Sospensione del processo nei confronti dell'imputato assente e calcolo della prescrizione: la posizione della Suprema Corte
25 Febbraio 2021
Massima
In tema di calcolo della prescrizione, in caso di sospensione del procedimento nei confronti dell'imputato assente ai sensi dell'art. 420-quaterc.p.p., la durata della sospensione della prescrizione del reato ai sensi del combinato disposto degli artt. 159, comma 7, e 161, comma 2, c.p., non può superare un quarto del termine ordinario di prescrizione di cui al primo comma dell'art. 157 c.p., aumento che può essere sommato agli ulteriori aumenti del tempo di prescrizione conseguenti da eventuali fatti interruttivi, ai sensi degli artt. 160 e 161, comma 2, c.p., ed agli eventuali periodi di sospensione della prescrizione, ai sensi dell'art. 159 c.p. Il caso
Il Tribunale di Brescia dichiarava non doversi procedere nei confronti di Tizio in relazione al reato di evasione commesso il 28 giugno 2010 in quanto estinto per prescrizione. In motivazione, il Giudice di merito premetteva che il procedimento era stato sospeso per un lungo periodo per assenza dell'imputato a norma dell'art. 420-quater c.p.p., precisamente dal 3.10.2014 al 14.06.2018 (data di rintraccio dell'imputato) e, dunque, doveva applicarsi la sospensione del termine di prescrizione del reato ai sensi dell'art. 159, ultimo comma, c.p. Lo stesso precisava però che, interpretando la predetta disposizione secondo canoni lato sensu sistematici ed in conformità al principio del giusto processo e di ragionevole durata del processo di cui all'art. 111, comma 2, Cost., la sospensione della prescrizione non poteva superare i termini previsti dall'art. 161, comma 2, c.p., indipendentemente dalla durata della sospensione del procedimento; quindi, tenuto conto della cornice edittale del reato di evasione e della disapplicazione della recidiva, la stessa non poteva superare il termine di un anno e sei mesi. Conseguentemente, il Giudice di merito rilevava che, nonostante l'aggiunta a tale periodo di sospensione degli ulteriori due periodi di sospensione per i rinvii delle udienze per legittimo impedimento del difensore, il termine di prescrizione del reato risultava ormai maturato. Il Procuratore Generale presso la Corte d'appello di Brescia ricorreva avverso tale sentenza eccependo la violazione di legge in relazione agli artt. 159, ultimo comma, e 161, comma 2, c.p. con riferimento all'art. 420-quater c.p.p. Lo stesso, difatti, evidenziava come il periodo di sospensione della prescrizione del reato per assenza dell'imputato non fosse pari ad un quarto del tempo necessario a prescrivere, come affermato dal Giudice di merito, bensì pari al termine della prescrizione ordinaria previsto dall'art. 157 c.p. aumentato di un quarto (quindi, nel caso di specie, a sette anni e sei mesi, essendo il reato di evasione punito con una pena non superiore a sei anni di reclusione). A sostegno di tale impostazione il ricorrente rilevava come la lettura seguita dal Tribunale risultasse del tutto irragionevole sul piano sistematico, tenuto conto della previsione dell'art. 420-quinquies c.p.p., a norma del quale il giudice deve disporre nuove ricerche alla scadenza di un anno dalla sospensione del procedimento: “ricerche che non sarebbe mai possibile espletare in caso di contravvenzioni, atteso che in tale caso il termine di sospensione della prescrizione - se si ritenesse pari ad un solo quarto del tempo necessario a prescrivere - sarebbe pari a poco più di un anno”. La Corte, aderendo all'impostazione seguita dal Giudice di merito, rigettava il ricorso affermando che nel caso di sospensione del procedimento nei confronti dell'imputato assente la durata della sospensione della prescrizione del reato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 159,ultimo comma, e 161,comma 2, c.p., non può superare un quarto del termine ordinario di prescrizione di cui al primo comma dell'art. 157 c.p. Quest'ultimo aumento, secondo la Corte, può comunque essere sommato agli ulteriori aumenti del tempo di prescrizione conseguenti ad eventuali fatti interruttivi, ai sensi degli artt. 160 e 161 c.p., ed agli eventuali periodi di sospensione della prescrizione, ai sensi dell'art. 159 c.p. La questione
Nell'ipotesi di sospensione del processo ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p., la durata della sospensione della prescrizione del reato è pari ad un quarto del termine ordinario di prescrizione ovvero all'intero periodo previsto dall'art. 161, co. 2, c.p., cioè il termine ordinario di prescrizione aumentato di un quarto (o in misura maggiore per le specifiche ipotesi previste dalla stessa norma)? Le soluzioni giuridiche
Nella decisione in esame la Corte, innanzitutto, precisa che la specifica causa di sospensione della prescrizione nelle ipotesi di sospensione del processo per assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p. è stata introdotta dal legislatore con la l.n. 67/2014. In particolare, all'ultimo comma dell'art. 159 c.p. si è previsto che “nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell'articolo 161 del presente codice”. Tale ultima disposizione prevede che, salvo che non si proceda per i reati previsti dall'art. 51, co. 3-bis e 3-quater, c.p.p., “in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere”. Individuata in tal modo la disciplina di riferimento, la Corte procede quindi a chiarire quale sia la durata massima del periodo di sospensione della prescrizione nell'ipotesi sottoposta al suo esame. Applicando in primo luogo il criterio dell'interpretazione letterale delle norme giuridiche, ai sensi dell'art. 12 delle preleggi, i giudici di legittimità affermano che dal combinato disposto dell'art. 159,ultimo comma, e 161,comma 2, c.p. scaturisce la seguente disciplina: “la durata della sospensione della prescrizione del reato” in caso di sospensione del procedimento ex art. 420-quater c.p.p. non può comportare un “aumento […] del tempo necessario a prescrivere” superiore ad “un quarto” di detto tempo. In altre parole, nelle ipotesi di sospensione del procedimento per assenza dell'imputato il “segmento temporale di sospensione della prescrizione – da aggiungere al periodo ordinario ex art. 157 c.p. – non può essere maggiore di un quarto del tempo necessario a prescrivere”.
In secondo luogo, la Corte afferma che, in assenza di chiare indicazioni di segno diverso nei lavori preparatori alla l. n. 67/2014, deve necessariamente optarsi per “un'interpretazione del dato normativo più favorevole all'imputato, in ossequio al principio generale del favor rei”.
La Corte, inoltre, evidenzia come non sia accoglibile l'argomento di natura sistematica suggerito dal ricorrente, secondo cui tale impostazione sarebbe irragionevole poiché, nell'ipotesi di sospensione di un procedimento avente ad oggetto una contravvenzione, la limitata durata della sospensione della prescrizione non consentirebbe di procedere all'espletamento di nuove ricerche dell'imputato assente. Invero, la Corte precisa che in tali ipotesi la sospensione della prescrizione sarebbe comunque pari ad un anno e tre mesi e, dunque, tale da coprire l'intervallo previsto dall'art. 420-quinquies c.p.p. Non solo, la stessa evidenzia come quest'ultima disposizione preveda comunque che il termine di un anno per la disposizione delle nuove ricerche possa essere abbreviato quando il giudice “ne ravvisi l'urgenza”, e l'imminente scadenza dei termini di prescrizione risulta pacificamente riconducibile a tale situazione (Cass. pen., sez. III, 29 settembre 1997 - 10 novembre 1997, n. 10040). A supporto di tale impostazione, infine, la Corte riprende una precedente pronuncia di legittimità nella quale si affermava, seppur in un obiter dictum, che l'aumento del termine di prescrizione, conseguente alla sospensione del procedimento ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p., non poteva essere superiore alla misura di un quarto del termine ordinario previsto dall'art. 157 c.p. (procedendosi nel caso di specie per il reato di ricettazione, punito con la pena massima di otto anni di reclusione, il periodo di sospensione della prescrizione corrispondeva quindi a due anni). Osservazioni
A ben vedere le motivazioni addotte dalla Suprema Corte a fondamento della sentenza in esame non paiono del tutto convincenti e prive di criticità. Si può osservare, difatti, come, contrariamente a quanto affermato dai giudici di legittimità, il dato testuale risultante dal combinato disposto degli artt. 159,ultimo comma, e 161,comma 2, c.p. non risulti in realtà immediatamente comprensibile. Rileggendo la formulazione dell'ultimo comma dell'art. 159 c.p., si può notare come tale disposizione preveda che nell'ipotesi di sospensione della prescrizione per assenza dell'imputato debba rinviarsi all'art. 161 c.p. non già per individuare il massimo aumento possibile “del tempo necessario a prescrivere”, bensì per determinare i termini massimi della “durata della sospensione della prescrizione”. L'art. 161, comma 2, c.p., invece, prevede che “in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere”. Potrebbe correttamente affermarsi, dunque, che i termini fissati dall'art. 161 c.p. operino diversamente a seconda che intervenga un fatto interruttivo della prescrizione ovvero la sospensione della stessa per assenza dell'imputato ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p.: nel primo caso, l'interruzione non può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, mentre, nel secondo caso, la durata della sospensione non può essere superiore al termine ordinario di prescrizione aumentato di un quarto (o in misura maggiore qualora ricorrano le specifiche ipotesi previste dall'art. 161, comma 2, c.p.). Tale impostazione sembrerebbe confermata dalla lettura dei lavori preparatori alla l. n. 67/2014. Difatti, nella relazione di accompagnamento della proposta di legge la relatrice per la maggioranza, Donatella Ferranti (allora Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei deputati), affermava che “la sospensione[del procedimento ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p.: n.d.r.] sospende il corso della prescrizione, ma non potrà protrarsi per un periodo superiore ai termini massimi di prescrizione, decorsi i quali riprenderà a decorrere il termine di prescrizione stessa”. La volontà storica del legislatore, quindi, sembrerebbe quella di fissare quale limite massimo di durata della sospensione della prescrizione il periodo di tempo corrispondente al termine ordinario previsto dall'art. 157 c.p. aumentato ai sensi dell'art. 161 c.p.; decorso tale termine, la prescrizione riprenderebbe a decorrere secondo le regole ordinarie. In altre parole, se il termine ordinario di prescrizione del reato fosse pari a sei anni, la durata della sospensione della prescrizione non potrà essere superiore a sette anni e mezzo, decorsi i quali questa riprenderà a decorrere per il restante periodo di tempo.
Per quanto concerne il principio del favor rei, si deve rilevare come in realtà appaia discutibile la possibilità di configurarlo quale criterio interpretativo delle disposizioni legislative. Invero, tale principio (recepito dalla giurisprudenza costituzionale ma non previsto espressamente da alcuna norma della Costituzione) sembrerebbe prospettarsi semplicemente quale ratio alla base di specifici istituti, introdotti dal legislatore al fine di favorire la posizione dell'imputato in situazioni nelle quali, applicando le norme ordinarie del diritto penale, le conseguenze giuridiche sarebbero risultate eccessivamente gravose per l'imputato (vedi, ad esempio, l'istituto del reato continuato). Ma, anche qualora possa configurarsi come principio generale, in base al quale “nel contrasto di posizioni che caratterizza l'attuazione della potestà punitiva, debba attribuirsi una prevalente considerazione all'interesse dell'imputato”, rimane dubbia la configurabilità del favor rei quale criterio interpretativo delle norme penali (critico, al riguardo, Lozzi, voce Favor rei, in Enc. dir., vol. XVII, Milano, 1968, il quale afferma che “se il favor rei costituisse un principio informatore dell'ordinamento processuale penale, l'interprete, trovandosi di fronte ad una norma suscettibile di un'interpretazione favorevole e di un'interpretazione sfavorevole all'imputato, sarebbe tenuto a scegliere la prima. […] È indubbio che, accanto ad istituti ispirati al favor rei, sussistono nel nostro ordinamento processuale penale altri istituti sfavorevoli all'imputato. Di conseguenza, si deve concludere che il favor rei, anche inteso come principio informatore, costituisce principio generale di alcuni settori dell'ordinamento processuale penale ma non dell'intero ordinamento complessivamente considerato). Il richiamo al favor rei operato dalla Corte per risolvere il contrasto interpretativo sottoposto alla sua attenzione, quindi, non appare dirimente.
Con riguardo alle ipotesi di sospensione del processo avente ad oggetto una contravvenzione, si è visto che i giudici di legittimità hanno rilevato come l'urgenza ravvisabile nell'imminente scadenza dei termini di prescrizione possa giustificare la possibilità per il giudice di disporre nuove ricerche dell'imputato anche prima del termine di un anno previsto dall'art. 420-quinquies c.p.p., superando in tal modo l'obiezione sollevata dal ricorrente (mentre in ordine all'argomento secondo cui il termine di sospensione sarebbe pari ad un anno e tre mesi, sembra che la Corte sia caduta in errore perché un quarto di quattro anni corrisponde ad un anno). A ben vedere, tuttavia, accogliendo la soluzione offerta dalla Corte si rischierebbe di alterare la natura stessa dello strumento correttivo offerto dall'art. 420-quinquies c.p.p. Tale norma, difatti, sembra prevedere sostanzialmente una deroga alla disciplina generale per lo svolgimento di nuove ricerche dell'imputato, applicabile in ipotesi particolari per le quali non potrebbe attendersi la scadenza del termine ordinario: qualora il giudice dovesse operare tale scelta ogni qualvolta il processo sospeso avesse ad oggetto una contravvenzione, è evidente che tale meccanismo perderebbe il proprio carattere di eccezionalità. Ciò detto, è necessario rilevare come, nonostante le argomentazioni sviluppate dalla Suprema Corte non risultino soddisfacenti, il risultato da essa raggiunto potrebbe essere condivisibile sul piano sostanziale. È appena il caso di ricordare, infatti, che la sospensione del processo ai sensi dell'art. 420-quater c.p.p. scaturisce da una mancata conoscenza incolpevole del procedimento penale da parte dell'imputato, non raggiunto dalla notizia della sussistenza di un tale procedimento nei suoi confronti. Conseguentemente, deve escludersi che una inefficienza del sistema processuale penale, rivelatosi incapace di reperire l'imputato ai fini della notificazione, possa produrre effetti sfavorevoli nei confronti di quest'ultimo, dovendo restare in capo all'ordinamento giuridico il rischio della mancata conoscenza del procedimento avviato (rischio che potrebbe appunto portare anche all'impossibilità di accertare la responsabilità penale dell'imputato per estinzione del reato). Certo, si potrebbe replicare che l'interpretazione offerta dalla Suprema Corte rischia di stimolare comportamenti elusivi: la consapevolezza di un modesto aumento del termine prescrizionale potrebbe indurre gli indagati più scaltri a porsi in una condizione di inconsapevole ignoranza del procedimento (rendendosi irreperibili subito dopo il fatto) in attesa dell'estinzione del reato. In definitiva, il dato normativo appare mal formulato e nessuna interpretazione sembra immune da censure, di talché, come sempre più spesso accade di fronte a prodotti legislativi frettolosi, ci pare doveroso aggiungere una voce al coro inascoltato che invoca interventi chiarificatori del legislatore. |