Decisa dalle Sezioni Unite la questione della partecipazione all'udienza di riesame del soggetto attinto da misura cautelare
25 Maggio 2020
1.
La V sezione penale della Corte di Cassazione con ordinanza del 23 ottobre 2019 (udienza 13 settembre 2009) ha rimesso alle Sezioni Unite, ai sensi dell' art. 618 c.p.p. , la questione relativa alla modalità di esercizio del diritto di comparire alla udienza di riesame da parte del soggetto sottoposto ad una misura cautelare personale.
Questa, precisamente, la questione rimessa alle Sezioni Unite: « se nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza camerale ai sensi dell' art. 309, comma 8- bis , c.p.p. deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente alla proposizione della impugnazione cautelare, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione, ai fini del regolare svolgimento del procedimento di cui all' art. 309 c.p.p. ».
Il contrasto interpretativo rilevato dall'ordinanza involge, sostanzialmente, l'esistenza di un fisso limite temporale entro cui deve essere esercitato il diritto di partecipazione all'udienza di riesame da parte del soggetto sottoposto a misura cautelare; esso trae origine dalle modifiche normative all' art. 30 9 c.p.p. introdotte dall'art. 11 della legge n. 47 del 16 aprile 2015 .
Anteriormente all'indicato intervento riformatore, infatti, l' art. 309 c.p.p. , attraverso il rinvio operato dal comma 8 alle forme previste dall'art. 127 c.p.p. (rinvio peraltro ancora formalmente presente nella disposizione novellata), ancorava il diritto alla comparizione personale all'udienza di riesame da parte del soggetto sottoposto alla cautela al fatto che il luogo di detenzione rientrasse nell'ambito della circoscrizione del Tribunale del riesame, mentre, laddove non ricorresse tale ultima condizione, la garanzia del diritto di partecipazione assumeva la forma dell'audizione da parte del magistrato di sorveglianza, sempre che dall'interessato richiesta.
La partecipazione all'udienza di riesame veniva così delineata - peraltro all'interno di un modulo a partecipazione non necessaria, quale quello del procedimento in camera di consiglio disciplinato in via generale dall' art. 127 c.p.p. - in funzione del contemperamento tra le esigenze di celerità, in potenza negativamente incise dalla distanza tra il locus detentionis e il luogo ove ha sede il competente Tribunale del riesame,sottese al procedimento de libertate di cui all'art. 309 c.p.p. , scandito da termini procedimentali e definitori perentori a fini della tutela della libertà personale e l'effettività del diritto di difesa, di cui la partecipazione all'udienza è logico corollario.
Tale prospettiva valoriale era del resto a fondamento della nota decisione dalla Corte Costituzionale n. 45 del 31 gennaio 1991 secondo cui il combinato disposto degliarticoli 309 comma 8 e127 comma 3 c.p.p. non vieta la comparizione del detenuto fuori dal circondario che, anzi, è indispensabile quando l'istanza di presenziare è funzionale «all'acquisizione di elementi probatori» ovvero, più in generale, «all'autodifesa».
In adesione all'affermazione secondo cui rientra «nei principi generali d'immediatezza e di oralità, cui si ispira l'attuale sistema processuale, il diritto-dovere del giudice di cognizione di sentire personalmente l'imputato, e il diritto di quest'ultimo di essere ascoltato dal giudice che dovrà giudicarlo» ( Corte Costituzionale sentenza 31 gennaio 1991, n. 45 ), la giurisprudenza di legittimità aveva, poi, riconosciuto che, ove l'imputato ne avesse fatto espressa richiesta, esplicitando ragioni e rilevanza concreta della partecipazione personale (Cass. pen., Sez. II, 5 novembre 2014, n. 6023 ), il giudice ne potesse ordinare la traduzione.
In altre parole, il diritto vivente, pur nella ferma dicotomia tra detenuto o internato dentro o fuori il circondario e alcuni distinguo in punto di perdita efficacia della misura cautelare, affermava il diritto alla partecipazione personale in specifica funzione difensiva, ritenendo che la mancata traduzione all'udienza camerale del detenuto fuori distretto, fosse causa di nullità, ai sensi degli artt. 178 e179 c.p.p. , del procedimento camerale e del relativo provvedimento decisorio allorquando l'interessato ne avesse fatto esplicita richiesta e questa non si presentasse defatigatoria o di ostacolo al rispetto dei termini fissati dalla procedura per la decisione dell'impugnazione (Cass. pen., Sez. VI, 21 maggio 2015, n. 21849 ;Cass. pen., Sez. VI, 17 ottobre 2013, n. 44415 ;Cass. pen., Sez. VI 4 dicembre 2006, n. 1099 ).
È questo il sistema su cui si è innestato l'intervento novellatore del Legislatore nel 2015 che, per quanto qui direttamente rileva, modificando il comma 6 dell' art. 309 c.p.p. ha previsto che con la richiesta di riesame, oltre a poter enunciare i motivi, «l'imputato può chiedere di comparire personalmente», introducendo al comma 8-bis un nuovo periodo che stabilisce: «L'imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente».
La portata innovatrice dell'intervento riformatore risulta, quindi, esplicita nel superare il modello del rito camerale a contraddittorio eventuale, disancorando definitivamente il diritto di partecipazione personale dell'interessato all'udienza di riesame dal luogo in cui lo stesso è detenuto o internato.
Quale che sia il locus detentionis, la richiesta del soggetto attinto della cautela di partecipazione personale all'udienza di riesame fonda un diritto di partecipazione e un correlativo obbligo per il Tribunale del riesame di assicurarne l'effettività, disponendo la traduzione del detenuto: tanto in una prospettiva di rafforzamento delle garanzie funzionali alla difesa nel contraddittorio fin dalla fase genetica della quaestio libertatis.
La stessa ordinanza di rimessione, proprio nell'introdurre il tema oggetto del contrasto, individua senza incertezze in questa la ratio dell'intervento riformatore (punto 2 dell'ordinanza), chiarendo fin dall'incipit le coordinate valoriali, invero in tal senso necessariamente identiche, sottese agli opposti orientamenti che il contrasto originavano.
L'oggetto del contrasto, come esplicitato dal tenore della questione rimessa, non attiene all'ampliamento del diritto di partecipazione del soggetto sottoposto alla misura cautelare alla udienza di riesame quanto alla sussistenza o meno di un termine decadenziale per esercitare tale diritto, individuato nella presentazione della richiesta di riesame alla luce del combinato disposto dei commi 6 e 8-bis dell' art. 309 c.p.p.
Del resto, se il diritto di difesa, al pari di altri diritti anche di rango costituzionale, può essere dal Legislatore declinato nelle forme di esercizio e o manifestazione in funzione di garanzia e tutela di altri valori e interessi di pari valore, la questione finisce con l'incentrarsi sulla definizione del bilanciamento tra valori e interessi - nel caso di specie neppure antitetici, attesa la valenza garantista sottesa alla celere definizione del procedimento cautelare -, quale operato dal Legislatore della riforma del 2015.
Orbene secondo un primo orientamento, esposto per secondo dall'ordinanza di rimessione, risalente ai primi interventi del giudice di legittimità all'indomani della novella ( Cass. pen., Sez. I, 6 ottobre 2015, n. 49882 ) ma riaffermato anche dopo i primi interventi di segno opposto (Cass, IV, 23 febbraio 2016, n. 12998 ;Cass. pen., Sez . II, 15 gennaio 2018, n. 12854 ), il diritto di partecipazione all'udienza di riesame da parte del soggetto attinto da provvedimento restrittivo è subordinato alla specifica condizione che la relativa richiesta sia avanzata contestualmente alla richiesta di riesame anche per il tramite del difensore.
Si osserva, in particolare, che il rafforzamento del diritto alla partecipazione del detenuto è stato operato dall'intervento riformatore del 2015 attraverso definitivo superamento per l'udienza di riesame dell'archetipo di cui all' art. 127 c.p.p. ; nondimeno, l'affermata neutralità del locus detentionis rispetto al diritto di ogni ristretto a partecipazione è stata accompagnata dalla precisa scelta del Legislatore di stabilire, attraverso la riformulazione dei commi 6 e 8-bis dell'art. 309 c.p.p. , quale termine decadenziale entro cui la richiesta di partecipazione deve essere formulata quello della presentazione della richiesta di riesame.
Tale ricostruzione si presenta coerente con il dato sia testuale delle disposizioni normative novellate che con quello sistematico.
Sotto il primo profilo si evidenzia, nelle pronunce sopra richiamate, che la previsione di cui al comma 8-bis dell' art. 309 c.p.p. espressamente incardina la legittimazione dell'indagato alla partecipazione personale all'udienza al fatto che questi «ne abbia fatto richiesto ai sensi del comma 6», ossia contestualmente alla proposizione del ricorso, laddove, diversamente opinando, la disposizione sarebbe priva di concreta applicazione; d'altro canto, si rileva che solo una tale interpretazione mette al riparo le esigenze di rapidità, sottese allo svolgimento del gravame relativo alla cautela, da incertezze applicative, connesse ora alla valutazione discrezionale del giudice in punto di tempestività della richiesta ora alle disomogeneità delle scelte organizzative degli uffici giudiziari.
Secondo tale orientamento, pure aperto alla possibilità che la richiesta di partecipazione personale provenga anche dal Difensore (riferendosi l'avverbio “personalmente” di cui al comma 6 dell' art. 309 c.p.p. non al richiedente ma alla comparizione:Cass. pen., Sez. , I, 6 ottobre 2015, n. 49882 ), la contestualità della richiesta di comparizione all'atto di riesame, introdotta dallalegge n. 47/2015 neppure determina una compressione del diritto di difesa significativa al punto da integrarne una irragionevole lesione.
In tal senso, in un primo momento ( Cass. pen., Sez. , I, 6 ottobre 2015, n. 49882 ) si è posta l'attenzione sulla «forte accentuazione della fisionomia dell'interrogatorio di garanzia come strumento di difesa»: nella misura in cui l'interessato è posto in condizione di dedurre le circostanze adducibili a suo favore all'interrogatorio di garanzia, atto obbligatorio e da svolgersi in termini perentori, che di regola sono assai prossimi all'udienza di riesame, «nella fase dell'incidente cautelare, la presenza dell'indagato assume un rilievo in chiave difensiva necessariamente di minore pregnanza, sia perché rimessa alla sua volontà, sia perché parimenti rimesso alla sua volontà è l'esercizio di rendere spontanee dichiarazioni in udienza, sia, infine, perché dette spontanee dichiarazioni, proprio per essere rese solo qualche giorno dopo l'obbligatorio interrogatorio di garanzia, nella stragrande maggioranza dei casi non possono che risolversi nella pedissequa ripetizione di quanto già dichiarato davanti al Gip o in generiche proteste di innocenza».
Con ponderazione anche estesa –nel solco dell'orientamento contrario- alla funzione eminentemente difensiva dell'audizione personale dell'interessato, in quanto già riconosciuta dalla Corte Costituzionale nella richiamata sentenza n. 45/1991 e anche «declinazione del più generale diritto al contraddittorio nella dimensione dell'oralità che trova la sua matrice sia nell'art. 111 della Carta Costituzionale, che nell' art. 6 della Convenzione europea dei diritti uman i », più di recente (Cass. pen., Sez. , II, 15.1.2018, n. 12854 ) si è ribadita la natura decadenziale del termine di cui al comma 6 dell'ar t. 309 c.p.p. : l'effettivo esercizio del diritto a partecipare all'udienza camerale presuppone che tale volontà sia stata manifestata unitamente alla richiesta di riesame. Il Legislatore, si è osservato, ha, nel combinato disposto dei commi 6 e 8 bis dell'art. 309 c.p.p. , contemperato il diritto alla partecipazione con «l'esigenza di offrire tutela immediata alle persone ristrette da vincoli che limitano la libertà personale, generando un diritto alla revisione tempestiva dell'ordinanza genetica», in un bilanciamento equilibrato nella misura in cui omogeneo e scevro dal rischio di diseguaglianze.Un diverso orientamento ( Cass. pen., Sez. II, 3.4.2017, n. 36160 ;Cass. pen., Sez. VI, 7.3.2019 n. 24894 ;Cass. pen., Sez. VI, 22.3.2019, 22.3.2019, n. 21779 ) afferma, invece, il principio secondo cui il diritto di partecipazione personale all'udienza di riesame non può ritenersi vincolato al fatto che la relativa richiesta sia contestuale all'impugnazione cautelareex art. 309 c.p.p. , trattandosi di un'opzione ermeneutica che non è imposta dalla lettera della legge e neppure realizza il minor sacrificio possibile del diritto di difendersi personalmente nel contraddittorio tra le parti e l'interesse di celere definizione della quaestio libertatis.
Si osserva, quanto al primo profilo, che la disposizione di cui al comma 6 dell' art. 309 c.p .p. si connota per una formulazione verbale che facoltizza e non obbliga a manifestare la volontà di partecipazione al momento della presentazione dell'istanza di riesame: in tal senso, l'uso del verbo “può” evidenzia l'incongruenza di ricondurre a siffatta espressione lessicale una decadenza rispetto all'istanza partecipativa.
D'altro canto, la valenza costituzionale ( art. 111 , comma 2 , Costituzione ) e sovranazionale (art. 6 della Convenzione E.D.U.) del principio del contraddittorio delle parti nel processo avvalora e rafforza il pronunciamento della Corte Costituzionale più volte richiamato in punto di qualificata valenza difensiva della partecipazione personale dell'interessato, ciò che impone di ampliarne il più possibile l'effettività in coerenza, peraltro, con la ratio stessa dell'intervento riformatore.
Secondo tale diverso orientamento, il diritto di comparire personalmente all'udienza di riesame da parte del soggetto in vinculis non è sottoposto a limitazione o termine decadenziale, quando esercitato in termini comunque compatibili con la regolarità della procedura camerale scandita nel suo svolgimento da tempi rapidi e certi, previsti nell'interesse dello stesso.
Laddove l'esigenza di assicurare la celere definizione del procedimento di riesame, preservandolo da istanze partecipative ostruzionistiche e dilatorie, non risulti in concreto pregiudicata, perché l'istanza dell'interessato, quand'anche successiva alla richiesta di riesame, sia comunque intervenuta in tempo utile da non incidere sul regolare svolgimento del procedimento di riesame, è irragionevole la compressione del diritto di difesa implicita nella opzione ermeneutica che sostiene la natura decadenziale del termine di cui al comma 6 dell' art. 309 c.p.p. . In caso di istanza partecipativa che non interferisca con i tempi scanditi con certezza propri della procedura di riesame, l'effettività del diritto di difesa, ontologicamente sotteso alla istanza partecipativa, non può essere considerata recessiva di fronte alle disomogeneità organizzative dei singoli Uffici.
In conclusione, secondo l'opposto orientamento, la richiesta di partecipazione personale può essere formulata con la presentazione del ricorso per riesame, che è il primo momento in cui la volontà di presenziare può essere utilmente manifestata, ma anche successivamente, purché essa sia tempestiva nei termini sopra chiariti di non interferenza con l'ordinato svolgimento della procedura camerale, in una valutazione che non può che essere rimessa all'apprezzamento prudente del giudice investito della relativa istanza.
Come in parte evidenziato nell'ordinanza di rimessione e implicito nelle ragioni a sostegno delle discordanti opzioni ermeneutiche, il contrasto finisce per risolversi nella ricerca del miglior punto di equilibrio tra il diritto di difesa, nella sua declinazione di partecipazione personale all'udienza, e l'effetto di certezza a che la procedura di riesame si svolga senza interruzioni e sia definita in tempi rapidi e certi, in funzione parimenti garantista di tutela dei diritti del soggetto ristretto nella sua libertà personale.
L'identità valoriale sottesa agli opposti orientamenti, in attesa del pronunciamento delle Sezioni Unite risolutivo del contrasto, induce a riflettere su ulteriori profili.
Ci si può interrogare se l'opzione che sostiene la natura decadenziale della disposizione che prevede la contestualità dell'istanza di partecipazione e la richiesta di riesame tenga compiutamente in considerazione il profilo della conoscenza o anche solo della conoscibilità dell'obbligo in questione da parte dell'interessato.
Questi, invero, ha una legittimazione personale alla presentazione del gravame cautelare, che di regola avviene in una fase che la stessa ordinanza di rimessione delinea come connotata da strategia difensiva ancora fluida: appare, quindi, tutt'altro che peregrino ipotizzare che un'esigenza di partecipazione in chiave di autodifesa possa maturare in un momento successivo più o meno prossimo alla presentazione della richiesta di riesame ma, comunque, non in grado di interferire con la regolarità della procedura cautelare.
Inoltre, la limitazione al diritto di partecipazione all'udienza di riesame, ancorata alla affermazione di rigidità temporale del relativo esercizio, finisce con riflettere una disomogeneità rispetto alla partecipazione alla procedura dell'appello cautelare, che rimane disciplinata secondo il paradigma procedurale dell' art. 127 c.p.p. , incentrato sul rilievo del locus detentionis ai fini del diritto alla partecipazione ma non più inteso in senso rigido in forza delle elaborazioni della giurisprudenza di legittimità successive alla pronuncian. 45 del 1991 della Corte Costituzionale .
La partecipazione all'udienza fissata ex art. 310 c.p.p. da parte del soggetto sottoposto alla misura cautelare è, ancora, svincolata da fissità temporali per la manifestazione della relativa volontà anche per i detenuti fuori dal circondario, i quali evidenzino la rilevanza (in chiave difensiva) della istanza partecipativa, rimettendone la relativa valutazione allo stesso Tribunale, in un apprezzamento che si estende alle esigenze di rapida definizione della procedura de libertate e alla incidenza sulle stesse delle problematiche organizzative connesse alla traduzione.2.
La V sezione penale della Corte di Cassazione con ordinanza del 23 ottobre 2019, n. 43406 ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione controversa in giurisprudenza:
« se nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza camerale ai sensi dell' art. 309, comma 8- bis , c.p.p. deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente alla proposizione della impugnazione cautelare, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione, ai fini del regolare svolgimento del procedimento di cui all' art. 309 c.p.p. ». 3.
Il Primo Presidente della Cassazione ha fissato per il 27 febbraio 2020 l'udienza per la discussione della questione controversa in giurisprudenza « se nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza camerale ai sensi dell' art. 309, comma 8- bis , c.p.p. deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente alla proposizione della impugnazione cautelare, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione, ai fini del regolare svolgimento del procedimento di cui all' art. 309 c.p.p. ». 4.
Le Sezioni Unite della Cassazione penale hanno espresso il seguente principio di diritto: "Nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari coercitive la persona detenuta o internata ovvero sottoposta a misura in concreto limitativa della possibilità di partecipare all'udienza camerale può esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza stessa solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, con l'istanza di riesame, ferma restando la facoltà di chiedere di essere sentita su specifici temi con l'istanza di differimento ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 9-bis" 5.
Introduzione. Con la sentenza n. 11803 del 27 febbraio 2020 le Sezioni Unite si sono pronunciate sulla seguente questione di diritto ad esse rimessa dalla V sezione della Corte di Cassazione con ordinanza del 23 ottobre 2019: «se, nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari personali, il soggetto sottoposto a misura privativa o limitativa della libertà personale, che intenda esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza camerale ai sensi dell'art. 309, comma 8-bis, c.p.p. deve formularne istanza, personalmente o a mezzo del difensore, nella richiesta di riesame, oppure possa presentare la richiesta anche non contestualmente alla proposizione dell'impugnazione cautelare, ma comunque in tempo utile per consentire di organizzare la tempestiva traduzione, ai fini del regolare svolgimento del procedimento di cui all'art. 309 c.p.p.». Al quesito le Sezioni Unite hanno fornito la seguente soluzione: «nel procedimento di riesame avverso provvedimenti impositivi di misure cautelari coercitive la persona detenuta o internata ovvero sottoposta a misura in concreto limitativa della possibilità di partecipare all'udienza camerale può esercitare il diritto di comparire personalmente all'udienza stessa solo se ne ha fatto richiesta, anche per il tramite del difensore, con l'istanza di riesame, ferma restando la facoltà di chiedere di essere sentita su specifici temi con l'istanza di differimento ai sensi dell'art. 309, comma 9-bis, cod. proc. pen.».
La disciplina previgente nella giurisprudenza costituzionale e di legittimità. Se il contrasto, come emerge dalla questione sottoposta al vaglio delle SS.UU., involgeva direttamente le modifiche normative apportate ai commi 6 e 8-bis dell'art. 309 c.p.p. dalla legge n. 47 del 2015, il percorso argomentativo delle Sezioni Unite è articolato ed esteso anche agli arresti giurisprudenziali anteriori alla riforma in funzione di una ricostruzione sistematica del procedimento di riesame, in generale, e del diritto alla partecipazione all'udienza di riesame del soggetto sottoposto a privazione o restrizione della libertà personale, in particolare. Fino all'intervento riformatore della legge n. 47/2015, ricostruiscono le SS.UU., l'art. 309 c.p.p., attraverso il rinvio operato dal comma 8 alle forme previste dall'art. 127 c.p.p., ancorava il diritto alla comparizione personale all'udienza di riesame da parte del soggetto sottoposto alla cautela al fatto che il luogo di detenzione rientrasse nell'ambito della circoscrizione del Tribunale del riesame, mentre, laddove non ricorresse tale ultima condizione, la garanzia del diritto di partecipazione assumeva la forma dell'audizione da parte del magistrato di sorveglianza, se richiesta dall'interessato. E tuttavia, sulla scia di alcune pronunce del giudice delle leggi (Corte Cost. n. 98 del 1982 e n. 45/1991), che affermavano il principio che la comparizione del detenuto fuori dal circondario non solo non era vietata dal combinato disposto degli art. 309, comma 8, e 127, comma 3, c.p.p. ma era da ritenersi indispensabile quando l'istanza di presenziare fosse ancorata ad esigenze sostanziali di autodifesa, si era riconosciuto nel diritto vivente un più ampio diritto alla partecipazione personale all'udienza di riesame in specifica funzione difensiva. In particolare, si riconosceva (Cass., SS.UU., 22.11.1995, n. 40, Carnutti) che la mancata traduzione all'udienza di riesame del soggetto che, in funzione difensiva nei termini sopra detti, ne avesse fatto richiesta, comportasse la nullità, ai sensi dell'art. 179 c.p.p., dell'udienza e del provvedimento decisorio del riesame seppure senza riflessi caducatori del titolo cautelare. Ciò indifferentemente per l'imputato detenuto nell'ambito come al di fuori della circoscrizione del giudice dell'impugnazione cautelare. Infatti, l'interpretazione dell'art. 127 c.p.p. conforme all'art. 24 comma 2 Cost. offerta dalla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 45/1991, implicava che il giudice del riesame dovesse assicurare la partecipazione dell'imputato che ne avesse fatto richiesta «in quanto unico mezzo idoneo a consentirgli di esprimere le sue ragioni, in special modo quando queste vertono su questioni di fatto» (Corte Cost. n. 98 del 1982). Una posizione quella sul diritto di partecipazione all'udienza del soggetto detenuto fuori dal circondario riaffermata anche in tempi più recenti (Cass., SS.UU., 24.6.2010, n. 35399) e condizionata alla regolarità e tempestività della volontà di comparire. Un quadro, quello ricostruito dalla Sezioni Unite nella sentenza in commento, in cui la partecipazione all'udienza ex art. 127 c.p.p., anche quella di riesame, da parte dell'imputato detenuto fuori dalla circoscrizione, pure quando affermata in termini di diritto, era ancorata, da un lato, ad una istanza esplicita e, dall'altro, alla compatibilità della richiesta, in generale, con il principio della ragionevole durata del processo e, nello specifico del procedimento di riesame, con la esigenza di una celere definizione della quaestio libertatis, presidiata da termini perentori per la decisione.
L'intervento riformatore della legge n. 47/2015 e il sorgere del contrasto. In questo scenario, di cui le SS.UU. rimarcano la non uniformità, irrompe la novella alla procedura di riesame ex art. 309 c.p.p. apportata dalla legge n. 47/2015. Si tratta di un intervento riformatore ampio, non limitato alle due specifiche norme (comma 6 e 8-bis dell'art. 309 c.p.p.) oggetto del contrasto, e che, sottolineano le SS.UU., trova la sua direttrice in un generale consolidamento della connotazione garantista del procedimento di riesame. Un obbiettivo perseguito rafforzando la celerità e la certezza dei tempi della decisione sia incrementando sotto il profilo quantitativo e qualitativo, come meglio si avrà modo di osservare, il ricorso a termini perentori, sia correlando all'eventuale differimento della data di udienza richiesto ai sensi del comma 9 -bisdell'art. 309 c.p.p. dall'imputato per giustificati motivi un corrispondente allungamento dei termini della decisione. È questo il contesto in cui si inserisce l'intervento novellatore del Legislatore nel 2015 che, nella parte che più direttamente qui rileva, modificando il comma 6 dell'art. 309 c.p.p. ha previsto che con la richiesta di riesame, oltre a poter enunciare i motivi, «l'imputato può chiedere di comparire personalmente», introducendo al comma 8 bis un nuovo periodo che stabilisce: «L'imputato che ne abbia fatto richiesta ai sensi del comma 6 ha diritto di comparire personalmente». La portata innovatrice dell'intervento riformatore sul comma 6 dell'art. 309 c.p.p., annotano le Sezioni Unite, è unanimemente ricondotto alla volontà di svincolare il diritto dell'imputato a comparire dalla discrezionalità del giudice implicita, attraverso l'apprezzamento della regolarità e tempestività della richiesta, anche negli orientamenti giurisprudenziali più adesivi alle decisioni della Corte Costituzionale. In altre parole, quale che sia il locus detentionis, per effetto della riforma, la richiesta del soggetto attinto della cautela di partecipare personalmente all'udienza di riesame fonda un diritto di partecipazione e un correlativo obbligo per il Tribunale del riesame di assicurarne l'effettività, disponendo la traduzione del detenuto: tanto in una prospettiva di rafforzamento delle garanzie funzionali alla difesa nel contraddittorio fin dalla fase genetica della quaestio libertatis. Il contrasto interpretativo nasce invece sulla relazione tra i commi 6 e 8-bis dell'art. 309 c.p.p., si incentra sul rinvio operato dal comma 8 bis alla richiesta avanzata «ai sensi del comma 6» e, in particolare, se esso implichi o meno che la richiesta di comparizione personale debba necessariamente essere avanzata nella richiesta di riesame. Fatta questa premessa, le SS.UU., illustrano dettagliatamente le diverse opzioni interpretative che costituiscono i termini del contrasto, dando atto che entrambe si fondano su argomenti di natura letterale e sistematica. Secondo un primo orientamento (di cui sono espressione Cass., I, 6.10.2015, n. 49882; Cass, IV, 23.2.2016, n. 12998; Cass., II, 15.1.2018, n. 12854) i commi 6 e 8 bis come riformati dalla L. 47/2015 disciplinano in via esclusiva il diritto del soggetto sottoposto a misura cautelare a comparire personalmente all'udienza di riesame, superando definitivamente l'archetipo di cui agli articoli 127, comma 3, e 101 disp. att, c.p.p. Il combinato delle disposizioni novellate elide infatti definitivamente la rilevanza del luogo di detenzione, e, nello specifico, il comma 8 bis declina l'esercizio del diritto di comparizione personale del soggetto sottoposto a restrizioni della libertà, ancorandolo, rectius condizionandolo al fatto che la richiesta partecipativa sia avanzata, personalmente o per mezzo del difensore, contestualmente alla richiesta di riesame presentata ai sensi del comma 6. Il comma 8 bis trova, quindi, nella contestualità tra la richiesta di partecipazione all'udienza e richiesta di riesame che esso stabilisce il proprio significato normativo autonomo, il quale- e veniamo all'argomento sistematico- è anche ragionevole e coerente con la ratio garantista che permea l'intero procedimento di riesame.Se il diritto di partecipazione personale all'udienza è in ogni caso e condizionato, quanto meno rispetto alla fisiologia della possibilità di garantire la presenza in tempo utile rispetto al termine perentorio della decisione, allora, è affatto ragionevole ancorare, come appunto mira a fare il comma 8-bis, il diritto di comparizione personale ad un dato certo, quale è l'istanza di riesame, valevole per ogni situazione e contesto spazio-temporale. In definitiva, attraverso la contestualità tra istanza di comparizione e ricorso per riesame introdotta dalla novella sono composti in un equo bilanciamento il diritto al tempestivo riesame dell'ordinanza genetica e il diritto alla partecipazione personale, come diretta espressione del principio del contraddittorio; un bilanciamento, tanto più equilibrato perché eguale per ogni procedura ex art. 309 c.p.p. (dovunque debba essere celebrata) e per ogni imputato (ovunque si trovi detenuto), senza disomogeneità territoriali o organizzative dell'Amministrazione nella traduzione. In tal senso le modifiche, introdotte dalla legge n. 47/2015 al comma 6 dell'art. 309 c.p.p., valgono a superare le asimmetrie derivanti dal luogo di detenzione, mentre l'introduzione del comma 8-bis, nella parte che qui rileva, neutralizza ogni discrezionalità del Tribunale del riesame nella valutazione della richiesta a comparire, ponendo una condizione unica alla comparizione personale: che la richiesta sia avanzata contestualmente alla richiesta di riesame, per questa via neutralizzando anche ripensamenti ostruzionistici o dilatori. Il contrapposto orientamento (di cui sono espressione Cass. II, 3.4.2017, n. 36160; Cass. VI, 7.3.2019 n. 24894; Cass. VI, 22.3.2019, 22.3.2019, n. 21779) sostiene che il diritto alla partecipazione non è sottoposto a limitazioni o decadenza, se la richiesta è avanzata in modo da permettere il regolare svolgimento della procedura di riesame. L'opzione interpretativa appare sorretta da argomenti testuali come sistematici. Si evidenzia, quanto ai primi, che il comma 6 delinea una facoltà (“può”) e non un obbligo a manifestare la volontà di partecipazione al momento della presentazione dell'istanza di riesame. Il comma 8 bis, a sua volta, implica- e in ciò trova la sua autonomia- il superamento della disciplina dell'art. 127 c.p.p. nella regolazione del diritto di comparire in udienza, che rimane disciplinato dalle forme (facultizzanti) del comma 6. Quanto ai secondi, l'accento è posto sulla centralità della valenza difensiva della partecipazione all'udienza di riesame, alla luce delle coordinate ermeneutiche indicate dalla giurisprudenza costituzionale e dalle fonti sovranazionali, in particolari quegli interventi (direttiva 2016/343) che hanno rafforzato il diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali. L'intento del Legislatore di ancorare ad un momento certo la richiesta di comparire personalmente richiede di essere bilanciato con il diritto di difesa, di cui il diritto di presenziare è declinazione. In tal senso, l'effettività della garanzia sarebbe irrimediabilmente compromessa ove contenuta rigidamente ad un momento (quello della presentazione della richiesta di riesame) connotato fisiologicamente dalla fluidità delle strategie difensive.
La soluzione offerta. Le Sezioni Unite«ritengono di dover pervenire a una soluzione della questione controversa che prenda le mosse dall'impostazione del primo orientamento, ma valorizzi anche la facoltà di chiedere il differimento dell'udienza al fine di consentire all'imputato di essere sentito su specifici temi». La soluzione prescelta, come meglio si avrà modo di evidenziare, seguendo da vicino il percorso logico-giuridico delle Sezioni Unite, è ancorata ad una riflessione di ampio respiro, in cui sono ricondotti ad unità argomenti letterali e sistematici. I primi sono estesi dalle Sezioni Unite oltre il perimetro disegnato dal rapporto tra comma 6 e comma 8 bis, coinvolgendo nella riflessione il comma 9 -bis; i secondi riflettono anche sulla portata attuale dei principi affermati dalle richiamate pronunce del Giudice delle leggi sul diritto alla partecipazione all'udienza alla luce di un generale rafforzamento del diritto di difesa nella vicenda cautelare, in particolare nel suo momento genetico, operato da interventi normativi riformatori e dal diritto vivente. Il principio affermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 45 del 1991, in merito al diritto dell'imputato a partecipare all'udienza di riesame, non può prescindere dall'assetto normativo della materia cautelare che, successivamente alla pronuncia della Corte Costituzionale, è stato ridisegnato da plurimi interventi riformatori fino, da ultimo, alla legge n. 47/2015. Interventi variegati, che le Sezioni Unite non mancano di evidenziare avere anche collocazioni diverse rispetto al procedimento di riesame vero e proprio, tutti però accumunati dal rafforzamento delle garanzie difensive in un ambito strettamente involgente la libertà personale quale è quello della vicenda cautelare. In tal senso, la enunciazione di tali interventi normativi e giurisprudenziali, operata dalle Sezioni Unite, la loro esposizione puntuale, uno dopo l'altro, appare essa stessa sottolineatura del relativo significato garantista:
In sostanza, rilevano le Sezioni Unite, la fase cautelare tra l'esecuzione e la proposizione della richiesta di riesame, nelle principali scansioni che la compongono (esecuzione/informazione scritta; deposito degli atti/interrogatorio) si dipana in modo da assicurare, in chiave difensiva, la conoscenza e l'accesso agli atti. Un sistema normativo che, proprio per la effettività del contraddittorio sulla cautela che assicura, vale a ridimensionare nell'attualità l'argomento, propugnato dal secondo degli orientamenti contrastanti, della incertezza e della fluidità della strategia difensiva, quanto meno con riferimento alla determinazione relativa alla istanza partecipativa all'udienza. A questa prima riflessione, segue, nel percorso argomentativo delle Sezioni Unite, quella relativo al dato letterale dei commi 6 e 8 bis dell'art. 309 c.p.p., come riscritti dall'art. 11 della legge 47/2015. Affermano le Sezioni Unite che le norme dispongono chiaramente nel senso che la richiesta di comparizione personale all'udienza deve essere avanzata con la stessa richiesta di riesame. Nessuna incertezza può ricollegarsi, in senso inverso, all'uso della locuzione può, da intendersi come meramente ricognitiva della procedura di riesame come procedimento a partecipazione eventuale delle parti. Dal canto suo il comma 8 bis, diversamente da quanto sostenuto dal secondo degli orientamenti in contrasto, lungi dall'essere carente di indicazioni sulle modalità dell'istanza partecipativa, la regola puntualmente, fissandone proprio la contestualità con la richiesta di riesame. Il comma 8 bis dell'art. 309 c.p.p. trova in questa precisa funzione di disciplina significato normativo: regola la modalità di esercizio del diritto di partecipazione attraverso la quale l'udienza di riesame assume i connotati dell'udienza a partecipazione necessaria. È in tal senso che va letta la relazione letterale tra le disposizioni in esame, tanto più che la modalità di esercizio non solo è cosa altra dalla decadenza (ontologicamente incompatibile con l'assenza di termini processuali) ma anche risulta irrinunciabile per assicurare la regolarità del procedimento di riesame presidiato da termini perentori a garanzia dell'imputato. La riflessione sui termini perentori segna il passaggio, nell'iter argomentativo delle SS.UU., ad una visione in chiave sistemica, essa stessa confortante la soluzione prescelta della necessità che la richiesta di comparizione personale sia contestuale alla richiesta di riesame. Sul presupposto che tempi definiti con certezza per la definizione del gravame cautelare costituiscano presidio alla libertà personale, l'evoluzione normativa è stata nel senso di implementare, nelle scansioni del procedimento ex art. 309 c.p.p., il ricorso a termini stabiliti a pena di inefficacia della misura cautelare. Una implementazione, evidenziano le SS.UU., che è stata insieme quantitativa e qualitativa. Così, all'iniziale termine perentorio per la decisione sono stati aggiunti, prima e in funzione strumentale alla effettività di un tempo certo per la decisione (Corte Costituzionale sentenza n. 232 del 1998), quello della trasmissione degli atti (art. 16 legge n. 332/1995) e, da ultimo (con la novella della legge n. 47/2015), quello per il deposito della motivazione, in funzione della garanzia di un tempo anch'esso certo entro cui avviare l'impugnazione avverso la decisione del Tribunale del riesame. Quella di presidiare tutte le scansioni del procedimento di riesame con termini perentori è, poi, scelta che la legge n. 47/2015 ha anche qualitativamente rafforzato, in chiave garantista (Corte Costituzionale sentenza n. 233 del 2016), attraverso la previsione che, a seguito della declaratoria di inefficacia conseguente alla perenzione di uno dei termini perentori, la misura cautelare possa essere nuovamente emessa solo a fronte di esigenze cautelari eccezionali specificatamente motivate. Questo contesto normativo, univocamente rispondente all'esigenza di «rendere più certa la tempistica del giudizio di riesame» (Corte Costituzionale sentenza n. 233 del 2016), diviene, in chiave sistematica, un parametro interpretativo delle modifiche normative involgenti la partecipazione personale all'udienza di riesame, confermandone il significato testuale nel senso che la relativa richiesta deve essere contestuale alla presentazione del ricorso per riesame. In tal modo, sottolineano le SS.UU., non solo l'esercizio del diritto di partecipare all'udienza è sottratto alla discrezionalità del Tribunale del riesame ma viene anche rafforzata la garanzia della programmazione del lavoro dei giudici del riesame, che è necessaria ad assicurare il rispetto dei termini perentori per la decisione e per il deposito della motivazione e, per questa via, la certezza dei tempi della decisione che è garanzia dell'imputato senza, al contempo, frustrare l'esigenza di difesa sociale. La ricostruzione in termini unitari delle modifiche normative della disciplina del procedimento di riesame apportate dalla legge n. 47/2015, che salda in un'unica ratio (quella della effettiva certezza e celerità dei tempi della decisione) le nuove norme sulle modalità di partecipazione personale all'udienza e quelle sul rafforzamento (quantitativo e qualitativo) dei termini perentori, si arricchisce, nella prospettiva delle SS.UU., della valorizzazione della previsione del comma 9-bis dell'art. 309 c.p.p., pure di nuova introduzione. La disposizione introduce la facoltà, riconosciuta personalmente all'imputato entro due giorni dalla ricezione dell'avviso, di richiedere il differimento dell'udienza di riesame per «giustificati motivi», tra i quali, annotano le SS.UU., è da ricomprendere la richiesta «di essere sentito su specifici temi riguardanti, eminentemente, la quaestio facti». A fronte di siffatta esigenza di difesa sostanziale, il Tribunale del riesame può differire l'udienza (da cinque a dieci giorni) in modo da garantire la comparizione personale senza che ciò possa incidere negativamente sulla programmazione del lavoro del Tribunale, atteso il correlativo slittamento dei termini per la decisione e per il deposito della motivazione. Del resto, la organizzazione del lavoro del Tribunale del riesame tutelata attraverso siffatto differimento non è garantita nella prospettiva efficientista o di esclusivo presidio all'esigenza di difesa sociale ma in funzione del diritto dell'imputato ad una celere decisione sul suo status libertatis e, quindi, della effettività del patrimonio di garanzie dell'imputato privato o limitato nella sua libertà personale. Nella prospettiva delle SS.UU., in conclusione, il differimento dell'udienza, è mezzo che assicura all'imputato una rimeditazione sulla sua scelta in merito all'intervento personale in udienza, cosicché la facoltà, introdotta dal comma 9-bis, esclude che all'opzione prescelta della necessaria contestualità della richiesta di comparizione con quella di riesame possa ricollegarsi, come riecheggiato dal orientamento recessivo, una deminutio delle garanzie del soggetto che richiede il riesame del provvedimento cautelare che lo riguarda.
Considerazioni conclusive. La ricostruzione del diritto del soggetto ristretto nella libertà a partecipare personalmente all'udienza di riesame in uno con la più ampia riflessione sull'evoluzione normativa della vicenda cautelare genetica nel suo complesso, di cui il procedimento di riesame è momento finale, conduce ad una soluzione che opera un bilanciamento in cui entrambi i termini custodiscono diritti e garanzie del soggetto sottoposto a privazione o restrizione della libertà. La contestualità della istanza partecipativa alla richiesta di riesame presidia l'interesse dell'imputato alla rivalutazione, in tempi celeri e certi, della quaestio libertatis che lo riguarda. Allo stesso tempo, l'imputato, quale soggetto della garanzia, non soggiace alla scelta partecipativa operata con la richiesta di riesame ma, in chiave difensiva, ha facoltà di rimodularla attraverso la richiesta di differimento ai sensi dell'art. 309 comma 9 -bis c.p.p. Inoltre, l'esercizio della facoltà da ultimo indicata, che implica l'accettazione dell'allungamento dei tempi del procedimento, non costituisce la sola opzione difensiva possibile per l'imputato che intenda contestare personalmente nella vicenda cautelare la prospettiva accusatoria o allegare elementi di sostanziale autodifesa. In tal senso, va qui evidenziato anche il passaggio della sentenza in cui le SS.UU. richiamano la previsione dell'art. 299, comma 3-ter,c.p.p. secondo cui il giudice, investito di una richiesta di revoca o sostituzione della misura cautelare, fondata su elementi nuovi o diversi rispetto a quelli già valutati, ha l'obbligo di assumere l'interrogatorio dell'imputato che ne abbia fatto richiesta. In conclusione pare potersi affermare che la prospettiva sistemica dell'autodifesa nella intera vicenda cautelare, prescelta dalle SS.UU., valga non solo a sottrarre la soluzione favorita dall'accusa di frustrare irragionevolmente il diritto di partecipazione dell'imputato ma anzi garantisca precipuamente la certezza nei tempi della decisione, che è pure interesse, e non di inferiore valore, dello stesso imputato, il solo cui è rimessa, attraverso le opzioni sopra descritte, la determinazione in merito alla compressione della celerità del procedimento di riesame. |