hanno preliminarmente dichiarato l'inammissibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, atteso che nelle more del procedimento cautelare il giudizio di merito veniva definito. Ritenendo necessario garantire “certezza del diritto” su una materia immediatamente incidente sui diritti fondamentali e regolata anche da fonti sovranazionali, si sono avvalse del “potere discrezionale” di cui all'art. 618, comma 1-ter, c.p.p., introdotto dalla l. 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. “Riforma Orlando”), che consente di enunciare il principio di diritto anche al ricorrere della anzidetta causa di inammissibilità.

Dopo aver esaminato la normativa e la giurisprudenza in materia, le Sezioni Unite hanno risposto ai quesiti posti dal rimettente nei termini che seguono: i) «nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, la richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare deve essere notificata, a cura del richiedente, presso il difensore della persona offesa o, in mancanza, alla persona offesa, a condizione, in quest'ultimo caso, che essa abbia dichiarato o eletto domicilio»; ii) «in ragione delle finalità eminentemente informative e partecipative al processo della notifica di cui all'art. 299, comma 4-bis, cod. proc. pen., essa, in caso di decesso della persona offesa in conseguenza del reato, deve essere effettuata, con le stesse modalità previste per la vittima, ai prossimi congiunti o alla persona a quella legata da relazione affettiva e stabilmente convivente».

La questione

Le questioni riguardano le condizioni al ricorrere delle quali sorge l'obbligo informativo di cui all'art. 299, comma 4-bis, secondo periodo, c.p.p.

1) Nei procedimenti per delitti commessi con violenza alla persona, l'obbligo di effettuare la notifica dell'istanza di revoca o sostituzione delle misure cautelari di cui agli artt. 282 e ss. c.p.p. sussiste solo se la persona offesa abbia nominato un difensore di fiducia oppure eletto e/o dichiarato domicilio?

2) Tale adempimento va effettuato solo nel caso di pregresso rapporto tra autore del reato e vittima e/o di concreto pericolo di recidiva specificamente riferita a quest'ultima? Dunque, in caso di omicidio, la notifica va effettuata anche agli eredi?

Le soluzioni giuridiche

Relativamente alla questione sub 1) – l'unica rispetto alla quale si registra un contrasto giurisprudenziale – si contrappongono due indirizzi interpretativi.

Secondo l'orientamento maggioritario, sulla base del dato letterale, della lettura sistematica dell'art. 299 c.p.p. e del quadro normativo sovranazionale, la persona offesa che non abbia nominato un difensore o dichiarato e/o eletto domicilio non decade per ciò solo dal diritto di ricevere la notifica dell'istanza.

Quanto al dato letterale, si sostiene che il comma 4-bis cit., dopo aver prescritto all'istante di effettuare la notifica alla persona offesa a pena di inammissibilità, individuerebbe, nella sua seconda parte, solo diversi luoghi ove effettuarla e non eccezioni a tale obbligo. In particolare: i) nel caso in cui la persona offesa abbia nominato un difensore, di regola, la notifica andrebbe effettuata “presso il difensore”; ii) nell'ipotesi opposta, andrebbe effettuata personalmente; iii), laddove la vittima abbia nominato un difensore ma, al contempo, abbia dichiarato o eletto un domicilio, sarebbe quest'ultimo il luogo al quale avere riguardo. Pertanto, l'inciso “salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio” rappresenterebbe unicamente una eccezione alla regola di cui all'art. 33 disp. att. c.p.p., secondo cui la persona offesa, ove abbia nominato un difensore, è presso di lui domiciliata.

Sul piano sistematico rileva l'esame dell'intero art. 299 c.p.p. Il comma 2-bis prevede che i provvedimenti riguardanti le misure di cui agli artt. 282-bis e ss. c.p.p. vadano immediatamente comunicati, a cura della polizia giudiziaria, ai servizi socioassistenziali, alla persona offesa e, ove nominato, al suo difensore, senza indicare modalità di comunicazione. Sarebbe dunque «canzonatoria» una immediata comunicazione alla persona offesa o al suo difensore del provvedimento di revoca o modifica della misura senza la previa notifica dell'istanza, atteso che «è proprio la notifica dell'istanza volta alla modifica o revoca della misura cautelare che allerta la vittima e la rende "soggetto partecipato" del procedimento cautelare» (Cass. pen., Sez. II, 10 febbraio 2021, n. 12377).

Infine, si osserva che è fuori dallo spirito della direttiva 2012/29/UE subordinare i diritti di informazione ad un comportamento positivo della vittima.

Tuttavia, talune pronunce hanno puntualizzato che l'obbligo informativo trova il limite nell'esigibilità del suo adempimento, ossia nella materiale disponibilità, nel fascicolo processuale, delle generalità e dell'indirizzo del destinatario della notifica (Cass. pen., Sez. II, 3 febbraio 2016, n. 12325).

Secondo l'orientamento minoritario, in ragione del dato letterale, confortato dall'analisi dei lavori parlamentari e da ragioni di ordine logico e sistematico, ove la persona offesa non abbia nominato un difensore né eletto e/o dichiarato domicilio, la mancata notifica non determina l'inammissibilità dell'istanza.

Sul piano letterale l'inciso “salvo che in quest'ultimo caso essa (la persona offesa) non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio” non potrebbe essere inteso, «a meno di non stravolgere la lingua italiana», come volto ad introdurre una terza modalità di notifica dell'istanza(Cass. pen., Sez. II, 10 febbraio 2021, n. 12377).

Il dato testuale sarebbe confortato dall'analisi dei lavori parlamentari che hanno portato all'introduzione dell'inciso in sede di conversione del d.l. 14 agosto 2013, n. 93, con l'approvazione della l. 15 ottobre 2013, n. 119. Dagli stessi emergerebbe la volontà di eliminare l'incombenza della notifica ove non sia intervenuto il compimento di uno degli atti suindicati.

Accogliendo quanto sostenuto dal primo indirizzo, la predetta aggiunta sarebbe tra l'altro priva di utilità. L'eventuale elezione di domicilio, infatti, sarebbe stata destinata a prevalere sulle altre forme di notificazione anche nella formulazione originaria del decreto legge, secondo cui la notifica doveva essere effettuata «al difensore della persona offesa o, in mancanza di questo, alla persona offesa».

Rilevano infine ragioni di ordine logico e sistematico. L'ultimo inciso dell'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., sarebbe volto ad evitare, in una materia che involge direttamente la libertà personale, di gravare l'istante con adempimenti difficoltosi e che in taluni procedimenti, come quelli con un numero elevato di vittime, potrebbero impedire l'esame della domanda per un lungo periodo di tempo, necessario al reperimento di tutti i dati necessari alle notifiche. Peraltro, tali adempimenti, oltre che difficoltosi, potrebbe rivelarsi fini a sé stessi, atteso che la mancata nomina del difensore e la mancata elezione o dichiarazione di domicilio sarebbero indici non equivoci del disinteresse della vittima a partecipare al procedimento.

Le Sezioni Unite hanno accolto le conclusioni del secondo orientamento, seppure sulla base di un percorso argomentativo parzialmente diverso.

Hanno ritenuto che la lettera della norma non abbia un valore univoco e che quindi non sia sufficiente a dirimere il contrasto interpretativo, posto che l'espressione “salvo che” può assumere tanto un significato eccettuativo (tranne, eccetto che) quanto uno condizionale (a condizione che). Proprio per tale ragione, hanno interpretato l'ultima parte dell'art 299, comma 4-bis, c.p.p. alla luce dei lavori parlamentari che hanno portato alla sua introduzione. Da essi emergerebbe con evidenza che essa rispondeva all'esigenza di «limitazione, nella peculiare fase cautelare, dell'ampiezza dei destinatari della prescritta notifica dell'istanza», mediante l'apposizione di una condizione all'esercizio da parte della persona offesa del suo diritto all'informazione e alla partecipazione al sub-procedimento cautelare. Invero, il legislatore avrebbe imposto alla persona offesa che non abbia nominato un difensore, di compiere, a pena di «decadenza» dal diritto alla notifica, «un atto formale e specifico alternativo, ugualmente idoneo a tradurne la volontà di essere parte del procedimento, rappresentato dalla dichiarazione o dall'elezione di domicilio».

La disposizione così interpretata, tra l'altro, sarebbe coerente con il sistema normativo e compatibile con i precetti costituzionali.

In primo luogo, l'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. si inserirebbe armonicamente nel sistema degli obblighi informativi a tutela della persona offesa, se letto in relazione all'art. 90-bis c.p.p., a mente del quale, fin dal primo contatto con l'autorità procedente, ad essa devono essere fornite una serie di informazioni, tra cui quella in merito alla facoltà di avvalersi della consulenza legale e del patrocinio a spese dello Stato. In questo modo, nel momento in cui è dovuta la notifica di cui all'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. – ossia dopo la chiusura delle indagini preliminari – la persona offesa ha avuto da tempo la possibilità di confrontarsi con il processo e di apprezzare la volontà di farne parte. Appare allora coerente pretendere dalla stessa, al fine di essere informata su eventuali sub-procedimenti cautelari, una specifica manifestazione di interesse.

Per altro verso, questa richiesta appare realizzare un adeguato contemperamento tra l'interesse della vittima del reato ad essere informata delle vicende cautelari e l'interesse del sottoposto a misura alla celere definizione del procedimentode libertate. Nella stessa ottica, si osserva che la notifica dell'istanza all'indirizzo evincibile dagli atti non risponde né alle esigenze, proprie dell'istante, di «effettiva reperibilità» e «tempestiva conoscibilità» delle notizie necessarie ad effettuare la notifica, né alle esigenze di tutela della vittima, che potrebbe non volerle ricevere presso un luogo che non è stato espressamente eletto a tal fine.

Passando all'analisi del quesito sub 2), le Sezioni Unite si sono dapprima interrogate sulla necessità, ai fini dell'obbligo della notificazione, dell'esistenza di un pregresso rapporto tra autore del reato e vittima, ovvero della sussistenza di un concreto pericolo di recidiva riguardante quest'ultima. Hanno osservato che il dato letterale dell'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., che non richiama né implicitamente, né esplicitamente un pregresso legame relazionale tra autore e vittima, nonché la ratio del relativo intervento normativo, non consentono limitazioni con riguardo all'ampiezza della categoria dei soggetti destinatari dell'avviso, tenuto conto che la finalità della norma è «eminentemente informativa e partecipativa, e non protettiva, della persona offesa».

In risposta alla seconda parte del quesito, hanno tuttavia escluso che nella categoria dei destinatari della notifica siano ricompresi anche gli eredi della persona deceduta in conseguenza del reato. Ciò in quanto l'art. 90 c.p.p. attribuisce, in maniera esplicita, i diritti e le facoltà della persona offesa che sia deceduta in conseguenza del reato, oltre che alla persona legata da relazione affettiva e con essa stabilmente convivente, ai prossimi congiunti della persona offesa, con ciò escludendo gli eredi. Del resto, si rimarca che, nel sistema delineato dal nuovo codice di rito, la figura della persona offesa ha uno statuto autonomo e differenziato rispetto al soggetto che subisce un danno a contenuto patrimoniale in conseguenza del reato.

Osservazioni

La pronuncia in esame ha molteplici implicazioni sistematiche.

Anzitutto, sebbene la Corte si sia espressa sulle istanze di cui all'art. 299, comma 4-bis, c.p.p., ossia su quelle presentate dopo la conclusione delle indagini, fuori udienza, il principio enunciato non può che trovare applicazione anche quando il sub-procedimento cautelare venga avviato durante la fase delle indagini, dopo l'interrogatorio di garanzia, ai sensi del comma 3. Invero, la formula oggetto di contrasto interpretativo («salvo che in quest'ultimo caso essa non abbia provveduto a dichiarare o eleggere domicilio») figura in entrambe le disposizioni, e identica è la genesi normativa delle due interpolazioni.

La soluzione accolta, poi, deve trovare applicazione anche nel caso in cui il soggetto che chieda la modifica in melius o la revoca della misura sia il pubblico ministero, posto che il legislatore onera della notificazione il «richiedente», e dunque non solo l'indagato o l'imputato.

Il profilo di maggior rilievo, sul piano sistematico, è dato dall'impostazione adottata nella sentenza: si rifiuta una prospettiva interpretativa incentrata sulla “ipervalorizzazione” delle istanze di tutela della vittima, in favore della cura dei suoi concreti interessi e della necessità che questi non sfuggano al bilanciamento con quelli dell'indagato o dell'imputato. Infatti, la notificazione dell'istanza relativa al procedimento de libertate, quando la persona offesa non abbia manifestato alcuna volontà partecipativa, potrebbe tradursi in una “cieca formalità”, capace di ostacolarne l'esame e incapace di rispondere alle esigenze della persona offesa.

Sul punto va osservato, in primo luogo, che la notifica alla residenza, il cui dato, non senza difficoltà andrà individuato tra gli atti del fascicolo processuale (eventualmente coperti dal segreto nella fase delle indagini), potrebbe non rispondere ai criteri di reperibilità, che invece soddisfano la nomina del difensore oppure la elezione e la dichiarazione di domicilio. In secondo luogo, la persona offesa che non abbia compiuto alcuno di questi atti potrebbe non avere interesse a prendere parte al procedimento cautelare o, addirittura, potrebbe non voler conoscere, se non nei limiti di quanto necessario alla sua tutela, i suoi sviluppi.

A ben vedere, prescindendo dalla volontà partecipativa dell'offeso, si rischia di alimentare un fenomeno di “vittimizzazione secondaria”. Infatti, è possibile che questo non voglia essere cercato da parte dell'offensore, per di più in un luogo – mai indicato – che, legittimamente, potrebbe voler tenere estraneo al procedimento. Si coglie, così, anche la differenza rispetto all'adempimento di cui al comma 2-bis, che è effettuato “a cura della polizia giudiziaria”, e che riguarda la risultante del procedimento cautelare.

La sentenza in esame, infine, non potrà che costituire il punto di partenza per la risoluzione del nuovo quesito posto all'esame delle Sezioni unite, alle quali ora si chiede se la persona offesa possa proporre ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con la quale la revoca o la modifica della misura cautelare sia stata disposta «in violazione del diritto al contraddittorio» (Cass. pen., sez. VI, ord. 9 novembre 2021, n. 5551).

Riferimenti
  • Conforti-Mari-Mosetti, Persona offesa e processo penale: facoltà, diritti e protezione nell'evoluzione normativa e giurisprudenziale, Giuffrè Francis Lefebvre, 2022, 53 ss.;
  • Guerra, Questioni in tema di diritti di informazione ed interlocuzione della persona offesa nell'incidente cautelare, Cass. pen., 2017, 2535;
  • Zacchè, Le cautele fra prerogative dell'imputato e tutela della vittima di reati violenti, Riv. it. dir. proc. pen., 2015, 646.

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