È legittima la trasmissione a mezzo Pec della dichiarazione di adesione del difensore all’astensione di categoria
23 Ottobre 2018
Massima
La comunicazione di un'istanza di rinvio per adesione del difensore all'astensione dalle udienze proclamata dai competenti organi rappresentativi di categoria, che costituisce l'esercizio di un diritto (diritto di sciopero) costituzionalmente garantito ex art. 40 Cost., può legittimamente essere trasmessa alla cancelleria del giudice procedente a mezzo di posta elettronica certificata in virtù della specifica disciplina prevista dal vigente codice di autoregolamentazione, in deroga alle disposizioni del codice di procedura penale in materia di deposito degli atti processuali effettuato dalle parti private Il caso
In data 22 maggio 2017 la Corte di appello di Ancona confermava una sentenza di condanna per il reato di guida in stato di ebbrezza aggravato, procedendo al dibattimento in appello in assenza del difensore di fiducia dell'imputato nonostante l'avvocato avesse tempestivamente comunicato alla cancelleria, in data 16 maggio 2017, tramite posta elettronica certificata, la sua adesione all'astensione dalle udienze proclamata dall'Unione delle Camere Penali (con richiesta di rinvio) e la cancelleria avesse regolarmente ricevuto la predetta comunicazione telematica. Avverso la pronuncia di secondo grado il difensore proponeva ricorso per cassazione deducendo l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, con particolare riferimento all'art.178, comma 1, lett. c), c.p.p. in tema di inosservanza di disposizioni concernenti l'intervento, l'assistenza e la rappresentanza dell'imputato in giudizio. La Corte di cassazione decideva nei termini della sentenza in commento. La questione
La questione in esame può essere così sintetizzata: può essere considerata valida, e pertanto essere presa in considerazione, dal giudice un'istanza di rinvio per legittimo impedimento del difensore - motivato dalla sua adesione ad un'astensione dall'attività professionale, proclamata dal competente organo di categoria - trasmessa dall'avvocato alla cancelleria del giudice procedente tramite posta elettronica certificata? Le soluzioni giuridiche
La Corte di cassazione risponde affermativamente al quesito pur senza scalfire la precedente giurisprudenza restrittiva in tema di deposito in cancelleria di atti processuali da parte del difensore e delle altre parti private effettuate mediante posta elettronica certificata. La motivazione addotta per dichiarare la legittimità dell'invio in cancelleria mediante Pec di un'istanza di rinvio per legittimo impedimento per adesione del difensore all'astensione dalle udienze indetta dall'Unione delle Camere Penali si basa, infatti, sul disposto di cui all'art. 3 del codice di autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, approvato nella versione attualmente vigente in data 13 dicembre 2007, il quale, nello specifico, prescrive che: «Nel processo civile, penale, amministrativo e tributario la mancata comparizione dell'avvocato all'udienza o all'atto di indagine preliminare o a qualsiasi altro atto o adempimento per il quale sia prevista la sua presenza, ancorché […] comunicata con atto scritto trasmesso o depositato nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero, oltreché agli altri avvocati costituiti, almeno due giorni prima della data stabilita». La Corte di cassazione ritiene che tale disposizione, sebbene di natura prettamente autoregolamentare, giustifichi l'interpretazione secondo cui la dichiarazione di adesione all'astensione dalle udienze debba considerarsi legittima sia nel caso in cui essa venga materialmente depositata nella cancelleria del giudice o nella segreteria del pubblico ministero sia qualora essa venga dal difensore trasmessa ai predetti uffici mediante qualsiasi mezzo tecnico idoneo ad assicurare la provenienza della comunicazione dal difensore e la ricezione da parte dell'ufficio giudiziario destinatario: tra i mezzi da considerare idonei si può sicuramente far rientrare, viste le sue caratteristiche tecniche, anche la Pec. La Corte, a conforto della sua tesi, richiama il principio espresso negli stessi termini dalle Sezioni unite (cfr. Cass. pen., Sez. unite, 27 marzo 2014, n. 40187) con riferimento alla validità della trasmissione della dichiarazione di adesione all'astensione effettuata a mezzo telefax, principio che era stato elaborato non solo sulla scorta dell'interpretazione letterale dell'art. 3 del codice di autoregolamentazione ma anche in forza di un'interpretazione adeguatrice e sistematica della norma, rispondente all'evoluzione del sistema di comunicazioni e notifiche, oltre che per esigenze di semplificazione e celerità richieste dal principio della ragionevole durata del processo. Secondo i giudici di legittimità, nel caso di specie, la disposizione speciale in tema di trasmissione in cancelleria fornisce l'appiglio giuridico che permette di derogare alle rigorose norme del codice di procedura penale che impongono tassativamente il deposito materiale di qualsiasi atto di parte in cancelleria. Su quest'ultimo passaggio la Corte rimane assolutamente ferma ribadendo il principio consolidato in materia secondo cui nel processo penale alle parti private non è consentito l'uso della Pec quale forma generalizzata di comunicazione, notificazione o per la presentazione di atti quali, istanze, memorie o impugnazioni in quanto l'uso della Pec nel processo penale è previsto soltanto, a partire dal 15 dicembre 2014, per le notificazioni effettuate dalle cancellerie alle persone diverse dall'imputato nelle ipotesi di cui agli artt. 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151, comma 2, c.p.p. (così come previsto dall'art. 16, comma 9, lett. c-bis), d.l. 179/2012). Orientamento che ha trovato una successiva conferma, da parte della stessa sezione, nella sentenza 56392/2017 (cfr. Cass. pen. Sez. II, 23 novembre 2017, n.56392). Osservazioni
La possibilità, nel processo penale, di depositare atti processuali a mezzo posta elettronica certificata in capo al difensore o alle altre parti private, è uno dei temi più frequentemente sottoposti negli ultimi anni al giudizio della Corte di cassazione. Nel caso di specie, la Corte ha sfruttato un esplicito riferimento normativo (il codice di autoregolamentazione) per concedere un'interpretazione evolutiva della materia. Non è la prima volta che i giudici di legittimità utilizzano siffatta logica argomentativa. In un'altra recente sentenza (cfr. Cass. pen., Sez. III, 13 dicembre 2017, n. 14832), infatti, i giudici di legittimità, con riferimento al divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive (cd. DASPO), hanno individuato nell'art. 6, comma 2-bis, l. n. 401/1989 la base giuridica idonea ad avallare la legittimità della trasmissione al Gip di una memoria difensiva a mezzo di posta elettronica certificata proprio perché, come nella fattispecie in esame, tale disposizione non prevede che la facoltà di presentare eventuali memorie o deduzioni al giudice competente debba essere tassativamente esercitata mediante deposito in cancelleria. Analoga apertura si può rinvenire in quel filone giurisprudenziale (cfr. Cass. pen., Sez. II, 11 gennaio 2017, n. 6320) che ritiene valida la notifica di un atto effettuata dal difensore dell'imputato, ai sensi dell'art. 152 c.p.p., tramite posta elettronica certificata, al difensore della persona offesa, in considerazione del tenore letterale del disposto di cui all'art. 152 c.p.p. secondo cui le notificazioni richieste dalle parti private possano essere sostituite dall'invio di copia dell'atto effettuata dal difensore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, mezzo di spedizione a cui la Pec viene equiparata ex lege. A tal proposito pare opportuno ricordare, ancora una volta, che la posta elettronica certificata ha lo stesso valore legale della raccomandata con ricevuta di ritorno in quanto, a differenza di una normale casella di posta elettronica, ha delle caratteristiche di sicurezza e di certificazione della trasmissione che, ai sensi del d.P.R. 68/2005, ne determinano l'equivalenza formale con la raccomandata con avviso di ricevimento. Per completezza di trattazione, va tuttavia sottolineato che la Corte di cassazione non ha, sino ad oggi, mai portato tale interpretazione oltre il limite, considerato invalicabile, delle notificazioni tra parti private, giudicando pertanto sempre inammissibili i depostiti di atti processuali difensivi (ad es. opposizione a decreto penale di condanna, istanza di riesame, atto di appello) in cancelleria a mezzo Pec e ciò nonostante l'art. 583 c.p.p. stabilisca che qualsiasi atto di impugnazione possa essere proposto, oltre che col deposito materiale in segreteria, anche mediante telegramma ovvero con atto da trasmettersi a mezzo raccomandata alla cancelleria (cfr., sul punto, Cass. Pen., Sez. III, 11 luglio 2017, n. 50932; id., Sez. V, 5 marzo 2015, n. 24332). La rigorosa tesi negativa, in tali ipotesi, viene giuridicamente ancorata sul fatto che non esiste nell'ambito dalla disciplina sul processo telematico una disposizione che consenta espressamente nel processo penale (come in quello civile) l'inoltro per via telematica degli atti di parte. F. G. CAPITANI, L'astensione dell'avvocato: un diritto senza se e senza ma, al giudice residua la sola verifica sulle condizioni procedimentali del codice di autodisciplina, in Diritto & Giustizia, fasc. 1, 2014, pag. 32; L. GIORDANO, È possibile trasmettere una memoria via PEC nel processo penale?, 22 maggio 2018; M. A. SENOR, Inammissibile il deposito dell''opposizione a decreto penale di condanna via PEC: la Cassazione non convince, 27 novembre 2017. |