Contestazione di circostanza aggravante in corso di dibattimento e richiesta di giudizio abbreviato

16 Settembre 2015

Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui, nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione.
Massima

Va dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'art. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui, nel caso di contestazione di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al reato oggetto della nuova contestazione.

Non è fondata la questione di legittimità costituzionale del medesimo art. 517 del codice di procedura penale nella parte in cui, nel caso di contestazione di un reato concorrente o di circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell'esercizio dell'azione penale, non prevede la facoltà dell'imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato anche in relazione ai reati diversi da quello che forma oggetto della nuova contestazione

Il caso

La Corte Costituzionale è stata chiamata a decidere in merito a due distinte, ancorchè parzialmente coincidenti, questioni: la prima, sollevata dal Tribunale di Lecce, riguardava la presunta incompatibilità coi principi costituzionali dell'art. 517 c.p.p., laddove non prevede che quando nel corso del dibattimento viene contestata una circostanza aggravante già risultante dagli atti d'indagine l'imputato possa chiedere di definire il processo mediante rito abbreviato, nonché del medesimo art. 517 c.p.p., laddove non prevede che quando nel corso del dibattimento viene contestata una circostanza aggravante o un reato concorrente già risultante dagli atti d'indagine, l'imputato possa chiedere il giudizio abbreviato anche in merito alle imputazioni non interessate dalla modifica. Nel caso di specie, ad una persona imputata del reato continuato di violenza sessuale in danno della figlia della sua convivente era stata contestata in corso di dibattimento la circostanza aggravante prevista dall'art. 609-ter c.p., anticipando la data delle commesse violenze sessuali ad un periodo nel quale la vittima era minore di quattordici anni; nel contempo, era stato contestato il delitto previsto dall'art. 609-quater (atti sessuali con minorenne) in relazione al periodo nel quale la minore aveva compiuto gli anni quattordici ma conviveva con lui. Le nuove contestazioni si basavano su dichiarazioni rese dalla persona offesa in corso di incidente probatorio e, dunque, su elementi già contenuti negli atti d'indagine. L'imputato aveva chiesto che il processo venisse trattato con rito abbreviato per tutte le imputazioni e, in subordine, per le sole nuove contestazioni, ricordando i precedenti della Corte Costituzionale che avevano esteso tale facoltà alla contestazione di un fatto diverso e di un reato concorrente (Corte cost. 333/2009) e quello, più risalente, che consentiva di richiedere l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. in ipotesi di contestazione “patologica” di fatto diverso o reato concorrente.

La seconda questione è stata sollevata dal Tribunale di Padova, che ha dubitato della legittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p. in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui non prevede la facoltà di richiedere la definizione del procedimento con rito abbreviato nel caso di contestazione tardiva o “patologica” di una circostanza aggravante. La questione riguardava in questo caso una persona accusata di cessione continuata di sostanze stupefacenti alla quale era stata contestata l'aggravante della consegna di stupefacente a persona di minore età, che già emergeva dagli atti d'indagine.

In entrambi i casi, i rimettenti hanno sottolineato l'irragionevole disparità di trattamento che l'imputato finirebbe per subire a seguito dell'errore o dell'omissione della pubblica accusa che abbia determinato un anomalo ritardo nella contestazione dell'aggravante.

La questione

La questione in esame può essere sintetizzata nel modo che segue: l'art. 517 c.p.p. consente la contestazione durante il dibattimento di una circostanza aggravante o di un reato concorrente che non siano menzionati nel decreto che dispone il giudizio, qualora questi emergano “nel corso dell'istruzione dibattimentale” (nuova contestazione tempestiva o “fisiologica”). La giurisprudenza ritiene, però, che la nuova contestazione possa precedere l'inizio dell'istruttoria dibattimentale e, dunque, essere effettuata sulla base del materiale istruttorio già presente nel fascicolo del P.M. (Cass. Sez. V, 3 novembre 2014, n. 18759; Cass. Sez. V, 5 novembre 2014, n. 51248; Cass. Sez. Un., 28 ottobre 1998, n. 4): si parla, in tal caso, di contestazione "tardiva" o "patologica".

Nell'uno come nell'altro caso, la contestazione avverrà quando sono ormai decorsi i termini per la richiesta di riti alternativi, ma il codice di procedura penale non contiene alcuna previsione che consenta di superare tale preclusione coordinando le contestazioni suppletive col regime dei procedimenti speciali.

L'imputato che subisca una nuova contestazione, quindi, si vedrà ingiustamente privato del diritto di optare per un rito premiale anche quando questo avvenga per errore od omissione attribuibile alla controparte processuale, come nel caso di nuova contestazione “patologica”.

Nel caso in esame, la Corte costituzionale è stata chiamata a verificare la tenuta costituzionale di tale assetto in relazione alla contestazione di una circostanza aggravante che risultasse già dagli atti d'indagine rispetto all'eventuale richiesta di rito abbreviato.

È stata inoltre chiamata a decidere se sia costituzionalmente legittimo negare all'imputato la scelta per un rito alternativo anche in riferimento alle originarie imputazioni, che non siano state interessate della nuova contestazione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte Costituzionale inquadra le questioni sollevate nell'ampia problematica della preclusione all'accesso ai riti alternativi conseguente alle nuove contestazioni dibattimentali e sottolinea che le doglianze dei rimettenti attengono alla possibilità di richiedere il giudizio abbreviato in presenza di contestazioni suppletive “tardive”: tali “patologiche”contestazioni, ricorda la Corte, sono ritenute ammissibili da una consolidata giurisprudenza di legittimità che, evidentemente, si ritiene non suscettibile di critica.

In questa materia, la Corte è intervenuta con la sentenza n. 265 del 1994 dichiarando l'illegittimità degli artt. 516 e 517 del c.p.p. nella parte in cui non consentivano di richiedere l'applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. per il fatto diverso o il reato concorrente oggetto di nuova contestazione tardiva. Tuttavia, in quel caso, non vi era stata pronuncia relativamente all'eventuale contestazione d'una circostanza aggravante in quanto la questione non era stata devoluta all'esame della Corte. La lacuna e stata però colmata con la successiva sentenza n. 184 del 2014 dove tra l'altro si afferma che anche la contestazione di un'aggravante può determinare una significativa variazione del quadro processuale, sia riguardo l'entità della sanzione che per lo stesso regime di procedibilità del reato.

La sentenza ricorda, ancora, che la decisione n. 333 del 2009 aveva esteso le considerazioni svolte nella sentenza 265/94 alla richiesta di giudizio abbreviato, consapevolmente superando una precedente declaratoria di inammissibilità in ragione delle modifiche alla disciplina del rito speciale medio tempore intervenute.

Ne consegue, in termini di assoluta evidenza, l'esigenza costituzionale di riconoscere all'imputato il diritto di richiedere il giudizio abbreviato anche nell'ipotesi di contestazione tardiva di una circostanza aggravante, colmando l'ultima fattispecie rimasta esclusa dopo la sentenza 333 del 2009: anche in questo caso, infatti, si ha violazione del diritto di difesa connesso all'impossibilità di valutare la convenienza del rito alternativo a fronte di una sostanziale modifica dell'imputazione, nonché irragionevole sperequazione di trattamento in confronto alle facoltà riconosciute all'imputato dopo la sentenza n. 333 del 2009 (richiesta di abbreviato per fatto diverso o reato concorrente) e 184 del 2014 (richiesta di patteggiamento per circostanza aggravante).

A diversa conclusione la Corte perviene in merito all'ulteriore quesito posto dal Tribunale di Lecce: l'art. 517 c.p.p. non può ritenersi illegittimo laddove non prevede un meccanismo di recupero della facoltà di richiedere il giudizio abbreviato per le imputazioni originarie che non siano interessate dalla nuova contestazione.

Invero, il giudice remittente aveva sottolineato che il pacifico orientamento della giurisprudenza di legittimità esclude che possa essere presentata una richiesta di giudizio abbreviato parziale, ovvero soltanto per alcune delle delle imputazioni, con la conseguenza che l'imputato potrebbe richiedere il giudizio abbreviato per le nuove contestazioni solo quando è ancora possibile estendere la richieste alle altre imputazioni; inoltre, la facoltà di richiedere il giudizio abbreviato in termini allargati sarebbe costituzionalmente imposta dagli artt. 3 e 24 Cost. in considerazione della necessità di salvaguardare ogni utile scelta difensiva rispetto al quadro complessivo del processo.

Tali argomenti non vengono, però, ritenuti decisivi: richiamando le proprie decisioni del 2009 e del 2014, la Corte sottolinea che l'indirizzo che richiede l'unicità di opzione processuale nei processi con imputazioni plurime vale per l'ipotesi in cui l'azione sia esercitata nei modi ordinari, ma non si estende necessariamente all'ipotesi di nuove contestazioni. In questo caso, mentre appare necessario restituire all'imputato le piene facoltà difensive in merito alla contestazione suppletiva, non è ipotizzabile che il recupero si estenda alle contestazioni originarie per le quali è stato lasciato spirare il termine per introdurre la richiesta. Diversamente argomentando, l'imputato che si veda contestare un reato concorrente di minimo impatto sanzionatorio potrebbe recuperare gli effetti premiali in riferimento alla complessiva contestazione, facendo perdere qualunque giustificazione allo sconto di pena connesso alla scelta sul rito; esso, addirittura, si troverebbe in posizione privilegiata potendo optare per una richiesta di giudizio abbreviato parziale oppure su tutte le imputazioni.

Osservazioni

Se la prima parte della sentenza può avere importanti ricadute pratiche, la seconda parte, ovvero la declaratoria d'infondatezza relativamente ad un recupero globale del diritto di richiedere la definizione del processo mediante rito abbreviato, era meno prevedibile e stimola, di conseguenza, alcune riflessioni critiche.

La decisione additiva, con l'estensione al binomio nuova aggravante-rito abbreviato delle facoltà difensive in ipotesi di nuova contestazione patologica, rappresenta, infatti, un naturale completamento del quadro venutosi a delineare con le decisioni 265/1994, 333/2009 e 184/2014. Si tratta di un arresto che era ampiamente atteso e che ha finalmente completato il quadro delle scelte sul rito in ipotesi di nuove contestazioni tardive: che si tratti di fatto diverso, reato concorrente o circostanza aggravante, l'imputato potrà oggi optare per un patteggiamento ovvero per una richiesta di rito abbreviato.

Per contro, in merito alla contestazione suppletiva di un fatto nuovo, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata un'analoga questione sottolineando che in questo caso la nuova contestazione è condizionata dal consenso dell'imputato che anticipa, di conseguenza, le proprie scelte a tale momento (Corte cost. ord. 146 del 23 maggio 1997).

In questo quadro d'insieme, è comprensibile che il meccanismo ridefinito dal giudice delle leggi possa ingenerare qualche perplessità, in specie nel caso limite in cui la contestazione della circostanza aggravante intervenga a processo, ed istruttoria, ormai conclusi: in tal caso l'effetto premiale connesso al rito pare non trovare più giustificazione nel risparmio di attività processuale. Proprio la Corte Costituzionale ha, tuttavia, ricordato che l'accesso al rito alternativo è comunque idoneo a produrre un effetto di economia processuale, quanto meno eliminando la necessità del supplemento d'istruttoria che potrebbe essere richiesto ai sensi dell'art. 519 c.p.p. (Corte cost., sentenza n. 273/2014). Ne' si può dimenticare che, in detta ipotesi, il ritardo nella contestazione da parte del PM si porrebbe al massimo grado della “patologia” definita tale dalla stessa Corte Costituzionale e sarebbe comunque ingiusto che le conseguenze di un atteggiamento colpevolmente omissivo ricadano sull'imputato.

Del resto, nella giurisprudenza della Corte, il diritto di difesa dell'imputato si è progressivamente affermato quale valore primario e preminente rispetto agli obbiettivi di deflazione e rapida definizione dei processi:in questa prospettiva si inseriscono le decisioni che hanno portato ad estendere la possibilità di richiedere il rito abbreviato anche in ipotesi di contestazione fisiologica di fatto diverso o reato concorrente (Corte Cost., sentenze 237/2012 e 273/2014).

Che, poi, la scelta in ordine ad un eventuale rito alternativo rappresenti un punto qualificante delle facoltà difensive, è concetto più volte ribadito dalla Corte Costituzionale e chiaramente esplicitato nelle stessa sentenza 237/2012: si legge, in quella decisione, che la “condizione primaria per l'esercizio del diritto di difesa è che l'imputato abbia ben chiari i termini dell'accusa mossa nei suoi confronti”, e ciò con particolare riguardo “alla scelta di valersi del giudizio abbreviato” che “è certamente una delle più delicate fra quelle tramite le quali si esplicano le facoltà defensionali”.

Se tali erano le premesse in merito alla centralità del diritto di difesa nel suo concreto dispiegarsi rispetto alle scelte sul rito, è lecito affermare che la seconda parte della decisione in commento lascia più d'una perplessità: l'assoluta chiarezza dell'accusa, richiamata dalla Corte quale pre-condizione per operare la delicata scelta in ordine al rito abbreviato, non può, infatti, che riferirsi alla sua finale formulazione. Se, dunque, l'accusa si completa e definisce in un momento successivo all'apertura del dibattimento, è a quell'istante che devono essere ricondotte le scelte consapevoli della difesa: in questa prospettiva, non è affatto illogico che l'imputato recuperi il diritto a formulare richiesta di giudizio abbreviato anche per le contestazioni per le quali abbia “consapevolmente lasciato spirare il termine di proposizione della richiesta”, dacchè la contestazione d'una circostanza aggravante e, più ancora, d'un reato concorrente può modificare sensibilmente la base di valutazione che ha originariamente suggerito di tralasciare tale opzione.

Poco rileva, in quest'ottica, che la contestazione suppletiva di un reato concorrente possa riguardare un fatto di rilievo marginale rispetto all'imputazione originale, posto che la chiarezza e la completezza dell'imputazione prescinde dalla maggiore o minore gravità dei singoli reati contestati e, comunque, è ragionevole ritenere che la lesione del diritto di difesa dell'imputato debba misurarsi sulla peggiore delle ipotesi possibili.

Non si trascuri, inoltre, che la Corte Costituzionale ha giudicato nell'ipotesi di nuove contestazioni “patologiche”, ovvero nel caso in cui l'impossibilità di compiere una sola scelta in merito al rito abbreviato, tempestiva e consapevole, è stata interdetta all'imputato dalla più o meno consapevole omissione della pubblica accusa.

In ultimo, non sembra che il recupero globale dell'opzione sul rito privi di razionale giustificazione il conseguente sconto di pena: la riconduzione dell'intero tema di decisione ad un solo rito corrisponde, comunque, ad un'esigenza di razionalità e speditezza del processo; ma, soprattutto, il bilanciamento dei valori in gioco è già stato chiaramente risolto dalla stessa Corte Costituzionale: “l'esigenza della “corrispettività” tra riduzione di pena e deflazione processuale non può prendere il sopravvento sul principio di eguaglianza né tantomeno sul diritto di difesa” (Corte cost., sentenza n. 273/2014).

Salvo improbabili interventi del legislatore, è dunque possibile ipotizzare che la Corte Costituzionale venga nuovamente chiamata ad affrontare la questione delle scelte sul rito comunque limitate da contestazioni tardive o patologiche.

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