L’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare e la notifica alla persona offesa
27 Luglio 2015
Massima
1. In tema di revoca o sostituzione delle misure cautelari coercitive (diverse dal divieto di espatrio e dall'obbligo di presentazione alla P.G.) applicate nei procedimenti per reati commessi con violenza alla persona, la sanzione di inammissibilità della relativa istanz prevista dall'art. 299, comma 4-bis, c.p.p. qualora la parte richiedente non provveda alla sua contestuale notifica al difensore della persona offesa (o, in mancanza di questo, alla persona offesa) – sanzione operante anche nell'ipotesi, prevista dal predetto comma 4-bis, in cui l'imputato richieda l'applicazione della misura “con modalità meno gravose” – ha la funzione di garantire, anche dopo la chiusura delle indagini preliminari, che la vittima del reato sia adeguatamente informata circa l'evoluzione del regime cautelare in atto e sia quindi messa in condizione di fornire eventuali ulteriori elementi al giudice procedente, attivando un contraddittorio cartolare mediante la presentazione, nei due giorni successivi alla notifica, di una memoria ai sensi dell'art. 121 del codice di rito.
2. Deve essere annullata con rinvio la decisione del tribunale che anziché dichiarare l'inammissibilità della richiesta di revoca della misura cautelare per l'omesso adempimento del contestuale onere informativo nei confronti della persona offesa, come introdotto dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, l'ha accolta senza valutare le eventuali obiezioni e controdeduzioni che la persona offesa avrebbe potuto prospettare nel contraddittorio cartolare. Il caso
Il tribunale di Vasto, con ordinanza emessa in data 9 ottobre 2014, revocava, nei confronti dell'imputato, la misura cautelare ex art. 282-bis c.p.p. dell'allontanamento dalla casa familiare con la prescrizione di non avvicinarsi ai luoghi frequentati abitualmente dalla persona offesa. Avverso tale provvedimento, proponeva ricorso per Cassazione il difensore della costituita parte civile, ex coniuge dell'imputato, lamentando la violazione dell'art. 299, comma 4-bis c.p.p. In particolare, secondo il ricorrente, l'ordinanza di revoca era stata notificata solo in data 13 ottobre 2014, in violazione dell'obbligo di notificare la relativa richiesta di revoca o sostituzione della misura onde consentirle nei due giorni successivi di presentare le proprie osservazioni circa le reiterate violazioni delle prescrizioni cautelari commesse dall'imputato. La questione
La Suprema Corte delinea l'ambito di applicabilità della sanzione per la violazione della previsione in virtù della quale l'imputato, che richieda la revoca o la modifica della misura cautelare applicata per reati commessi con violenza alla persona, deve notificare, a pena di inammissibilità, l'istanza alla persona offesa. Come è noto, con la legge 4 aprile 2001, n. 154 e la legge 23 aprile 2009, n. 38, le tipologie di misure cautelari si sono arricchite di due nuovi ‘‘strumenti'' finalizzati alla tutela della vittima. Infatti, l'art. 282-bis c.p.p. prevede l'allontanamento dalla casa familiare, mentre l'art. 282-ter c.p.p. stabilisce il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. Il legislatore, in un'ottica di maggior rafforzamento delle istanze della persona offesa, con la legge 15 ottobre 2013, n. 119 ha introdotto una obbligatoria forma di interlocuzione con la persona offesa dal reato, individuata quale destinataria della notifica della richiesta di revoca o sostituzione di alcune misure cautelari, a pena di inammissibilità dell'istanza de libertate. Il nuovo testo dell'art. 299, comma 3, c.p.p. prevede che la parte che richiede la modifica dello status cautelare notifichi la relativa richiesta, contestualmente, al difensore della persona offesa e, in mancanza di questo, alla persona offesa. La riconosciuta possibilità di interlocuzione nel merito è garantita sia nella fase delle indagini preliminari sia successivamente alla loro chiusura, ex art. 299, comma 4-bis c.p.p.
Le soluzioni giuridiche
La Suprema Corte, nel ritenere fondato il ricorso, riconosce in capo all'imputato l'onere di notificare la richiesta di modifica della misura cautelare anche quando ne chieda l'applicazione ‘‘con modalità meno gravose'', sia in virtù dell'oggettivo collegamento logico-sistematico tra il primo ed il secondo inciso della disposizione di cui al comma 4-bis dell'art. 299 c.p.p. (“se l'imputato chiede la revoca o la sostituzione con altra meno grave, ovvero la sua applicazione con modalità meno gravose”), ma anche in considerazione della ratio della previsione normativa e della particolare estensione degli oneri informativi stabiliti in favore della vittima di determinate fattispecie incriminatrici dalla normativa europea ed internazionale cui le norme interne hanno inteso dare attuazione. Nel caso in esame, la Suprema Corte censura il modus procedendi del tribunale territoriale, che, anziché dichiarare la inammissibilità dell'istanza, perché non preceduta dalla contestuale notifica alla persona offesa, l'ha accolta senza valutare le eventuali obiezioni che la persona offesa avrebbe potuto sollevare. L'inammissibilità dell'atto introduttivo del sub-procedimento cautelare discende, pertanto, dal mancato adempimento degli oneri informativi direttamente collegati dal legislatore alla formulazione della richiesta di parte, la cui contestuale notificazione presso il difensore della persona offesa – o, in mancanza di questo, alla stessa persona offesa – diviene strumentale non solo alla garanzia di necessaria conoscenza dell'evoluzione dei diversi snodi procedimentali ma anche alla tutela della facoltà di agire della vittima, come conferma la possibilità di presentare, nei due giorni successivi, memorie ai sensi dell'art. 121 c.p.p. (termine, questo, la cui decorrenza impone comunque al giudice di procedere). Osservazioni
Le previsioni introdotte dalle nuove disposizioni sulla violenza di genere, se sul piano testuale non pongono particolari problemi applicativi, sono foriere di alcune ambiguità applicative. Sebbene, ex art. 299, commi 3 e 4-bis, c.p.p. l'obbligo di interpello è previsto sia durante le indagini preliminari sia dopo la loro chiusura, lo stesso è escluso nell'ipotesi in cui la richiesta di revoca sia proposta in sede di interrogatorio di garanzia. La ratio di tale esclusione si rinviene nella volontà del legislatore di non indebolire la principale funzione assolta dall'interrogatorio di garanzia, ovvero consentire al giudice di valutare la permanenza delle condizioni di applicabilità e le esigenze cautelari previste dagli artt. 273, 274 e 275 c.p.p. nonché di adottare immediatamente gli opportuni provvedimenti di revoca o di sostituzione che si rendessero necessari in relazione alle dichiarazioni dell'imputato. Invero, non è chiaro se tali particolari formalità vadano osservate quando la revoca o la sostituzione della misura cautelare sia disposta ex officio nei casi previsti dall'art. 299, comma 3, c.p.p. ovvero, ancora, quando la revoca o la sostituzione della custodia in carcere sia disposta per ragioni di salute. Ne consegue che la presentazione di una istanza di revoca o sostituzione avente ad oggetto una misura coercitiva diversa dal divieto di espatrio e dall'obbligo di presentazione alla polizia emessa nell'ambito di procedimenti concernenti delitti commessi con violenza alla persona, dovrà essere sempre corredata dalla prova dell'avvenuta notifica, che potrà avvenire anche per posta, in uno dei luoghi stabiliti e su di essa il giudice potrà decidere solo decorsi i due giorni successivi alla avvenuta notifica. Perplessità sono state sollevate in dottrina in relazione alla scelta del legislatore di limitare tali prescrizioni ai procedimenti per reati commessi con violenza alle persone. Se, da un lato, esse non vanno eseguite allorquando le misure siano applicate nell'ambito di procedimenti riguardanti reati della stessa indole ma commessi con modalità differenti, come la minaccia, dall'altro, nel cono precettivo della nuova disposizione, sembrano inclusi anche i reati commessi in ambienti diversi da quelli domestico-familiare. Si segnala, altresì, che la decisione in esame segue un altro orientamento secondo cui l'inammissibilità, prevista dall'art. 299, comma 3, c.p.p., come modificato dall'art. 2,d.l. 14 agosto 2013, n. 93, conv. in l. 15 ottobre 2013, n. 119, quale conseguenza della mancata notifica della richiesta di revoca o modifica, a cura della parte richiedente alla persona offesa, è rilevabile d'ufficio e non può essere sanata fino al formarsi del giudicato (Cass. pen., Sez. II, 20 giugno 2014, n. 29045). Il carattere particolarmente incisivo della sanzione processuale si ricava dalla circostanza che, conformemente ai principi generali in materia, nel caso appena citato la Suprema Corte ha annullato senza rinvio sia il provvedimento di revoca della misura sia quello di rigetto dell'appello cautelare, sebbene la causa di inammissibilità dell'istanza non fosse stata dedotta tra i motivi di impugnazione proposti al tribunale della libertà ex art. 310 c.p.p. Guida all'approfondimento
Per una critica al rigore della sanzione: Belluta, Processo penale e violenza di genere: tra pulsioni preventive e maggiore attenzione alla vittima di reato, in Leg. pen., 2014, p. 86 ss.; Potetti, Il nuovo art. 299 c.p.p. dopo il decreto legge n. 93 del 2013, in Cass. pen., 2014, p. 971.
Sul tema: Diddi, Chiaroscuri nella nuova disciplina sulla violenza di genere, in Proc. pen. e giust., 2014, 2, p. 99; Marandola, Nuove norme in tema di violenza di genere: aspetti problematici, in Studium iuris, 2014, p. 527; Ruggero, La tutela processuale della violenza di genere, in Cass. pen, 2014, p. 2352.
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