La revoca del patrocinio a spese dello Stato nell'ipotesi di dichiarazione reddituale non veritiera o incompleta
06 Febbraio 2020
1.
La Suprema Corte è chiamata a dirimere il contrasto giurisprudenziale riguardante l'eventuale revoca del patrocinio a spese dello Stato in caso di indicazione, nell'istanza di ammissione, di una situazione reddituale non veritiera o incompleta, anche nell'ipotesi in cui i redditi effettivi non superino i limiti previsti dalla legge per ottenere il beneficio.
La questione, rimessa alle Sezioni Unite dalla Quarta Sezione Penale (Pres. Izzo, Est. Picardi), con ordinanza del 4 giugno 2019, dep. 4 luglio 2019, n. 29284, concerne l'eventuale revoca del patrocinio a spese dello Stato in caso di indicazione, nell'istanza di ammissione presentata dal richiedente, ovvero nell'autocertificazione ad essa allegata, di una situazione reddituale non veritiera o incompleta, anche nell'ipotesi in cui i redditi effettivi, successivamente accertati, non superino comunque i limiti previsti dalla legge per ottenere il beneficio. Su tale tema, che ha una ricaduta pratica di non poco momento, si è formato un contrasto giurisprudenziale, dovuto all'esistenza di un orientamento favorevole alla revoca del patrocinio a spese dello Stato in presenza di qualunque falsità o incompletezza delle dichiarazioni contenute o allegate all'istanza di ammissione al beneficio, e di un secondo orientamento, opposto, sostenuto dal Collegio rimettente, che ritiene, invece, si debba revocare il predetto patrocinio soltanto nelle ipotesi espressamente previste dagli artt. 95 e 112 d.P.R. 115/2002 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia). Nel caso di specie, il ricorso in Cassazione è stato presentato avverso il provvedimento con cui era stata rigettata l'opposizione, ex art. 99 d.P.R. n. 115/2002, formulata, nei confronti del provvedimento di revoca dell'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, da parte del ricorrente, il quale aveva rappresentato nella dichiarazione di ammissione al beneficio una situazione reddituale non veritiera, ma, ciò nonostante, avrebbe comunque potuto godere del patrocinio legale, poiché i limiti reddituali, così come rideterminati dalla Guardia di Finanza nel corso di accertamenti supplementari, non superavano la soglia (di euro 11.943,82 annua), che è prevista dalla legge per la concessione del beneficio in esame. Il ricorrente sosteneva, in particolare, che fosse del tutto irrilevante l'omessa indicazione, nella dichiarazione dei redditi, delle componenti economiche relative ad altri soggetti facenti parte del medesimo nucleo familiare, poiché l'importo finale rimaneva comunque al di sotto del limite citato, previsto dall'art. 76 comma 1 d.P.R. 115/2002. L'ordinanza in commento, nel rimettere la questione alle Sezioni Unite, richiama, in primo luogo, l'orientamento – al quale aveva peraltro dichiarato di aderire anche il Procuratore Generale – secondo cui si dovrebbe sempre procedere con la revoca del beneficio, quale conseguenza dell'inammissibilità dell'istanza, originata dalla mancanza di veridicità della dichiarazione di ammissione al patrocinio, non assumendo alcuna rilevanza l'accertamento di un importo reddituale comunque al di sotto della soglia. Tale interpretazione si fonda sulla considerazione che soltanto il soggetto, che si mostri leale nei confronti delle istituzioni, è meritevole di ottenere il beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Questa tesi troverebbe conferma in un obiter dictum delle Sezioni Unite Penali (ud. 27 novembre 2008, dep. 16 febbraio 2009, n. 6591), le quali, con una sentenza ormai risalente, hanno affermato che la falsità delle indicazioni contenute nell'autocertificazione deve ritenersi connessa "all'ammissibilità dell'istanza non a quella del beneficio" e che "solo l'istanza ammissibile genera obbligo del magistrato di decidere nel merito", sicché resta del tutto irrilevante, sia che il reddito dell'istante fosse, comunque, inferiore al limite reddituale stabilito dalla legge per l'ammissione al beneficio, sia che il reato di cui all'art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 non sia o non venga accertato. Tale impostazione si pone in linea con le pronunce di legittimità che fanno comunque conseguire, alla omessa comunicazione, anche parziale, di eventuali variazioni reddituali, la revoca del beneficio, e ciò anche laddove il mutamento economico in questione non determini il venire meno delle condizioni di reddito per l'ottenimento del patrocinio (tra queste, Sez. IV, n. 43593 del 07/10/2014). Ad ulteriore sostegno di tale tesi, il primo orientamento, citato nell'ordinanza di rimessione, richiama anche il tenore letterale della disposizione di cui all'art.112 d.P.R. n. 115/2002, specificamente dedicato alle cause di revoca del decreto di ammissione al beneficio. Tra queste, infatti, la lettera a) prevede detta revoca “se, nei termini previsti dall'articolo 79, comma 1, lettera d), l'interessato non provvede a comunicare le eventuali variazioni dei limiti di reddito” con la conseguenza, dunque, che sul soggetto interessato grava un preciso obbligo di lealtà verso le istituzioni, direttamente connesso alla comunicazione di qualsiasi modifica del reddito e, dunque, anche laddove detta variazione non comporti il superamento delle condizioni per il mantenimento del beneficio. Diversamente opinando, infatti, la norma appena citata risulterebbe priva di qualsiasi utilità nell'ordinamento, soprattutto alla luce del fatto che la successiva lettera b) del medesimo art. 112 stabilisce la revoca del beneficio ove le condizioni reddituali dell'istante siano variate in modo tale da non avere più diritto al patrocinio a spese dello Stato. In definitiva, secondo tale orientamento, “sarebbe contraddittorio revocare il beneficio nei confronti di coloro che omettono la comunicazione di variazioni reddituali, sia pure irrilevanti ai fini del superamento delle condizioni di ammissibilità, e mantenerlo nei confronti di coloro che, sin dall'origine, hanno reso dichiarazioni false ed incomplete”. In senso contrario, il Collegio rimettente, aderendo ad altra (minoritaria) impostazione, ha valorizzato il rispetto del principio di legalità, riconducendo la revoca del beneficio ai soli casi tassativamente previsti dalla legge, “trattandosi di un istituto che limita e comprime la realizzazione del diritto di difesa costituzionalmente garantito, sicché le falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva di certificazione possono comportare la revoca del beneficio solo ex art. 112 lett. d) del d.P.R. n. 115 del 2002, ove risulti provata la mancanza originaria delle condizioni di reddito o ex art. 95 d.P.R. n. 115 del 2002 in caso di condanna per il reato previsto”. Con riferimento a quest'ultima ipotesi, il Collegio rimettente precisa che, invero, la condanna per il reato di cui all'art. 95 d.P.R. n. 115/2002 potrebbe anche non avere mai luogo e ciò, ad esempio, per difetto di accertamento del dolo. Una volta provata, nel processo, l'integrazione, da parte dell'imputato, dell'elemento materiale del reato – e dunque accertata la falsità delle eventuali dichiarazioni – il giudicante potrebbe anche escludere, nel caso concreto, la sussistenza dell'elemento soggettivo richiesto e, dunque, assolvere l'imputato (il tema si è posto, infatti, in Cass. pen., Sez. IV, ud. 15 dicembre 2017, dep. 31 gennaio 2018, n. 4623, rv. 271949-01, ove si è specificamente stabilito che: “in tema di patrocinio a spese dello Stato, nel caso di istanza che contenga falsità od omissioni, l'effettiva sussistenza delle condizioni di reddito per l'eventuale ammissione al beneficio, seppure non impedisca l'integrazione dell'elemento oggettivo del delitto di cui all'art. 95 d.P.R. n. 30 maggio 2002, n. 115, può, tuttavia, assumere rilievo con riguardo all'elemento soggettivo dell'illecito, quale sintomo di una condotta dovuta a un difetto di controllo e, quindi, colposa, salva emersione di un dolo eventuale, che deve essere compiutamente dimostrato”). Tale orientamento replica, poi, al primo, richiamando, più in generale, le condizioni specificamente previste dall'art. 79 d.P.R. 115/2002 per l'ammissibilità dell'istanza che, redatta in carta semplice, deve contenere alcuni requisiti. Tra questi, oltre all'indicazione del processo, ove già pendente, a cui si riferisce l'istanza (lett. a)) e le generalità dell'interessato e dei componenti della sua famiglia (lett. b)), si prevede espressamente una dichiarazione “attestante la sussistenza delle condizioni di reddito previste per l'ammissione, con specifica determinazione del reddito complessivo valutabile a tali fini, determinato secondo le modalità indicate nell'articolo 76” (lett. c)) e “l'impegno a comunicare, fino a che il processo non sia definito, le variazioni rilevanti dei limiti di reddito, verificatesi nell'anno precedente, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di un anno, dalla data di presentazione dell'istanza o della eventuale precedente comunicazione di variazione” (lett. d)). Da tale norma non sarebbe ricavabile la condizione di ammissibilità dell'istanza considerata, invece, dalle Sezioni Unite, richiamate dal primo orientamento, le quali avrebbero ritenuto indispensabile un elemento – la veridicità dell'autocertificazione – invero non indicato espressamente dalla legge, che prevede, quali unici requisiti di ammissibilità della richiesta, l'attestazione del reddito complessivo e l'impegno a comunicarne l'eventuale variazione. Alla luce di queste considerazioni, la non veridicità di quanto dichiarato nell'istanza di ammissione al beneficio non incide sull'ammissibilità della stessa, ma ne determina la revoca (soltanto) nei casi espressamente previsti dagli artt. 95 e 112 d.P.R. n. 115/2002. A tal riguardo, si precisa che la disposizione di cui all'art. 112 d.P.R. 115/2002 prevede la revoca dell'ammissione in caso di omessa comunicazione di eventuali variazioni “rilevanti”dei limiti di reddito e “non genericamente di ogni variazione reddituale anche ininfluente, come confermato dal coordinamento con il precedente art. 79” (riguardante, come si è già detto, il contenuto dell'istanza). 2.
All'udienza del 4 giugno 2019, la Quarta Sezione penale della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la seguente questione, oggetto di contrasto giurisprudenziale: “se la falsità o incompletezza dell'autocertificazione allegata all'istanza di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato ne comporti l'inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche nell'ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge; ovvero, in tale ultima ipotesi, non incidendo la falsità sull'ammissibilità dell'istanza, ne determini la revoca soltanto nei casi espressamente previsti dagli articoli 95 e 112 del d.P.R. n. 115 del 2002”. 3.
Il Primo presidente della Corte di Cassazione ha fissato per il 19 dicembre 2019 l'udienza davanti alla Sezioni Unite per discutere in merito alla soluzione controversa in giurisprudenza: “se la falsità o incompletezza dell'autocertificazione allegata all'istanza di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato ne comporti l'inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche nell'ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge; ovvero, in tale ultima ipotesi, non incidendo la falsità sull'ammissibilità dell'istanza, ne determini la revoca soltanto nei casi espressamente previsti dagli articoli 95 e 112 del d.P.R. n. 115 del 2002”. 4.
La Corte di cassazione ha comunicato la seguente decisione: all'udienza 19 dicembre 2019, le Sezioni Unite penali, sul contrasto interpretativo circa le conseguenze della falsità o incompletezza dell'autocertificazione allegata all'istanza di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato e in particolare se la non veridicità delle informazioni comporti l'inammissibilità – e, dunque la revoca – del beneficio, hanno dato soluzione negativa, “in quanto la revoca può essere disposta solo nei casi espressamente previsti dalla legge”. È stato, pertanto, superato il contrario, ed in precedenza dominante, orientamento, secondo il quale la non veridicità delle dichiarazioni al momento della richiesta di ammissione al patrocinio a spese dello Stato comporta sempre la revoca dal beneficio e ciò anche laddove non siano comunque superati i limiti reddituali previsti dalla legge. |