Notifica Pec al difensore anche come domiciliatario dell'imputato: è necessaria la consegna di due copie dell'atto?
22 Agosto 2018
Massima
La consegna mediante posta elettronica certificata al difensore di un'unica copia dell'atto non dà luogo ad alcuna nullità né irregolarità della notificazione anche quando risulta che è stata eseguita al medesimo sia in proprio, sia nella qualità di domiciliatario dell'imputato.
Fonte: ilProcessotelematico.it Il caso
La Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell'esecuzione, accogliendo l'istanza proposta nell'interesse del condannato, rideterminava ai sensi dell'art. 671 c.p.p. la pena a lui complessivamente inflitta. Avverso questa decisione il condannato proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge ed il vizio della motivazione quanto all'individuazione del reato più grave ed alla determinazione del trattamento sanzionatorio per i reati c.d. satelliti. La Suprema Corte dichiarava inammissibile il ricorso, ravvisandone la tardività. L'imputato, ai sensi dell'art. 161 c.p.p., aveva eletto domicilio presso il difensore, il quale aveva ricevuto la comunicazione dell'ordinanza impugnata via Pec in data 27 luglio 2017. La cancelleria, in particolare, aveva proceduto all'invio di una sola e-mail certificata al difensore, provvedendo alla scansione in formato PDF del provvedimento cartaceo originale, sottoscritto e depositato dal Giudice. Avendo impiegato la posta elettronica per realizzare l'adempimento, non era necessario inviare tante copie quanti erano i destinatari dell'atto e, dunque, non occorreva spedire due volte la medesima comunicazione al difensore, una in proprio e un'altra nella qualità di domiciliatario del condannato. Tanto premesso, la Corte rilevava che il ricorso avverso il provvedimento era stato depositato in cancelleria solo il 28 settembre 2017 e, quindi, oltre il termine di quindici giorni dalla comunicazione fissato dall'art. 585, comma 2, lett. b), c.p.p.. Ne conseguiva l'inammissibilità del gravame e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. La questione
Nel caso in cui si provveda alla notificazione per mezzo di posta elettronica certificata di un atto presso il difensore, il quale è anche domiciliatario dell'imputato, l'avvocato deve ricevere due copie del medesimo atto (rispettivamente, una in proprio, per l'esercizio delle facoltà difensive, e una come domiciliatario) ovvero è sufficiente l'invio di un'unica email? Le soluzioni giuridiche
La Corte ha rilevato che, nel caso di specie, la comunicazione dell'ordinanza del Giudice dell'esecuzione era stata effettuata al difensore via PEC, nelle forme consentite dall'art. 148, comma 2-bis, c.p.p., sia in proprio, che nella qualità di domiciliatario del condannato. La Pec, infatti, costituisce un mezzo tecnico idoneo per la notificazione ai sensi della norma appena indicata (Cass. pen., n. 50316/2016). Secondo l'indirizzo accolto dalla giurisprudenza di legittimità, la disposizione di cui all'art. 16, comma 4, d.l.16 ottobre 2012, n. 179, che non permette di utilizzare la Pec per le notificazioni all'imputato, va riferita esclusivamente alle notifiche effettuate direttamente alla persona fisica dello stesso e non a quelle eseguite mediante consegna al difensore seppure nel suo interesse (Cass. pen., n. 16622/2016). Nel caso dell'impiego della posta elettronica certificata, inoltre, la semplice verifica dell'accettazione dal sistema e della ricezione del messaggio di consegna, ad una determinata data e ora, dell'allegato notificato è sufficiente a far ritenere perfezionata e pienamente valida la notifica, senza alcuna necessità di ulteriori verifiche in ordine alla sua effettiva visualizzazione da parte del destinatario (Cass. pen., n. 2431/2016), né della conferma dell'effettivo ricevimento da parte del destinatario (Cass. pen., n. 52517/2016). La mancanza della suddetta attestazione del cancelliere trasmittente, poi, non dà luogo ad alcuna nullità, costituendo una mera irregolarità dell'adempimento (Cass. pen., n. 52517/2016). Ciò premesso, pur in assenza di una specifica deduzione sul punto da parte dell'interessato, la Corte si è chiesta se la cancelleria, nel caso in cui l'imputato abbia eletto domicilio presso l'avvocato, debba inviare due volte al difensore la medesima comunicazione di posta elettronica certificata. Al riguardo, ha rilevato che, con riferimento alla tradizionale notificazione degli atti cartacei, secondo l'indirizzo giurisprudenziale consolidato la consegna al difensore di una sola copia dell'atto da notificare (e non di tante copie, quanti sono i destinatari)determina una mera irregolarità e non è produttiva di nullità, qualora risulti espresso, o sia comunque desumibile dall'atto, che la notificazione stessa è stata eseguita al medesimo sia in proprio, che nella veste di consegnatario (Cass. n. 19277/2017; Cass. pen., n. 50976/2015; Cass. pen., n. 14012/2008). Quando sia esplicitato (o sia aliunde chiaramente desumibile) che l'atto è stato notificato al difensore tanto nella sua veste tecnica, quanto in quella di destinatario dell'atto in sostituzione dell'imputato (cioè di domiciliatario), difatti, la notifica è valida, ancorché effettuata in unica copia, perché sono state raggiunte le sue finalità conoscitive. Quando la notificazione avviene a mezzo di posta elettronica certificata, bisogna tenere conto delle peculiarità dello strumento adoperato. Alla luce di tali peculiarità, nel caso di trasmissione al difensore di un solo atto, deve essere esclusa anche la configurabilità della descritta irregolarità della notificazione. Secondo la Corte, infatti, la necessità di procedere alla consegna al soggetto che riceve l'atto di tante copie quanti sono i destinatari è logicamente incompatibile con l'impiego della posta elettronica certificata per compiere la notificazione perché lo stesso sistema tecnologico consente al destinatario di riprodurre il numero necessario di copie dell'atto ricevuto. Le caratteristiche del mezzo di trasmissione utilizzato permettono al destinatario di duplicare l'atto ricevuto in un numero corrispondente ai destinatari dello stesso. A differenza delle tradizionali modalità di notificazione, del resto, la posta elettronica certificata offre notevoli garanzie per le parti. Essa assicura che il messaggio venga recapitato direttamente al destinatario, non essendo ipotizzabile, per le caratteristiche proprie dell'indirizzo elettronico, la consegna a familiari, a persone addette alla ricezione, al portiere o a terzi. Il destinatario, inoltre, viene individuato in maniera univoca mediante l'indirizzo elettronico esistente nei pubblici registri in associazione al suo codice fiscale, così eliminandosi in radice i rischi di smarrimento dell'atto, di omonimia, di temporanea assenza o di trasferimento dello studio professionale. Osservazioni
Con la decisione in esame la Corte ha precisato che, nel caso in cui il difensore sia anche domiciliatario dell'imputato, ai fini del perfezionamento della notificazione basta l'invio di una sola copia dell'atto e non di tante copie dello stesso, quanti sono i destinatari. La valorizzazione delle potenzialità dello strumento tecnologico impiegato consente di ritenere che il destinatario possa duplicare l'atto ricevuto secondo le effettive necessità di comunicazione. Appare necessario, tuttavia, che la cancelleria che compie l'adempimento precisi che la notificazione al difensore è eseguita anche in proprio e non solo nella qualità di domiciliatario dell'imputato, come è stato precisato anche in tema di notificazione a mezzo PEC da una precedente decisione (Cass. pen., n. 48275/2017). Sul punto, peraltro, la pronuncia in commento sembra adombrare che tale specifica precisazione occorra nel solo caso in cui il difensore non sia a conoscenza dell'elezione di domicilio, essendo stato osservato che, fuori da questa ipotesi, quest'ultimo, «allorquando riceve l'atto in formato elettronico tramite Pec, risulta già a conoscenza della ridetta qualità (cioè della veste di domiciliatario) in ragione del rapporto che intrattiene con il patrocinato, sia esso di fiducia o d'ufficio, sicché deve ritenersi legittimamente eseguita la notificazione anche senza l'invio di più copie quanti sono i destinatari». Con la sentenza illustrata, infine, la Corte ha confermato l'indirizzo secondo cui l'art. 16, comma 4, d. l. 179/2012, prevedendo la possibilità del ricorso alla Pec nel procedimento penale per l'atto indirizzato a persona diversa dall'imputato, intende sottrarre a questa modalità soltanto la notifica effettuata direttamente alla persona fisica dell'imputato. Esulano dal divieto, pertanto, le notifiche eseguite al difensore, ancorché nell'interesse dell'imputato,come quella compiuta, mediante invio al difensore, tramite posta elettronica certificata, dell'atto diretto all'imputato, ai sensi dell'art. 157, comma 8-bis, c.p.p. (Cass. pen., n. 40907/2016) ovvero quella eseguita ex art. 161, comma 4, c.p.p. (Cass. pen., n. 16622/2016). Il divieto di notifica tramite Pec all'imputato contemplato dalla norma citata, dunque, deve interpretarsi in modo restrittivo e considerarsi limitato al solo caso in cui la notifica sia effettuata alla persona fisica dell'imputato. L. Giordano, La notifica all'imputato mediante pec al suo difensore non sostituisce anche quella spettante "in proprio" al difensore stesso, in IlProcessotelematico.it; V. Bove, Notificazioni telematiche nel procedimento penale: Questioni giuridiche e problematiche applicative, in dirittopenalecontemporaneo.it; L. Petrucci, Il tormentato avvio delle notifiche telematiche nel processo penale, in questionegiustizia.it; L. Matarrese, Validità della notifica telematica al difensore e problemi di diritto transitorio, in penalecontemporaneo.it. |