Il P.M. ha interesse a impugnare l'ordinanza del tribunale del riesame che dichiara l'incompetenza territoriale del Gip e annulla ordinanza cautelare
05 Ottobre 2020
Massima
Sussiste l'interesse del pubblico ministero a impugnare il provvedimento con il quale il tribunale del riesame, rilevata l'incompetenza del giudice per le indagini preliminari, annulli, per carenza delle condizioni di applicabilità, l'ordinanza con cui quello stesso giudice ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere, se l'impugnazione è funzionale a garantire il tempestivo intervento del giudice competente.
Il caso
La vicenda in commento trae origine dalla misura cautelare applicativa della custodia in carcere nei confronti di un indagato perché gravemente indiziato di delitti contro la PA; proposto riesame, il Tribunale – in via preliminare – ritenuta l'incompetenza per territorio del gip, annullava nel merito il titolo custodiale per insussistenza di esigenze cautelari, con conseguente trasmissione degli atti al Pm ritenuto incompetente territorialmente per la successiva trasmissione ex art. 27 c.p.p. A seguito della ordinanza di remissione adottata il 15 novembre 2019, n. 46495 dalla VI sezione della Corte di Cassazione (v. R. BRICCHETTI, Se e a quali condizioni il P.M. può impugnare l'ordinanza cautelare emessa dal Gip incompetente e annullata dal riesame per mancanza dei presupposti?), con la pronuncia in commento, le Sezioni Unite risolvono la questione di diritto relativa all'interesse del pubblico ministero ad impugnare il provvedimento in materia di misure cautelari con il quale il tribunale del riesame abbia dichiarato l'incompetenza per territorio del primo giudice e, nel pronunciarsi sulla applicazione degli artt. 27 e 291, comma 2, c.p.p., sia giunto ad annullare la ordinanza genetica della misura per l'assenza dei presupposti per la sua adozione di cui all'art. 292 dello stesso codice di rito. La questione
La questione in esame è la seguente: se e a quali condizioni sia impugnabile da parte del pubblico ministero l'ordinanza con la quale il tribunale del riesame abbia dichiarato l'incompetenza per territorio del giudice per le indagini preliminari che ha disposto la misura cautelare impugnata e, esclusa la ricorrenza dei presupposti per il mantenimento temporaneo della efficacia della medesima misura per ragioni di urgenza, abbia altresì annullato la relativa ordinanza applicativa di cui all'art. 292 c.p.p. Le soluzioni giuridiche
Con la pronuncia in commento, il giudice della nomofilachia risolve il contrasto, latente nella giurisprudenza di legittimità relativo da un lato alla estensione del sindacato del tribunale ex art. 309 c.p.p., allorquando dichiarata la incompetenza territoriale del giudice che ha emesso il titolo gravato, debba poi procedere alla valutazione della sussistenza della gravità indiziaria e delle esigenze cautelari, previa valutazione della ricorrenza della urgenza e, dall'altro della sussistenza – ed a quali condizioni – della legittimazione del PM ad impugnare una decisione di tal fatta. L'analisi del principio di diritto oggi affermato non può che partire dall'affermazione che contro le sentenze dichiarative di incompetenza non è previsto alcun mezzo di impugnazione e la decisione del giudice può essere contestata dalle parti soltanto attraverso la denuncia di conflitto. Le sentenze relative alla competenza sono infatti sottratte alla regola della generale impugnabilità per cassazione dall'art. 568 c.p.p., comma 2, in ragione sia della tutela del principio per cui ciascun giudice è giudice della propria competenza, con l'unico rimedio della disciplina del conflitto, sia della mancanza di definitività della pronunzia relativa alla competenza, che ha natura meramente processuale. In considerazione del principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, la sentenza con la quale il giudice dichiara la propria incompetenza per qualsiasi causa, ordinando la trasmissione degli atti al giudice reputato competente, non è impugnabile ed in particolare non è ricorribile per Cassazione. Invero, non essendo previsto alcun mezzo preventivo per regolare la competenza mediante intervento immediato della Suprema Corte, questa potrà essere chiamata a pronunciarsi sulla medesima solo in esito a conflitto (Cass. n. 6347/1999; Cass. n. 36764/2004). Tale regola iuris generale di non impugnabilità delle sentenze che possono dare luogo ad un conflitto di giurisdizione o di competenza vale anche ove il provvedimento che si vuole contestare sia adottato, con le forme dell'ordinanza (Cass. n. 19746/2005). Tale regola si estende anche ai provvedimenti sulla competenza adottati con forma diversa dalla sentenza, quali le ordinanza del tribunale che - in sede di riesame di provvedimento impositivo di misura coercitiva personale - dichiarino l'incompetenza territoriale. Non è da revocare in dubbio che siffatto provvedimento non è attributivo della competenza al giudice designato il quale ha soltanto la possibilità di sollevare conflitto in caso di valutazione diversa sul punto (Cass. n. 2667/1998). È dunque inammissibile l'impugnazione del provvedimento del tribunale della libertà dichiarativo della incompetenza territoriale del g.i.p., così come in nessun caso sono impugnabili i provvedimenti negativi di competenza, in qualunque forma emessi, a norma di quanto precisato dall'ultima parte dell'art. 568 c.p.p., comma 2. Il provvedimento sulla competenza non è invero attributivo della stessa al giudice designato e importa soltanto, in caso di contrasto di valutazione sul punto da parte del giudice cui gli atti vengono trasmessi, la possibilità di elevare conflitto. Del resto, costituisce principio generale del diritto processuale che i provvedimenti giurisdizionali debbano essere pronunciati solo dal giudice naturale individuato in base ai criteri prefissati dal diritto positivo, salvi i casi eccezionali espressamente stabiliti dalla legge in funzione di situazioni del tutto particolari. Ciò vale anche nella materia cautelare, nel cui ambito è incontestato che il tribunale dell'impugnazione possa e debba sindacare la competenza del giudice che ha emesso la cautela (Cass., sez. un., n. 19/2004; Cass. n. 30027/2006; Cass. n. 2787/1999). Ormai è pacificamente assodato il principio che ammette la sindacabilità, in sede di impugnazione incidentale, della competenza per territorio del giudice che ha disposto l'applicazione della misura cautelare osservando, da un lato, che il potere di disporre una misura cautelare da parte del giudice incompetente, per qualsiasi causa, è del tutto eccezionale, in quanto legittimo solo se sussiste l'improrogabile necessità di salvaguardare le esigenze cautelari e, dall'altro, che il sindacato sul corretto esercizio di quel potere eccezionale non può che essere comprensivo della valutazione dei presupposti che lo hanno attivato, e cioè sia dell'incompetenza del giudice che dell'urgenza del provvedimento assunto. Sicché, sarebbe illogico negare al giudice dell'impugnazione cautelare il potere di verifica dei presupposti di cui all'art. 291, comma 2, c.p.p. solo perché il giudice di prima istanza non abbia autonomamente riconosciuto la propria incompetenza. Ciò premesso, le Sezioni Unite con la pronuncia in commento si sono premurate di delineare i confini della potestà decisoria del tribunale del riesame, dal momento che è stato dibattuto in giurisprudenza se il tribunale del riesame, dopo aver dichiarato l'incompetenza territoriale del gip che ha emesso il provvedimento di imposizione di una misura cautelare, debba procedere al riesame della vicenda cautelare nel merito (in esso ricompresa la verifica del presupposto della sussistenza dell'urgenza), ovvero limitarsi alla declaratoria di incompetenza del giudice a quo (e conseguentemente della propria) e a trasmettere gli atti al giudice competente secondo le regole stabilite dall'art. 22 c.p.p. Invero, ai sensi dell'art. 309, comma 9, c.p.p., il giudice del riesame può: a) annullare, riformare, confermare l'ordinanza oggetto del riesame; b) annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati con il gravame o confermarlo anche per ragioni diverse da quelle indicate nel provvedimento impugnato. I riferimenti normativi che occorre prendere in esame, al fine di risolvere tale questione sono costituiti dagli artt. 22, 27, 291 e 292 c.p.p. L'art. 27 c.p.p. disciplina l'ipotesi in cui il giudice che disponga la misura cautelare, contestualmente o successivamente si dichiari incompetente. Nelle suddette ipotesi, la misura cautelare cessa di avere effetto se, entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provveda a norma dell'art. 292 (quanto alla misura cautelare personale) 317 e 321 (quanto alle misure cautelari reali). L'art. 291 c.p.p., comma 2 invece, prende in considerazione l'ipotesi - del tutto eccezionale - in cui il giudice, al quale il P.M. abbia richiesto l'applicazione di una misura cautelare, pur riconoscendo la propria incompetenza, è legittimato, contestualmente, ad emettere ugualmente la misura cautelare: tale ipotesi si verifica quando il giudice (oltre che riconoscere la sussistenza delle condizioni generali per l'emissione della misura) riconosca l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p. In tal caso, il giudice - dopo avere emesso la misura cautelare - deve, con ordinanza, restituire gli atti al P.M. (art. 22 c.p.p.) il quale, a sua volta, dovrà trasmetterli al P.M. presso il tribunale ritenuto competente, affinché richieda la misura cautelare al giudice competente il quale dovrà decidere (ex art. 292 c.p.p.), pena l'inefficacia della misura disposta dal giudice incompetente, entro venti giorni dall'ordinanza di trasmissione degli atti (art. 27 c.p.p.). L'altra ipotesi, desumibile dal combinato disposto degli artt. 291/2 (letto a contrario) e art. 291 c.p.p., comma 2 si verifica quando il giudice - al quale sia richiesta l'emissione di una misura cautelare - si dichiari (sia pure implicitamente) competente a decidere. In tal caso, il giudice emette la misura richiesta anche in assenza del presupposto dell'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p. Se, però, il suddetto provvedimento è impugnato ed il giudice dell'impugnazione riconosca l'incompetenza del giudice che ha emesso la misura cautelare, si verifica un altro caso di incompetenza. Sulla base di quanto appena detto, si può, quindi, affermare che l'incompetenza del giudice che ha emesso la misura cautelare può verificarsi in due ipotesi: a) quando lo stesso giudice afferma la propria incompetenza, ma, ciononostante, emette ugualmente la misura cautelare richiestagli stante l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p.; b) quando il giudice si affermi competente, ma, a seguito dell'impugnazione, sia riconosciuto incompetente. Orbene, sul punto si registrano pronunce ad avviso delle quali, una volta riconosciuta in sede di riesame l'incompetenza del giudice che ha adottato una misura cautelare, il Tribunale non può pronunciare annullamento né riforma del provvedimento impugnato, ma, dopo averlo confermato, deve provvedere ai sensi dell'art. 27 c.p.p. (Cass. n. 14649/2007; Cass. n. 41006/2006; Cass. n. 31801/2008; Cass. n. 49427/2009; Cass. n. 6240/2012). Di conseguenza, una volta che il tribunale in sede di riesame dichiari la incompetenza del giudice che ha adottato l'ordinanza cautelare impugnata, il suo ius dicere si esaurisce, proprio perché la decisione sulle questioni di merito non può che essere devoluta e decisa dal giudice ritenuto competente. La Cassazione giustifica questa soluzione sulla scorta di molteplici argomenti. Innanzitutto, il principio dell'inefficacia differita di cui all'art. 27 c.p.p. non avrebbe senso se si riconoscessero contemporaneamente al giudice del riesame il potere di dichiarare l'incompetenza del giudice disponente e quello di annullare la misura impugnata, non potendo farsi questione di efficacia o di inefficacia di una misura dopo il suo annullamento (Cass. n. 22480/2005). In secondo luogo, opinando diversamente, si verificherebbe la singolare situazione di un giudice (il Tribunale del riesame) che, pur ritenendosi incompetente (per incompetenza "derivata" e consequenziale a quella del giudice a quo), pronuncerebbe ugualmente nel merito (con evidente violazione del principio del giudice naturale sancito dall'art. 25 Cost.), con la conseguenza che, sulla stessa vicenda processuale, potrebbero essere attivati due procedimenti de libertate: il primo, contro la misura cautelare emessa dal giudice incompetente; il secondo, contro quella emessa, entro i venti giorni, dal giudice ad quem, con conseguente possibilità di contrasti di giudicati. In realtà, il legislatore, con il descritto meccanismo dell'incompetenza processuale ha chiaramente voluto che, una volta dichiarata l'incompetenza, a decidere su tutte le questioni diventi solo il Tribunale del riesame ritenuto competente e che, quindi, una sola debba essere la procedura de liberiate. Infatti, ove sia lo stesso giudice a dichiararsi incompetente ma ciononostante emetta - stante l'urgenza - la misura cautelare ex art. 291 c.p.p., comma 2 la suddetta misura ha natura provvisoria: invero, se il giudice ad quem (ossia quello ritenuto competente) entro giorni venti non emette la misura, l'originaria misura cautelare diventa inefficace; se, invece, si pronuncia (sia emettendo una nuova misura cautelare, sia negandola) è quest'ultimo provvedimento che sostituisce quello del giudice a quo, sicché è solo contro di esso che le parti possono proporre impugnazione facendo valere le loro ragioni (di stretto diritto o di merito). Stessa situazione si verifica, ove, invece, il giudice della misura cautelare si ritenga competente, ma il tribunale del riesame lo ritenga incompetente (come nel affrontato dalle sezioni unite): anche in tal caso, gli atti devono essere trasmessi al P.M. che, a sua volta, li dovrà trasmettere al P.M. del tribunale ritenuto competente che, dovrà investire della richiesta il giudice ritenuto competente che, a sua volta, pena l'inefficacia del provvedimento reso dal giudice a quo, dovrà decidere entro venti giorni. L'unica differenza fra le due ipotesi è che, nella prima, la trasmigrazione del processo avviene su impulso dello stesso giudice che ha emesso la misura cautelare (in forza del combinato disposto degli artt. 22 e 27 c.p.p., art. 291 c.p.p., comma 2); nella seconda ipotesi, invece, la trasmigrazione del processo avviene su impulso del Tribunale del riesame ex artt. 22 e 27 c.p.p. Ma, in tutte e due le ipotesi, ove il giudice ad quem ritenuto competente decida entro venti giorni, l'originaria ordinanza pronunciata dal giudice incompetente, è destinata ad essere sostituita da quella emessa dal giudice competente: di conseguenza, solo contro questa può essere attivata la procedura de libertate. Secondo tale indirizzo di legittimità, il Tribunale, nei casi in cui ritenga incompetente il G.i.p., non potrebbe sindacare in nessun modo il merito del provvedimento, né l'eventuale ricorrenza di ragioni urgenti, utili a legittimare l'adozione - dunque, la conferma del provvedimento originario - ma dovrebbe limitarsi -sempre, in ogni caso - a trasmettere gli atti al giudice ritenuto competente, affinché un tempestivo provvedimento di quest'ultimo impedisca l'inefficacia a norma dell'art. 27 c.p.p. Si tratta di un indirizzo che sembra fondato su un presupposto costitutivo, quello, cioè, di precludere la possibilità che il giudice del riesame, in casi del tutto sovrapponibili a quello in esame, annulli il provvedimento cautelare già adottato in base sola alla ritenuta incompetenza del giudice che l'ha emesso. Inoltre, sempre a sostegno di questa soluzione, si osserva che il controllo sulla urgenza, può essere effettuato solo nel caso in cui il giudice che ha emesso la misura cautelare, pur riconoscendo la propria incompetenza, emetta ugualmente la misura restrittiva stante l'urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall'art. 274 c.p.p. Con la conseguenza che la suddetta verifica non avrebbe senso alcuno nella diversa ipotesi in cui il giudice che ha emesso la misura cautelare si riconosca, sia pure implicitamente, competente e, quindi, abbia deciso a norma dell'art. 291 c.p.p., comma 1. Da ciò discende che una volta riconosciuta in sede di riesame l'incompetenza del giudice che ha adottato una misura cautelare, il Tribunale non può pronunciare annullamento né riforma del provvedimento impugnato, ma, dopo averlo confermato, deve provvedere ai sensi dell'art. 27 c.p.p. (Cass. n. 14649/2007). Anche la dottrina ha aderito a tale soluzione evidenziando che la scelta legislativa di sanzionare con l'inefficacia differita la misura cautelare adottata dal giudice incompetente consente di salvaguardare le esigenze cautelari, senza disconoscere il vizio del provvedimento, ciò che non potrebbe essere possibile a fronte di una pronuncia di annullamento modellata sulla falsariga di quella prevista dall'art. 24 c.p.p. con riferimento alla sentenza emessa dal giudice incompetente. Ciò posto secondo un formante giurisprudenziale, il giudice del riesame che ha pronunciato l'ordinanza impugnata non può avere alcuna cognizione su un eventuale ripristino della misura, là dove l'ordinanza impugnata fosse annullata sul punto dalla Corte di Cassazione, e, altrettanto il pubblico ministero, una volta pronunciata dal giudice la declaratoria di incompetenza non è più legittimato, e in ogni caso, è carente di interesse a far valere il diritto all'azione e ogni domanda cautelare che spetta all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice competente. La perdita di efficacia dell'ordinanza, dopo il decorso fruttuosamente o meno il periodo dei venti giorni, non determina alcuna preclusione o giudicato cautelare e il giudice competente per territorio è titolare della cognizione senza limitazione alcuna. In altri termini, il giudice del riesame, una volta che dichiari la propria incompetenza, non può riformare e annullare il provvedimento impugnato, salva una valutazione nei limiti del fumus sulla legalità del provvedimento adottato e sulla sussistenza delle ragioni d'urgenza, unico presupposto cui è condizionato l'adozione del provvedimento di custodia cautelare e la temporanea efficacia della durata di venti giorni per assicurare l'intervento del giudice competente (Cass. n. 32337/2010). Tale orientamento si fonda sulla considerazione che la pronuncia di incompetenza da parte del giudice dell'impugnazione avverso i provvedimenti cautelari determina, al pari della declaratoria di incompetenza del giudice che ha disposto la misura cautelare, l'inefficacia differita ex art. 27 c.p.p. (Cass., sez. un., n. 1/1996). La caducazione automatica della misura cautelare, il cui esito è rimesso, a seguito della declaratoria di incompetenza, al giudice dichiarato competente, comporta che il ricorso, nella specie, possa essere proposto contro il secondo provvedimento, non anche il primo (Cass. n. 21953/2010). Altro versante giurisprudenziale – al quale le odierne sezioni unite prestano ferma e decisa adesione – sul rilievo che la funzione tipica dei provvedimenti cautelari è quella di anticipare in via strumentale la futura decisione di merito e, quindi, di garantire rilevanti esigenze di tutela - rispetto alle quali può essere particolarmente urgente provvedere, opina nel senso che la legge ha previsto che anche il giudice incompetente, ove ritenga sussistenti i presupposti costitutivi, possa deliberare l'ordinanza cautelare (art. 291 c.p.p., comma 2), sia pure con una efficacia limitata nel tempo; in tal senso, si giustifica la previsione secondo cui il provvedimento restrittivo emesso da un giudice incompetente produce effetti, se legittimo, e conserva efficacia per un certo periodo, conseguente alla dichiarazione di incompetenza successiva alla sua adozione (art. 27 c.p.p.). La competenza del giudice è un presupposto legittimante per l'adozione di una misura restrittiva, con la conseguenza che sempre, quando la domanda è rivolta ad un giudice incompetente, questi è chiamato a dichiararsi tale; al provvedimento dichiarativo di incompetenza, però, può "aggiungersi" anche l'applicazione della misura, quando sussiste urgenza in rapporto alle esigenze di cui all'art. 274 c.p.p. In questo caso, l'urgenza, unitamente alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ed alle esigenze cautelari, diviene una sorta di requisito alternativo di legittimazione del provvedimento che prescinde dalla incompetenza del giudice adito. Dunque, il provvedimento con cui il G.i.p. si dichiara incompetente ma emette nondimeno un titolo cautelare è un provvedimento a struttura complessa, in cui il tema della incompetenza convive con quello della verifica della sussistenza dei presupposti legittimanti la misura. In maniera puntuale si è affermato che l'art. 291 c.p.p., comma 2, pone un limite al dettato normativo dell'art. 22 c.p.p., escludendo che il Giudice per le indagini preliminari possa rifiutare per ragioni di competenza l'applicazione di una misura cautelare urgente. E poichè l'art. 291 c.p.p. è applicabile in qualsiasi fase del procedimento, ne consegue che, in tema di misure cautelari personali, quand'anche il Giudice rilevi la propria incompetenza, dovrà pur sempre esaminare nel merito la richiesta di misura cautelare personale, perché sarà legittimato a rigettarla solo quando la misura di cui sussistano i presupposti non risulti urgente (Cass. n. 2242/2005). Da quanto precede, si osserva che, ai sensi degli artt. 22 e 23 c.p.p., sia il G.i.p., che il giudice del processo, a fronte di una richiesta di misura cautelare, nel caso in cui si reputino incompetenti, devono limitarsi a dichiararlo e a trasmettere, il primo, con ordinanza, il secondo, con sentenza, gli atti al pubblico ministero che procede, ovvero alla parte pubblica presso l'organo giurisdizionale che si ritiene competente, ma è altrettanto vero che a questa regola si correla l'eccezione di cui all'art. 291 c.p.p., comma 2, e l'eccezione è giustificata dal fine "di scongiurare i pericoli connessi al prevedibile ritardo con il quale il giudice competente avrebbe potuto provvedere". L'impossibilità di aspettare l'intervento del giudice naturale consente di adottare una cautela che ha carattere provvisorio ai sensi e nei limiti dell'art. 27 c.p.p., se ne sussistano i presupposti, e tale titolo cautelare ha una sua vitalità e rilevanza che prescinde dalla incompetenza. In altri termini, il Tribunale che rilevi l'incompetenza territoriale del G.i.p., non sarebbe obbligato a confermare il provvedimento impugnato, ma dovrebbe annullare l'ordinanza genetica nei casi in cui non ricorrano le condizioni legittimanti ed il requisito dell'urgenza di cui all'art. 291 c.p.p. Non si tende a distinguere, in tale contesto, tra il caso in cui il giudice della cautela abbia ritenuto (esplicitamente o per implicito, tacendo sull'argomento) che sussista la sua competenza, ed il caso in cui sia stato lo stesso giudice a ritenere la propria incompetenza, invocando tuttavia ragioni di particolare urgenza nell'assicurazione delle esigenze di cautela indicate dalla legge. Le situazioni sono ovviamente diverse, quanto meno con riguardo alle doglianze proponibili con l'impugnazione. Si afferma nella giurisprudenza di legittimità che il tribunale del riesame potrebbe e dovrebbe sindacare la competenza territoriale in entrambi i casi; ove il Tribunale ritenga che la competenza del G.i.p. non vi fosse, il collegio dovrà verificare l'eventuale sussistenza delle ragioni di urgenza specificate all'art. 291 c.p.p., comma 2, ragioni che, nel caso di incompetenza già riconosciuta dal giudice procedente, saranno già state da questi illustrate. Ove l'urgenza venga riconosciuta, e semprechè sussistano le ulteriori condizioni necessarie a legittimarne l'adozione, l'ordinanza cautelare dovrà essere confermata, contestualmente dichiarando l'incompetenza, così da produrre (o riprodurre) le condizioni per una inefficacia differita a norma dell'art. 27 c.p.p.. Ove, invece, la verifica da parte del Tribunale avesse esito opposto, secondo l'orientamento in questione, il provvedimento dovrebbe essere annullato, data la carenza di una condizione necessaria per la sua legittimità (Cass. n. 30027/2006; Cass. n. 35630/2017). Questo il complesso quadro giurisprudenziale nel quale si inserisce la questione della necessità di verificare se ed in che misura sia configurabile un interesse ad impugnare da parte del Pubblico Ministero ricorrente in un caso, come quello sottoposto al vaglio della Corte di Cassazione nella sua forma allargata, in cui il Tribunale della libertà ha non solo ritenuto territorialmente incompetente il G.i.p. che aveva disposto il titolo custodiale, ma ha anche considerato insussistenti i presupposti di legittimità della misura cautelare disposta, in relazione alle esigenze cautelari ed il requisito dell'urgenza di cui all'art. 291 c.p.p., comma 2. Ovviamente la questione de qua è configurabile solo in casi, come quello in esame, in cui il Tribunale della libertà non ha emesso una declaratoria di incompetenza “pura”, ma ha anche escluso i presupposti legittimanti della misura cautelare, sia sotto il profilo dei gravi indizi di colpevolezza, sia per quanto riguarda il tema della urgenza di provvedere di cui all'art. 291 c.p.p., comma 2. Il tema attiene e si interseca con quello relativo al tipo di provvedimento che il Tribunale del riesame deve adottare ai sensi dell'art. 309 c.p.p., comma 9, atteso che l'esistenza o meno dell'interesse ad impugnare del Pubblico Ministero si conforma rispetto al provvedimento che il Tribunale emette e che attiene, come detto, non solo al tema della incompetenza del G.i.p. ed al non decisivo richiamo all'art. 22 c.p.p., quanto, piuttosto, al merito della vicenda cautelare ed alla necessità di provvedere subito. I provvedimenti che il tribunale del riesame può adottare ai sensi dell'art. 309 c.p.p., sono tipici: il tribunale può solo annullare, riformare o confermare l'ordinanza cautelare genetica ed è rispetto a tale tipologia di provvedimenti che si configura o meno l'interesse a ricorrere del Pubblico Ministero in casi in cui, come quello in esame, il Tribunale dichiara la incompetenza del G.i.p. ma, come detto, valuta anche il merito cautelare della vicenda per escludere o rendere applicabile l'art. 27 c.p.p.. Pare tuttavia chiaro che, ove si ritenesse di recepire l'indirizzo in esame, il Tribunale della libertà di Palermo avrebbe nel caso di specie irritualmente annullato con un provvedimento non di "pura" declaratoria di incompetenza - la originaria misura custodiale, negandone i presupposti legittimanti e sarebbe di conseguenza oltremodo difficile negare l'interesse del pubblico ministero ad impugnare un provvedimento - errato - di annullamento dell'originario titolo cautelare. Non sembra decisiva la circostanza che il Pubblico Ministero potrebbe sempre richiedere un nuovo titolo cautelare, atteso che il pregiudizio sussiste nell'avere annullato un titolo già esistente ed impedito l'operatività dell'art. 27 c.p.p. e, dunque, disconosciuto i presupposti legittimanti e l'urgenza di provvedere. Osservazioni
Si è acutamente notato in dottrina come la mera dichiarazione di incompetenza non rientri tra i provvedimenti elencati all'art. 309 c.p.p., comma 9 (annullamento, riforma o conferma), uno dei quali deve notoriamente intervenire entro il termine di dieci giorni (comma 10), a pena di inefficacia sopravvenuta della misura impugnata. L'incompetenza eventualmente dichiarata dal giudice dell'impugnazione renderà provvisoria l'efficacia del provvedimento cautelare, legittimamente adottato in ragione dell'urgenza, secondo il disposto dell'art. 27 c.p.p., mentre, nel caso in cui il giudice dell'impugnazione apprezzi l'insussistenza dell'urgenza, con la declaratoria di incompetenza sarà tenuto ad annullare la misura disposta con l'ordinanza genetica di annullare e disporre la liberazione del soggetto nei cui confronti essa è stata applicata. La revisione critica dell'orientamento maggioritario operato dalle Sezioni Unite con la sentenza in commento nasce dalla necessità di riconoscere al giudice del riesame – ma la questione si pone anche nell'eventuale giudizio di legittimità – il pieno sindacato sul provvedimento cautelare impugnato, ed in particolare sulle ragioni che legittimano l'urgenza, nel momento in cui, pur avendo riconosciuto l'incompetenza del giudice della cautela, l'art. 27 c.p.p. riconduce effetti temporalmente limitati al provvedimento proprio in ragione dell'urgenza. In realtà, se si recepisse l'orientamento secondo cui il Tribunale dovrebbe solo limitarsi sempre a trasmettere gli atti al giudice competente al fine di consentire l'operatività dell'art. 27 c.p.p., sembrerebbe prospettarsi una soluzione per cui la misura cautelare, l'impugnazione di essa ed il provvedimento che ne consegue, resterebbero sostanzialmente sospesi - privi di effetti - quanto al merito ed all'efficacia della misura, se non nel senso che, attraverso la declaratoria di incompetenza, si attiverebbe automaticamente il meccanismo di inefficacia differita, regolato dall'art. 27 c.p.p. Una soluzione, si è notato, che finirebbe paradossalmente per differire nel tempo il controllo collegiale su una misura che rivela concreti sintomi di illegittimità. Peraltro, si evidenzia che la tesi che restringe l'esame del giudice dell'impugnazione alla sola questione della competenza per territorio presenta un insanabile contraddittorietà, atteso che crea un'inammissibile disparità di trattamento tra i casi in cui il giudice riconosca ab origine la sua incompetenza e si astenga dalla misura e quelli in cui il giudice, non riconoscendo l'incompetenza e non valutando l'urgenza, emetta la misura. Inoltre, si evidenzia anche l'opinione che l'impugnazione, ed il provvedimento che ne consegue, restino sostanzialmente privi di effetti circa il merito e l'efficacia della misura, se non nel senso che per la stessa si attiva il meccanismo di inefficacia differita regolato dall'art. 27 Cost., così spostando nel tempo il controllo collegiale sulla misura proprio in un caso nel quale i sintomi di illegittimità sono concreti. In tal senso, in ossequio ai principi costituzionali, deve accogliersi con favore la soluzione secondo cui il tribunale del riesame sarebbe obbligato a trasmettere gli atti al giudice competente (o, talvolta, al pubblico ministero) solo dopo aver “confermato” il provvedimento oggetto dell'impugnazione; si tratta di una soluzione che recepisce, da una parte, l'esigenza che il Tribunale adotti un provvedimento compreso nella previsione del citato art. 309 c.p.p., e, dall'altra, la tesi secondo cui l'incompetenza del giudice non legittima l'annullamento della ordinanza. Sicché il tribunale del riesame deve sempre sindacare la competenza territoriale; ove il Tribunale ritenga che la competenza del G.i.p. non vi fosse, il collegio dovrà verificare l'eventuale sussistenza delle ragioni di urgenza specificate all'art. 291 c.p.p., comma 2, ragioni che, nel caso di incompetenza già riconosciuta dal giudice procedente, saranno già state da questi illustrate. Ove l'urgenza sia riconosciuta, e sempreché sussistano le ulteriori condizioni necessarie a legittimarne l'adozione, l'ordinanza cautelare dovrà essere confermata, contestualmente dichiarando l'incompetenza, così da produrre (o riprodurre) le condizioni per una inefficacia differita a norma dell'art. 27 c.p.p.. Ove, invece, la verifica da parte del Tribunale avesse esito opposto, il provvedimento deve essere annullato, data la carenza di una condizione necessaria per la sua legittimità. Sicché in ossequio all'odierno principio di diritto deve conseguire al pieno sindacato il potere/dovere del tribunale del riesame, che rilevi l'incompetenza per territorio del giudice a quo e, per contro, non rilevi la sussistenza di una situazione di urgenza, di annullare la misura cautelare emessa disponendo la liberazione dell'indagato o la cessazione degli effetti coercitivi; mentre, ove rilevi l'urgenza di provvedere, il giudice del riesame deve limitarsi a confermare il provvedimento, consentendo il prodursi della efficacia differita del provvedimento prevista dall'art. 27 c.p.p. Ne discende che, quando il controllo in punto di gravi indizi o di esigenze cautelari ad assicurazione urgente abbia esiti negativi, il giudice deve annullare il provvedimento di riesame e quello genetico. Nel caso contrario, ferma restando la dichiarazione di incompetenza produttiva degli effetti di cui all'art. 27 c.p.p., il provvedimento impugnato non deve essere annullato. Da quanto precede pare difficile negare al Pubblico ministero un interesse a ricorrere in presenza di un provvedimento di annullamento contenuto in una ordinanza che ritenga, come nel caso di specie, non sussistenti nel merito i requisiti legittimanti l'adozione della misura cautelare. Anche nel caso in esame, il riferimento all'art. 22 c.p.p. ed al supposto effetto non preclusivo di una pronuncia di incompetenza rispetto alla possibilità di richiedere un nuovo titolo cautelare, non pare decisivo, per le ragioni già esposte. Alla luce di quanto riferito pare potersi affermare che sussiste l'interesse del Pubblico Ministero ad impugnare in fattispecie come quelle in esame, in cui il Tribunale, dichiarata la incompetenza del GIP ad emettere l'originario titolo cautelare, ha, al tempo stesso, annullato il titolo in questione non ravvisandovi i presupposti di legittimazione (gravi indizi di colpevolezza, esigenze cautelari, urgenza di cui all'art. 291 c.p.p., comma 2). V. Campilongo, Riconoscimento dell'incompetenza del giudice de libertate in sede di riesame ed effetti preclusivi del sindacato sul merito del provvedimento impugnato, in Cass. pen., 2008, 4221; A. Nocera, Giudizio di riesame: il sindacato sull'urgenza di provvedere del giudice incompetente, in Ilpenalista.it, 20 aprile 2017. |