Tribunale di Torino: i fattorini di Uber sono lavoratori subordinati anche nel caso di sola eteroorganizzazione senza eterodirezione
03 Marzo 2022
Massime
1) Nei rapporti di lavoro con le piattaforme digitali il blocco o distacco disposto unilateralmente da parte del committente o datore di lavoro, a seconda della tipologia di rapporto instaurata, può essere assimilato ad un recesso verbale. Per questo motivo non è applicabile l'art. 32 comma 4 lettera d) legge 183/2010.
2) La nozione di subordinazione di cui all'art. 2094 c.c. deve essere interpretata alla luce delle nuove forme di lavoro rese possibili dall'evoluzione tecnologica. Nei suddetti casi l'elemento che caratterizza l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato può non essere l'etero direzione, bensì l'etero organizzazione, intesa quale condizione che esclude un'indipendenza organizzativa del lavoratore e implica, al contrario, la sua conseguente incapacità di offrire le sue prestazioni di servizio direttamente sul mercato ad altri potenziali utenti, assumendone in proprio il rischio.
3) La distinzione tra lavoratore subordinato e collaboratore eterorganizzato dal committente consiste nell'effettiva e genuina libertà di quest'ultimo di decidere il se e il quando della propria prestazione. In presenza di meccanismi contrattuali e/o algoritmi che rendono solo apparente tale libertà di scelta, costringendo di fatto il prestatore ad accettare sempre e comunque la richiesta di servizio della piattaforma negli orari e turni dalla stessa stabiliti, il rapporto deve essere qualificato come lavoro subordinato.
Il caso
Alcuni rider presentavano ricorso contro Uber eats e la società Flash Road City (di seguito FRC).
Chiedevano di accertare che il reale beneficiario della prestazione lavorativa da loro svolta, in base a contratti ex art. 2222 c.c. sottoscritti con la società FRC, fosse Uber e che, pertanto, tale rapporto trilaterale dovesse qualificarsi come illecita intermediazione di manodopera. Domandavano, inoltre, che il rapporto dovesse riqualificarsi in lavoro subordinato, imputandolo ad Uber in quanto datrice di lavoro sostanziale. Deducevano, infatti, che Uber, oltre a beneficiare della prestazione, esercitasse nei loro confronti i tipici poteri datoriali del rapporto di lavoro subordinato, quindi disciplinare ed organizzativo. In subordine chiedevano che il rapporto di lavoro fosse qualificato come collaborazione autonoma eterorganizzata ex art. 2 d.lgs. 81/2015 con imputazione ad Uber.
Per l'effetto della riqualificazione come rapporto di lavoro subordinato, o in subordine, eteroorganizzato dal committente, chiedevano condannarsi Uber al pagamento delle differenze retributive tra quanto effettivamente percepito e quanto a loro dovuto sulla base delle disposizioni normative ed economiche del CCNL (V livello) logistica, trasporto merci e spedizioni oppure (VI livello) per i dipendenti da aziende del terziario, della distribuzione e dei servizi ovvero di altro CCNL che si riterrà applicabile in relazione al periodo di lavoro intercorso.
A sostegno delle loro domande riportavano che il primo colloquio veniva svolto direttamente da Uber Eats la quale, su internet e su altri mezzi comunicazione, rendeva noto che era in cerca di nuovi fattorini. Successivamente alla scelta di Uber, i fattorini stipulavano contratti ex art 2222 c.c. con FRC. Quest'ultima, tuttavia, informava i nuovi collaboratori che l'attività di consegna sarebbe stata svolta a favore della piattaforma Uber che gestiva direttamente l'applicazione che organizzava le consegne e che obbligatoriamente dovevano installare sui loro telefonini.
Secondo la ricostruzione dei ricorrenti non esisteva alcuna libertà di scegliere i turni o accettare o meno l'ordine. Coloro che si rifiutavano di svolgere i turni stabiliti dall'applicazione e/o di eseguire consegne eccessivamente distanti o perché in condizioni climatiche avverse, venivano disconnessi dell'applicazione di Uber. Il tempo massimo per accettare una consegna era 60 secondi. In difetto scattava la sanzione della disconnessione temporanea, così come nel caso di mancata accettazione del turno. Al secondo rifiuto di una consegna o di un turno scattava il blocco definitivo del profilo. Riportavano che sempre al secondo errore nelle consegne o nell'adempimento della procedura dettata per segnalare all'applicazione la mancata consegna per cause imputabili al cliente, scattava il blocco perpetuo del profilo del rider.
Evidenziavano, inoltre, che il tempo di attesa non veniva retribuito e che l'applicazione vietava loro di sostare più di tanto vicino ai ristoranti collegati alla piattaforma. L'applicazione verificava il rispetto di quest'ultimo divieto e il percorso indicato per eseguire le consegne attraverso un sistema di geolocalizzazione del rider.
Basandosi sul provvedimento della sezione misure di prevenzione del Tribunale Milano, 27 maggio 2020 nei confronti di Uber Eats e che ne ha disposto l'amministrazione giudiziaria per varie ipotesi di reato, tra le quali l'intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro ex art 603-bis c.p., rilevavano che la medesima Uber di fatto controllasse l'attività FRC.
In alcuni casi il potere disciplinare veniva esercitato attraverso il filtro di FRC, in altri Uber agiva direttamente irrogando sanzioni disciplinari, quali penali, blocco temporaneo dell'account del rider o disconnessione definitiva equiparabile ad un licenziamento.
Un altro canale attraverso il quale veniva esercitato il potere disciplinare erano le recensioni dei clienti. Anche in questo caso vi era un sistema di sanzioni di progressiva gravità del tutto speculare a quello stabilito dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori: rimprovero, penale dalla retribuzione, sospensione temporanea dell'account, cancellazione definitiva dell'account.
Oltre a richiamare il contenuto della misura di prevenzione del Tribunale di Milano, i ricorrenti producevano le chat what's app con il legale rappresentante di FRC dalle quali si evinceva chiaramente quanto sinora descritto. Indicavano, inoltre diversi testi - rider - e chiedevano l'interpello dei legali rappresentanti.
Entrambe le società si costituivano.
Uber eccepiva in via preliminare l'intervenuta decadenza ex art. 32, comma 4, lett. d) della legge 183/2010. Nessuno dei ricorrenti aveva intimato ad Uber, in via stragiudiziale e tramite raccomandata entro 60 giorni dalle disconnessioni dedotte, la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato in capo ad un soggetto diverso rispetto al formale titolare del rapporto.
Nel merito chiedeva il rigetto delle domande attrici evidenziando come la propria attività fosse d'intermediazione di servizi. I ricorrenti partivano dal presupposto errato che l'attività di Uber fosse di trasporto di beni e/o persone. La piattaforma digitale, invece, costituiva solo il mezzo attraverso il quale ristoratori e lavoratori autonomi potevano ampliare il proprio portafoglio clienti entrando in contatto con consumatori che avevano bisogno di farsi consegnare cibo a domicilio. Rilevava, inoltre, come i riders, in quanto lavoratori autonomi, potessero scegliere se e quando lavorare con la conseguenza che, in assenza di un'organizzazione datoriale dei tempi di lavoro, non sussisteva l'eterodirezione e nemmeno l'eteroorganizzazione.
Frc sosteneva la corretta qualificazione giuridica dei rapporti di lavoro autonomo occasionali intrattenuti con i ricorrenti e sosteneva in ogni caso il proprio difetto di legittimazione passiva in merito alle altre domande. Le questioni
Nei rapporti di lavoro con le piattaforme digitali l'elemento cardine per distinguere tra autonomia e subordinazione continua ad essere l'eterodirezione?
Nei rapporti di lavoro con le piattaforme digitali, il distacco unilaterale dell'account di un collaboratore o lavoratore dalla piattaforma da parte del committente o datore di lavoro, è equivalente ad un licenziamento intimato in forma scritta oppure orale?
Qual è la natura del rapporto di lavoro tra riders e piattaforme digitali? Le soluzioni
Il Giudice accoglie la domanda volta a far accertare che tra i ricorrenti ed Uber si era instaurato un rapporto di lavoro subordinato con mansioni di ciclo fattorini ed inquadramento nel VI livello del CCNL per i dipendenti del terziario della distribuzione e dei servizi, con conseguenti differenze retributive a favore dei primi in ragione della riqualificazione.
Respinge le altre domande.
Innanzitutto il Giudice, con ampia e argomentata motivazione, ritiene non meritevole di accoglimento l'eccezione di decadenza formulata da Uber ex art. 32 collegato lavoro, comma 4 lettera d).
Nel caso di specie, infatti, non era necessaria alcuna impugnazione stragiudiziale entro 60 giorni dalla disconnessione alla piattaforma poiché, rileva il Giudice, la disconnessione stessa non è equiparabile ad un atto scritto interruttivo del rapporto. Il comma 4 lettera d) del collegato lavoro presuppone comunque che a monte vi sia stato dal datore di lavoro un atto di recesso in forma scritta (cfr. Cass., sez. lav., 21 maggio 2019, n. 13648). Com'è noto, dalla comunicazione del recesso decorrono i 60 giorni per impugnare e chiedere l'imputazione del rapporto ad un soggetto diverso. Ma nel caso affrontato, al di là della disconnessione, nessuna comunicazione scritta del recesso era pervenuta da FRC e, ovviamente, da Uber. Sulla base di questi presupposti la mera disconnessione è equiparabile ad un licenziamento orale e, pertanto, trova esclusivamente applicazione il normale termine prescrizionale e non quelli più termini indicati nel collegato lavoro, ipotesi più volte ribadita dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. lav., 11 gennaio 2019, n. 523; Cass. civ., sez. lav., 2 marzo 1999, n. 1757).
Analoga sorte trova l'eccezione volta a sancire l'inapplicabilità delle disciplina del diritto del lavoro perché la piattaforma è solo uno strumento volto a mettere in contatto la domanda di servizi di consegne a domicilio da parte dei ristoratori con l'offerta di eseguire tale prestazione da parte dei fattorini.
Nelle motivazioni viene richiamata la precedente sentenza del Tribunale Palermo, 24 novembre 2020 che aveva già avuto modo di constatare che le piattaforme digitali non si occupano solo di mettere in contatto la domanda e l'offerta di consegne di cibo a domicilio, ma predispongono un vero e proprio servizio di trasporto dei beni nel quale i ciclofattorini non hanno alcun potere di negoziazione in ordine al costo di servizio e la sua organizzazione, ma dipendono interamente dalla piattaforma stessa. Il Giudice, oltre al precedente domestico, evidenzia come anche la sentenza della Corte di Giustizia europea, 20 dicembre 2017, n. C-434/15 abbia affermato che la società Uber System Spain svolgesse in questo caso un servizio di trasporto di persone e non si limitasse a mettere in contatto autisti con clienti che desideravano essere trasporti.
Nel caso di specie, inoltre, l'accentramento dell'organizzazione del lavoro da parte di Uber risulta dalla più volte citata misura di prevenzione del Tribunale di Milano.
Nel merito il Giudice accoglie la ricostruzione dei fatti prospettata dai ricorrenti.
Innanzitutto ritiene di poter utilizzare come prova il contenuto del già citato decreto 9/2020 emesso in data 27 maggio 2020 con cui il Tribunale di Milano ha emanato la misura di prevenzione di amministrazione controllata per Uber Italy.
La stessa difesa di controparte, oltre a non contestarne l'utilizzo, si è a sua volta, nelle proprie difese, richiamata a quanto descritto nel suddetto provvedimento giudiziario.
Le risultanze in ambito penale, oltre il mancato disconoscimento in maniera precisa e circostanziata delle chat prodotte dei ricorrenti, così come stabilito dalla Suprema Corte (Cass. civ. sez. I., 17 luglio 2019, n. 19155), permettono di utilizzare tali documenti come prove a sostegno della decisione.
Il contenuto delle suddette prove costituite ha trovato ulteriore riscontro nelle dichiarazioni rese dai testi e dal legale rappresentante di FRC: i rider non avevano alcuna libertà nell'accettare o meno i turni predisposti dalla piattaforma ed erano obbligati ad effettuare le consegne a loro segnalate, pena la sospensione del proprio account. I testi ed il legale rappresentante di FRC hanno confermato che il numero di rider (c.d. flotta) da impiegare in ciascun turno, i turni e le assegnazioni di quest'ultimi a ciascun rider venivano stabiliti dall'applicazione di Uber. Tramite codesto strumento informatico Uber, a volte direttamente, altre volte tramite l'interposizione del legale rappresentante di FRC, esercitava un vero proprio potere disciplinare nei confronti dei cicolofattorini. Nessuna autonomia in merito alla esecuzione della prestazione e alla collocazione oraria della prestazione lavorativa sussisteva ad appannaggio dei ciclofattorini.
Alla luce di quanto accertato, secondo il Giudice sono intercorsi rapporti di lavoro subordinati tra i rider ed Uber Eats. FRC ha svolto solamente il ruolo di datore di lavoro formale, rectius committente, ma la vera beneficiaria della prestazione è stata la società Uber eats che ha esercitato in via esclusiva il potere disciplinare e direttivo nei confronti dei ricorrenti. Il contratto stipulato tra i ciclofattorini ed FRC non ha mai trovato effettiva e concreta applicazione poiché i singoli rider hanno sempre lavorato nell'interesse e sotto le direttive di Uber Eats. Sulla base di tale presupposto i contratti di collaborazione autonoma sottoscritti con FRC devono considerarsi nulli ai sensi dell'art. 1343 c.c. poiché finalizzati ad eludere la disciplina del lavoro subordinato.
L'esistenza a monte di un contratto di lavoro autonomo e non subordinato comporta l'inapplicabilità dell'istituto della somministrazione irregolare o fraudolenta. La norma, così come l'art. 29 del D.lgs. n. 276/2003 in tema di appalti non genuini, mira ad escludere che un'impresa, al fine di evitare i costi e le problematiche inerenti la gestione di rapporti di lavoro subordinato, li imputi ad un'altra impresa, cd testa paglia.
Tuttavia le due norme richiamate presuppongono ab origine l'esistenza di un contratto di lavoro subordinato che, tuttavia, deve essere imputato ad un altro soggetto.
Nel caso di specie, invece, sussistono rapporti di lavoro formalmente autonomi che, vengono riqualificati ex post come subordinati.
Contrariamente alla finalità dell'art. 38 del D.lgs. n. 81/2015 e dall'art. 29 del D.lgs. n. 276/2003 in tema di appalti non genuini, non si tratta nel caso affrontato di individuare quale sia il soggetto al quale imputare un rapporto di lavoro subordinato, ma di riqualificare un rapporto formalmente autonomo in subordinato ed imputarlo al soggetto che ha diretto e beneficiato della prestazione lavorativa. Osservazioni
Nel caso affrontato dal Tribunale di Torino risulta evidente la natura subordinata del rapporto tra i rider e Uber Eats: potere disciplinare ed eterodirezione, come si è avuto modo di descrivere, risultano accertati e perfettamente sovrapponibili a quanto descritto in merito a tali elementi nell'art. 2094 c.c.
Il Giudice nondimeno evidenzia come la nozione di lavoro subordinato contenuta nell'art. 2094 c.c. debba essere reinterpretata alla luce delle nuove forme di lavoro creatisi con la cd gig economy.
Con ampia argomentazione basata su richiami alla giurisprudenza comunitaria e di altri ordinamenti giudiziari di paesi appartenenti all'UE, il Giudicante riporta come in realtà l'eteroorganizzazione non sia un elemento dal quale si possa desumere de plano la natura autonoma del rapporto.
L'eteroorganizzazione, sulla base di una lettura comunitaria, è indice di subordinazione e non di autonomia. Secondo, ad esempio, la sentenza della Corte di Giustizia europea 4 dicembre 2014, n. C-413/13, il rapporto di lavoro con un collaboratore perde la sua autonomia qualora quest'ultimo non operi in modo autonomo sul mercato, ma dipenda totalmente dall'organizzazione dell'impresa. L'etero organizzazione così declinata esclude, quindi, un'indipendenza organizzativa del lavoratore comportando, invece, la sua incapacità di offrire un servizio sul mercato direttamente, in autonomia sopportandone i rischi ed i costi. Quindi secondo la giurisprudenza comunitaria il secondo indice rilevatore dell'assenza di autonomia è il cd rischio d'impresa che ricade totalmente sul committente formale.
Posto che risulta evidente che i ciclofattorini senza le piattaforme e le relative applicazioni non riuscirebbero a fornire alcun servizio sul mercato e che il rischio d'impresa ed organizzativo è sopportato dalle piattaforme, già questi elementi deporrebbero per la qualificazione del rapporto in subordinato.
D'altronde l'ipotesi che l'eteroorganizzazione costituisca un nuovo indice della subordinazione, risulta già essere stata sviluppata all'interno del nostro ordinamento. Quanto evidenziato in ambito europeo, come puntualmente evidenziato dal Giudice che ha emesso la sentenza in commento, è sussumibile nel concetto di “doppia alienità” sviluppato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 30 del 5 febbraio 1996 che definisce la concezione di subordinazione in senso stretto: se il beneficiario della prestazione è un soggetto terzo e anche l'organizzazione produttiva all'interno della quale la prestazione si inserisce (da qui la definizione doppia alienità) appartiene ad un terzo, allora il rapporto è subordinato. Pare evidente come nel caso di specie sussista tale doppia alienazione poiché il beneficiario della prestazione dei fattorini è la piattaforma la quale gestisce il sistema di ordini, definisce i turni e le modalità di esecuzione della prestazione.
L'altra questione affrontata dal Giudicante è la presunta libertà del quando e se lavorare. Il Giudice rileva che anche questo elemento necessiti di un'attenta disamina per escludere la natura subordinata del rapporto. Occorre, infatti, come riportato dall'ordinanza della Corte di Giustizia europea, 22 aprile 2020, n. C-692/2019, che la volontà del prestatore in merito al quando lavorare sia genuina e non sia quantomeno sottoposta a condizionamenti del committente. Ed, infatti, sia concesso evidenziare che ogniqualvolta sia stata affrontata nel merito - come nella sentenza in commento - questa peculiarità del rapporto di lavoro dei riders, sia emerso come tale libertà di stabilire se e quando lavorare fosse solamente apparente in quanto in realtà soggiogata alle esigenze della piattaforma (cfr. Trib. di Bologna, ord. 31 dicembre 2020, n. 3570, Tribunale Palermo, 24 novembre 2020, n. 3570.
In sintesi al di fuori del caso affrontato che può essere definito un'ipotesi di “contratto di lavoro subordinato classico”, il Giudice mostra di aver inteso come le nuove tecnologie abbiano creato forme di subordinazione nelle quali l'etero direzione può non essere l'elemento cardine e distintivo della fattispecie. Quanto evidenziato deriva anche alla luce del fatto che molto spesso i rapporti di lavoro con le piattaforme digitale consistono nell'esecuzione di mansioni meramente esecutive e ripetitive che non richiedono una direzione “capillare” durante l'adempimento. Quanto in ultimo evidenziato è stato rilevato, ad esempio, nella sentenza n. 16377 del 4 luglio 2017 della Corte di Cassazione sezione lavoro, che ha affrontato un caso del tutto simile a quello di cui trattasi: la qualificazione giuridica del rapporto di lavoro dei fattorini di una società che distribuisce pizze a domicilio. Secondo la Corte i vettori, una volta data la disponibilità ad essere inseriti nei turni predisposti dalla società, erano tenuti ad operare secondo le modalità stabilite dalla stessa che non lasciavano alcun margine di autonomia. L'assenza di autonomia risultava ulteriormente confermata alla luce della natura esecutiva della prestazione che rendeva arduo intravedere reali margini di autonomia. |