Quando il giornalista insinua il dubbio: diritto di critica o diffamazione?
20 Febbraio 2019
Massima
In tema di diffamazione a mezzo stampa, presupposto imprescindibile per l'applicazione dell'esimente dell'esercizio del diritto di critica è la verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione valutativa; insinuare un dubbio circa l'operato di taluno esprime proprio quella valutazione critica, razionalmente correlata ai fatti, nella quale si esplica la funzione di controllo del giornalismo. Il caso
La Corte di cassazione, Sez. V penale, si è pronunciata con la sentenza in commento, sul ricorso proposto dalla persona offesa, costituita parte civile, del delitto di diffamazione, aggravata ai sensi dell'art. 13 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, c.d. legge Stampa, avverso la sentenza della Corte d'appello di Milano con cui, riformando la decisione di primo grado, erano stati mandati assolti gli imputati. La condotta oggetto di imputazione consisteva nella pubblicazione di un articolo in cui si dava atto del divario tra le valutazioni della partecipazione di una società per azioni in altra società, espresse in un breve lasso di tempo, pari a circa due anni, con esiti notevolmente divergenti, avendo individuato la prima in quattro milioni di euro il valore di una partecipazione sociale, a fronte dei ventotto milioni di euro indicati nella successiva valutazione. La Corte d'appello ha accertato che gli imputati avevano posto in essere apposite verifiche per rilevare il valore della partecipazione in bilancio, potendosi ritenere la notizia vera, precisa e di elevato interesse generale, stante peraltro il prospettato acquisto della stessa da parte di un ente pubblico. Infine, nella sentenza impugnata, i giudici di secondo grado avevano ritenuto esonerati i giornalisti da un'analisi dei criteri applicati dal perito, persona offesa, nella seconda relazione, ritenendo inoltre marginali le inesattezze in cui gli stessi erano incorsi a fronte dell'omesso riferimento, nella seconda valutazione, al valore attribuito nella precedente stima e a quello risultante dal bilancio della società. Era stata infine ritenuta priva di rilevanza penale l'omessa convocazione della persona offesa da parte degli imputati, per ascoltare la sua versione dei fatti, con riconoscimento pieno, pertanto, del diritto di cronaca da parte degli stessi, in presenza di tutti i presupposti di legge. Avverso la sentenza di appello, la parte civile ha proposto pertanto ricorso per Cassazione, lamentando, con il primo motivo di ricorso – l'unico ritenuto ammissibile – vizi in punto di motivazione e di violazione di legge, sul presupposto dell'omessa verifica, da parte degli imputati, della fonte della documentazione utilizzata, nonché dell'omessa considerazione della perizia espletata sul patrimonio immobiliare della società, tale da incrementare il valore della partecipazione. Nel ricorso si lamentava altresì l'utilizzo di espressioni, riferite alla persona offesa, quali “non veniva dalla luna”, volte ad indicare la consapevolezza da parte dello stesso della discrasia tra il valore indicato nella propria valutazione e quello iscritto in bilancio, cui peraltro si ritiene che lo stesso non fosse vincolato nella propria stima. Infine, si rilevava che gli imputati avevano paventato la collusione tra "commercialisti, avvocati d'affari e loro padrini politici" e, nel contempo, avevano indicato, senza che ciò fosse necessario, le generalità della persona offesa, autrice della seconda valutazione. La questione
La sentenza affronta la questione dei presupposti e dei limiti di operatività della scriminante del diritto di cronaca e del delitto di critica in relazione al delitto di diffamazione, con particolare riferimento ai doveri che incombono sul giornalista e al contenuto del diritto di cronaca, esaminandone i confini, anche in relazione alla peculiare ipotesi di dichiarazioni valutative, correlate ad un giudizio critico sull'operato altrui. Si pongono, dunque, in particolare, le seguenti questioni. Quali sono i doveri gravanti sul giornalista perché possa invocare la scriminante del diritto di cronaca? Il diritto di cronaca opera anche in riferimento alle valutazioni espresse dal giornalista? E, infine, costituisce condotta diffamante l'insinuazione di un dubbio in merito alla liceità delle condotte narrate? Nel contempo, l'indicazione del nominativo dell'autore di tali condotte è di per sé sufficiente a ritenere integrato il delitto di diffamazione? Le soluzioni giuridiche
Nell'affrontare, nello stesso ordine, le predette questioni, la Sezione Quinta della Corte di cassazione, procede a una importante premessa sistematica in relazione agli arresti nazionali e sovrannazionali in materia di diffamazione a mezzo stampa. Viene richiamata la giurisprudenza della Corte di cassazione pronunciatasi in merito al presupposto, definito imprescindibile, del diritto di critica, consistente nella verità del fatto storico posto a fondamento della elaborazione valutativa, richiamando i precedenti nazionali e gli analoghi arresti in materia della Corte Edu, tra cui la recente decisione Fuchsmann contro Germania, del 19 ottobre 2017. Il presupposto della verità viene declinato in relazione alle condotte valutative, richiamando sul punto la decisione della Corte di Strasburgo sul caso Peruzzi contro Italia, del 30 giugno 2015, in cui i giudici sovrannazionali hanno operato una fondamentale distinzione tra dichiarazioni fattuali e giudizi di valore, precisando che questi ultimi «non si prestano ad alcuna dimostrazione per quanto riguarda la loro esattezza», dal momento che la richiesta di siffatta prova violerebbe la libertà di opinione e, di conseguenza, la libertà di manifestazione del pensiero tutelata dall'art. 10 della Convenzione. Nel rimettere ai giudici nazionali la qualificazione della condotta in termini di dichiarazione fattuale o valutativa, la Corte Edu, nella citata decisione, precisa tuttavia che «anche quando equivale a un giudizio di valore, una dichiarazione deve fondarsi su una base fattuale sufficiente, senza la quale sarebbe eccessiva» Emerge dunque, dai preliminari richiami ai precedenti della stessa Corte di cassazione e della Corte di Strasburgo, il dovere di accertare la verità dei fatti oggetto delle dichiarazioni pubblicate, che costituisce presupposto comune rispetto alla narrazione fattuale e all'espressione di valutazioni da parte del giornalista. La ricostruzione del quadro giurisprudenziale in cui si iscrive la vicenda sub iudice è quindi completato mediante il richiamo alla sentenza Ricci contro Italia, dell'8 ottobre 2013, in cui i giudici di Strasburgo hanno espressamente riconosciuto alla stampa «un ruolo eminente in una società democratica» affermando che «se non deve oltrepassare certi limiti, guardando soprattutto alla tutela della reputazione e ai diritti altrui, le spetta tuttavia comunicare nel rispetto dei suoi doveri e delle sue responsabilità, informazioni e idee su tutte le questioni di interesse generale», dal momento che, «se così non fosse, la stampa non potrebbe svolgere il suo ruolo indispensabile di "cane da guardia» della democrazia. Della stessa sentenza, viene citato un passo significativo, secondo cui «la libertà giornalistica comprende anche il possibile ricorso a una certa dose di esagerazione, addirittura di provocazione», che i giudici della quinta Sezione della Corte di cassazione sviluppano in relazione alla vicenda in decisione. In particolare, preso atto delle esposte coordinate giurisprudenziali, nella sentenza in commento si rileva che nel caso di specie la verità dei fatti non era in discussione, essendo emerso che, in un arco temporale estremamente ridotto e senza che si fossero verificati eventi di rilievo tali da giustificare tale situazione, la medesima partecipazione societaria era stata valutata in termini talmente divergenti da non spiegarsi con le normali oscillazioni tipiche dei giudizi estimativi. Tale condizione è stata ritenuta dai giornalisti un dato di allarme, rispetto al quale l'espressione, riferita alla persona offesa, del seguente tenore, “non veniva dalla luna”, è stata ritenuta priva di carica offensiva, in quanto riferibile alla necessaria consapevolezza, da parte dell'autore della seconda stima, dei dati riportati in bilancio e nella precedente valutazione, in ossequio dei doveri professionali dello stesso. Nel contempo, i giudici di legittimità si sono soffermati sugli ulteriori contenuti dell'articolo, con particolare riferimento al dubbio circa la collusione tra «commercialisti, avvocati d'affari e loro padrini politici», sostenendo che tale dubbio debba ritenersi espressivo di una valutazione critica che, in quanto razionalmente correlata ai fatti dotati del predetto requisito di verità, costituisce esplicazione della funzione di controllo del giornalismo. Si esclude pertanto la rilevanza penale delle descritte condotte, in quanto espressione del diritto di cronaca e di critica, legittimamente esercitato dagli imputati. La scriminante in questione è stata ritenuta operante anche in relazione all'indicazione delle generalità dell'autore della seconda valutazione della partecipazione societaria, ritenendo non condivisibile la tesi del ricorrente, secondo cui sarebbe stato sufficiente descrivere i fatti, omettendo l'indicazione degli autori degli stessi, sul presupposto che «la libertà di espressione, sia sul piano rappresentativo della realtà, sia su quello valutativo, concerne non solo i fatti, ma anche i loro protagonisti». Osservazioni
La sentenza in commento ha il pregio di richiamare in premessa e di fare concreta applicazione dei principi affermatisi nella giurisprudenza nazionale e sovrannazionale in materia di diffamazione a mezzo stampa, attraverso cui è stata composta la contrapposizione tra il diritto di informazione, nella sua più lata accezione, e quello alla reputazione e all'onore della persona offesa del delitto di diffamazione. Eloquente il richiamo alle decisioni della Corte Edu emesse nei confronti dell'Italia, nei casi Peruzzi e Ricci – quest'ultimo noto per le implicazioni sul piano sanzionatorio in relazione al delitto di diffamazione a mezzo stampa – che confermano la crescente e inarrestabile integrazione tra l'ordinamento sovrannazionale e il diritto penale nazionale. Si sottolinea, nella sentenza in commento, la convergenza della giurisprudenza italiana e d'oltralpe, applicando così quelle coordinate al caso di specie, in cui i giudici di legittimità hanno confermato l'assoluzione degli imputati, in secondo grado, ritenendo pienamente operante la scriminante del diritto di cronaca e di critica. Importante la distinzione a seconda del contenuto delle dichiarazioni pubblicate, tra fatti e valutazioni, rispetto alle quali la Corte di cassazione evidenzia la necessità di accertare la verità dei fatti a fondamento del giudizio espresso dal soggetto agente, precisando, nel contempo, che un analogo accertamento sarebbe impossibile e violativo del diritto di manifestazione del pensiero, ove richiesto in relazione al momento valutativo dell'esternazione del giornalista. La sentenza affronta, nel contempo, la peculiare forma di espressione del pensiero attraverso l'insinuazione del dubbio, ritenuta esercizio del diritto di critica quando fondata ragionevolmente su dati veritieri e tali da generare un allarme circa la liceità delle altrui condotte. Ulteriore e non meno rilevante approfondimento, operato dai giudici di legittimità, attiene alla pubblicazione delle generalità dell'autore dei fatti narrati o posti a fondamento delle valutazioni espresse, che viene considerata come fisiologica espressione del diritto di cronaca. Conclusivamente, può considerarsi la sentenza esaminata quale ulteriore conferma dell'orientamento, condiviso dalla giurisprudenza nazionale e sovrannazionale, che valorizza il ruolo democratico della stampa, riconoscendo più ampi margini di manovra agli operatori del settore, garantiti dall'esercizio del diritto di informazione, sub specie del diritto di cronaca e di critica, tali da escludere o quantomeno da limitare, sul piano sanzionatorio (v. sentenza Ricci c. Italia, nella parte in cui limita i casi di irrogazione della pena detentiva), la responsabilità penale del giornalista. GULLO, Diritto di critica e limiti, in Siracusano(a cura di), I delitti contro l'onore. Casi e materiali, Torino, 2001, 173; MUSCO, voce Stampa (diritto penale), in Enc. Dir., Milano, 1990, 647; MANTOVANI, voce Esercizio del diritto, in Enc. dir., XV, 1966, 637; NOTARO, Diffamazione a mezzo stampa e limiti del diritto di cronaca, in Dir. pen. e processo, 2001, 1007; NUVOLONE, Il diritto penale della stampa, Padova, 1971, 22. |