Evasione Iva lieve, interessi finanziari dell'Unione e prescrizione ordinaria

Corrado Sanvito
12 Aprile 2017

In tema di frodi dell'interesse finanziario dell'Unione, le condotte evasive dell'Iva dell'ordinamento italiano possono essere connotate di frode pur in assenza di previsione espressa, nella norma sanzionatoria di riferimento, del requisito della fraudolenza ...
Massima

In tema di frodi dell'interesse finanziario dell'Unione, le condotte evasive dell'Iva dell'ordinamento italiano possono essere connotate di frode pur in assenza di previsione espressa, nella norma sanzionatoria di riferimento, del requisito della fraudolenza: così, anche la violazione degli articoli 5, 8 e 10 ter d.lgs. 74/2000, possono essere connotate quale frodi gravi all'interesse finanziario dell'Unione, che l'articolo 325 T.F.Ue tutela. L'articolo 133 c.p. è un parametro oggettivo d'individuazione del requisito della gravità della frode per cui il giudice nazionale operi la non applicazione della prescrizione, come dispone la sentenza Taricco della Corte di giustizia Ue.

Il caso

Il presidente di una società no-profit non presentava le dichiarazioni redditi e Iva per le annualità dal 2006 al 2010. Il tribunale lo condannava per omessa presentazione ex articolo 5 d.lgs. 74/2000 anche con riferimento alla dichiarazione Iva assumendo provata la circostanza che l'attività svolta ha effettiva natura commerciale.

La Corte d'appello dichiarava l'estinzione del reato di omessa presentazione dei redditi relativamente all'annualità 2006; non anche per la dichiarazione Iva della medesima annualità, trattandosi di frode di grave dimensioni con conseguente prolungabilità dei termini secondo i principi affermati dalla sentenza Taricco della Corte di giustizia Ue (principi che sono di diretta immediata applicazione nello Stato membro, quanto statuizioni risultanti dalle sentenze interpretative, della Corte di giustizia, delle norme del T.F.Ue, trattato cui la legge nazionale 130/2008, articolo 2, ordina l'esecuzione nell'ordinamento italiano; si ricorda la sentenza n. 113/1985).

Avverso questa sentenza proponeva ricorso principale il presidente della società no-profit.

Nel motivi del ricorso.

Con un primo motivo lamenta la violazione dell'art. 157 c.p. […] non essendo, quanto all'Iva, possibile applicare il prolungamento del termine di prescrizione giacché nella specie, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, non si verserebbe in ipotesi di frode di gravi dimensioni con conseguente non prolungabilità del termini secondo i principi affermati dalla sentenza Taricco della Corte di giustizia Ue.

La questione

La questione in esame trova presupposto nella lettura interpretativa della Corte di giustizia Ue, dell'articolo 325 T.F.Ue, che impone, agli Stati membri, di combattere la frode lesiva degli interessi finanziari dell'Unione adottando misure dissuasive e tali da permetterne una protezione efficace, con riferimento alle ipotesi nazionali di evasione Iva. La questione si articola nei seguenti quesiti: quando, per il giudice nazionale, una condotta d'evasione possa connotarsi di frode, dunque quando possa dirsi tale da impedire in un numero considerevole di casi di infliggere sanzioni effettive e dissuasive e quindi quando sia grave.

Le soluzioni giuridiche

Un numero considerevole di frodi gravi, a danno degli interessi finanziari dell'Unione, è espressione letterale della Corte di giustizia Ue, presupposto di lettura nomofilattica della suprema Corte di cassazione in commento.

Per inciso, nota a proposito è la vicenda giudiziaria, che vede oggi disposto, dalla Corte costituzionale, il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia Ue quanto al possibile conflitto con i principi supremi dell'ordine costituzionale; questione, quindi, ancora in attesa di definizione.

Peraltro, che cosa intenda dire la Corte di giustizia, con l'espressione un numero considerevole di frodi gravi è considerazione da anteporre all'analisi della sentenza in commento; di seguito, quindi, un breve cenno di nota quanto alle previsioni della sentenza c.d. Taricco (grande sezione, con provvedimento del 8 settembre 2015, nella causa c – 105/1).

Quanto al concetto di frode, il riferimento corre alla nozione prevista dall'art. 1 della Convenzione Pif, per cui s'intende qualsiasi azione od omissione intenzionale, relativa [...] all'utilizzo o alla presentazione di dichiarazioni o documenti falsi, inesatti o incompleti cui consegua la diminuzione illegittima di risorse del bilancio generale dell'Unione [...] Tale nozione include, di conseguenza, le entrate provenienti dall'applicazione di un'aliquota uniforme agli imponibili Iva armonizzati determinati secondo regole dell'Unione.

L'espressione di numero considerevole di frodi gravi trova ragione parametrato al numero considerevole di casi in cui, se applicata la norma nazionale (nello specifico la prescrizione), si avrebbe impunità penale.

Quanto alla gravità della frode, l'espressione rimane priva di qualificazione. La sentenza Taricco non chiarisce il concetto di gravità; assume peraltro essere un caso di frode grave degli interessi finanziari dell'Unione, l'ipotesi di costituzione di associazione per delinquere allo scopo di commettere delitti in materia di frode Iva, e una frode nella medesima materia per vari milioni di euro (il caso nazionale occasione di rinvio alla Corte di Giustizia dell'Unione). Certamente, comunque, parrebbe oltremodo una frode che per importanza meriti sanzioni penali effettive e dissuasive che siano, se grave, privative della libertà; così come pare voglia dire il riferimento, effettuato dalla sentenza Taricco, all'art. 2, paragrafo 1, della Convenzione Pif (laddove prevede che gli Stati membri debbano adottare sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive che comprendano, almeno nei casi di frode grave, pene privative della libertà.).

Terminato il breve cenno di nota, si venga, ora, alla lettura interpretativa della suprema Corte nazionale.

Circa il concetto di frode espresso dalla Corte di giustizia Ue quanto alle ipotesi di evasione fiscale Iva, e dunque alla sua qualificazione, la connotazione di fraudolenza espressa nella descrizione della norma penale (come gli articoli 2, 3 e 11 d.lgs. 74/2000) non è determinante; la connotazione positiva di fraudolenza induce tipicità della fattispecie, mentre la caratterizzazione di frode è un dato che emerge dalle singole condotte pur astrattamente ascrivibili alla tipicità di fattispecie penali prive del requisito espresso della fraudolenza.

Ipotesi di reato riconducibili alle fattispecie di cui agli articoli 5, 8 e 10-ter d.lgs. 74/2000, che per complessità ed articolazione siano espressive di modalità truffaldina dell'operazione, saranno connotate da frode.

Così, l'ipotesi concreta sottesa alla questione proposta, l'artificiosa attribuzione al Circolo in oggetto, da parte della Statuto dell'associazione, di finalità di tipo sportivo-ricreativo in contrasto con l'effettiva attività di somministrazione al pubblico di bevande alcooliche e analcoliche e di locale per intrattenimento notturno, connota di frode l'omessa presentazione della dichiarazione Iva per più anni d'imposta.

Il presupposto del numero considerevole di casi di frode grave, assurge a rilevanza tanto quanto, con riferimento al singolo caso concreto, possa essere integrato anche da una frode, anche una sola, peraltro di rilevantissima gravità. Ancora, dunque, un riferimento al dato concreto e non astratto, quale sarebbe potuto essere quello del riferimento all'integralità dei procedimenti pendenti dinanzi alle autorità giudiziarie italiane.

La suprema Corte ha poi ricordato l'art. 133 c.p. (Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena) quale presupposto, normativo, cui parametrare la gravità della frode nell'ordinamento italiano.

Il più obiettivo parametro oggettivo” sarà dunque rappresentato dal complesso di criteri che così il comma primo enuclea:

natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell'azione;

gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; intensità del dolo o dal grado della colpa.

Il danno, dunque, se non di rilevantissima gravità, per essere qualificato grave dovrà essere quantomeno connotato dagli altri elementi quali, in particolare l'organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l'utilizzazione di cartiere o società schermi, l'interposizione di una pluralità di soggetti, l'esistenza di un contesto associativo.

Quanto poi all'ammontare del danno e dunque dell'imposta evasa, nelle ipotesi caratterizzate da soglie di punibilità, il limite, quale soglia d'assenza di offensività previsto dallo stesso Legislatore, varrà come indice quantitativo d'assenza di gravità della frode; oltre il limite e solo oltre il limite, dunque, potrà esprimersi il giudizio di gravità con riferimento all'indice quantitativo dell'imposta evasa.

Così, di fatto, assume la sentenza in esame, un'evasione pari a euro 141 mila euro, data la soglia di punibilità di 50 mila euro, con indice quantitativo di gravità pari alla differenza, 91 mila euro, a fronte di fattispecie nella quale non si rilevano condotte denotanti una spiccata capacità criminale o una particolare organizzazione di mezzi o la partecipazione di più soggetti o l'interposizione fittizia di più società nelle singole operazioni non realizza in concreto il requisito della gravità della frode.

Osservazioni

Il penalista che, quanto all'Iva e alla sua evasione, prospetti e confidi in una soluzione giudiziale di prescrizione del reato, ben farà a considerare l'enunciato della Suprema Corte in commento; relativamente i concetti di frode, numero considerevole di casi, e gravità della frode, proprio ai fini dell'operare della prescrizione. Il giudice nazionale, infatti, disponendo in esito al dettato giurisprudenziale in commento, dovrà derogare al sistema della prescrizione, così come già previsto dall'ultima proposizione dell'ultimo comma dell'articolo 160 c.p. quanto ai delitti di cui all'art. 51 c.p.p. commi 3 bis e 3 quater: così quindi derogando al limite della decorrenza a seguito dell'interruzione e inducendo, diversamente, nuova decorrenza del termine ordinario a seguito di ogni atto interruttivo.

Questa è l'osservazione di sintesi.

Si osservi, peraltro e in generale, un duplice tributo al diritto vivente: il portato normativo della lettura interpretativa della norma dell'Unione (pur direttamente precettivo per lo Stato membro) così come interpretato dalla Corte di cassazione.

Si vorrebbe così introdotta la previsione di diritto che dispone la disapplicazione (o meglio non applicazione) della prescrizione con riferimento al reato di omessa presentazione Iva che integri grave frode all'interesse finanziario dell'Unione.

Un diritto vivente che si pretende sia secundum litteram, dunque, nell'alveo della disposizione normativa Unitaria e nazionale, la cui applicazione daterebbe ante litteram, ossia prima che l'espressione interpretativa ne abbia individuato i contorni, che pur rimangono connotati di natura penale sostanziale e così contra litteram, laddove il principio costituzionale di cui all'articolo 25, comma 2, vieta la punizione se non in forza di legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

A rilevare, dunque, parrebbe, un limite alla conoscibilità del dettato legislativo, alla certezza del diritto che si vorrebbe operativo ante litteram; e quand'anche secundum litteram di fattura prettamente giurisprudenziale.

Chiaro è l'enunciato della suprema Corte, in commento, così come già espresso in precedenza, che, dunque, si dirà univoco. Certo, orientamento che lascia alla valutazione giudiziale, pur confinata, quanto alla gravità, nei criteri previsti dal comma primo dell'articolo 133 c.p. (norma che, peraltro, sappiamo essere praticamente “vuota”), la determinazione della sussistenza di un presupposto normativo che induca deroga al regime della prescrizione: appunto, l'estensione dell'operatività della previsione dell'articolo 160, ultimo comma, ultima proposizione, così a indurre nuova decorrenza del termine ordinario a seguito di ogni atto interruttivo. Il tutto, per inciso, forse, con qualche limite alla tassatività del dettato normativo, così a pregiudizio del principio di legalità della norma penale.

Perplessità permane, peraltro, quanto al fatto che il quesito rivolto dalla Corte costituzionale alla Corte di giustizia dovesse sortire esito che neghi obbligo d'adeguamento per il giudice nazionale.

I pronunciamenti passati in giudicato, in ragione della deroga, avrebbero soluzione di revoca? L'articolo 673 c.p.p., contempla l'ipotesi dell'abolizione del reato per abrogazione o dichiarazione d'incostituzionalità della norma incriminatrice; ma la revoca della disapplicazione della prescrizione per effetto della duplice lettura interpretativa della Corte di Giustizia, prima e della Corte di Cassazione, potrebbe troverebbe ragione nei presupposti dell'articolo 673 c.p.p.?. Unica soluzione parrebbe quella che consenta di esprimere una dichiarazione di incostituzionalità della lettura interpretativa, della Corte di Giustizia, del T.F.Ue

Si osservi, dunque, la necessità di prudenza, nella scelta difensiva; ma non solo e in particolare nella scelta ermeneutica, cui, forse, il preliminare chiarimento circa la derogabilità di principi costituzionali darebbe seguito.

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