Confisca urbanistica: il terzo estraneo al reato e i meccanismi di tutela
11 Dicembre 2019
Massima
In tema di confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite sugli stessi, può essere considerato terzo acquirente in buona fede, estraneo al reato, condizione che rende illegittima l'adozione della misura nei suoi confronti, solo colui che abbia semplicemente acquistato il bene, senza alcun legame intellettuale con i fatti. (In motivazione, la Corte ha precisato che diversa è la condizione dell'ente in nome e per conto del quale l'attività illecita è stata posta in essere che non può ritenersi terzo estraneo al reato di lottizzazione abusiva, mancando il necessario presupposto della sua buona fede; di conseguenza, la sua mancata partecipazione al giudizio conclusosi con l'accertamento del reato di lottizzazione non osta alla confisca dei beni acquistati). Il caso
La curatela del fallimento di una società per azioni ha proposto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza con la quale la Corte di appello, in funzione di giudice dell'esecuzione, aveva rigettato l'istanza di revoca della confisca, ex art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, di una vasta area di terreno e degli immobili costruiti sulla stessa, disposta a seguito della condanna per il reato di lottizzazione abusiva. In particolare, la ricorrente ha dedotto la violazione della legge e la contraddittorietà della motivazione del provvedimento impugnato nella parte in cui ha escluso che la società, acquirente di diciannove immobili edificati nell'area abusivamente lottizzata, potesse essere considerata “soggetto terzo in buona fede”. Al riguardo, ha rilevato che gli amministratori “di diritto” dell'ente erano stati reputati del tutto estranei al reato di lottizzazione e in buona fede al momento dell'acquisto dei beni da parte della società da loro amministrata. La buona fede di costoro sarebbe stata ingenerata dal fatto che il Comune aveva rilasciato alcune licenze edilizie, relative evidentemente a singoli edifici, rimanendo inerte per lungo tempo rispetto al complessivo intervento edilizio realizzato. Gli amministratori “di fatto” della società, invece, erano stati ritenuti concorrenti nel reato di lottizzazione abusiva. Costoro, tuttavia, non avevano preso parte all'acquisto dei beni (attività che, peraltro, non avrebbero potuto in alcun caso porre in essere perché privi di ruoli formali nella società), mentre avevano partecipato alla gestione degli immobili da parte della società solo dopo il loro acquisto. Essi, comunque, pur essendo “soci occulti” della società, non avrebbero alcuna possibilità di rientrare nel possesso dei beni perché, nel frattempo, l'ente è stato dichiarato fallito. Gli immobili, pertanto, nel caso di revoca della confisca, sarebbero restituiti alla curatela. La questione
Quali sono i presupposti in base ai quali può ravvisarsi la sussistenza della buona fede del terzo acquirente dei beni immobili oggetto del reato di lottizzazione abusiva? Quali strumenti processuali, inoltre, assicurano al terzo che non ha preso parte al giudizio di cognizione la possibilità di far valere i diritti vantati su un bene confiscato (e, dunque, la sua condizione di buona fede) con la sentenza irrevocabile che accerta il reato di lottizzazione abusiva? In particolare, nel caso in cui il bene oggetto del reato di lottizzazione abusiva appartenga ad un ente, la sua mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza che accerta il reato urbanistico di cui all'art. 44, comma 1, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001 osta alla confisca dei terreni o delle opere abusivamente edificate? Le soluzioni giuridiche
1. La Corte, innanzi tutto, ha osservato che la valutazione in ordine all'estraneità al reato di un soggetto giuridico - condizione che rende illegittima l'adozione in relazione a beni a lui appartenenti della confisca urbanistica prevista dall'art. 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001 - va effettuata con riferimento al momento in cui è stata disposta la misura ablatoria e, dunque, al momento in cui è intervenuta la sentenza che accerta la lottizzazione. Questo principio rende priva di pregio la considerazione della ricorrente secondo cui l'intervenuto fallimento della società permetterebbe la revoca della confisca e la restituzione dei beni alla stessa, in quanto tali beni sarebbero restituiti alla curatela fallimentare. L'estraneità al reato, dunque, non va valutata al momento in cui si chiede la restituzione dei beni.
2. La Corte, poi, in relazione alla valutazione della buona fede al momento dell'acquisto dei beni da parte di un ente, ha puntualizzato che deve farsi necessario riferimento all'atteggiamento di coloro che hanno agito per conto della società e, dunque, a quello degli amministratori “di fatto” della società e non solo alla condotta degli amministratori “di diritto” della stessa. Secondo l'indirizzo giurisprudenziale consolidato, infatti, va affermata la sostanziale equiparazione dell'amministratore di fatto a quello di diritto in forza della disciplina prevista dall'art. 2639 cod. civ., e del principio per cui il soggetto che assuma la qualifica di amministratore “di fatto” è tenuto ad impedire, ex art. 40, comma 2, cod. pen. le condotte illecite riguardanti l'amministrazione della società o a pretendere l'esecuzione degli adempimenti previsti dalla legge, essendo dunque egli responsabile di tutti i comportamenti, sia omissivi che commissivi, posti in essere dall'amministratore di diritto (cfr. Cass. n. 33385 del 05/07/2012). Non può indurre a diverse conclusioni il fatto che solo gli amministratori “di diritto”, e non quelli “di fatto” poi ritenuti concorrenti nel reato, hanno acquistato gli immobili costruiti sull'area abusivamente lottizzata, per la semplice ragione che si tratta dell'inevitabile conseguenza proprio della titolarità del requisito formale della legale rappresentanza, indipendentemente dalla effettiva amministrazione dell'ente da parte di altri soggetti come, appunto, gli amministratori “di fatto”.
3. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la società acquirente degli immobili non possa comunque essere ritenuta soggetto terzo in buona fede rispetto al reato. Gli amministratori “di fatto” dell'ente, infatti, sono stati condannati per il reato di lottizzazione abusiva e la società, divenuta proprietaria degli immobili, è risultata l'effettiva beneficiaria dell'azione delittuosa posta in essere da costoro. In simili casi, l'ente non può essere considerato soggetto estraneo al reato, tale essendo solo «colui che abbia semplicemente acquistato il bene senza alcun legame intellettuale con i fatti» (cfr., seppur con riferimento al reato di discarica abusiva, Cass. n. 39027 del 20/04/2018; Cass. n. 44426 del 7/10/2004, Vangi). Nel caso in cui l'attività illecita sia stata posta in essere da una persona giuridica per mezzo dei propri organi rappresentativi, a costoro è addebitabile la responsabilità penale per i singoli fatti di reato, mentre le conseguenze patrimoniali ricadono sull'ente esponenziale in nome e per conto del quale le persone hanno agito, ad eccezione del caso in cui vi sia stata una rottura del rapporto organico, per avere l'imputato agito di propria esclusiva iniziativa (Cass. n. 299 del 3/12/2003, dep. 2004; Cass. n. 17349 del 29/3/2001).
4. La Corte, inoltre, ha escluso che, emanando il provvedimento di confisca nei confronti della società acquirente dei beni costruiti sul terreno abusivamente lottizzato, siano stati violati i principi della CEDU. La Corte EDU, difatti, nella sentenza della Grande Camera G.I.E.M. S.r.l. contro Italia del 28/06/2018, ha ritenuto violato l'art. 7 della CEDU, nel caso in cui la persona giuridica destinataria della confisca non partecipi al giudizio penale all'esito del quale detta misura venga adottata. Tale principio, tuttavia, riguarda la posizione della persona giuridica che sia vero e proprio "terzo", nel senso di soggetto del tutto estraneo ai fatti per cui si procede in sede penale e, appunto per questo, in linea di principio, e salvo prova contraria, sostanzialmente "in buona fede", tanto che la stessa sentenza della Corte di Strasburgo appena ricordata ha sottolineato la necessità di verificare se le persone fisiche sottoposte a processo penale per l'abusiva lottizzazione abbiano agito e siano state processate in quanto tali o in quanto legali rappresentanti delle società.
5. In ogni caso, la tutela del terzo non partecipante al giudizio di cognizione - nei confronti del quale, comunque, la sentenza irrevocabile non fa stato - è assicurata dalla possibilità di far valere davanti al giudice dell'esecuzione i diritti vantati su un bene confiscato con sentenza definitiva (da ultimo, Cass. n. 4096 del 24/10/2018, dep. 2019; Cass. n. 27201 del 30/5/2013; Cass. n. 3311 del 11/11/2011, dep. 2012). In particolare, per mezzo del procedimento di esecuzione è assicurato il contraddittorio e il diritto di difesa, anche attraverso la nomina di un difensore di ufficio all'interessato che ne fosse privo, prevedendosi che lo stesso debba essere sentito se ne fa richiesta e riconoscendosi al giudice dell'esecuzione ampi poteri, potendo egli richiedere alle autorità competenti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno e, se occorre, assumere prove, sempre nel rispetto del contraddittorio, ai sensi dell'art. 666, comma 5, cod. proc. pen. (Cass. n. 32363 del 24/05/2017). Sotto altro profilo, poi, è altresì assicurata la pubblicità dell'udienza, atteso che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 109 del 2015, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 666, comma 3, 667, comma 4, e 676 cod. proc. pen. nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento di opposizione contro l'ordinanza in materia di applicazione della confisca si svolga, davanti al giudice dell'esecuzione, nelle forme dell'udienza pubblica. Il sistema di garanzie processuali concesse al terzo nel sistema normativo attualmente vigente, tra cui appunto la possibilità di esperire l'incidente di esecuzione, pertanto, è da ritenersi conforme ai principi costituzionali e convenzionali anche nei casi in cui non sia prevista la sua partecipazione al giudizio di cognizione, non imponendosi affatto l'applicazione analogica o evolutiva di altri modelli processuali e non traendosi contrarie indicazioni dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo (cfr. Cass. n. 53384 del 12/10/2018). Osservazioni
1. Con la sentenza della Grande Camera 28/06/2018, emessa nella causa G.I.E.M. S.r.l. ed altri c. Italia, come è noto, la Corte EDU ha affrontato diversi profili problematici relativi alla confisca urbanistica. La Corte di Strasburgo, in particolare, ha ritenuto illegittima la confisca di beni disposta nei confronti di un soggetto terzo, rimasto estraneo al giudizio penale, in assenza dell'accertamento di profili della sua colpevolezza e senza che ne sia stata consentita la partecipazione al processo. Nel caso concreto, infatti, la società G.I.E.M. S.r.l. non aveva partecipato al giudizio di cognizione, non essendo la contestazione oggetto del giudizio ricompresa tra quelle per le quali è configurabile la responsabilità dell'ente ai sensi del d.lgs. n. 231 del 2001; i suoi legali rappresentanti, inoltre, non erano stati imputati nel procedimento relativo alla lottizzazione abusiva. La Corte EDU ha sottolineato che l'art. 7 della Convenzione presuppone necessariamente la garanzia del principio di colpevolezza, vietando che nel diritto penale si possa rispondere per un fatto commesso da altri. Ogni persona, per un verso, deve poter stabilire in ogni momento cosa è permesso e cosa è vietato per mezzo di leggi precise e chiare; per altro verso, non si può concepire un sistema che punisca coloro che non sono responsabili, perché il responsabile è stato altri.
2. Dopo la decisione della Corte europea, la Corte di cassazione, con una pluralità di decisioni, ha verificato la conformità della disciplina nazionale ai principi della Convenzione EDU sotto diversi aspetti tra i quali, in modo specifico, quelli concernente la tutela dei terzi titolari del bene confiscato, rimasti estranei al giudizio. In questo contesto si segnala la sentenza in esame perché ha affermato che il principio espresso dalla Corte di Strasburgo riguarda «la posizione della persona giuridica quale vero e proprio "terzo", nel senso di soggetto del tutto estraneo ai fatti per cui si procede in sede penale e, appunto per questo, in linea di principio, e salvo prova contraria, sostanzialmente "in buona fede"». Secondo la Corte, quindi, non basta la mancata partecipazione al processo, nella specie della società terza proprietaria del bene confiscato, per escludere la legittimità della misura ablatoria, occorrendo accertare anche la estraneità al reato e, dunque, la sussistenza di una condizione di buona fede. Alla stregua di questo indirizzo, non sono qualificabili come soggetti terzi, estranei al reato, pertanto, né la persona giuridica proprietaria dell'area abusivamente lottizzata, che riceve i vantaggi e le utilità conseguenti al reato, essendo normalmente committente degli interventi in essa realizzati e parte degli atti negoziali relativi e di ogni altra attività che viene attuata, né quella che è titolare apparente dei beni, la quale rappresenta solo lo schermo attraverso il quale il reo, effettivo proprietario degli stessi, agisce nel proprio esclusivo interesse, difettando, in entrambi i casi, il necessario requisito della buona fede di tale soggetto giuridico (cfr. Cass. n. 8350 del 23/01/2019). Costoro, dunque, possono subire le conseguenze penali del reato commesso nel loro interesse.
3. Appare molto delicata la posizione del terzo acquirente dei beni immobili oggetto del reato di lottizzazione abusiva. La sua condizione di buona fede – cioè l'estraneità al reato che si affianca alla mancata partecipazione al processo - preclude l'adozione del provvedimento di confisca, rendendolo illegittimo (ovviamente sempre che l'acquisto sia precedente all'emanazione della confisca). Sul punto, la sentenza in esame ha precisato che la valutazione in ordine all'estraneità al reato di un soggetto giuridico, presupposto della buona fede, va effettuata con riferimento al momento in cui è disposta la misura ablatoria e, dunque, al momento in cui interviene la sentenza che accerta la lottizzazione abusiva. Nella prospettiva accolta dalla Corte di cassazione, inoltre, la buona fede del terzo non si risolve solo nell'estraneità al reato, ma consiste anche nell'avere il terzo partecipato inconsapevolmente alla operazione illecita, pur avendo adempiuto ai doveri di informazione e di conoscenza richiesti dall'ordinaria diligenza (Cass. n. 36310 del 5/07/2019). Non è in buona fede, pertanto, il terzo che non abbia acquisito elementi circa le previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona, in quanto con tale imprudente e negligente condotta si è posto colposamente in una situazione di inconsapevolezza che apporta un determinante contributo causale all'attività illecita del venditore. E' stato precisato, ad esempio, che è insufficiente a sostenere un accertamento di carenza di buona fede ai fini dell'assoggettamento alla confisca la sola ricostruzione di una rete di rapporti personali, sia pure particolarmente qualificati come il legame di parentela, a maggior ragione se l'accertamento dell'illegittimità della lottizzazione è intervenuto a distanza di anni dall'acquisto (Cass. n. 36310 del 5/07/2019). La buona fede dei terzi acquirenti e sub-acquirenti, ancora, è stata esclusa per le modalità delle singole compravendite, in un caso in cui la vendita riguardava delle quote indivise e un'estensione dei singoli lotti incompatibile con la destinazione agricola dichiarata (Cass. n. 44517 del 17/07/2019); analogamente, è stata reputata non plausibile la qualificazione come terzi in buona fede di coloro che, in presenza di certificato di destinazione urbanistica agricola e senza essere agricoltori, avevano acquistato i terreni e poi, sulla base di un permesso di costruire volturato, provveduto ad edificare (Cass. n. 41942 del 19/06/2019).
4. Nella sentenza in esame, più precisamente, con riferimento alle persone giuridiche, la Corte ha affermato che la mancata partecipazione al giudizio conclusosi con la sentenza di condanna dell'ente in nome e per conto del quale l'attività illecita è stata posta in essere non osta alla confisca dei suoi beni, in quanto allo stesso non può attribuirsi la qualifica di terzo estraneo in difetto del necessario requisito della buona fede. In particolare, qualora l'attività illecita sia stata posta in essere dagli amministratori “di fatto” di una persona giuridica e non sia frutto di un'autonoma iniziativa implicante la rottura del rapporto organico, sono soggetti a confisca i beni dell'ente in nome e per conto del quale l'anzidetta attività è stata compiuta, non potendosi riconoscere a quest'ultimo la qualifica di terzo estraneo, in quanto manca il necessario requisito della buona fede. Il solo fatto dell'assoluzione degli amministratori di diritto, ritenuti estranei alle condotte lottizzatorie, quindi, non permette di attribuire alla società acquirente dei beni la qualifica di terzo in buona fede, perché il giudizio sull'estraneità del terzo deve effettuarsi sulla base di parametri che tengono conto della concreta realtà storica dei fatti e non di dati meramente formali.
5. La soluzione accolta dalla Corte di cassazione in ordine alla posizione del terzo, invero, è criticata dalla dottrina. E' stato rilevato che nella sentenza G.I.E.M. S.r.l. la Corte europea faceva riferimento all'estraneità processuale, escludendo che la misura potesse colpire un soggetto che non ha preso parte al giudizio. Il principio affermato è quello in base al quale un soggetto non può essere punito per un atto relativo alla responsabilità penale di altri, con la conseguenza che non può essere sopportato un sacrificio della proprietà privata in mancanza di un'effettiva partecipazione al procedimento penale. Secondo il giudice nazionale, invece, le considerazioni sul terzo contenute nella sentenza della Grande Camera G.I.E.M. S.r.l. sono riferite alla posizione della persona giuridica non solo estranea al processo, ma anche del tutto estranea ai fatti per cui si procede e sostanzialmente in “buona fede”. Si verrebbe a realizzare di una manipolazione del dictum della Corte di Strasburgo che, come si è visto, legittima la confisca, a date condizioni, anche di un bene appartenente ad un soggetto che non ha preso parte al processo (cfr. A. Esposito, Il dialogo imperfetto sulla confisca urbanistica. Riflessioni a margine di sentenze europee e nazionali, in Arch. pen. 2019, 2, 15 e ss.).
6. La Corte di cassazione, poi, ha affrontato il tema della individuazione dei meccanismi di tutela del terzo che non è stato parte del giudizio. La sentenza irrevocabile che accerta la lottizzazione abusiva, per un verso, non fa stato nei confronti del terzo che non ha preso parte al giudizio di cognizione. La sua tutela, per altro verso, è assicurata la possibilità di far valere davanti al giudice dell'esecuzione i diritti vantati su un bene confiscato con sentenza irrevocabile (cfr. Cass. n. 43104 del 10/07/2019). Nell'ipotesi in cui il terzo non abbia avuto modo di far valere le proprie pretese davanti al giudice della cognizione, quindi, soccorre la competenza generale del giudice dell'esecuzione (cfr. Cass. n. 4096 del 24/10/2018, dep. 2019; Cass. n. 27201 del 30/5/2013; Cass. n. 3311 del 11/11/2011, dep. 2012). Nell procedimento di esecuzione è assicurato il contraddittorio e il diritto di difesa al terzo che può richiedere alle autorità competenti i documenti e le informazioni di cui abbia bisogno e, se occorre, assumere prove, sempre nel rispetto del contraddittorio, ai sensi dell'art. 666, comma 5, cod. proc. pen. Sotto altro profilo, poi, è altresì assicurata la pubblicità dell'udienza, atteso che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 109 del 2015, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 666, comma 3, 667, comma 4, e 676 cod. proc. pen. nella parte in cui non consentono che, su istanza degli interessati, il procedimento di opposizione contro l'ordinanza in materia di applicazione della confisca si svolga, davanti al giudice dell'esecuzione, nelle forme dell'udienza pubblica. In sintesi, «il sistema di garanzie processuali concessegli nel sistema normativo attualmente vigente, tra cui appunto la possibilità di esperire l'incidente di esecuzione, è da ritenersi conforme ai principi costituzionali e convenzionali anche nei casi in cui non sia prevista la sua partecipazione al giudizio di cognizione, non imponendosi affatto l'applicazione analogica o evolutiva di altri modelli processuali, e non traendosi contrarie indicazioni dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo» (così, Sez. 3, n. 42115 del 19/06/2019, Capital service S.p.a., cit.). Va segnalato che la Corte di cassazione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 667, comma 4, cod. proc. pen., nella parte in cui non consente che, su richiesta degli interessati, il procedimento di applicazione della confisca dinanzi al giudice dell'esecuzione si svolga, in prima istanza, con le forme dell'udienza pubblica, così come accade per il procedimento di opposizione contro la relativa ordinanza, in seguito all'intervento della Corte costituzionale appena richiamato, precisando che gli artt. 111 Cost. e 6 Cedu, non impongono una "forma" unica di contraddittorio, sicché sono legittimi i procedimenti in cui esso sia eventuale, perché attivato solo su istanza di parte e posticipato, poiché collocato nella fase del controllo sulla prima decisione emessa "de plano" (Cass. n. 49317 del 27/10/2015).
7. Sul tema della tutela del terzo, va segnalato, in relazione alla confisca cd. allargata o “per sproporzione”, ormai disciplinata dall'art. 240-bis cod. pen., l'art. 104-bis, comma 1-quinquies, disp. att. cod. proc. pen. Questa norma, introdotta dall'art. 6 del d.lgs. n. 21 del 2018, ha dato attuazione alla delega per la realizzazione della cd. riserva di codice prevista dalla legge n. 103 del 2017, cd. riforma “Orlando”, prevede che “nel processo di cognizione debbono essere citati i terzi titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni in sequestro, di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo”. Questa disposizione, per la prima volta, prende in considerazione la posizione del terzo, al quale è riconosciuta una tutela nel percorso che conduce alla confisca per sproporzione (la quale, per inciso, non necessariamente deve essere preceduta dal sequestro, cfr. Cass. n. 43812 del 16/04/2018). Essa suscita molteplici perplessità; per esempio, non è regolata la conseguenza derivante dall'omessa citazione del terzo. In ogni caso, tale norma non è applicabile alla confisca urbanistica che, a differenza della confisca “allargata”, non è una misura di sicurezza e che presuppone la sussistenza di un nesso di pertinenzialità del bene rispetto al reato di lottizzazione abusiva, che per definizione non sussiste nel caso del provvedimento previsto dall'art. 240-bis cod. pen. |