41-bis e stampa locale: rimossa la preclusione in assenza di concreti elementi di pericolosità sociale

Veronica Manca
01 Ottobre 2019

Il cuore della questione ruota attorno al diritto di ricevere pubblicazioni della stampa periodica, che, come noto, costituisce una declinazione del più generale diritto a essere informati, a sua volta – come correttamente ha ricordato la Cassazione – riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero...
Massima

Illegittimo il divieto generalizzato ed assoluto di acquisto e ricezione della stampa locale per il detenuto al regime di cui al 41-bis ord. pen.: tale divieto deve essere infatti supportato da soggettive indicazioni di pericolosità sociale del condannato, non essendo sufficiente una generica motivazione in termini di soli “sospetti” o “probabilità”.

Il caso

Il caso trae origine da un'importante decisione della Prima Sezione della Corte di Cassazione del 13 giugno 2019. Tanto attese, infatti, le motivazioni, depositate il 6 agosto 2019, con cui la Cassazione ha ritenuto illegittima la preclusione per il detenuto sottoposto al regime del 41-bis ord. pen. di acquisto e ricezione di giornali della stampa locale per il periodo di sei mesi, indipendentemente, peraltro, dalla provenienza geografica delle testate. Avverso il provvedimento genetico, del 22 ottobre 2018, emesso dalla Corte d'Assise di Messina, il detenuto aveva proposto reclamo al Tribunale di Messina, lamentando che il Collegio avesse «violato la disciplina dettata dall'art. 18-ter ord. pen. e dalle norme, costituzionali e convenzionali (artt. 15 e 111 Cost., dall'art. 10 Cedu), poste a presidio del diritto alla corrispondenza; e prospettando, altresì, l'illogicità dell'ampissima restrizione disposta, siccome riferita a tutti i giornali locali indipendentemente dalla provenienza geografica della testata». Eccessivamente generico, inoltre, il provvedimento limitativo sotto il profilo della motivazione. Nonostante le puntuali motivazioni, il Tribunale di Messina riteneva di confermare il provvedimento, sottolineando «l'esistenza di esigenze di prevenzione dei reati e di sicurezza e ordine interno dell'Istituto»: ciò in considerazione della concreta possibilità che attraverso l'ingresso in istituto di notizie concernenti la cronaca locale, ancorché per mezzo di giornali non riconducibili al territorio di provenienza del detenuto, venisse consentita la circolazione, tra detenuti, di informazioni relative al clan cui il detenuto apparteneva. Impugnato anche tale ultimo provvedimento, con ricorso per cassazione, il detenuto aveva sostenuto l'illegittimità di una simile restrizione, dato che «l'adozione di misure incidenti su diritti fondamentali della persona sulla base di un “mero sospetto”, senza indicare le “concrete” ragioni investigative, di ordine pubblico o di sicurezza, che avrebbero reso necessaria l'adozione della misura». In altre parole, i giudici di merito si sarebbero limitati a segnalare la “concreta possibilità” che le notizie apprese da organi di stampa di località diverse da quella di provenienza del detenuto potessero essere acquisite da altri soggetti facenti parte del suo stesso gruppo di socialità, senza, però, specificare gli elementi fattuali, anche meramente indiziari, in grado di supportare una siffatta ipotesi. Si evidenziava, inoltre, che la preclusione non aveva ad oggetto solo la stampa della zona di provenienza del detenuto, ma, di fatto, tutta la stampa locale, a prescindere dalla zona di provenienza geografica della testata.

La questione

Il cuore della questione ruota attorno al diritto di ricevere pubblicazioni della stampa periodica, che, come noto, costituisce una declinazione del più generale diritto a essere informati, a sua volta – come correttamente ha ricordato la Cassazione – riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero, quale “sorta” di precondizione all'esercizio effettivo dei diritti ad essa connessi. Il diritto ad essere informati trova, quindi, diretta copertura dai dettati costituzionali di cui agli artt. 2 e 21 Cost. (e viene declinato dalla giurisprudenza costituzionale, in diverse occasioni, come ad es., Corte cost., nn. 112/1993; 826/1988; 148/1981), e, a livello, convenzionale dall'art. 10 CEDU (in termini generali, sulle interferenze sulla libertà di espressione connessa al diritto di cronaca/critica, ecc., v. Corte EDU, 7 marzo 2019, Sallusti c. Italia, ric. N. 22350/13).

Le eventuali restrizioni all'esercizio di diritti soggettivi costituzionali sono soggette alla doppia riserva di legge e di giurisdizione: per questo la disciplina, più volte oggetto di modifica e di censura anche da parte della Corte europea, sancisce all'art. 18-terord. pen. che «per esigenze attinenti le indagini o investigative o di prevenzione dei reati, ovvero per ragioni di sicurezza o di ordine dell'istituto, possono essere disposti, nei confronti dei singoli detenuti o internati, per un periodo non superiore a sei mesi, prorogabile per periodi non superiori a tre mesi» (v. Corte EDU, 15 novembre 1996, Domenichini c. Italia, ric. n. 15943/90; Corte EDU, 21 ottobre 1996, Calogero Diana c. Italia, ric. n. 15211/89; Corte EDU, 21 dicembre 2000, Rinzivillo c. Italia, ric. N. 31543/96; Corte EDU, 20 luglio 2001, Di Giovine c. Italia, ric. n. 39920/98).

Si impongono, quindi, importanti limiti temporali e autorizzativi da parte dell'Autorità giudiziaria competente (su cui incombe un puntuale onere motivazionale).

Disciplina che trova la sua applicazione anche per i detenuti di cui al regime differenziato del 41-bis ord. pen.: sul punto, di recente, si è espressa anche la Corte costituzionale, con la sentenza n. 122/2017, che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale del divieto di ricezione diretta ed invio di libri e riviste da parte del detenuto sottoposto al regime di 41-bis ord. pen. (nel caso in questione, il Magistrato di sorveglianza di Spoleto aveva dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 41-bis, comma2-quater, lett. a) e c) ord. pen., nella parte in cui si riconosce all'Amministrazione penitenziaria il potere di veto sulla ricezione/spedizione da e per l'esterno libri e riviste a stampa, per violazione degli artt. 15, 21, 33, 34 e 117, comma1, Cost., in relazione all'art. 10 CEDU). Di rilievo, in materia, le precedenti (restrittive) circolari dell'Amministrazione penitenziaria, quali, ad es., Circolare DAP n. 8845/2011 o Circolare DAP n. 3701/2014, fino all'emanazione della Circolare più recente, sostitutiva delle stesse, n. 3676/6126 del 2 ottobre 2017: in tale documento l'Amministrazione penitenziaria, ai sensi dell'art. 7.2, intitolato “Tabacchi, valori e giornali”, rimette la decisione, in conformità all'art. 18-ter ord. pen., all'Autorità giudiziaria, su segnalazione della Direzione che ha l'onere di segnalare l'eventuale situazione di pericolo connessa all'acquisto/ricezione di giornali a tiratura locale. Mentre preclusa la ricezione dall'esterno di libri, sia per pacco postale sia tramite i colloqui (art. 11.6 della Circolare DAP).

Di recente, sotto altro profilo, il regime differenziato è stato esaminato nuovamente dalla Corte europea, con il noto caso Provenzano c. Italia, del 25 settembre 2018 (così, per l'Italia, vedi, tra le molte, in primis, Corte EDU, 1° settembre 2015, Paolello c. Italia, ric. N. 37648/02; Corte EDU, 19 marzo 2013, Riina c. Italia, ric. N. 43575/09, e, poi: Corte EDU, 28 settembre 2000, Messina (n. 2) c. Italia, ric. N. 25498/94; Corte EDU, 24 ottobre 2002, Messina (n. 3) c. Italia, ric. N. 33993/96; Corte EDU, 6 luglio 2004, Madonia c. Italia, ric. N. 55927/00; Corte EDU, 14 aprile 2004, Ospina Vargas c. Italia, ric. N. 40750/98; Corte EDU, 6 giugno 2005, Musumeci c. Italia, ric. N. 33695/96; Corte EDU, 29 settembre 2005, Leo Zappia c. Italia, ric. N. 77744/01; Corte EDU, 10 novembre 2005, Argenti c. Italia, ric. N. 56317/00; Corte EDU, 6 dicembre 2005, Manuele Salvatore c. Italia, ric. N. 42286/98; Corte EDU, 29 giugno 2006, Viola c. Italia, ric. N. 8316/02; Corte EDU, 11 luglio 2006, Campisi c. Italia, ric. N. 24358/02; Corte EDU, 11 luglio 2006, Bastone c. Italia, ric. N. 59638/00; Corte EDU, 27 novembre 2007, Asciutto c. Italia, ric. N. 35795/02; Corte EDU, 4 dicembre 2007, Papalia c. Italia, ric. N. 60395/00; Corte EDU, 15 gennaio 2008, Bagarella c. Italia, ric. N. 15625/04; Di Giacomo c. Italia, 24.1.2008, ric. n. 25522/03; Corte EDU, 4 marzo 2008, Cavallo c. Italia, ric. N. 9786/03; Corte EDU, 27 marzo 2008, Guidi c. Italia, ric. N. 28320/02; Corte EDU, 17 luglio 2008, De Pace c. Italia, ric. N. 22728/03; Corte EDU, 20 gennaio 2009, ric. N. 24424/03; Corte EDU, 7 luglio 2009, Annunziata c. Italia, ric. N. 24423/03).

Le soluzioni giuridiche

Rispetto al regime del 41-bis ord. pen., in linea con le norme sopra citate, risulta legittimo il provvedimento dell'Autorità giudiziaria con cui si dispone il divieto di ricezione della stampa locale, sul presupposto che vi sia una specifica e diretta correlazione tra la circolazione della stampa locale all'interno del carcere e il probabile verificarsi di taluna delle circostanze indicate dall'art. 18-terord. pen.: così, secondo la Cassazione, si ritiene «legittimo il provvedimento di limitazione della ricezione della stampa locale emesso nei confronti di detenuto sottoposto a regime speciale ex art. 41-bisord. pen. qualora detta ricezione possa consentirgli di continuare a gestire le attività illecite dell'associazione di appartenenza» (v. Cass. pen., Sez. I, 11 gennaio 2013, n. 6322).

Tuttavia, come è stato evidenziato nel caso di specie, «trattandosi di provvedimenti che incidono su diritti fondamentali, deve escludersi, come condivisibilmente dedotto dalla difesa del detenuto, che le limitazioni in questione possano essere basate sulla ricorrenza di una situazione di “mero sospetto”, essendo necessario che ricorrano concreti elementi di valutazione idonei a conferire un adeguato coefficiente di oggettività alle ragioni poste alla base del richiesto controllo». Al detenuto, infatti, è stata applicata una restrizione pressoché indeterminata, in relazione a tutta la stampa locale, senza considerare, in alcun modo, l'area geografica di provenienza o comunque di influenza del detenuto (e degli altri reclusi con cui lo stesso condivide il cd. gruppo di socialità). Secondo l'Autorità giudiziaria, si ipotizzava «il rischio che il detenuto, anche attraverso il contributo degli altri reclusi che fanno parte del suo stesso gruppo di socialità, possa accedere a informazioni in grado di perpetuarne il collegamento con il clan di appartenenza».

Tale generalizzazione, secondo la Cassazione è errata: nel caso in cui si assuma l'ipotesi che il detenuto possa acquisire le informazioni direttamente dalla consultazione della stampa, l'Autorità giudiziaria deve indicare sulla base di quali elementi si ritiene che una testata edita da una geograficamente distante da quella in cui il detenuto risiedeva in libertà sia idonea a contenere notizie effettivamente attinenti alle vicende costitutive della consorteria criminale di appartenenza. Nel caso di specie, tale correlazione è assente. Ancora. Nel caso in cui si ipotizzi che tali informazioni, invece, che dalla lettura della testata, possano essere ricavate dagli altri detenuti appartenenti al gruppo di socialità, si ritiene sufficiente – per il perseguimento di finalità preventive ed investigative – circoscrivere la restrizione all'area e/o aree geografiche di provenienza (o limitrofe) degli altri detenuti: l'estensione della ricezione di tutta la stampa locale, indipendentemente dalla provenienza geografica, risulta un'operazione oltremodo ingiusta, sproporzionale e irragionevole.

Anche sotto tale profilo, i provvedimenti emessi dai giudici di merito non sono stati esaustivi. Pertanto, secondo la Cassazione, tale restrizione deve considerarsi illegittima, con annullamento e rinvio al Tribunale di Messina per un nuovo esame del caso di specie, alla luce delle indicazioni della Cassazione.

Osservazioni

Ancora una volta ci pensa la Cassazione. Nonostante le rigide preclusioni imposte dalla normativa (art. 41-bisord. pen. e Circolare DAP), la Cassazione riporta al caso concreto l'applicazione del regime differenziato, soprattutto, nella parte di disciplina soggetta alle regole generali dell'ordinamento penitenziario: nel caso di divieto al libero esercizio del diritto di informazione, valgono, infatti, le regole di cui all'art. 18-terord. pen., e, anche l'Autorità giudiziaria – garante di una corretta e legittima applicazione delle limitazioni ai diritti soggettivi – è chiamata a motivare i propri provvedimenti in modo rigoroso e puntuale. In caso di segnalazione da parte della Direzione, deve essere effettuato un attento vaglio del caso concreto, non potendosi basare l'Autorità giudiziaria sui “meri sospetti” o su “congetture” non supportate da indici concreti e da soluzioni alternativamente percorribili che garantiscano, al contempo, il raggiungimento dello scopo a cui è preposta la limitazione, da una parte, ed, il minimo del sacrificio necessario alla compressione del diritto soggettivo oggetto di restrizione (secondo il principio di proporzionalità), dall'altra.

Guida all'approfondimento

Manca, Il DAP riorganizza il 41-bis ord. pen.: un difficile bilanciamento tra prevenzione sociale, omogeneità di trattamento ed umanità della pena, in Dir. pen. cont., 6 novembre 2017;

Amato, Un messaggio nella bottiglia (e un'occasione perduta), in Giurisprudenza Penale Web, 2017;

Della Bella, Per la consulta è legittimo il divieto imposto ai detenuti in 41-bis di scambiare libri e riviste con i familiari, in Dir. pen. cont., 16 giugno 2017;

Ruotolo, I diritti alla corrispondenza, all'informazione e allo studio dei detenuti in regime di 41 bis. A proposito delle limitazioni nelle modalità di ricezione ed inoltro di libri, giornali e riviste, in Cass. pen., 2015, p. 109.

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