Il fumus dello sfuggente traffico di influenze illecite

Bartolomeo Romano
06 Maggio 2022

La questione centrale affrontata dalla pronuncia in esame concerne la configurabilità, nel caso di specie, del fumus del delitto di traffico di influenze illecite, di cui all'art. 346-bis c.p.
Massima

Al fine di poter integrare il reato di cui all'art. 346-bis c.p. – o quanto meno il fumus per l'emissione di un sequestro preventivo ex art. 321 c.p.p. – occorre la prova dell'esistenza di una mediazione illecita, poiché volta alla commissione di un reato idoneo a produrre vantaggi al committente.

Il caso

Nei confronti di un soggetto viene disposto il sequestro preventivo della somma che costituirebbe il prezzo del reato di concorso in traffico di influenze illecite concernente una mediazione illecita - perché occulta, svolta al di fuori di un ruolo professionale/istituzionale e fondata su relazioni personali - relativa a commesse di fornitura di dispositivi di protezione personale (mascherine) ordinate dal Commissario straordinario a tre società.

Contro la decisione del Tribunale di Roma che aveva confermato il decreto con cui era stato disposto il sequestro ha proposto ricorso per Cassazione il difensore dell'indagata articolando tre motivi. Con il primo si deduce violazione di legge quanto alla ritenuta sussistenza del fumus del reato contestato; con il secondo si deduce violazione dell'art. 324, comma 7, c.p.p., nella parte in cui è richiamato l'art. 309, comma 10, c.p.p., poiché la notitia criminis da cui sarebbe stato originato il procedimento non sarebbe mai stata posta a disposizione dell'indagata; con il terzo motivo si lamenta che l'indagata avrebbe subito il sequestro non delle somme di denaro «ritenute provento del reato», quanto, piuttosto, di quelle che dovrebbe restituire nel caso in cui fosse condannata.

La Cassazione ha ritenuto fondato il ricorso quanto al primo motivo.

La questione

La questione centrale, e comunque la più interessante, concerne la configurabilità, nel caso di specie, del fumus del delitto di traffico di influenze illecite, di cui all'art. 346-bis c.p.

Si tratta, in effetti, di una incriminazione inserita nel nostro ordinamento dall'art. 1, comma 75, della l. 6 novembre 2012, n. 190 (c.d. legge Severino), e poi modificata dalla l. 9 gennaio 2019, n. 3 (c.d. legge spazza-corrotti): due leggi connotate da un forte intento repressivo, e per certi versi moraleggiante, che si inseriscono nella recente tendenza del diritto penale a cadere nella atipicità e nella indeterminatezza.

In particolare, il delitto di cui all'art. 346-bis c.p. punisce la condotta di chi, «sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite»con un funzionario pubblico, «indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro od altra utilità, come prezzo della propria mediazione illecita»,«ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri». Detta condotta fagocita quella contemplata dall'art. 346 c.p., abrogato con la stessa legge n. 3 del 2019, che puniva la condotta di chi, «millantando credito»presso un funzionario pubblico, «riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione» (comma 1) ovvero «col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare» (comma 2).

Anche all'esito della novella del 2019, per l'espressa clausola di riserva determinata contenuta nella disposizione («fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli artt. 318, 319, 319-ter c.p. e nei reati di corruzione di cui all'art. 322-bis c.p.»), la fattispecie del traffico d'influenze illecite non è configurabile allorché sia stato accertato un rapporto alterato e non paritario fra il pubblico ufficiale ed il soggetto privato, appunto integrante i più gravi delitti di corruzione.

Le soluzioni giuridiche

Alla luce di quanto sinteticamente esposto, è evidente che vi siano serie difficoltà a circoscrivere i confini della fattispecie e, conseguentemente, a ravvisare la sussistenza del fumus del reato di traffico di influenze illecite.

Del resto, sempre la giurisprudenza della sesta Sezione, in una sentenza di poco precedente, relativa all'ex sindaco di Roma Alemanno – Cass. pen., sez. VI, 8 luglio 2021 (dep. 9 novembre 2021), n. 40518, Presidente Fidelbo, Relatore Calvanese – aveva tentato, senza troppo successo, di definire il delitto di traffico di influenze illecite. In detta sentenza, testualmente si legge che con l'art. 346-bis c.p. il legislatore «ha inteso punire, in via preventiva e anticipata, il fenomeno della corruzione, sottoponendo a sanzione penale tutte quelle condotte, in precedenza irrilevanti, prodromiche rispetto ai reati di corruzione, consistenti in accordi aventi ad oggetto le illecite influenze su un pubblico agente che uno dei contraenti (il trafficante) promette di esercitare in favore dell'altro (il privato interessato all'atto) dietro compenso (per sé o altri o per remunerare il pubblico agente)». Per esservi reato, secondo la Cassazione, le parti devono avere di mira un'interferenza illecita, resa possibile grazie allo sfruttamento di relazioni con il pubblico agente». Ma la Corte riconosce che il contenuto indeterminato della norma comporta il rischio di «attrarre nella sfera penale – a discapito del principio di legalità – le più svariate forme di relazioni con la pubblica amministrazione, connotate anche solo da opacità o scarsa trasparenza, ovvero quel “sottobosco” di contatti informali o di aderenze difficilmente catalogabili in termini oggettivi e spesso neppure patologici, quanto all'interesse perseguito». E conclusivamente ritiene che «l'unica lettura della norma che soddisfa il principio di legalità è quella che fa leva sulla particolare finalità perseguita attraverso la mediazione: la mediazione è illecita quando è finalizzata alla commissione di un “fatto di reato” idoneo a produrre vantaggi per il privato committente».

Il concetto è stato ribadito anche dalla sentenza oggi in commento, la quale ha chiarito che l'art. 346-bis c.p. descrive due condotte tra loro alternative, che differiscono in ordine alla causa ed alla giustificazione della promessa/dazione del compratore di influenze.

In particolare, nella prima ipotesi, l'erogazione indebita costituisce il corrispettivo della mediazione illecita presso il pubblico agente italiano, straniero o internazionale. Si tratta del caso più complesso, perché si è in presenza di una c.d. mediazione onerosa, quella cioè in cui la prestazione del committente costituisce solo il corrispettivo per la mediazione illecita promessa dall'intermediario nei confronti del pubblico agente: l'utilità corrisposta dall'acquirente dell'influenza non è diretta, neppure in parte, a retribuire il pubblico agente, bensì costituisce il prezzo per l'intercessione promessa dal “faccendiere”.

Nella seconda eventualità, invece, la corresponsione illecita è effettuata all'intermediario affinché questi, a sua volta, remuneri il soggetto pubblico in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri. Tale ipotesi è più facilmente comprensibile, poiché la dazione/promessa del privato committente è al “trafficante di influenza” affinché questi provveda a remunerare il pubblico agente (c.d. mediazione gratuita). L'accordo illecito, nella specie, si colloca in uno stadio anticipato rispetto alle fattispecie previste dagli artt. 318 ss. c.p.

Osservazioni

Il caso più complesso, e dai confini maggiormente labili, è dunque quello della mediazione onerosa: e la Cassazione, nella sentenza del 14 novembre 2021, ha tentato di delinearli.

Tuttavia la Corte, invece di provare direttamente a chiarire quale sia la condotta penalmente rilevante, ha prima elencato ciò che certamente non costituisce reato.

Dunque, «non può essere oggetto di incriminazione il contratto di per sé, sia esso di mediazione in senso stretto o di altro tipo, atteso che, se così fosse, la tensione della fattispecie rispetto ai principi fondanti di materialità del fatto, di tipicità, di frammentarietà, di offensività sarebbe evidente».

Né può assumere decisivo rilievo, ai fini della connotazione di illiceità, la mera circostanza che «il contratto tra committente e venditore presenti profili di illegittimità negoziale, tenuto conto peraltro che il riferimento alla mediazione, contenuto nell'art. 346-bis c.p., non deve essere inteso come esclusivamente riferito al contratto tipico di mediazione disciplinato dagli artt. 1754 e ss. c.c., ma, più in generale, a quel sistema di rapporti, che, pur non essendo riconducibili tecnicamente al contratto in questione, si caratterizzano nondimeno per la presenza di “procacciatori d'affari” ovvero per mere “relazioni informali” fondate su opacità diffuse, da scarsa trasparenza, da aderenze difficilmente classificabili».

Neppure, poi, nella lettura della Corte, potrebbe assumere rilievo «il mero “uso” di una relazione personale - preesistente o potenziale - il fatto cioè che un privato contatti una persona in ragione del conseguimento di un dato obiettivo lecito perché consapevole della relazione, della possibilità di “contatto”, tra il “mediatore” ed il pubblico agente, da cui dipende il conseguimento dell'obiettivo perseguito».

Alla fine di tante negazioni, la Cassazione sembra tornare al concetto già enunciato nella nota sentenza Alemanno: «la mediazione onerosa è illecita in ragione della proiezione "esterna" del rapporto dei contraenti, dell'obiettivo finale dell'influenza compravenduta, nel senso che la mediazione è illecita se è volta alla commissione di un illecito penale - di un reato - idoneo a produrre vantaggi al committente».

E poiché l'accertamento va compiuto caso per caso, dal momento che «potranno assumere rilievo le aspettative specifiche del committente, cioè il movente della condotta del privato compratore, il senso, la portata ed il tempo della pretesa di questi, la condotta in concreto che il mediatore assume di dover compiere con il pubblico agente, il rapporto di proporzione tra il prezzo della mediazione ed il risultato che si intende perseguire, i profili relativi alla illegittimità negoziale del contratto», la Cassazione annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma competente ai sensi dell'art. 324, comma 5, c.p.p.

Il Tribunale, facendo applicazione dei principi indicati, dovrà dunque verificare se ed in che termini sussista il fumus del reato ipotizzato e, in particolare, la illiceità della mediazione.

Riferimenti
  • F. Bartolini, Traffico di influenze illecite, in Riv. pen., 2013, 253 ss.;
  • F. Cingari, Sul traffico di influenze illecite, in Dir. pen. proc., 2015, 479 ss.;
  • B.M. Colangelo, Il sottile discrimen tra millantato credito e traffico di influenze illecite, in Arch. Pen., 2018, 3, 8;
  • F. Consulich, Millantato credito e traffico di influenze illecito, in C.F. Grosso, M. Pelissero (a cura di), Reati contro la pubblica amministrazione. Trattato di diritto penale, diretto da C.F. Grosso, T. Padovani, A. Pagliaro, Giuffrè, Milano, 2015, 623;
  • C. Cucinotta, Sul concetto di influenza illecita, in Dir. pen. proc., 2018, 1051 ss.;
  • M. Gambardella, sub art. 346 bis, in G. Lattanzi, E. Lupo, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. IV, I delitti contro la personalità dello stato e i delitti contro la pubblica amministrazione. Libro II, a cura diG. Andreazza, E. Aprile, G. Ariolli, M. Cassano, M. Gambardella, V. Mongillo, Giuffrè, Milano, 2015, 898;
  • I. Merenda, Traffico di influenze illecite: nuova fattispecie e nuovi interrogativi, in Dir. pen. cont. – Riv. trim., 2012, 2, 94 ss.;
  • P. Pisa, Il nuovo delitto di traffico di influenze, in Dir. pen. proc., 2013, 8 s., 33 ss.; G. Ponteprino, La nuova “versione” del traffico di influenze illecite: luci e ombre della riforma “spazzacorrotti”, in Sistema Penale, 10 dicembre 2019;
  • F. Prete, Prime riflessioni sul reato di traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.), in Dir. pen. cont., 20 dicembre 2012; B. Romano, L'insostenibile leggerezza del traffico di influenze illecite, in Giurisprudenza Penale Web, 2021, 11;
  • Id., La Cassazione prova nuovamente a definire l'inafferrabile traffico di influenze illecite, in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 1.

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