Udienza preliminare e particolare tenuità del fatto

22 Settembre 2016

Il giudizio, ex art. 442 c.p.p., ha natura di cognizione piena da parte del giudice, sicché egli ben può operare motivata scelta tra due possibili soluzioni; viceversa, nel giudizio in sede d'udienza preliminare, non è consentito al Gup la scelta di una delle due tesi portate avanti dalle parti.
Massima

Il giudizio, ex art. 442 c.p.p., ha natura di cognizione piena da parte del giudice, sicché egli ben può operare motivata scelta tra due possibili soluzioni; viceversa, stante la natura delibativa – ai soli fini della necessità dell'esame dibattimentale – del giudizio in sede d'udienza preliminare, non è consentito al Gup la scelta di una delle due tesi portate avanti dalle parti senza l'istruttoria dibattimentale mediante un giudizio complesso ed approfondito (Nella specie, il Gup trentino preferiva definire il procedimento con l'applicazione della causa di non punibilità, certamente configurabile, siccome consentito dal disposto, exart. 425 c.p.p.).

Il caso

Il Gup presso il tribunale di Trento con la sentenza impugnata, resa a sensi dell'art. 425 c.p.p. il 4-9 giugno 2015, ha prosciolto il F., ed altri soggetti non impugnanti, dall'imputazione di diffamazione a mezzo stampa in danno di G.L., costituitosi parte civile. Il Gup di Trento aveva esaminato la questione afferente l'imputazione e ritenuto l'inutilità del dibattimento in presenza certa dell'applicabilità della causa di non punibilità, ex art. 131-bis c.p.

Avverso la sentenza resa dal Gup ha proposto ricorso per cassazione personalmente il solo F. rilevando i seguenti vizi di legittimità:

  • violazione di legge in quanto il giudice trentino aveva applicato l'art. 131-bis c.p. benché tale possibilità non fosse prevista dalla legge in sede di udienza preliminare;
  • vizio di motivazione in quanto il primo giudice aveva esaminato il merito dell'imputazione e precisato che vi erano ragioni che imponevano l'assoluzione degli imputati ma non solo non aveva provveduto a tale declaratoria ma applicava causa escludente la punibilità.

La Corte di cassazione rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La questione

L'istituto della particolare tenuità del fatto, di recente introdotto con il d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 ed entrato in vigore il successivo 2 aprile, si innesta nell'ambito di una sequela di interventi normativi che hanno una chiara finalità di deflazione del carico giudiziario. L'art. 1, comma 1, lett. m), della l. 17 aprile 2014, n. 67 in materia di pene detentive non carcerarie e di depenalizzazione, aveva infatti conferito la delega al Governo per escludere la punibilità di condotte sanzionate con la sola pena pecuniaria o con pene detentive non superiori nel massimo a cinque anni, quando risulti la particolare tenuità dell'offesa e la non abitualità del comportamento, senza pregiudizio per l'esercizio dell'azione civile per il risarcimento del danno e adeguando la relativa normativa processuale penale. Con ciò si intende agevolare la fuoriuscita dal sistema giudiziario di condotte che, pur integrando gli estremi del fatto tipico, antigiuridico e colpevole, appaiono non meritevoli di pena in ragione dei principi generalissimi di proporzione e di economia processuale. La questione affrontata con la pronuncia de quo concerne dunque la possibilità per il giudice dell'udienza preliminare di emettere pronunzia di proscioglimento quando ritenga d'applicare la causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p.
La parte impugnante osservava nel ricorso come ciò non sia consentito dal d.lgs. 28/2015, in quanto risultano interpolate, con l'inserzione del cenno alla nuova causa di non punibilità, esclusivamente le norme attinenti la richiesta d'archiviazione e la sentenza predibattimentale e non anche l'art. 425 c.p.p. Ebbene secondo il ricorrente l'applicazione della scriminate in sede d'udienza preliminare non è consentita, anche perché la causa di non punibilità presuppone l'accertamento della sussistenza del fatto-reato imputato, che semplicemente non merita d'esser punito penalmente per la sua tenuità. Di contro, la Corte nella propria pronuncia evidenzia come la ricostruzione dogmatica operata dall'impugnante non sia corretta poiché fattualmente errata l'osservazione che la mancata interpolazione anche dell'art. 425 c.p.p. indichi come il Legislatore non abbia voluto render possibile l'applicazione della nuova causa di non punibilità anche in sede d'udienza preliminare. Secondo la Cassazione detto intervento interpolativo della norma non è necessario in relazione alla disposizione in art. 425 c.p.p. per la semplice ragione che in detta norma è espressamente già prevista la possibilità per il giudice di pronunziare sentenza di non doversi procedere anche quando l'imputato è persona non punibile per qualsiasi causa. Ebbene, secondo il giudice di legittimità, introducendo l'art. 131-bis c.p. nell'ordinamento una speciale causa di non punibilità, la stessa rientra ex se nell'ampia previsione di applicabilità di detto istituto giuridico in sede di udienza preliminare. Per tale ragione il legislatore ha sempre riconosciuta al Gup la facoltà di procedere al proscioglimento anche della persona non punibile, poiché anche in tal ipotesi lo svolgimento del dibattimento si rivela inutile. Consegue a detta scelta deflazionistica che la sentenza di proscioglimento, ex art. 425 c.p.p., non assume nei procedimenti civili ed amministrativi efficacia di cosa giudicata ai sensi del chiaro disposto ex artt. 651 e 651-bis c.p.p. proprio perché non tesa all'accertamento effettivo della sussistenza del fatto reato. Nella sentenza in commento la Cassazione afferma come la natura e funzione dell'udienza preliminare - come per altro sottolineato dal Giudice trentino - lumeggia l'infondatezza del denunziato vizio di motivazione, individuato secondo il ricorrente nell'aver il G.U.P. osservato come la condotta degli imputati non avesse natura diffamatoria, ma non prosciolti per tale ragione, solo perché non richiesto il giudizio abbreviato. Difatti, la suprema Corte nella sentenza citata afferma come il giudizio, ex art. 442 c.p.p., ha natura di cognizione piena da parte del giudice, sicché ben può operare motivata scelta tra due possibili soluzioni; viceversa, stante la natura delibativa – ai soli fini della necessità dell'esame dibattimentale – del giudizio in sede d'udienza preliminare, non è consentito al Gup la scelta di una delle due tesi portate avanti dalle parti senza l'istruttoria dibattimentale – Cass. pen., Sez. II, n. 46145 del 5 novembre 2015 – mediante un giudizio complesso ed approfondito. Dunque, la Cassazione sottolinea come il giudice di prime cure, non già, affermava siccome indubbio che la tesi difensiva fosse fondata, bensì come la stessa fosse preferibile alla contrapposta tesi della parte civile ad esito di un giudizio di natura piena e non già solamente delibativa, come quello proprio in sede di udienza preliminare, teso solo a verificare l'opportunità di procedere al giudizio dibattimentale. In tale ambito il Gup trentino, secondo la Corte, ha correttamente preferito definire il procedimento con l'applicazione della causa di non punibilità, certamente configurabile, siccome consentito dal disposto ex art. 425 c.p.p.

Le soluzioni giuridiche

È stato ribadito il seguente principio di interpretazione sistematica: introducendo con l'art. 131-bis c.p. nell'ordinamento una speciale causa di non punibilità, la stessa rientra ex se nell'ampia previsione di applicabilità in sede di udienza preliminare. Per tale ragione il legislatore ha sempre riconosciuta al Gup la facoltà di procedere al proscioglimento anche della persona non punibile, nelle ipotesi in lo cui svolgimento del dibattimento si riveli inutile.

Osservazioni

Nonostante gli interventi normativi sul codice di rito abbiano interessato, oltre alla disciplina sull'archiviazione, anche quella sulla sentenza di proscioglimento predibattimentale, non vi è dubbio che il raggio applicativo della tenuità del fatto sia molto più ampio, potendo operare sia nella fase dell'udienza preliminare ex art. 425. c.p.p. – e dell'eventuale rito abbreviato che qui si innesti – sia in quella propriamente dibattimentale. In sede di udienza preliminare, infatti, il giudice, dotato di una piena conoscenza dei fatti per i quali si è instaurato il processo, potrebbe emettere una sentenza di non luogo a procedere per tenuità del fatto, attraverso la formula persona non punibile per qualsiasi causa, avverso la quale sarà proponibile soltanto ricorso per cassazione ex art. 428 c.p.p., in tutti i casi nei quali non vi sia la possibilità che il dibattimento possa pervenire ad una diversa soluzione. Ebbene, l'accertamento che questo tipo di pronuncia dà luogo ad una anticipata verifica della colpevolezza dell'imputato che mal si concilia con il ruolo del giudice dell'udienza preliminare. Di contro, consente all'istituto di realizzare l'istanza politico-criminale ad esso sottesa. Una conferma alla possibilità di emettere questo tipo di decisione anche all'esito del dibattimento si ricava dalla disciplina espressamente dettata sull'efficacia extra-penale della sentenza che abbia dichiarato la tenuità del fatto a seguito di dibattimento (art. 651-bis c.p.p.). La disciplina in tema di proscioglimento predibattimentale per tenuità del fatto, però, si presenta lacunosa e sembra offrire una tutela più apparente che reale alla persona offesa. Invero, si prevede, che la sentenza è pronunciata «previa audizione anche in camera di consiglio della persona offesa, se compare». A tal riguardo è necessario quindi che la persona offesa sia posta nelle condizioni di scegliere se comparire e, di conseguenza, occorre notificarle l'avviso di fissazione dell'udienza in camera di consiglio, ex art. 127 c.p.p., con l'indicazione che si procederà ai sensi del nuovo art. 469, comma 1-bis c.p.p. La mancanza di un avviso potrebbe schiudere la strada alla proposizione di ricorsi per cassazione avverso la sentenza di proscioglimento, per violazione del principio del contraddittorio. In questa sede non viene riconosciuta alcuna facoltà alla persona offesa di opporsi alla pronuncia dell'eventuale sentenza di tenuità del fatto; la sua “audizione” appare piuttosto funzionale ad integrare il patrimonio di conoscenze di cui dispone il giudice, ma non legittima, in assenza di un'espressa previsione normativa, l'esercizio di un potere di veto. Quanto, invece, all'imputato non vi è dubbio sulla necessità di integrare la scarna disciplina ivi prevista con quella dettata dal comma 1 dello stesso art. 469 c.p.p. che subordina la sentenza alla mancata opposizione appunto dell'imputato (e del pubblico ministero).

Guida all'approfondimento

AMOROSO, La nuova disciplina della particolare tenuità del fatto: primi quesiti applicativi, in altalex.

Cfr., in senso conforme, Cass. pen., Sez. II, 5 novembre 2015, n. 46145.

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