L’espulsione dello straniero a titolo di misura alternativa alla detenzione
10 Maggio 2016
Massima
L'espulsione dello straniero condannato, che si trovi detenuto in esecuzione di pena anche residua non superiore a due anni per reati non ostativi, prevista dall'art. 16, comma 5, del d.lgs. 286/1998, ha natura amministrativa e costituisce un'atipica misura alternativa alla detenzione della quale è obbligatoria l'adozione in presenza delle condizioni fissate dalla legge, salve le situazioni di inespellibilità di cui all'art. 19, d.lgs. 286/1998 che devono essere integrate dalla ricorrenza, al momento della decisione della compiuta situazione dei casi di divieto di espulsione e di respingimento. Il caso
Il tribunale di sorveglianza di Venezia ha rigettato l'opposizione di un cittadino straniero, detenuto in espiazione della pena, raggiunto da un decreto di espulsione emesso dal magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 16, comma 5, del d.lgs. 286/1998, quale misura alternativa alla detenzione, ritenendo sussistenti le condizioni legittimanti l'espulsione dal territorio dello Stato e non essendoci divieti di espulsione previsti dall'art. 19 del citato d.lgs. Il tribunale sosteneva che era corretta la motivazione del decreto di espulsione, in mancanza di prova dei divieti di cui all'art. 19 del T.U. Immigrazione, in quanto, pur essendo l'opponente genitore di un cittadino italiano, non risultava la convivenza effettiva con il figlio, in quanto, dagli atti prodotti, emergeva che lo straniero era separato e, dalla sentenza di separazione giudiziale acquisita, risultava, peraltro, che lo stesso aveva abbandonato moglie e figlio, non contribuendo al loro mantenimento. Avverso l'ordinanza del tribunale è stato proposto ricorso per Cassazione. La questione
Lo straniero detenuto che sta scontando una pena definitiva, padre di un bambino cittadino italiano, può essere oggetto di espulsione quale misura alternativa alla espiazione nel territorio nazionale della pena detentiva? Le soluzioni giuridiche
L'art. 16 del d.lgs. 286/1998, al comma 5 e seguenti, disciplina l'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva alla detenzione. Essa è disposta nei confronti dello straniero identificato, detenuto, che si trova in una delle situazioni indicate nell'art. 13, comma 2, d.lgs. 286/1998 e nella specie, se: è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli alla frontiera; si è trattenuto nel territorio dello Stato in mancanza di titolo autorizzativo; appartiene a taluno delle categoria indicate dal d.lgs 159/2011, Codice delle leggi antimafia e misure di prevenzione. L'espulsione è adottata quando lo straniero detenuto deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni, ad eccezione dei casi di condanna per i delitti di cui all'art. 12 d.lgs. 286/1998 (Disposizioni contro le immigrazioni clandestine) o nei casi di cui all'art. 407, comma 2, lett. a) c.p.p., fatta eccezione per i delitti di cui agli articoli 628, comma 3, c.p. e art. 629, comma 2, c.p. Sotto l'aspetto procedurale, l'espulsione, a titolo di sanzione alternativa alla detenzione, è disposta dal magistrato di sorveglianza competente in relazione al luogo di detenzione del condannato, il quale decide con decreto motivato, previa acquisizione delle necessarie informazioni sull'identità dello straniero e sulla nazionalità. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, allo straniero e al suo difensore ed entro il termine di dieci giorni è possibile proporre opposizione innanzi al tribunale di sorveglianza. I provvedimenti del magistrato di sorveglianza, in materia di applicazione della misura alternativa dell'espulsione del detenuto straniero dal territorio dello Stato, non sono immediatamente ricorribili in Cassazione in quanto opponibili davanti al tribunale di sorveglianza ed estranei all'area di applicazione della regola fissata dall'art. 569, comma 1, c.p.p. (Cass. pen , Sez. I, n. 53182/2014) Il tribunale di sorveglianza deve decidere nel termine di venti giorni e l'esecuzione del decreto di espulsione rimane sospesa fino alla decorrenza dei termini di impugnazione, o fino alla decisione del tribunale di sorveglianza, nonché fino a quando non vengano acquisiti i necessari documenti di viaggio. Come buona parte del Testo unico sull'immigrazione, anche l'espulsione, quale misura alternativa alla detenzione, è stata oggetto di profili di legittimità costituzionale tanto che, la stessa Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 226/2004, ha dichiarato la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità sollevate in merito all'art. 16, comma 5, d.lgs. 286/1998 e seguenti. Le censure mosse dai vari rimettenti si sostanziavano nel rilievo che, pur essendo l'espulsione sicuramente scrivibile al novero delle sanzioni penali, la sua disciplina si pone in contrasto con la funzione rieducativa della pena, di cui all'art. 27 Cost. e con l'art. 3 Cost., sotto i profili di ragionevolezza e di eguaglianza. La Corte costituzionale, con l'ordinanza n. 226/2004, ha riconosciuto la natura amministrativa dell'espulsione in questione, posto che anche tale misura è subordinata alla condizione che lo straniero si trovi in taluna delle situazioni che costituiscono il presupposto dell'espulsione amministrativa disciplinata dall'art. 13, cosicché, nella sostanza, viene solo ad essere anticipato un provvedimento di cui già sussistono le condizioni. Ritornando al caso in esame, le argomentazioni sostenute dal ricorrente si fondavano su due motivi, il primo denunciava l'erronea applicazione della legge penale; il secondo si basava sulla mancanza, contraddittorietà e illogicità circa il mancato accoglimento dell'opposizione all'espulsione. Soffermandosi solo sul primo motivo, secondo il ricorrente, il tribunale di sorveglianza è incorso nel denunciato vizio in quanto non ha considerato la normativa prevista dall'art. 155 c.c. e gli articoli 30 e 31 del d.lgs. 286/1998, disposizioni che hanno ad oggetto la tutela della famiglia nell'interesse dei minori. La Corte di cassazione con la sentenza in esame ha rigettato il ricorso condividendo le motivazione del tribunale di sorveglianza il quale aveva già evidenziato che in ogni caso non era presente un divieto di espulsione e di respingimento come invocato dal ricorrente. L'art. 19 del d.lgs. 286/1998 prevede, al comma 2 lett. c), che in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana. È evidente che difettava la prova della convivenza, diversamente dagli altri elementi acquisiti ossia il rigetto del permesso di soggiorno per motivi di famiglia, dalla sentenza di separazione giudiziale allegata alla memoria difensiva (come già detto era stata addebitata anche la separazione allo straniero, il quale aveva abbandonato moglie e figlio e non contribuiva al mantenimento) non sussisteva il divieto di espulsione invocato genericamente dal ricorrente. Osservazioni
L'espulsione, a titolo di misura alternativa alla detenzione, è stata introdotta dalla legge 189/2002 e, secondo le intenzioni del legislatore, doveva avere la funzione di ridurre il numero di detenuti stranieri sempre più in maggioranza nelle carceri italiane. Guida all'approfondimento
CAPUTO, Diritto e procedura penale dell'immigrazione, Torino 2006; DEGL'INNOCENTI (a cura di), Stranieri irregolari e diritto penale, Giuffrè, 2013. |