Inammissibilità del ricorso in Cassazione e prescrizione maturata a seguito di jus superveniens
11 Maggio 2016
Massima
È possibile rilevare d'ufficio, ai sensi dell'art. 129 c.p.p. l'estinzione del reato per prescrizione, maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza di appello, e che non avrebbe potuto essere dedotta o rilevata nel giudizio di merito in quanto costituente effetto dello jus superveniens, che, modificando il regime sanzionatorio in senso più favorevole all'imputato, ha ridotto i limiti edittali della pena e conseguentemente il termine prescrizionale del reato. Il caso
Nei confronti del ricorrente veniva pronunciata sentenza di condanna dal Tribunale di Velletri per il reato di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990, sentenza confermata dalla Corte d'appello di Roma la quale, però ritenuta l'ipotesi lieve, così come modificata dalla l. 21 febbraio 2014, n. 10, riduceva la pena ad 1 anno e 2 mesi di reclusione. Avverso tale provvedimento l'imputato proponeva ricorso per Cassazione deducendo il vizio di motivazione, essendosi il giudice di appello limitato a ripercorrere il percorso motivazionale del giudice di primo grado senza offrire risposta ai motivi di appello. Nelle more del giudizio di Cassazione la norma di cui all'art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 è stata più volte interessata da interventi del legislatore. La prima modifica legislativa è intervenuta con l'art. 2, comma 1, lett. a) del D.l. 23 dicembre 2013, n. 146, conv. dalla l. 21 febbraio 2014, n. 10 che ha trasformato quella che per giurisprudenza consolidata era una circostanza attenuante ad effetto speciale in un'autonoma ipotesi di reato. Tale novella, pur mantenendo indistinta la sanzione penale per i fatti di lieve entità che riguardassero le droghe leggere e quelle pesanti, riduceva il massimo edittale previgente. Successivamente è intervenuta la l. 16 maggio 2014, n. 79 la quale ha previsto per il fatto di lieve entità la medesima sanzione, indipendentemente dalla collocazione dello stupefacente nell'una o nell'altra tabella. Ebbene, già per effetto della prima modifica normativa i termini di prescrizione del reato si erano fortemente ridotti, tanto da maturare nelle more della decisione della Cassazione. La questione
La questione sottoposta all'attenzione della Cassazione ineriva la possibilità di dichiarare l'intervenuta estinzione del reato, in ragione di una legge sopravvenuta modificativa del trattamento sanzionatorio, anche in caso di inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi. Le soluzioni giuridiche
La Corte ha concluso che pur in presenza di motivi manifestamente infondati deve essere dichiarata la prescrizione maturata in ragione di un sopravvenuto trattamento sanzionatorio di favore. Osservazioni
Sul punto relativo alla possibilità di rilevare e dichiarare in Cassazione la prescrizione del reato non rilevata né eccepita in appello né nei motivi di ricorso, ove questo sia inammissibile, è dato registrare un contrasto in giurisprudenza. Mentre si è concordi nel ritenere che le cause di inammissibilità originaria precludano, diversamente da quelle sopravvenute, l'instaurazione di un valido rapporto processuale e, dunque, la possibilità di dichiarare l'intervenuta estinzione del reato, la giurisprudenza è da sempre divisa sulla classificazione delle cause di inammissibilità nell'ambito delle due categorie originaria e sopravvenuta. In particolare, per ciò che qui rileva, mentre un risalente orientamento riteneva che la manifesta infondatezza dei motivi rientrasse tra le cause sopravvenute di inammissibilità del ricorso, le quali non impediscono la declaratoria delle cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., un più recente orientamento (Cass. pen., Sez. un. 15 settembre 1999, Piepoli, in Cass. pen. 2000, 25) ha assimilato la manifesta infondatezza dei motivi alle altre cause di inammissibilità tipiche del ricorso per cassazione ex art. 606 comma 3 c.p.p. ricomprendendola tra le cause originarie di inammissibilità le quali, impedendo la valida instaurazione del rapporto processuale nel giudizio d'impugnazione, precludono la declaratoria della prescrizione in sede di legittimità. Alla luce di quest'ultima impostazione la Corte avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso. Essa, invece, ha annullato senza rinvio l'impugnata sentenza, dichiarando l'intervenuta prescrizione del reato (in senso conforme, v. Cass. pen., Sez. III, 15 dicembre 2014, n. 52031). A sostegno di questa impostazione la Corte ha evidenziato che secondo le Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un. 26 giugno 2015, n. 46653), in caso di ricorso inammissibile per qualunque ragione e privo di motivi relativi al trattamento sanzionatorio, è applicabile d'ufficio, in sede di legittimità, la legge sopravvenuta modificativa del trattamento sanzionatorio in senso più favorevole all'imputato, emanata successivamente alla pronuncia impugnata, e ciò anche nell'ipotesi in cui la pena inflitta rientri nella nuova cornice edittale, alla cui luce il giudice del rinvio deve comunque riesaminare la questione. Considerato che sulla base di questo orientamento, nel caso di specie, si sarebbe imposto l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata in relazione al trattamento sanzionatorio, la Corte, essendo nel frattempo maturato il termine massimo di prescrizione, ha annullato senza rinvio per estinzione del reato, nonostante l'inammissibilità del ricorso. Si deve segnalare che recentemente le Sezioni unite (Cass. pen., Sez. un., 25 marzo 2016, n. 12602) si sono pronunciate nuovamente sulla possibilità per la Cassazione di dichiarare la prescrizione del reato nel caso di ricorso inammissibile e hanno ribadito che, quale che sia la causa di inammissibilità, fatta eccezione per la rinuncia all'impugnazione, è precluso al giudice di legittimità rilevare d'ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609, comma 2 c.p.p., l'estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronuncia della sentenza d'appello ma non eccepita nel grado di merito, né rilevata da quel giudice e neppure dedotta con i motivi di ricorso. Nondimeno nella medesima sentenza, il supremo Collegio ha precisato che l'effetto preclusivo derivante dal ricorso inammissibile non opera nel caso di successione di leggi nel tempo, situazione in cui la Corte di cassazione può d'ufficio ritenere applicabile all'imputato il nuovo e più favorevole trattamento sanzionatorio, disponendo l'annullamento sul punto della sentenza di merito pronunciata prima della modifica normativa in mitius, e ciò perché la finalità rieducativa della pena e il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità impongono di rivalutare, sulla base dei nuovi e più miti parametri edittali, la misura della sanzione precedentemente individuata e non più legalmente conformata. Diversamente si attuerebbe una palese violazione sopravvenuta del diritto fondamentale dell'imputato di vedersi applicato il trattamento sanzionatorio più favorevole, conseguente alla corrispondente scelta espressa dal legislatore sul disvalore della condotta che viene in rilievo. Quest'ultima considerazione pare essere alla base anche della decisione della Cassazione, nel caso oggetto di commento, di dichiarare la prescrizione, maturata per effetto dello ius superveniens più favorevole, nonostante l'inammissibilità del ricorso per manifesta infondatezza dei motivi. Resta da chiarire se le Sezioni unite nell'affermare che, pur in presenza di un ricorso inammissibile, il giudice può rilevare d'ufficio gli effetti di una normativa sopravvenuta più favorevole, abbiano inteso riferirsi solo alla possibilità di dichiarare la illegalità o la non proporzionalità sopravvenuta di una pena inflitta in sede di merito o, anche alla possibilità di dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione maturata in conseguenza dello jus superveniens, che, modificando il regime sanzionatorio in senso più favorevole all'imputato, ha ridotto i limiti edittali della pena e conseguentemente il termine di prescrizione del reato. BARGI, Inammissibilità dell'impugnazione ed immediata declaratoria di cause di non punibilità, in Dir. pen. proc. 2005, 179;
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