Il decreto legge n. 29/2020 non trova pace: sollevata un'altra questione di legittimità costituzionale

Veronica Manca
15 Giugno 2020

Con ordinanza del 4 giugno, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari si è aggiunto al Magistrato di Sorveglianza di Spoleto e a quello di Avellino, sollevando due ulteriori questioni di legittimità costituzionale rispetto all'applicazione – immediata – delle disposizioni introdotte con il decreto legge del 10 maggio 2020, n. 29...
Massima

Con ordinanza del 4 giugno, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari si è aggiunto al Magistrato di Sorveglianza di Spoleto e a quello di Avellino, sollevando due ulteriori questioni di legittimità costituzionale rispetto all'applicazione – immediata – delle disposizioni introdotte con il decreto legge del 10 maggio 2020, n. 29 (in attesa di conversione). In sintesi, si lamenta una duplice violazione dei diritti fondamentali, del diritto alla salute e dell'umanità della pena, nella misura in cui la rivalutazione periodica imposta dal legislatore, rispetto alle decisioni già assunte, produce un'interruzione delle cure prestate al condannato, e finisce per incidere sul senso di umanità dell'esecuzione della pena stessa. Si denuncia, inoltre, una violazione dell'autonomia dell'autorità giudiziaria, imponendo una verifica dei presupposti di permanenza della misura applicata (con tempi e modalità che gravano pesantemente sulla discrezionalità della magistratura giudicante).

Il caso

Il caso, ormai noto ai più, anche a causa della risonanza mediatica ricevuta, riguarda la posizione di un detenuto in regime di 41-bis ord. pen., ristretto presso la struttura di Sassari-Bancali, con un cumulo di pene di anni 20, ed un fine pena fissato al 2023. I titoli di reato sono quelli di cui al 4-bis, comma 1, ord. pen., quindi “assolutamente ostativi” all'accesso ai benefici penitenziari e alle misure extramurarie. Non, però, “ostativi” anche all'accesso alle misure alternative – eccezionali – perché concesse esclusivamente per motivi di salute: trattasi del differimento facoltativo della pena, ai sensi dell'art. 147, comma 1, n. 2 c.p., e all'art. 47-ter, comma 1-ter, ord. pen., in materia di detenzione domiciliare c.d. “in deroga” (o, anche detta “umanitaria”, proprio perché concedibile, in deroga ai requisiti standard della detenzione domiciliare, con un residuo pena anche più alto di anni 4, e per tutti i titoli di reato, in astratto).

Sulla base dell'ordinanza assunta il 23 maggio 2020, il Tribunale di Sorveglianza di Sassari ha concesso al detenuto la misura del differimento facoltativo della pena, nella forma della detenzione domiciliare, perché sulla base del quadro clinico, già compromesso, da plurime patologie (attestate dall'area sanitaria carceraria), l'incidenza della possibile contrazione del Covid-19 avrebbe potuto essere letale per la vita del detenuto.

Ad ogni modo, la concessione della misura extramuraria, come si evince dalla motivazione, non è stata dettata dall'emergenza sanitaria, ma dall'incompatibilità di prosecuzione della detenzione alla luce delle condizioni di salute del detenuto. Sulla base, quindi, di una scrupolosa motivazione, anche arricchita dei precedenti giurisprudenziali più recenti in tema (v. Cass. pen., Sez. I, 17 maggio 2019, n. 27352, per cui: non è necessaria un'incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, occorre, invece, che l'infermità sia tale da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario), il Collegio ha ritenuto prevalenti le esigenze individuali di salute del condannato, rispetto ad istanze securitarie.

Articolato e attentamente motivato l'iter istruttorio che ha portato alla decisione: come richiesto, infatti, dalla giurisprudenza di legittimità, la concessione di tali misure ad autori di reati di cui all'art. 4-bisord. pen., e in regime di 41-bis ord. pen., è percorribile solo se non sussistono i presupposti per il mantenimento della carcerazione, anche per il tramite di un diverso collocamento in una struttura penitenziaria specializzata, o, in altro luogo di cura (in altri termini: lapermanenza in carcere può essere deliberata se il giudice accerta che esistano istituti in relazione ai quali possa formularsi un giudizio di compatibilità (tra le condizioni di salute del soggetto e il regime carcerario) e tale accertamento deve rappresentare un “momento primario” rispetto alla decisione e non una modalità esecutiva della stessa, rimessa all'autorità amministrativa; così Cass. pen. Sez. I, 2 luglio 2019, n. 41410). Nel caso di specie, nonostante i solleciti operati dal Collegio, la disponibilità del DAP alla ricollocazione del detenuto in diversa struttura penitenziaria non è giunta, se non successivamente ad ordinanza emessa.

In tali termini devono, del resto, interpretarsi gli altri provvedimenti emessi (come quello dell'Ufficio di Sorveglianza di Milano, del 20 aprile 2020 nei confronti di un altro detenuto al regime del 41-bis ord. pen., o, quello assunti dal Tribunale di Sorveglianza di Milano, con ordinanze del 19 marzo 2020 e 31 marzo 2020, e quella del Tribunale di Sorveglianza di Bologna, del 26.03.2020, tutte e tre, le ultime, per autori di reati di cui all'art. 4-bisord. pen.): in tutti i casi, la magistratura di sorveglianza è stata chiamata a formulare un bilanciamento concreto tra interessi antagonistici – in apparenza – diritto alla salute e umanità della pena, da un lato, e, difesa sociale, dall'altra.

Laddove, infatti, il diritto alla salute non può essere tutelato integralmente, per l'assenza di strutture penitenziarie specializzate, o per l'impossibilità di ricovero in luogo esterno di cura, si impone sulla magistratura una stringente valutazione della situazione personale del condannato. La pericolosità sociale deve essere valutata in stretta relazione alle patologie in atto e all'età dell'interessato, per cui: Assume, in vero, i contorni di una detenzione non ammissibile mantenere in carcere una persona che non è in grado di percepire il senso stesso della detenzione e, comunque, di percepirlo in modo non pieno né compiuto nei suoi aspetti rieducativi, preminenti per la nostra civiltà costituzionale; così, Cass. pen., Sez. I, 29.11.2016, n. 54446.

La questione

La decisione in questione, come del resto, altre (tra cui quelle emesse dall'Ufficio di Sorveglianza di Milano e di Siena, ma non solo) hanno destato molte polemiche, tanto da investire il Parlamento, il Ministro della Giustizia e il Capo Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria.

Sulla scia dell'attenzione mediatica, quindi, il Governo ha licenziato due decreti legge, il primo, quello n. 28 del 30 aprile 2020, e il successivo, di poco, n. 29 del 10 maggio 2020: con tali due provvedimenti, il Governo è intervenuto nella fase istruttoria per la valutazione di istanze di permessi di necessità, di cui all'art. 30 ord. pen., e delle misure alternative per motivi di salute, di cui agli artt. 147, comma 1 n. 2 c.p. e 47-ter ord. pen.

Con il primo decreto, in sostanza, il legislatore ha inteso modificare la fase istruttoria per la verifica dei presupposti delle misure richieste, con la richiesta obbligatoria dei pareri alla Procura distrettuale antimafia, e, per i reclusi al 41-bis ord. pen., anche del Procuratore nazionale antimafia, lasciando comunque immutati tutti gli altri requisiti formali di accesso ai benefici. Con il secondo decreto, invece, ha imposto una procedura di rivalutazione sostanziale della permanenza della misura già concessa, con tempi e modalità pesantemente incidenti anche sul procedimento esecutivo di cui agli artt. 666, 678 c.p.p. (per di più, senza l'instaurazione di un contraddittorio tra le parti, per il provvedimento emesso de plano dal magistrato di sorveglianza, in caso di misura adottata in via provvisoria, ai sensi degli artt. 684 c.p.p. e 47-ter, commi 1-ter e 1-quater, ord. pen.). La rivalutazione deve essere effettuata entro 15 giorni dall'adozione dei provvedimenti (se emessi dal 23 febbraio in poi); per tutti quelli in istruttoria e per quelli da adottare, dal giorno della pubblicazione del testo normativo in Gazzetta. Per la prima valutazione, soli 15 giorni, per le successive, si prevede una cadenza mensile. Tempistiche che, tuttavia, si azzerano, laddove, nelle more pervenga un'immediata disponibilità da parte del DAP di ricollocare il detenuto in altra struttura penitenziaria adeguata (così è avvenuto per i provvedimenti di revoca emessi dall'Uff. Sorv. Siena, 12 maggio .2020 e Uff. Sorv. Milano, 19 maggio 2020).

La rivalutazione periodica può quindi comportare la revoca della misura emessa: i punti critici della novella, quindi, si concentrano negli artt. 2 e 5, per cui, da una parte si introduce un differenziato modello di esame delle misure alternative (nemmeno coincidente con quello del c.d. “doppio binario” dell'art. 4-bis ord. pen., per una selezione parziale dei titoli di reato), dall'altra se ne prevede un'efficacia retroattiva nel tempo, decorrente dal 23 febbraio in avanti.

Le soluzioni giuridiche

Con due provvedimenti, il Magistrato di Sorveglianza e quello di Avellino, chiamati, quindi, ad attuare, in prima battuta le nuove disposizioni, hanno deciso di sospendere il procedimento istruttorio in corso, sollevando questione di legittimità costituzionale.

In entrambi i casi, il punto centrale riguarda la fase procedimentale, funzionale alla rivalutazione periodica della misura: trattasi, infatti, di una procedura istruttoria, interlocutoria, non soggetta a controllo, né ad integrazione di contraddittorio, per l'interessato e la difesa (provvedimento peraltro non impugnabile, secondo alcuni, se non per cassazione, per violazione di legge, ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost.).

Le questioni sollevate dal Tribunale di Sassari, invece, si concentrano sul “cuore” della normativa, andando a denunciare possibili contrasti con la Costituzione sotto il profilo individuale, del diritto alla salute e dell'umanità della pena, per il condannato, e sotto il diverso profilo “pubblicistico”, dell'azzeramento dell'autonomia decisoria, anche nel rito di cui agli art. 666, 678 c.p.p., per la magistratura di sorveglianza, chiamata a pronunciarsi secondo modalità e tempistiche istruttorie, incompatibili, con l'esecuzione della pena.

Nel dispositivo, infatti, si legge che le questioni di legittimità costituzionale lamentate sono due:

a) in relazione all'art. 2, nella parte in cui prevede che la rivalutazione della permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria sia effettuata entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile e, ancora, immediatamente nel caso in cui il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria comunica la disponibilità di strutture penitenziarie o di reparti di medicina protetta, per violazione degli artt. 3, 27, comma 3, 32, 102, comma 1 e 104, comma 1, Cost.;

b) all'art. 5, nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui all'articolo 2 si applicano ai provvedimenti di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento pena adottati successivamente al 23 febbraio 2020, per violazione degli artt. 3, 27, comma 3, 102, comma 1 e 104, comma 1, Cost.

Con riguardo al primo profilo, quello individuale, secondo il Collegio, l'imposizione di una rivalutazione periodica, con tempistiche così ravvicinate (nell'arco di 15 giorni, per la prima, e per le successive ogni mese) finisce per incidere, in sostanza, sulla stessa terapia sanitaria in corso, minando il rapporto fiduciario paziente/detenuto e medico. Consequenziale è quindi la riflessione sul senso di umanità della pena: rendendo di fatto inidonea la prosecuzione della cura per il condannato, sono inevitabili le ricadute sulla qualità della pena espiata stessa.

Strettamente connesse inoltre sono le ragioni di illegittimità costituzionale lamentate in relazione al parametro dell'art. 3 Cost.: risulta evidente, infatti, che, con tale normativa si va a creare un sistema multilivello di “binari differenziati” per autori di alcune fattispecie di reato (solo in parte coincidenti con il comma 1 dell'art. 4-bis ord. pen.), le cui istanze subiscono un trattamento differenziato rispetto alla generalità dei detenuti, anche per reati di cui all'art. 4-bis ord. pen. e per autori di quegli stessi reati, ma giudicati prima dell'emergenza sanitaria, prima del 23 febbraio 2020.

Oltre al profilo individuale, il Collegio ha ritenuto che l'inserimento – con applicazione immediata, ad effetto retroattivo – di una procedura di rivalutazione dei presupposti della misura alternativa vada ad incidere sulla competenza decisoria riservata all'autorità giudiziaria, violando così la separazione dei poteri: dirimente infatti il ruolo del DAP, il quale, sulla base della propria comunicazione di disponibilità, comporta automaticamente l'inidoneità della misura concessa, essendo percorribile la via intramuraria; così come la necessaria acquisizione dei pareri della DDA e della DNA, e delle informazioni dell'autorità sanitaria locale, finiscono per restringere sensibilmente l'area di operatività dell'autorità giudiziaria.

Osservazioni

Con i decreti legge nn. 28 e 29 del 2020, si è chiaramente disvelato come il ricorso al diritto penitenziario possa esplicare un effetto deterrente maggiore di quanto lo possa fare il diritto penale stesso, anche quello punitivo, in senso stretto. Maggiore è inoltre l'effetto deterrente del diritto penitenziario, ormai, rispetto allo stigma che accompagna ogni processo.

È ben chiaro, inoltre, che la necessità di neutralizzare la persona condannata, ritenuta comunque pericolosa, perché portatrice di un vissuto drammatico, altamente simbolico, si esprime compiutamente nel diritto penitenziario e nell'esecuzione della pena: la strutturazione di sistemi differenziati della pena, che si innestano con il modello per eccellenza di esclusione dai benefici penitenziari, come quello di cui all'art. 4-bis ord. pen., rende pressoché inaccessibile l'accesso a percorsi trattamentali esterni, frustrando le finalità rieducative della pena, per autori di reati ritenuti comunque altamente pericolosi (si recupera, quindi, sulla procedura applicativa la natura assoluta della presunzione). I nuovi modelli procedimentali, infatti, vanno ad innestarsi come ulteriori sotto-sistemi del “doppio binario”, che si rilevano, sin dalla disposizione astratta, tendenzialmente ostativi all'accesso ai benefici penitenziari.

A fronte di una giurisprudenza costituzionale, sempre più uniforme e diretta all'eliminazione del sistema delle presunzioni assolute, il legislatore – contro corrente (quella costituzionale) – individua proprio nella normativa esecutiva differenziata il prototipo per aggiungere e arricchire la disciplina delle preclusioni.

Risulta evidente, che, al di là della singola modifica, un tale sistema, così articolato e differenziato (a seconda del tipo di reato e del tipo di beneficio richiesto) non può che generare delle contraddizioni a livello applicativo, vanificando la visione complessiva del sistema esecutivo.

Guida all'approfondimento

Amato, Passione, Vuoti a perdere, in www.dirittodidifesa.eu;

Cesaris, Il d.l. n. 29 del 2020: un inutile e farraginoso meccanismo di controllo, in www.giurisprudenzapenale.com;

Della Bella,Emergenza COVID e 41 bis: tra tutela dei diritti fondamentali, esigenze di prevenzione e responsabilità politiche, in www.sistemapenale.it;

Fiandaca, Scarcerazioni per motivi di salute, lotta alla mafia e opinione pubblica, in www.sistemapenale.it;

Fiorentin, Con controlli cadenzati sui casi blindate le procedure per i benefici, in Guida al diritto, 23, 2020;

Gialuz, L'emergenza nell'emergenza: il decreto-legge n. 28 del 2020, tra ennesima proroga delle intercettazioni, norme manifesto e “terzo tempo” parlamentare, in www.sistemapenale.it;

Gianfilippi,Emergenza sanitaria in carcere, provvedimenti a tutela di diritti fondamentali delle persone detenute e pareri sui collegamenti con la criminalità organizzata nell'art. 2 del dl 30 aprile 2020 n. 28, in www.giurisprudenzapenale.com;

Gianfilippi,La rivalutazione delle detenzioni domiciliari per gli appartenenti alla criminalità organizzata, la magistratura di sorveglianza e il corpo dei condannati nel d.l. 10 maggio 2020 n. 29, in www.giustiziainsieme.it;

Minnella,Ennesimo d.l. per “monitorare” le scarcerazioni legate all'emergenza coronavirus di imputati e condannati, in www.ilpenalista.it;

Manca, Ostatività, emergenza sanitaria e Covid-19: le prime applicazioni pratiche, in www.giurisprudenzapenale.com;

Manca, Umanità della pena, diritto alla salute ed esigenze di sicurezza sociale: l'ordinamento penitenziario a prova di (contro)riforma, in www.giurisprudenzapenale.com;

Stampanoni Bassi, Il differimento dell'esecuzione della pena nei confronti di Pasquale Zagaria: spunti in tema di bilanciamento tra diritto alla salute del detenuto (anche se dotato di “caratura criminale”) e interesse pubblico alla sicurezza sociale, in www.giurisprudenzapenale.com;

Terranova, Le misure adottate dal Governo contro le scarcerazioni dei boss, in www.ilpenalista.it.

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