La responsabilità penale del sindaco di una società per omessa vigilanza
31 Ottobre 2018
Massima
Risponde di concorso, in forma omissiva, nel reato commesso dagli amministratori, il sindaco della società di capitali che abbia offerto un contributo rilevante sotto l'aspetto causale alla verificazione dell'evento e che abbia avuto la coscienza e la volontà di quel contributo, anche solo a livello di dolo eventuale, senza che sia necessaria la prova di un preventivo accordo del sindaco con chi amministra la società. Il caso
Il ricorrente è stato condannato per il delitto di concorso nella bancarotta fraudolenta patrimoniale di una società a responsabilità limitata di cui era stato nominato sindaco, per aver omesso i dovuti controlli sull'operato degli amministratori, così agevolando la commissione di condotte distrattive da parte dei predetti; Avverso la sentenza di condanna, la difesa dell'imputato ha proposto ricorso per Cassazione, articolato in quattro motivi che, nell'ordine di proposizione, attengono alla prova del nesso causale, in merito all'idoneità del comportamento alternativo lecito a prevenire l'altrui reato; all'omessa individuazione, da parte dei giudici di prime cure, dei poteri impeditivi in capo all'imputato, idonei a prevenire l'altrui reato, e alla prova dell'elemento soggettivo. Infine, con il quarto motivo di ricorso, si lamentava che l'imputato non avrebbe potuto impedire la distrazione delle somme necessarie al noleggio ma solo rilevarne, successivamente, la commissione, in quanto non rientra nei poteri del sindaco l'esercizio di un controllo preventivo sulle scelte dell'amministratore. La questione
La Corte di cassazione è stata chiamata a pronunciarsi in merito alla responsabilità del sindaco di una società di capitali per concorso omissivo nel reato commesso dagli amministratori, sotto diversi profili, attinenti alla prova dell'imputazione oggettiva e soggettiva del reato al sindaco, nonché dei poteri impeditivi che l'ordinamento gli riconosce e all'idoneità degli stessi a prevenire il reato degli amministratori. Il sindaco di una società di capitali dispone di poteri impeditivi idonei ad evitare la commissione di reati da parte degli amministratori? In presenza di un contributo causale giuridicamente rilevante del sindaco alla commissione del reato da parte degli amministratori, quali sono gli indici che consentono di accertare l'elemento soggettivo del reato? Le soluzioni giuridiche
La quinta Sezione penale della Corte di cassazione, nell'affrontare le suindicate questioni, ha ritenuto infondate nel merito le doglianze del ricorrente. In relazione all'imputazione oggettiva del reato degli amministratori al sindaco, i giudici di legittimità osservano che la disciplina codicistica, in materia di società di capitali, assegna agli artt. 2403 ss. c.c. ai sindaci obblighi di vigilanza e non di mero controllo, spettando a questi ultimi verificare il rispetto, da parte degli amministratori, della legge e dello statuto, nonché la corretta amministrazione della società, che ricomprende la «preservazione del patrimonio sociale rispetto ai comportamenti distrattivi o dissipativi dell'organo gestorio». Con particolare riferimento ai poteri impeditivi esistenti in capo a ciascun sindaco, la Corte di cassazione procede a un dettagliato elenco, annoverando tra questi la possibilità di procedere ad atti di ispezione e controllo, di chiedere informazioni agli amministratori, nonché di convocare l'assemblea societaria in presenza di fatti censurabili di rilevante gravità, in presenza dei quali i sindaci possono e devono peraltro procedere a denuncia al Tribunale. Alla luce di tali considerazioni, pertanto, «il collegio sindacale, ed ogni suo componente, è titolare di una serie di poteri che lo pongono senz'altro in condizione di assolvere compiutamente ed efficacemente l'incarico». Tali poteri sono stati ritenuti idonei, dai giudici di legittimità, a neutralizzare già nelle prime fasi esecutive il disegno criminoso attuato dagli amministratori, mediante la convocazione dell'assemblea per segnalare le irregolarità nella gestione, ovvero la denuncia al Tribunale, sopra menzionate, tali da avviare «un circuito informativo idoneo a influenzare le scelte dell'amministratore e costringerlo a comportamenti più rispettosi degli interessi della società e dei creditori». In questi termini, è imputabile, sul piano oggettivo, al sindaco l'omesso esercizio di tali poteri, che, seppur non garantiscono in assoluto l'impedimento della commissione del reato, sono idonei ad ostacolarne, ex ante, la consumazione. Richiamando quindi la giurisprudenza formatasi in materia civile sulla responsabilità dei sindaci, i giudici della quinta Sezione, proseguono ribadendo che l'obbligo di vigilanza dei sindaci e del collegio sindacale si estende al contenuto della gestione e che la loro responsabilità sussiste quando non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede. Sul punto, la Corte precisa tuttavia che le regole e i princìpi valevoli nel campo della responsabilità contrattuale non possono essere automaticamente trasferiti nel campo della responsabilità penale, occorrendo a tal fine accertare che il sindaco abbia posto in essere un contributo giuridicamente rilevante sotto l'aspetto causale rispetto alla commissione del reato da parte dei sindaci e che abbia avuto la coscienza e la volontà di quel contributo, anche solo a livello di dolo eventuale. In merito, infine, all'elemento soggettivo del reato, nella sentenza in commento si afferma che non è necessaria la prova di un preventivo accordo del sindaco con chi amministra la società in relazione alla commissione di reati, potendosi desumere la sussistenza del dolo, anche solo in forma di dolo eventuale, dalla inerzia del sindaco a fronte di condotte illecite, numerose e reiterate, poste in essere dagli amministratori, in un ampio arco temporale, tali da consentire, in base a massime di esperienza, di affermare la consapevolezza da parte del sindaco della società; si precisa inoltre sul punto che anche i singoli atti di distrazione assumono, quando risultino reiterati in un lungo lasso di tempo e incidano in maniera significativa sul patrimonio aziendale, la connotazione di "segnali di allarme", idonei ad avvisare l'organo di controllo circa la spregiudicatezza del controllato e la necessità di attivarsi per contenerla. Osservazioni
Nel ribadire la pregressa giurisprudenza in materia di concorso omissivo del sindaco nel reato commesso dagli amministratori, la sentenza in commento affronta tre principali questioni, relative, la prima, al rapporto tra la disciplina societaria e quella penale; la seconda, ai doveri e poteri riconosciuti dalla legge ai sindaci e ai confini operativi dell'obblighi di vigilanza che grava sugli stessi; l'ultima, infine, alla prova della responsabilità per concorso omissivo del sindaco, con particolare attenzione all'elemento soggettivo. In merito al primo ordine di questioni, la Corte di cassazione, pur prendendo le mosse dalla giurisprudenza civile e dalla disciplina delle società di capitali per ricostruire lo statuto dei doveri e dei poteri del sindaco, precisa che «le regole e i princìpi valevoli nel campo della responsabilità contrattuale (qual è quella del sindaco verso la società) non possono essere automaticamente trasferiti nel campo della responsabilità penale, dove vige il principio di personalità e dove le condotte di bancarotta - che vengono in rilievo nella specie - sono punite a titolo di dolo». Ferma dunque la centralità della disciplina civilistica quale punto di partenza per accertare la responsabilità del sindaco, in termini di obbligo giuridico di impedire l'evento-reato ex art. 40, cpv. c.p., i giudici di legittimità evidenziano la necessità di adattare tale impianto normativo e giurisprudenziale alla materia penale, tanto in relazione all'imputazione materiale del reato, nei termini sopra esposti, quanto con riferimento all'elemento soggettivo, nelle forme del dolo, quantomeno eventuale. Tale precisazione si pone in continuità rispetto ai principi affermati dalle Sezioni unite della Corte di cassazione, in sentenza n. 581 del 2008, in merito al rapporto tra la disciplina civile e la materia penale. Con particolare riferimento ai predetti doveri giuridici e ai poteri impeditivi, da riconoscersi in capo ai sindaci, particolare rilevanza assume la precisazione operata dai giudici di legittimità, in merito all'estensione dell'oggetto dell'obbligo di vigilanza, e non di mero controllo, che va assegnato ai sindaci: si evidenzia infatti, nelle motivazioni della sentenza in commento, che tale obbligo di vigilanza attiene anche alla "corretta amministrazione" della società, ivi compresa, la preservazione del patrimonio sociale rispetto ai comportamenti distrattivi o dissipativi degli amministratori, sicché deve intendersi esteso al contenuto della gestione. In merito, infine, alla prova dell'elemento soggettivo, si legge nelle motivazioni che non occorre fornire la prova di un preventivo accordo collusivo tra amministratori e sindaci, in merito alle condotte criminose perpetrate da questi ultimi, potendosi assegnare rilevanza alla mera inerzia del sindaco, quando tuttavia si accompagni ad indici idonei, secondo massime di esperienza, a ravvisare la consapevolezza e quindi la volontarietà dell'omissione. Si richiama, in sentenza, dunque la pregressa e decennale giurisprudenza formatasi in materia penale, circa la necessità di verificare la sussistenza di segnali o campanelli d'allarme, nella gestione societaria, tali da poter ritenere il sindaco consapevole delle condotte illecite degli amministratori; indici che, nel caso di specie, si ravvisano nei singoli atti di distrazione posti in essere in danno della società quando risultino reiterati, abbraccino un lungo lasso di tempo e incidano in maniera significativa sul patrimonio aziendale. ARDIA, La responsabilità penale dei sindaci di società di capitali per l'omesso impedimento dei reati degli amministratori, in Dir. pen. e proc., 2002, p. 1260; BERSANI, Reati fallimentari: responsabilità del collegio sindacale, in Fisco, 2013, 31, p. 4789; FIANDACA, voce Omissione, in Dig. disc. pen., vol. III, pp. 547 e seguenti; GRASSO, Il reato omissivo improprio, Milano, 1983, p. 358; PULITANÒ, STELLA, La responsabilità penale dei sindaci di società per azioni, in Riv. trim. dir. pen . econ., 1989, pp. 562 ss. |