Legge anticorruzione. Vi è continuità normativa tra l'abrogato delitto di millantato credito e la nuova fattispecie di traffico di influenze illecite?
07 Giugno 2019
Massima
La legge 9 gennaio 2019, n. 3, cosiddetta anticorruzione (o anche spazzacorrotti), ha apportato, tra le altre cose, importanti modifiche anche all'ambito di applicabilità della fattispecie di traffico di influenze illecite, da un lato riformulando interamente l'art. 346-bis c.p. e dall'altro abrogando il reato “limitrofo” di millantato credito di cui all'art. 346 c.p., di fatto assorbito nel primo. All'interno del fenomeno di successione di leggi nel tempo, la Suprema Corte ha riscontrato sussistere una continuità normativa (con riferimento alla posizione del millantatore) tra le due fattispecie in ragione della sostanziale sovrapponibilità tra la condotta di chi ha ricevuto denaro o altra utilità “ millantando credito”, e l'attuale condotta illecita da parte di colui che “sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblico ufficiale […]” realizza gli estremi del nuova fattispecie di traffico di influenze ex art. 346-bis c.p., così indicando la disciplina intertemporale in assenza di una espressa disciplina transitoria. Il caso
La vicenda giudiziaria esaminata dalla sentenza in commento riguardava la condotta di un militare della Guardia di Finanza, il quale aveva ricevuto somme di denaro ed altre utilità da parte di un privato quale compenso per la sua attività di interessamento e mediazione nei confronti di altri agenti della G.d.F. in relazione a due controlli stradali che avevano interessato il privato, ovviamente allo scopo finale di favorire indebitamente quest'ultimo. L'imputato anche in sede di appello era stato condannato per il delitto di millantato credito ex art. 346 c.p. (fattispecie abrogata dalla legge 9 gennaio 2019, n. 3 c.d. Spazzacorrotti), mentre era stato assolto dall'imputazione di corruzione. In particolare la Corte di appello di Milano, pur rilevando che non vi fosse prova che l'imputato avesse contattato i colleghi finanzieri per favorire del privato da cui aveva ricevuto denaro e altre utilità, ha ritenuto che fosse comunque integrato il delitto di cui all'art. 346 c.p. in quanto era stato invece provato il nesso di causalità tra le dazioni denaro e altre utilità con la correlativa, sia pure millantata, messa a disposizione del pubblico ufficiale rispetto al soddisfacimento degli interessi dell'amico. Anche sul piano dell'elemento soggettivo non c'erano dubbi sul fatto che l'imputato avesse agito con coscienza e volontà della millanteria e quindi della sua consapevolezza di ricevere un compenso come prezzo della sua intermediazione presso altri pubblici funzionari. La questione
A fronte di queste motivazioni l'imputato ricorreva per cassazione, contestando, tra gli altri punti, la qualificazione giuridica operata dai giudici di appello, ritenendo che non fosse integrato il delitto di millantato credito in quanto le “vanterie” oggetto delle intercettazioni erano prive di rilievo penale, perché mai era stata prospettata dal ricorrente l'effettiva capacità di influenzare le decisioni dei pubblici funzionari, né era stata indicata la presenza di qualcuno avvicinabile e disposto a concedere favori all'interno della Compagnia della Guardia di Finanza, e quindi la condotta dell'imputato in realtà poteva essere semplicemente ricondotta ad un modo di tranquillizzare l'amico. Le soluzioni giuridiche
La Sesta Sezione della Corte di Cassazione ha accolto il ricorso sotto altri profili, mentre con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti contestati ha dovuto affrontare ex officio la questione degli effetti derivanti dall'abrogazione del delitto di millantato credito ad opera della legge 3/2019 nelle more entrata in vigore, la quale ha al contempo modificato in maniera significativa la fattispecie del reato per così dire “contiguo” del traffico di influenze illecite di cui all'art. 346-bisc.p. La decisione finale sul punto è stata l'affermazione della continuità normativa tra l'abrogato art. 346 c.p. e la nuova fattispecie di traffico di influenze illecite ex art. 346-bisc.p., con conseguente applicazione della disciplina dell'art. 2, comma 4, c.p. La Suprema Corte nella sua articolata motivazione ha in primo luogo evidenziato che la completa riscrittura del delitto di traffico di influenze illecite previsto dall'art. 346-bisc.p. (introdotto a suo tempo dalla legge 190/2012 c.d. Severino), ha risolto la questione del corretto adeguamento dell'Italia ad alcune convenzioni internazionali. Infatti da un lato vi è l'art. 12 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa del 1999, che impone di incriminare « il fatto di promettere, offrire o procurare, direttamente o indirettamente, qualsiasi vantaggio indebito, per sé o per terzi, a titolo di remunerazione a chiunque afferma o conferma di essere in grado di esercitare un'influenza sulla decisione di una persona di cui agli articolo 2, 4-6 e 9-11 (titolari di pubbliche funzioni), così come il fatto di sollecitare, ricevere o accettarne l'offerta o la promessa a titolo di remunerazione per siffatta influenza, indipendentemente dal fatto che l'influenza sia o meno effettivamente esercitata oppure che la supposta influenza sortisca l'esito ricercato», e dall'altro la Convenzione di Mérida (Convenzione delle Nazioni unite contro la corruzione del 2003, ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116), che all'art. 18 lett. a), in cui è stabilito che gli Stati aderenti alla Convenzione devono incriminare «il fatto di promettere, offrire o concedere ad un pubblico ufficiale o ad ogni altra persona, direttamente o indirettamente, un indebito vantaggio affinché detto ufficiale o detta persona abusi della sua influenza reale o supposta, al fine di ottenere da un'amministrazione o da un'autorità pubblica dello Stato Parte un indebito vantaggio per l'istigatore iniziale di tale atto per ogni altra persona» e alla lettera b) impone l'incriminazione «per un pubblico ufficiale o per ogni altra persona, che abbia sollecitato o accettato, direttamente o indirettamente, un indebito vantaggio per sé o per un'altra persona al fine di abusare della sua influenza reale o supposta per ottenere un indebito vantaggio da un'amministrazione o da un'autorità pubblica dello Stato Parte». La Corte ha osservato che la contestualeabrogazione del delitto di millantato creditoprevisto dall'art. 346 c.p. è segno della volontà del legislatore di far assorbire la fattispecie nel riformulata disciplina del traffico di influenze. Infatti il primo comma del nuovo art. 346-bisc.p. ora prevede:«Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319, 319-terc.p. e nei reati dicorruzione di cui all'articolo 322-bisc.p., sfruttando o vantando relazioni esistenti o asserite con un pubblicoufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggetti di cui all'articolo 322-bisc.p.,indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propriamediazione illecita verso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio o uno degli altri soggettidi cui all'articolo 322-bisc.p., ovvero per remunerarlo in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri,è punito con la pena della reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi». È evidente che l'inserimento nella fattispecie della condotta di colui che vanta relazioni asserite (cioè non esistenti) con un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio per farsi dare o promettere denaro o altra utilità, va a coprire la condotta tipica dell'abrogato art. 346, comma 1, c.p. In particolare la sentenza in commento ha affermato che la condotta illecita descritta dal novellato articolo 346-bisc.p. certamente ingloba la precedente contemplata dall'art. 346 c.p., là dove sanzionava la condotta di chi millantando credito presso un funzionario pubblico (con la differenza quanto alla figura del pubblico impiegato) riceve o fa dare o fa promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione" (comma primo) ovvero "col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare" (comma secondo). La Cassazione ha ritenuto perciò sostanzialmente sovrapponibili: «[…] tanto la condotta "strumentale" (stante l'equipollenza semantica fra le espressioni "sfruttando o vantando relazioni [...] asserite" e quella "millantando credito"), quanto la condotta "principale" di ricezione o di promessa, per sé o per altri, di denaro o altra utilità». A conclusione del ragionamento si è affermato nella motivazione il principio di diritto secondo il quale: «[…] in relazione alla condotta di chi, vantando un'influenza - effettiva o meramente asserita - presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, si faccia dare denaro e/o altre utilità come prezzo della propria mediazione, sussiste piena continuità normativa tra la fattispecie di cui all'art. 346 c.p. formalmente abrogata dall'art. 1, comma 1 lett. s), legge 9 gennaio 2019, n. 3, e la fattispecie di cui all'art. 346-bisc.p., come novellato dall'art. 1, comma 1 lett. t), stessa legge». Nel caso di specie il millantatore è stato quindi ritenuto colpevole, ai sensi dell'art. 2, comma 4, c.p., del reato di traffico di influenze illecite, trattandosi di fattispecie con pena più mite nel massimo (reclusione da un anno a quattro anni e sei mesi). Osservazioni
La sentenza in commento rappresenta un importante contributo di chiarezza riguardo alla disciplina intertemporale, seppure con riferimento specifico alla sola posizione dell'intermediario che ha millantato di poter influenzare altri pubblici funzionari. Va evidenziato che precise indicazione sono rinvenibili nella Relazione di accompagnamento al disegno di legge (C1189), in cui si afferma che vi è continuità normativa tra l'abrogato art. 346 c.p. e la nuova fattispecie di cui all'art. 346-bisc.p., in linea con i principi espressi dalla sentenza delle Sez. unite, n. 12228 del 24 ottobre 2013, imp. Maldera, che ha risolto il rapporto tra previgente art. 317 c.p. e nuovo art. 319-quaterc.p., introdotto dalla legge Severino. Tuttavia è evidente che con riferimento alla condotta del privato acquirente di una relazione solo vantata ma in realtà inesistente, che prima non era sanzionato dall'abrogato art. 346 c.p., si tratta di una nuova area di incriminazione, con la conseguente inapplicabilità della fattispecie ai fatti pregressi all'entrata in vigore del nuovo articolo 346-bisc.p. Analogamente con riguardo al traffico di influenze finalizzato alla corruzione c.d. impropria oppure nell'ipotesi di promessa o dazione di utilità non patrimoniali, tutte condotte in precedenza non punite, per le quali non si pone in radice un problema di successioni di leggi penali nel tempo. Con riferimento invece all'intermediario vanno distinte le diverse ipotesi: se le condotte pregresse erano riconducibili all'abrogato millantato credito ( ad esempio vanterie riferite ad asseriti relazioni con il pubblico ufficiale da avvicinare), trova applicazione la nuova fattispecie in quanto si tratta di norma più favorevole all'imputato; se invece le condotte erano già ascrivibili al reato di traffico di influenze, continuerà ad applicarsi il precedente art. 346-bisc.p., perché contenente una sanzione più mite, in ossequio all'art.2, comma 4, c.p. R. CANTONE, A. MILONE, Verso la riforma del delitto di traffico di influenze illecite, in Dir. Pen. Cont. Del 3.12.2018; A. CISTERNA, Anticorruzione: Daspo e undercover nella giusta direzione, in Guida Dir., n. 40/2018; M. GAMBARDELLA, Considerazioni sull'inasprimento della pena per il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione (art.318 c.p.) e sulla riformulazione del delitto di traffico di influenze illecite (art.346-bis c.p.) nel disegno di legge Bonafede, in Cass. Pen. n. 11/2018, pagg. 3577 ss.; C.D. LEOTTA, Traffico di influenze illecite: da oggi in vigore le modifiche all'art. 346-bis c.p., in Quot. Giur. del 31.01.2019; G. MARRA, L'anticorruzione riscrive il reato di traffico di influenze illecite, in ilPenalista, 13/02/2019. |