PPT: possibile l’invio in un giorno festivo della memoria difensiva a mezzo PEC?
02 Luglio 2019
Massima
Nel procedimento di convalida del divieto di accedere ai luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive con obbligo di presentazione all'ufficio di polizia, è ammissibile l'invio di una memoria difensiva a mezzo PEC, della quale il giudice competente deve tenere conto anche se pervenuta in cancelleria in un giorno festivo, a nulla rilevando l'assenza, in tali giorni, del personale addetto alla ricezione degli atti esterni. In motivazione (nella sent. n. 17844 del 12 dicembre 2018, dep. 30 aprile 2019), la Corte ha osservato che la mancanza di personale addetto alla ricezione degli atti nei giorni festivi costituisce un disservizio imputabile all'ufficio giudiziario che non può comportare conseguenze pregiudizievoli per il cittadino). Il caso
Il Gip del Tribunale di Palermo, con ordinanza depositata in data 22 luglio 2018, alle ore 11,55, ha convalidato il provvedimento emesso dal Questore di Palermo il precedente 16 luglio 2018, con il quale era stata disposta a carico di una persona, per la durata di 8 anni, la misura del divieto di accesso a tutte le competizioni calcistiche di qualsiasi società sportiva e alle competizioni ufficiali organizzate dalla Lega Calcio, professionali ed amichevoli, che si disputeranno in ogni impianto sportivo del territorio nazionale o internazionale e del divieto, di accesso agli spazi antistanti o limitrofi agli stadi ed ai campi sportivi, ai luoghi di trasporto, transito ed accesso di coloro che assistono o partecipano alle manifestazioni medesime ed, in particolare, alle zone limitrofe allo Stadio di Palermo "Renzo Barbera", nonché l'obbligo di presentazione agli uffici di polizia durante lo svolgimento di dette manifestazioni. Il sottoposto, in particolare, in data 10 giugno 2018, in occasione dell'incontro di calcio valevole per il campionato nazionale di Serie B, fra le compagini della U.s. Palermo e del Venezia F.c., aveva partecipato ai disordini che avevano coinvolto le tifoserie contrapposte.
Avverso tale provvedimento, il sottoposto ha presentato ricorso per cassazione, deducendo, tra l'altro, la violazione di legge per essere stato adottato il provvedimento di convalida senza che fosse stata presa in considerazione la memoria fatta pervenire dalla difesa entro il termine di 48 ore dalla notificazione al medesimo del provvedimento del Questore. Al riguardo, ha osservato che, domenica 22 luglio 2018, alle ore 7,32, la difesa aveva inviato alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari una memoria difensiva. Nella stessa giornata, alle ore 11.55, era stato depositato il provvedimento di convalida, che non aveva tenuto conto di detta memoria, come si desumeva dal contenuto dello stesso atto nel quale è affermato che «non è pervenuta a questo Giudice alcuna deduzione difensiva da parte dell'interessato». La questione
Nel processo penale, il difensore può trasmettere una memoria al giudice a mezzo PEC? L'impiego di una modalità di trasmissione che esula da quelle contemplate dall'art. 121 c.p.p. determina l'irricevibilità dell'atto? Nel caso in cui si ritenesse ammissibile una simile modalità di spedizione dell'atto difensivo, poi, il giudice deve tenere conto di memoria pervenuta in cancelleria in un giorno festivo? Le soluzioni giuridiche
1. La Corte ha rilevato che, in data 16 luglio 2018, il Questore di Palermo, ai sensi dell'art. 6 della legge n. 401 del 1989, ha emesso il provvedimento di prevenzione illustrato. Tale atto è stato notificato all'interessato in data 20 luglio 2018, alle ore 8:50, ed è stato trasmesso dal competente pubblico ministero al Gip del Tribunale di Palermo per la convalida. Il giudice ha convalidato l'atto con provvedimento depositato il successivo 22 luglio 2018, alle ore 11:55, rispettando il termine dilatorio di 48 ore dalla notificazione dell'atto all'interessato nella pendenza del quale è consentito all'interessato di fare pervenire all'organo deputato alla verifica delle condizioni per l'adozione della misura di prevenzione personale in questione una memoria contenente l'esposizione delle ragioni ostative alla convalida. La difesa, tuttavia, aveva trasmesso alla cancelleria del giudice procedente, in data 22 luglio 2018, alle ore 7:32, - dunque in un momento precedente alla convalida - tramite posta elettronica certificata, una memoria difensiva. Il Gip non ha tenuto conto di questo scritto difensivo, come chiaramente è desumibile dallo stesso tenore dell'ordinanza impugnata nella quale si legge che “non è pervenuta a questo Giudice alcuna deduzione difensiva da parte dell'interessato”. Il giorno seguente, lo stesso giudice, prendendo visione della memoria ricevuta a mezzo PEC, ha annotato a margine della copia della stessa memoria che non vi era luogo a provvedere sulla stessa, “essendo la memoria pervenuta all'attenzione di questo giudice in data 23 luglio 2018 allorché era già decorso il termine per provvedere avendo il difensore depositato memoria via pec in giorno festivo in assenza di personale di cancelleria addetto alla ricezione atti esterni”.
2. Così ricostruita la vicenda, la Corte ha ritenuto che il provvedimento di convalida sia affetto da vizio di violazione di legge. Costituisce, infatti, principio consolidato quello secondo cui è illegittimo il provvedimento giurisdizionale che non tiene conto delle allegazioni difensive addotte dal soggetto inciso dallo stesso, tanto più nel caso in cui sia espressamente previsto dalla legge che tale provvedimento non possa intervenire prima di un dato momento proprio al fine di consentire all'interessato, per mezzo della produzione di una memoria, l'esercizio del diritto di difesa. La convalida del provvedimento del Questore con il quale è disposto l'ordine di presentazione agli organi di polizia del soggetto raggiunto dal “Daspo” con l'obbligo di presentazione è soggetta alla immediata verifica giurisdizionale in quanto incidente non solo, come invece il mero divieto di accesso allo stato o “Daspo in senso stretto”, sulla libertà di locomozione, ma direttamente sulla libertà personale del soggetto destinatario del provvedimento, il quale è obbligato in determinate situazioni ed in determinati orari a trovarsi in un luogo preciso e non altrove (cfr. sul punto, Corte Cost. n. 143 del 1996). Detto provvedimento non può intervenire prima che siano decorse 48 ore dall'avvenuta notificazione all'interessato del provvedimento del Questore, proprio al fine di consentire a quello di esercitare il diritto di difesa.
3. Il termine per la valida produzione di scritti difensivi non è soggetto ad alcuna proroga, anche nel caso che lo stesso si consumi in un giorno festivo o, comunque, in cui esso sia contenuto un giorno festivo. Al riguardo, occorre rilevare che non è ostativa alla possibilità di potere effettivamente esercitare il diritto di difesa la circostanza che la documentazione in base alla quale è stata adottata la misura, il cui esame appare quanto meno opportuno ai fini della redazione delle memorie difensive, non sia ostensibile all'interessato perché si tratta di uffici pubblici abitualmente interdetti all'accesso nei giorni festivi. Tale documentazione, difatti, è altresì custodita presso la Questura che è, invece, ufficio pubblico regolarmente accessibile in ogni giorno, anche se festivo. Presso questo ufficio, l'interessato si può recare per prendere visione della documentazione in questione, potendo, quindi, redigere una memoria difensiva che tenga conto degli elementi su cui si fonda il “daspo” (cfr. Cass. 7 aprile 2016, n. 28240).
4. Tale indifferibilità del termine, tuttavia, non opera solo in senso negativo nei confronti dell'interessato, imponendogli un onere di tempestività cui sono correlati ulteriori oneri operativi, ma prevede, quale indefettibile corollario, la possibilità di esercitare il diritto di difesa, a presidio del quale è stabilita la facoltà di predisporre memorie difensive, anche attraverso modalità di materiale "deposito" degli scritti difensivi che permettano la esecuzione dell'operazione in questione anche in caso di esistenza di ostacoli alla personale accessibilità dell'Ufficio del Gip, come indubitabilmente si verifica nei giorni festivi. Deve considerarsi validamente eseguita (e tempestiva ove il relativo inoltro sia intervenuto entro le 48 ore dalla notificazione del provvedimento del Questore all'interessato), pertanto, la materiale produzione della memoria difensiva realizzata attraverso l'utilizzo, tramite apparecchio fax, delle linee telefoniche (Cass. 7 febbraio 2017, n. 5621). Non diversamente deve ritenersi correttamente eseguita la spedizione indirizzata presso l'ufficio giudiziario procedente di memorie anche tramite posta elettronica certificata. L'art. 6, comma 2-bis, della legge n. 401 del 1989, del resto, non prescrive che i predetti atti debbano essere necessariamente depositati nella loro materiale fisicità in cancelleria. L'esigenza di garantire il regolare esercizio del diritto di difesa, inoltre, legittima l'utilizzo del mezzo di trasmissione, peraltro di sicura affidabilità quanto alla provenienza ed alla intervenuta ricezione, costituito dalla posta elettronica certificata, tenuto conto della estrema ristrettezza dei termini previsti per gli adempimenti in questione, termini che, essendo previsti ad horas non sono, come più volte detto, suscettibili in linea di principio di sospensioni, (Cass. 4 aprile 2018, n. 14832).
5. Secondo un indirizzo giurisprudenziale, nel processo penale alle parti private può essere consentito di eseguire comunicazioni e notificazioni mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata nel caso in cui ciò sia necessario per rendere effettive le facoltà processali alle stesse riconosciute (Cass. 12 dicembre 2018, n. 55886). Questo indirizzo, invero, non è incontrastato (cfr., in senso contrario, per l'affermazione secondo cui alle parti è preclusa la trasmissione all'ufficio giudiziario di atti o memorie a mezzo PEC, Cass. 25 ottobre 2018, n. 48911; Cass. 13 febbraio 2014, n. 7058), ma è stato espresso in una fattispecie caratterizzata, come la presente, da un'estrema compressione dei tempi processuali, che rischia di comportare una incoercibile compressione anche dei diritti connessi alla procedura giurisdizionale, nella quale sussiste l'esigenza di dare tutela al diritto di difesa e di consentire, senza sacrifici per altri significativi interessi contrastanti, la semplificazione e lo snellimento burocratico delle procedure giurisdizionali conseguente alla loro automazione.
6. Nel caso di specie, posto che la difesa dell'interessato ha trasmesso alla cancelleria del Gip la memoria difensiva a confutazione della sussistenza dei presupposti per la convalida della misura di prevenzione emessa nei suoi confronti tramite posta elettronica certificata entro i termini all'uopo previsti e considerato che siffatta memoria non è stata assolutamente presa in esame da parte dell'Ufficio giudiziario che ha provveduto alla convalida, l'ordinanza deve essere annullata senza rinvio. In particolare, quanto al fatto che la memoria sia stata trasmessa di domenica, « a nulla rileva(ndo) quanto riportato nella annotazione apposta dal Gip a margine della copia della citata memoria in ordine alla tardività della sottoposizione di tale memoria all'attenzione del giudicante, stante la assenza, nei giorni festivi, di personale di cancelleria addetto alla ricezione degli atti esterni, trattandosi di disservizio imputabile allo stesso Ufficio giudiziario, dei cui effetti non può evidentemente subire le conseguenze pregiudizievoli il cittadino che, nei termini a ciò riservati, chieda giustizia». Osservazioni
1. La Corte di Cassazione si è occupata più volte della possibilità per le parti di depositare atti nel processo penale a mezzo PEC. Un primo gruppo di decisioni riguarda il deposito telematico dell'atto di impugnazione. Al riguardo, l'indirizzo assolutamente consolidato esclude che la possibilità del ricorso alla PEC, sulla base di una serie di argomenti costituiti:
È stato pertanto ritenuto inammissibile il ricorso per cassazione proposto mediante l'uso della posta elettronica certificata (Cass. 55444 del 2017; Cass. n. 18823 del 2016); l'opposizione a decreto penale di condanna presentata a mezzo di posta elettronica certificata (Cass. n. 50932 del 2017); l'opposizione alla richiesta di archiviazione (Cass. n. 12264 del 2018);
2. Le medesime argomentazioni sono riproposte con riguardo al deposito a mezzo PEC della lista dei testimoni, periti e consulenti tecnici (Cass. n. 6883 del 2016). Anche in questo caso, l'art. 468 c.p.p. prevede una modalità tassativa per lo svolgimento dell'adempimento, che consiste nel deposito in cancelleria. La ricezione di una PEC, in ogni caso, comporterebbe l'onere per la cancelleria di stampare il documento per metterlo a disposizione del giudice e delle altre parti. Tale onere è ritenuto complesso in un sistema che non prevede un fascicolo telematico penale.
3. Una maggiore apertura si registra nella giurisprudenza di legittimità che si è formata in tema di produzione di istanze a mezzo PEC. Secondo un indirizzo giurisprudenziale, nel processo penale, non è consentito alle parti private l'invio di istanze a mezzo posta elettronica certificata (c.d. PEC). Ne consegue che è irricevibile un'istanza di rinvio per legittimo impedimento trasmessa dal difensore per mezzo dello strumento elettronico (cfr., con specifico riferimento ad un'istanza di rinvio per legittimo impedimento, Cass. n. 7058/2014; Cass. n. 51665/2017; Cass. n. 18235/2015, relativa ad una domanda di rimessione in termini). Questo orientamento trae fondamento sull'art. 16, comma 4, del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, che, disciplinando le notificazioni, limita l'impiego della PEC agli adempimenti rivolti a persone diverse dall'imputato e ne circoscrive l'uso alla sola cancelleria. La parte finale della norma, del resto, statuendo che «La relazione di notificazione è redatta in forma automatica dai sistemi informatici in dotazione alla cancelleria», chiarisce che l'utilizzo del mezzo elettronico è riservato al solo ufficio di cancelleria e non anche alle parti private. Non sono indicate, infatti, le forme nelle quali dovrebbero essere redatte le relazioni delle notificazioni eseguite dalle parti private. Anche se la PEC fosse adoperata non per effettuare una notificazione, ma solo per trasmettere un'istanza, infatti, rimarrebbe la necessità di documentare l'attività compiuta e dovrebbe prendersi atto della sua mancata regolamentazione. Dalla disposizione citata, quindi, si desume la volontà legislativa di consentire l'utilizzo della PEC, nel processo penale, alla sola cancelleria. Un diverso orientamento, invece, afferma che l'istanza inviata al giudicante per mezzo della posta elettronica certificata non è irricevibile o inammissibile, ma al più irregolare o irrituale, con la conseguenza che il giudice che ne prenda tempestivamente conoscenza è tenuto a valutarla (Cass. n. 56392 del 2017; Cass. n. 47427 del 2014). Questa impostazione estende all'impiego della posta elettronica certificata l'elaborazione giurisprudenziale in tema di istanza inviata a mezzo telefax. L'uso di questo strumento per inviare al giudice procedente una richiesta di rinvio per legittimo impedimento dell'imputato o del difensore, in particolare, seppur idonea a dare certezza dell'intervenuta ricezione dell'istanza da parte dell'ufficio giudiziario destinatario, deve reputarsi comunque irregolare, perché l'art. 121 c.p.p. prevede per le parti l'obbligo di presentare le memorie e le richieste indirizzate al giudice mediante deposito in cancelleria. Da questa disposizione, però, non si può ricavare l'inammissibilità o l'irricevibilità dell'istanza presentata in modo diverso dal deposito in cancelleria. Il giudice che abbia ricevuto l'istanza tempestivamente, pertanto, deve valutarla. In ragione della predetta irregolarità, peraltro, incombe sulla parte il rischio della mancata tempestiva trasmissione dell'istanza al giudice. Anzi, avendo scelto volontariamente un mezzo irregolare di trasmissione dell'istanza, per essere legittimata a proporre doglianze inerenti all'omessa valutazione dell'istanza, la parte interessata ha l'onere di verificare che sia effettivamente pervenuta nella cancelleria del giudice competente a valutarla e sia stata portata all'attenzione di quest'ultimo per tempo (cfr., per l'affermazione del principio illustrato in tema di comunicazioni a mezzo fax, Cass. n. 9030/2013; Cass. n. 7706/2014; Cass. n. 47427/2014; Cass. n. 24515/2015; Cass. n. 1904/2017; in senso contrario, per l'esclusione di un onere probatorio in capo alla parte, si veda, Cass. n. 535/2017). Questo principio, affermato per la comunicazione a mezzo telefax, è applicato anche alla comunicazione per posta elettronica, rispetto alla quale è ancor più incerta l'effettiva possibilità che la comunicazione sia tempestivamente letta dal destinatario, che potrebbe non controllare la casella di posta elettronica in tempo utile per poter essere utilmente portata a conoscenza del giudice. L'utilizzo di una modalità di trasmissione irregolare, dunque, comporta l'onere, per la parte che intenda dolersi in sede di impugnazione dell'omesso esame della sua istanza, di accertarsi del regolare arrivo della e-mail in cancelleria e della sua tempestiva sottoposizione all'attenzione del giudice procedente (Cass. n. 47427/2014; per l'applicazione del medesimo principio nel caso di trasmissione a mezzo PEC dell'istanza di impedimento dell'imputato, si veda Cass. n. 923/2018).
4. Anche con riferimento alla produzione di memorie si ripropongono i medesimi indirizzi appena illustrati in relazione alle istanze delle parti. L'indirizzo giurisprudenziale prevalente infatti, ritiene precluso l'impiego della PEC, facendo leva sulla prescrizione dell'art. 121 c.p.p. che contempla esclusivamente il deposito in cancelleria. In relazione al giudizio di cassazione, in particolare, l'indirizzo assolutamente prevalente ritiene che è inammissibile la presentazione di memorie, in sede di legittimità, mediante l'uso della posta elettronica certificata (PEC). Non è estesa al giudizio penale in cassazione la facoltà di deposito telematico - prevista per il giudizio civile di legittimità ai sensi del d.l. n. 179 del 2012, convertito con modifiche in legge 17 dicembre 2012, n. 221 - di istanze non aventi immediata incidenza sul processo quali, a titolo esemplificativo, richieste di sollecita fissazione o riunione di ricorsi, di differimento della trattazione, di assegnazione alle Sezioni Unite (Cass. n. 48584 del 2016). Secondo un diverso orientamento, invece, l'invio di memorie a mezzo PEC non determina l'irricevibilità o l'inammissibilità dell'atto. L'impiego di un mezzo irrituale, tuttavia, comporta un dovere di diligenza del mittente, che si assume il rischio della mancata sottoposizione al giudice dell'atto (Cass. n. 46383 del 2017).
5. Una notevole apertura alla produzione di memorie a mezzo PEC, invece, si ravvisa nel procedimento per la convalida della misura di prevenzione del divieto di accesso allo stadio con l'obbligo di presentazione agli uffici di polizia. In questo specifico ambito, infatti, si è formato un indirizzo giurisprudenziale incline a ritenere legittima la trasmissione di memorie difensive a mezzo PEC (Cass. n. 4764 del 2017; Cass. n. 14832 del 2017; Cass. n. 11475 del 2018). Pur dando atto della sussistenza del prevalente orientamento contrario all'impiego del mezzo telematico, in queste pronunce, il giudizio di ammissibilità è fondato sui seguenti argomenti:
6. Nell'ambito dell'indirizzo giurisprudenziale appena descritto, peraltro, possono essere colte alcune sfumature che appare utile segnalare.
7. La sentenza in esame, invece, si pone su un diverso crinale, giacché sembra che intenda valorizzare al massimo l'efficace esercizio del diritto di difesa, anche a scapito delle regole di funzionamento degli uffici pubblici, nella parte in cui afferma che è irrilevante il fatto che la memoria sia stata trasmessa di domenica. Il fatto che, nei giorni festivi, manchi negli uffici giudiziari personale di cancelleria addetto alla ricezione degli atti “esterni”, secondo la decisione in commento, costituisce “un disservizio imputabile allo stesso ufficio giudiziario”. Gli effetti di tale disservizio non possono ricadere in modo pregiudizievole sul cittadino che chiede giustizia. Questa conclusione, indubbiamente, appare forte, in un sistema “Giustizia” nel quale solo in rari uffici vi è un “presidio” di personale di cancelleria nei giorni festivi. Essa, tuttavia, nella logica della sentenza in esame, appare sostenuta da due motivi. Sul piano giuridico, l'ammissibilità di una memoria inviata nel giorno festivo deriva dalla stessa affermazione dell'inammissibilità di una proroga del termine di 48 ore dalla notifica del provvedimento per il deposito di memorie. La rigidità dei termini del procedimento, in altre parole, non può comportare solo vincoli per l'interessato, dovendo essere garantiti i suoi diritti. Sul piano pratico, poi, nel caso di specie, il provvedimento di convalida è stato depositato di domenica, poco tempo dopo la scadenza delle 48 ore dalla notifica del provvedimento all'interessato durante le quali può pervenire una memoria difensiva. Nella giornata festiva, dunque, vi era negli uffici personale di cancelleria che ha ricevuto l'atto del giudice. Il fatto che il termine riservato alla difesa venisse a scadenza nella giornata festiva, tuttavia, avrebbe consigliato al giudicante di attendere almeno il lunedì successivo, quando, perfettamente in tempo, avrebbe potuto depositare il provvedimento di convalida. |