Diritto di cronaca. La scriminante di cui all'art. 51 c.p. è configurabile anche se il delitto è previamente commesso al fine di procacciarsi la notizia?
17 Febbraio 2020
Massima
In tema di esercizio del diritto di cronaca, la scriminante di cui all'art. 51 c.p. è configurabile anche in relazione al delitto di ricettazione commesso al fine di procacciarsi la notizia e non soltanto rispetto ai reati commessi con la pubblicazione della stessa, ai sensi dell'art. 10 CEDU, come interpretato dalla Grande Camera della Corte EDU nelle decisioni del 21 gennaio 1999, Frezzos Roire c. Francia e del 10 dicembre 2007, Stoll c. Svizzera. (Fattispecie in tema di ricettazione di un cd rom contenente conversazioni telefoniche illegittimamente registrate e successivamente utilizzate ai fini della pubblicazione di un articolo giornalistico, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna, dovendo il giudice valutare se la pubblicazione degli articoli avesse apportato un contributo ad un dibattito pubblico su un tema di interesse generale e se nelle particolari circostanze del caso concreto l'interesse d'informare la collettività prevalesse sui "doveri e responsabilità" che gravano sui giornalisti). (Rv. 276954) Il caso
La sentenza analizza la condotta posta in essere nell'ambito di evidenti rapporti conflittuali tra imprenditori della grande distribuzione. In fatto: due giornalisti hanno ricevuto consapevolemente un cd rom contente intercettazioni telefoniche realizzate illecitamente. Le conversazioni intercettate erano da riferire al legale rappresentante di un'azienda di grande distribuzione (COOP Lombardia). Realizzate materialmente dagli addetti alla sicurezza della COOP, sono state consegnate ai giornalisti da un diretto concorrente della stessa nell'attività di grande distribuzione, in seguito deceduto (Caprotti, notoriamente “patron” della ESSELUNGA). Le conversazioni illegittimamente intercettate, ricevute consapevolemente quanto alla loro provenienza delittuosa, venivano utilizzate dai giornalisti per la pubblicazione di un articolo pubblicato su una testata giornalistica di rilievo e diffusione nazionale. Il GUP ad esito di giudizio di primo grado ha assolto gli imputati dal reato di ricettazione, in concorso con il Caprotti, del cd rom contenente le intercettazioni di conversazioni telefoniche carpite illegittimamente, perché il fatto non costituisce reato, mentre ha dichiarato gli imputati colpevoli del reato di calunnia posto in essere sempre in tale contesto. La Corte territoriale, riformando la pronuncia del GUP, a seguito di appello del Pubblico Ministero, ha dichiarato gli imputati colpevoli del reato di ricettazione, mentre ha dichiarato non doversi procedere quanto al reato di calunnia perché estinto per prescrizione. Impugnando per cassazione la sentenza di secondo grado, gli imputati hanno denunziato, per quanto interessa in questa sede, la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine alla sussistenza del dolo del profitto di ricettazione in capo ai ricorrenti (con particolare riferimento alla natura patrimoniale dello stesso), nonché quanto al mancato riconoscimento della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto ex art. 51 c.p., considerato che l'unico fine che poteva essere riferito ai giornalisti era quello di giungere alla pubblicazione dell'articolo, dunque nell'esercizio del proprio legittimo diritto di cronaca. La Seconda sezione della Corte di cassazione ha deciso annullando con rinvio limitatamente al punto riguardante la valutazione circa la configurabilità o meno della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca ex art. 51 c.p. anche con riferimento al delitto, previamente realizzato al fine di procacciarsi la notizia, di ricettazione.
La questione
Il tema principale di riflessione si concentra sulla compatibilità ed estensibilità della causa di giustificazione ex art. 51 c.p. dell'esercizio del diritto al reato di ricettazione del cd rom previamente commesso dagli imputati al fine di procacciarsi la notizia poi pubblicata su una testata giornalistica a diffusione nazionale. La sentenza in esame affronta molti temi interessanti e rilevanti, sia quanto a profili processuali che hanno caratterizzato questo procedimento (in tema di produzione documentale), che di definizione delle caratteristiche dell'elemento soggettivo di coloro che concorrono nel delitto di ricettazione, con particolare riferimento alla connotazione del profitto che si vuole perseguire con il reato di ricettazione al fine di pubblicare un articolo giornalistico. La Corte ha ritenuto fondato il motivo di ricorso con il quale i ricorrenti lamentavano il mancato riconoscimento della causa di giustificazione dell'esercizio di un diritto, con conseguente violazione delle previzioni di cui agli art. 43, 51 e 648 c.p., art. 21 Costituzione e art. 10 Conv. EDU. Nell'articolato e approfondito ragionamento della Corte emerge un orientamento nuovo, caratterizzato dal richiamo alle decisioni della Corte EDU sul tema, in contrasto con precedenti della Corte di cassazione sullo stesso tema (Cass. pen., Sez. I, 7 aprile 2016, (dep. 6 luglio 2016), n.27984, di recente Cass. pen., Sez. V, 21 Giugno 2019 (dep. 24 ottobre 2019), n. 43569). La Seconda sezione ha affermato che deve essere ritenuta astrattamente la compatibilità della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca con il delitto di ricettazione; tale affermazione di principio, nel caso in cui formi oggetto si specifico motivo di impugnazione in appello, così come nel caso in esame, determina la necessaria articolazione da parte del giudice di merito di una specifica motivazione sul punto, che dovrà necessariamente valutare i limiti intrinseci ed estrinseci della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca, già prevista dall'ordinamento, alla luce dell'interpretazione fornita dalla Corte EDU quanto alla previsione di cui all'art. 10 Conv. EDU.
Le soluzioni giuridiche
Il giudice di primo grado, nell'assolvere gli imputati dal delitto di ricettazione perché il fatto non costituisce reato, aveva argomentato anche sostenendo che la divulgazione di una notizia d'interesse pubblico, per quanto ottenuta in modo illecito, rappresenta un interesse giuridicamente tutelato, sicché anche alla preliminare attività di raccolta delle informazioni deve essere estesa la tutela garantita dall'art. 10 Conv. EDU al fine di non svuotarla di significato. La presenza di una motivazione di questo genere, la riproposizione del motivo in appello da parte degli imputati, avrebbe richiesto, secondo la Corte di cassazione, una motivazione di fatto rafforzata, in considerazione dell'intervenuto mutamento di valutazione quanto alla responsabilità degli imputati per il delitto di ricettazione. La Corte, nel ritenere necessaria una nuova e approfondita valutazione da parte del giudice di secondo grado, ha richiamato i necessari presupposti valutativi, ricostruendo in modo ampio e chiaro i rapporti tra il giudice interno e le previsioni della Conv. EDU nella interpretazione delle giurisprudenza della Corte EDU. Richiamato l'orientamento secondo il quale le scriminanti dell'esercizio del diritto di critica e di cronaca rilevano solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia e non anche rispetto ad eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la medesima, il Collegio ha sottolineato la presenza di una precedente decisione della Seconda sezione (n. 25363/2015) che aveva ritenuto la compatibilità tra la causa di giustificazione e il delitto di ricettazione, ritenendo però immune da censure la valutazione della Corte di appello che aveva escluso la configurabilità nel caso concreto della causa di giustificazione. Tale astratta compatibilità trova un deciso riconoscimento nella considerazione da parte della Corte EDU della generale garanzia di esprimersi ex art. 10 della Conv. EDU, come esplicitata dalla sentenza della Grande Chambre, 21 gennaio 1999, Fressoz et Roire c. Francia. Il caso concreto riguardava sempre giornalista e direttore di un quotidiano imputati per la ricettazione di documentazione fiscale riservata, ottenuta mediante la violazione del segreto professionale da parte di un non identificato funzionario delle imposte. Di fatto da questa documentazione emergevano una serie di consistenti aumenti salariali percepiti in un breve periodo di tempo dal presidente di una nota casa automobilistica, impegnata in una complessa trattativa sindacale con i lavoratori dipendenti della stessa. La decisione ha nel suo complesso chiarito che la libertà di espressione è cardine essenziale della società democratica, tra le condizioni primarie del suo progresso e dello sviluppo dei singoli, tanto da coprire anche le informazioni che possano avere carattere offensivo o provocare turbamento, quale inevitabile conseguenza del pluralismo, della tolleranza e dello spirito di apertura che connota la democrazia. In tale ambito la stampa svolge una funzione considerata rilevante, che, sebbene non debba travalicare determinati limiti di continenza e rispetto della reputazione altrui, oltre che di riservatezza, assolve alla fondamentale finalità di informativa su temi di interesse generale per la comunità. Da ciò consegue che la possibilità da parte delle autorità nazionali di valutare l'imposizione di possibili restrizioni alla libertà di espressione per prevalenti necessità sociali possa essere considerata di fatto un caso del tutto eccezionale, che deve essere motivato in modo del tutto convincente. La Seconda sezione della Corte di cassazione richiama e condivide i principi affermati in sede europea, non manca di sottolinearne alcune incongruenze, e, pur tuttavia, chiarisce come dalla decisione in questione si debba desumere senza esitazione che “nel bilanciamento tra valori in conflitto alla libertà di stampa va sempre riconosciuto un rango apicale, naturalmente a patto che le informazioni divulgate: corrispondano al vero, riguardino temi d'interesse generale, non si concretizzino unicamente in attacchi personali.” Nel caso concreto la Grande Chambre ha ritenuto che l'informazione, seppur acquisita illegittimamente, aveva una sua autonoma rilevanza nell'ambito di un dibattito pubblico, su un tema di interesse generale, sicché era da ritenere che alcun danno alla reputazione del presidente della società automobilistica poteva essere riscontrato, mentre la pubblicazione della notizia aveva consentito un dibattito su una questione attuale e di interesse della collettività, con particolare riferimento ai problemi occupazionali che affliggevano quel particolare settore imprenditoriale. Se, dunque, la garanzia di cui all'art. 10 della Conv. EDU non può in linea di principio esonerare i giornalisti dall'obbligo di rispettare le leggi penali di diritto comune, tuttavia in casi come quello in esame, nell'ambito dei quali ricorre una ricettazione come elemento presupposto della pubblicazione della notizia, occorre accertare in concreto se, nelle particolari circostanze del caso, l'interesse di informare la collettività possa prevalere sui doveri e responsabilità dei giornalisti. Occorre anche considerare tuttavia la particolarità del caso concreto affrontato dalla Corte EDU, poiché, come sottolineato nella motivazione, è ben vero che ricorreva un segreto fiscale, ma in realtà la le informazioni divulgate non erano più segrete, perché accessibili ai singoli contribuenti nel comune di residenza dell'interessato attraverso la consultazione dell'elenco comunale dei soggetti di imposta (che contine per ciascun contribuente l'indicazione del reddito imponibile). Da questa situazione di fatto, che avrebbe dovuto essere accertata in concreto dal giudice procedente, la Corte EDU ha desunto che la protezione delle informazioni in quanto riservate non costituiva una necessità preponderante. La Corte EDU, richiamando questi presupposti accertati in fatto (pubblicazione di oggetti ricettati e richiamo rispetto a vicende di rilevante interesse pubblico, in assenza di finalità meramente diffamatorie), ha ritenuto che la condanna dei due giornalisti non costituisse un mezzo ragionevolmente proporzionato al perseguimento degli “scopi legittimi avuti di mira attraverso le restrizioni indirettamente imposte (attraverso il divieto di pubblicazione di documenti ricettati) alla libertà di stampa…, tenuto conto nel caso di specie dell'interesse della società democratica ad assicurare e mantenere la libertà della stampa”, con conseguente violazione dell'art. 10 Conv.EDU. Sono proprio questi i principi richiamati dalla Seconda sezione ai quali il giudice di rinvio, in applicazione della disciplina relativa all'efficacia nel diritto interno delle norme della Convenzione EDU (norme pattizie, di natura subcostituzionale, non produttive di effetti diretti nell'ordinamento interno quando la loro eventuale applicazione si presenti in contrasto con la normativa interna, imponendosi in tal caso il ricorso alla Corte costituzionale, sentenze c.d. “gemelle” n. 348, 349 del 2007), dovrà ispirarsi nel valutare nuovamente la compatibilità della scriminante ex art. 51 c.p. con il delitto di ricettazione del cd rom contentente conversazioni illegittimamente captate. Ciò posto, la Seconda sezione, delimitando l'ambito del giudizio di rinvio, chiarisce i presupposti e la portata applicativa della previsione ex art. 51 c.p., affermando che la ratio dell'istituto è generalmente identificata nel principio di non contraddizione, per cui se l'ordinamento riconosce un diritto non può al tempo stesso sanzionarne l'esercizio. Tale esercizio di un diritto, attribuito dall'ordinamento (con portata assoluta o, relativa, inter partes), deve essere esercitato dal suo titolare e nei limiti in cui tale esercizio possa essere ritenuto legittimo. Ciò dovrà portare ad una attenta valutazione da parte del giudice di merito quanto ai limiti intrinseci ed estrinseci della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca. La Corte sottolinea, dunque, che non si tratta di valutare l'introduzione nel nostro ordinamento interno di una causa di giustificazione di ordine sovranazionale, ma di intepretare l'art. 51 c.p. e dunque la scriminante del diritto di cronaca secondo l'interpretazione dell'art. 10 della Convenzione fornita dalla Corte EDU. Ciò posto, quanto ai limiti intrinseci, secondo la Corte l'art. 10 della Conv. EDU, come univocamente interpretato dalla sentenza Fressoz, impone l'interpretazione dell'art. 51 c.p. nel senso che la causa di giustificazione non possa essere considerata solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia, ma anche in relazione ad eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia. In tal senso la decisione in commento sottolinea come sia senz'altro “esperibile un'interpretazione delle norme interne, ed in particolare dell'art. 51, comma 1, prima parte, c.p., che eviti un risultato applicativo (nel caso di specie, l'inapplicabilità della causa di giustificazione dell'esercizio del diritto di cronaca a reati diversi da quelli commessi attraverso la pubblicazione dell'articolo) in contrasto con l'art. 10 della Conv. EDU, come interpretato dalla Corte EDU, in ossequio al menzionato obbligo di interpretazione conforme delle norme interne al diritto europeo”. In tal senso, indicando una chiara traccia di valutazione al giudice di merito, la Corte sottolinea come questa interpretazione, da declinare nel caso concreto, non si pone in contrasto con la tutela di interessi costituzionalmente protetti dalla Costituzione, ed anzi appare in sintonia, ampliandola, con la garanzia ex art.21 Cost., quale emblema di un interesse generale della collettività all'informazione, tanto che in concreto tale tipo di attività appare suscettibile di essere considerata alla stregua di un servizio oggettivamente pubblico o comunque di pubblico interesse. Quanto invece alla considerazione dei limiti estrinseci, la Corte ha chiarito che l'art. 10 della Conv. EDU legittima l'imposizione di limiti alla libertà di stampa soltanto se finalizzati a tutelare la sicurezza nazionale, l'integrità territoriale, la pubblica sicurezza e a prevenire la commissione di reati, a proteggere la salute la morale pubblica, la reputazione e i diritti dei terzi, ad impedire la divulgazione di informazioni riservate e a garantire la l'autorità e imparzialità del potere giudiziario. Richiamando anche la interpretazione della Grande Chambre nel caso Stoll c. Svizzera, la Seconda sezione ha sottolineato come le uniche ragioni giustificative della compressione del diritto di cronaca potrebbero risiedere nella tutela della reputazione dei titolari di COOP Lombardia, attesa la divulgazione di notizie riservate o confidenziali, sebbene sia da considerare anche il dato materiale emergente dalle decisioni di merito per cui questi stessi titolari, illegittimamente intercettati, avessero disposto a loro volta intercettazioni illecite dei propri dipendenti in violazione di basilari garanzie sindacali. Rimanendo dunque ferma per la Corte: - la piena consapevolezza della provenienza illecita delle notizie pubblicate da parte degli imputati; - la corrispondenza al vero delle notizie pubblicate, occorre che il giudice di merito valuti, al fine della configurazione in concreto della causa di giustificazione se la tale pubblicazione avesse effettivamente la possibilità di apportare un contributo ad un dibattito pubblico su un tema di interesse generale (quello dei lavoratori in relazione ai controlli occulti posti in essere), oppure avesse unicamente lo scopo di arrecare pregiudizio alla COOP Lombardia, concorrente commerciale della Esselunga e dunque del Caprotti, autore materiale della ricettazione in concorso con i due giornalisti. Se, infine, atteso che gli imputati si erano procurati la notizia partecipando al delitto di ricettazione, si possa considerare prevalente l'interesse di informare la collettività, con conseguente prevalenza sui doveri e responsabilità che gravano sui giornalisti. Osservazioni
Sono di particolare rilevanza alcuni aspetti emergenti dalla decisione in commento. Si è in presenza di un orientamento innovativo, che pone il giudice di merito di fronte alla necessaria valutazione e applicazione nel caso concreto della portata del disposto dell'art. 10 Conv. EDU rispetto ai reti commessi per procacciarsi la notizia da pubblicare. Si impone una piena considerazione dei limiti intrinseci ed estrinseci nel realizzare una interpretazione conforme dell'art. 51 c.p. rispetto all'art. 10 della Conv. EDU. Il giudice di merito dovrà dunque considerare se ricorra o meno una vicenda di rilevante interesse pubblico, con riferimento al limite rappresentato dalla divulgazione di informazioni strettamente confidenziali. Tale valutazione si presenterà particolarmente complicata perché da una parte sembra essere emerso chiaramente che la pubblicazione da parte dei giornalisti era stata sollecitata da un diretto concorrente della COOP Lombardia per finalità meramente anticoncorrenziali, mentre dall'altra la decisione sottolinea che comunque tale attività illecita aveva fatto emergere la circostanza concreta delle illecite intercettazioni poste in essere dai vertici di COOP Lombardia nei confronti dei propri dipendenti. Tale considerazione dovrebbe tuttavia portare ad una ulteriore valutazione da parte del giudice di merito, relativa all'effettivo collegamento tra la pubblicazione realizzata, le conversazioni telefoniche acquisite illecitamente e la notizia che effettivamente si voleva comunicare, riscontrando se effettivamente si volesse centrare l'attenzione sulle attività illecite poste in essere nei confronti dei dipendenti. Dovrebbe insomma ricorrere un'effettiva vicinanza tra l'acquisizione dell'illecita captazione di conversazioni e la finalità di rendere noto il comportamento antisindacale della COOP Lombardia. Sempre sul tema della necessità di realizzare un'interpretazione conforme delle norme interne e in particolare dell'art. 51 c.p. quanto alla portata dell'art. 10 della Conv. EDU, deve essere inoltre richiamata anche la decisione recente della Corte EDU, sentenza 16.1.2020, Magosso e Brindani c. Italia, che ha accolto il ricorso proposto dal giornalista e direttore responsabile di un settimanale italiano per violazione dell'art. 10 Conv. EDU, condannati per il delitto di diffamazione al pagamento di una pena pecuniaria e di una provvisionale per avere affermato che due alti ufficiali dell'arma dei Carabinieri erano a conoscenza del progetto terroristico nei confronti del giornalista Walter Tobagi, sostenendo la tesi che la vittima poteva essere salvata. Veniva, anche in questo caso, lamentata una lesione del diritto di cronaca. Nel corso del giudizio era stata ritenuta la mancanza delle doverose attività di controllo circa la veridicità dei fatti da parte del giornalista, considerata la particolare valenza diffamatoria di quanto pubblicato. In questo caso si pone il problema dell'interferenza tra diritto di cronaca e diffamazione, evidenziando le decisioni di legittimità sul tema la necessità di un particolare rigore dei giornalisti nell'esercizio della loro professione, rispettando i doveri imposti deontologicamente. La Corte EDU ha sottolineato come la vicenda fosse di pubblico interesse, in relazione all'interferenza della loggia P2 con la vita politica italiana in correlazione al fenomeno terroristico degli anni di piombo. La Corte EDU ha ritenuto ricorrere una interferenza spropositata nel diritto alla libertà di espressione dei giornalisti, ancora una volta richiamando la centralità della stampa nello sviluppo della società democratica. La decisione evidenzia ancora una volta la particolare rilevanza del dovere della libera stampa di informare il pubblico su tutte le questioni di interesse generale, comprese quelle relative alla amministrazione della giustizia (Corte EDU, sentenza 24 febbraio 1997, De Haes e Gijsels c. Belgio, Corte EDU, sentenza 26 aprile 1995, Prager e Oberschilck c. Austria). Deve dunque essere sempre incoraggiata una discussione libera su questioni di interesse pubblico (Corte EDU, sentenza 8 novembre 2018, Narodni List D.D. c. Croazia). Tale dato emerge ormai in modo consolidato, mentre resta al giudice di merito la valutazione della possibile estensione dell'art. 51 c.p. ad eventuali reati commessi per procurarsi la notizia da pubblicare, tenendo conto dell'evoluzione della interpretazione della Corte EDU sul punto. Permane tuttavia all'interno della Corte di cassazione, in termini di attualità, il contrasto rispetto alla decisione assunta dalla Seconda sezione penale. Difatti di recente la Quinta sezione penale ha affermato che la scriminante dell'esercizio del diritto di cronaca rileva solo in relazione ai reati commessi con la pubblicazione della notizia e non anche rispetto ad eventuali reati compiuti al fine di procacciarsi la notizia medesima. (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha escluso la configurabilità dell'esimente per il giornalista che, utilizzando false generalità ed una falsa qualità, si era introdotto in una struttura medico-assistenziale per acquisire notizie utili per la realizzazione di un servizio televisivo). Questa decisione non si confronta direttamente con le decisioni della Corte EDU, ma, nell'analizzare il particolare caso concreto (accesso ad una comunità di accoglienza e terapeutica da parte di un giornalista che aveva finto di essere altra persona per avere informazioni sull'allontanamento di figlia affetta da oligofrenia dalla madre), consegna alla riflessione alcuni elementi rilevanti. Il tema affrontato anche in questo caso, con ricognizione completa del suo ambito, è quello del giornalismo di inchiesta. Se ne richiama portata e maggiore campo di azione quanto alla ricerca e verifica della attendibilità delle fonti, essendo di fatto consentita una meno rigorosa verifica di attendibilità delle fonti contattate dal giornalista, sebbene però sia sempre richiesta la correttezza nella acquisizione della notizia, nel rispetto dei criteri deontologici previsti per l'attività professionale giornalistica ex art. 3 della legge n. 69 del 1963. Ciò posto devono tuttavia, secondo la sentenza della Quinta sezione penale, applicarsi pur sempre le ordinarie regole in tema di applicazione delle scriminanti, dovendosi deontologicamente richiamare quale valore contrapposto da considerare in un eventuale bilanciamento di valori costituzionalmente tutelati anche il rispetto dei diritti fondamentali delle persone e delle norme di legge poste a loro salvaguardia. In tal senso si sottolinea la diversità dei casi in cui la scriminante sia stata parametrata al delitto di diffamazione (di fatto speculare rispetto all'esercizio del diritto di cronaca), dai casi in cui diversi reati siano stati commessi (come con la sostituzione di persona). In concreto emerge, secondo la Corte, una forma di bilanciamento c.d. “mediato”, che non si identifica con quella tradizionalmente corrispondente alla verifica della contrapposta tutela dei valori in gioco. Da ciò consegue la notazione per cui la condotta che si chiede di scriminare è solo strumentale all'esercizio del diritto di informazione e non ne rappresenta la sua espressione, come accade con la diffamazione, mentre si realizza attraverso la violazione di leggi penali. Non si ritiene che la commissione del reato previamente alla pubblicazione della notizia possa rappresentare il contraltare diretto ed inevitabile dell'esercizio del diritto di cronaca e di critica. Una diversa conclusione porterebbe a considerare scriminati una vastissima gamma di reati, anche diretti contro l'incolumità ed integrità fisica delle persone. In realtà in questi casi, secondo la Quinta sezione, il diritto all'informazione rappresenta più semplicemente il movente della condotta di reato e non integra la realizzazione concreta dello stesso, che in quanto tale potrebbe essere scriminato, come accade con la diffamazione. Si sottolinea poi come l'effetto salvifico di una scriminante, intesa in senso così ampio, verrebbe poi in rilievo soltanto all'esito della acquisizione della notizia e della sua successiva diffusione. Cass. pen., Sez. I, 7 aprile 2016, (dep. 6 luglio 2016), n.27984; Cass. pen., Sez. V, 21 Giugno 2019 (dep. 24 ottobre 2019), n. 43569; Grande Chambre, 21 gennaio 1999, Fressoz et Roire c. Francia; Corte EDU, sentenza 16.1.2020, Magosso e Brindani c. Italia; Corte EDU, sentenza 24 febbraio 1997, De Haes e Gijsels c. Belgio; Corte EDU, sentenza 26 aprile 1995, Prager e Oberschilck c. Austria; Corte EDU, sentenza 8 novembre 2018, Narodni List D.D. c. Croazia;
DE SLAVIA – ZAGREBELSKY, Diritti dell'uomo e libertà fondamentali, Giuffrè, 2007; CARETTI – TARLI BARBIERI, I diritti fondamentali, libertà e diritti sociali, Giappichelli 2017; CASTALLANETA, La libertà di stampa nel diritto intenazionale europeo, Cacucci editore, 2012; BALSAMO – KOSTORIS, Giurisprudenza europea e processo penale italiano, Giappichelli , 2008
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