La convivenza more uxorio, dopo la l. 76/2016, è causa ostativa alla misura dell'espulsione di persona straniera
09 Gennaio 2017
Massima
L'acquisizione dello status familiae, ai sensi dell'intervenuta legge 76 del 2016 sulle unioni civili tra persone omossessuali e sulle convivenze tra persone eterosessuali e omosessuali, allo straniero privo del permesso amministrativo di soggiorno che, però, conviva stabilmente con cittadina italiana, vale quale causa ostativa ex art. 19, comma 2, lett. c) del d.lgs. 286/1998. Il caso
Il tribunale di sorveglianza di Torino, in data 3 dicembre 2014, rigettava l'opposizione, avverso l'ordinanza del magistrato di sorveglianza di Cuneo con la quale, il 4 novembre 2014, ai sensi dell'art. 16 del d.lgs. 286/1998, era stata decisa l'espulsione dal territorio italiano del ricorrente. Nello specifico, il tribunale motivava sulla sussistenza dei presupposti normativi all'espulsione e sulla carenza di cause ostative. L'interessato proponeva ricorso indicando, specificamente, l'illegittimità per violazione di legge e il vizio di motivazione laddove egli aveva documentato di vivere, da tempo, in Italia con il nucleo familiare originario e, soprattutto, di convivere con una cittadina italiana. La Corte di cassazione ritiene il ricorso fondato e, per l'effetto, annulla, con rinvio al tribunale di sorveglianza di Torino, la sentenza impugnata. La questione
La Corte di cassazione sviluppa, in sentenza, la questione sull'interpretazione del termine coniuge indicato nell'art. 19, comma 2, lett. c) del d.lgs. 286/1998. Preso atto dell'orientamento maggioritario di legittimità, con il quale si afferma che non può essere intesa come coniugio la mera convivenza more uxorio e, altresì, verificato che vi è anche la pronuncia n. 26753 del 27 maggio 2009, la prima Sezione penale della Corte di cassazione segnala che, nelle more, è stata introdotta la legge 76/2016 Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze che normativizza le unioni civili, tra persone omosessuali, e i contratti di convivenza, tra persone eterosessuali e omosessuali. La seconda parte della legge, contenuta nei commi da 36 a 65, disciplina la convivenza – distinta da quella instaurata tra due soggetti in sede di unione civile – anche tra persone eterosessuali, definita come quella tra due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile (art. 1, comma 36, l. 76/2016). Anzitutto, occorre evidenziare che dall'accertamento di una convivenza stabile, eseguito con mera dichiarazione anagrafica di cui all'art. 4 e all'art. 13, lettera b), del regolamento di cui al d.P.R. 30 maggio 1989, n. 223, discenderanno la rilevanza giuridica e tutti i diritti in relazione alla medesima convivenza. Inoltre, i conviventi potranno ufficializzare il loro status affettivo attraverso una dichiarazione anagrafica, con la sua successiva registrazione nei registri anagrafici; oppure, potranno permanere nella mera convivenza di fatto (art. 1, comma 36, l. 76/2016), per la quale non è previsto, quale elemento costitutivo, la dichiarazione anagrafica poiché un elemento formale contrasterebbe con la natura stessa di questa forma familiare che è, appunto, di fatto. I diritti ex lege, dunque, prescinderanno dall'elemento anagrafico. La novella inserisce anche la facoltà, per i due conviventi, di stipulare il contratto di convivenza che è, come dice il nome, un contratto vero e proprio, con tutti gli obblighi che ne conseguono; per l'esattezza, è un contratto atipico, che deve avere la forma dell'atto pubblico, a pena di nullità. La novella in oggetto, definita dagli stessi giudici di legittimità come disciplina epocale, parifica, ai fini dei diritti patrimoniali e successori, la nozione di coniuge a quella di persona unita civilmente, affiancando concettualmente al matrimonio, ex art. 82 e ss. del codice civile, l'unione civile. Tuttavia, la Corte di cassazione, con un'interpretazione maggiormente garantista, estende anche ai conviventi di fatto ed ai conviventi che hanno posto in essere un contratto di convivenza, tutti i diritti previsti per i coniugi; in effetti, nella sentenza in commento viene evidenziato che questa legge […] ha cura di stabilire il principio generale che, ove nelle leggi dello Stato compaia il termine coniuge, questo deve intendersi riferito anche alla persona civilmente unita ad un'altra con il contratto di convivenza; analoga parificazione si legge poi esplicitamente al comma 38 dell'art. 1 ai fini delle facoltà riconosciute al coniuge dell'ordinamento penitenziario. Da tale disamina interpretativa, con uno straordinario balzo di civiltà giuridica e interpretativa, la Corte ritiene che la convivenza more uxorio, di fatto o contrattualizzata, del ricorrente produca effetti alla stregua del matrimonio e, quindi, possa avere efficacia quale causa ostativa all'espulsione dal territorio italiano. Le soluzioni giuridiche
Nella sentenza in commento viene pronunciato il seguente principio di diritto: La convivenza dello straniero con una cittadina italiana riconosciuta con "contratto di convivenza" disciplinato dalla legge 20 maggio 2016, n. 76 è ostativa alla espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione di cui all'art. 19 comma 2 lett. c) d.lgs. 286/1998 e tale causa ostativa deve essere valutata se sussistente o meno al momento in cui l'espulsione viene messa in esecuzione. Osservazioni
Non si può che concordare totalmente con la Corte di cassazione laddove definisce la legge 76/2016 disciplina epocale. Dopo decenni di dibattiti politici e culturali senza che, tuttavia, si giungesse a normativizzare gli aspetti giuridico-legali delle coppie non coniugate ma ugualmente legate da rapporti affettivi e patrimoniali, finalmente è stata approvata questa legge di ammodernamento dell'ordinamento di famiglia, sia perché disciplina lo status affettivo e relazionale delle coppie omosessuali, sia perché disciplina la convivenza more uxorio delle coppie eterosessuali. Per quanto concerne i diritti della persona, questa novella incide su molti aspetti normativi di particolare pregnanza giuridica, come per esempio: gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall'ordinamento penitenziario (estendendo la limitata tutela già riconosciuta dalla legge 26 luglio 1975, n. 354); il diritto di visita, assistenza e di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza, pubbliche, private o convenzionate, previste per i coniugi e i familiari in caso di malattia o di ricovero; il potere di conferire, in forma scritta e autografa (oppure, in caso di impossibilità di redigerla, alla presenza di un testimone) un mandato con il quale designare l'altro convivente quale rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia, che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute (c.d. testamento di vita) e, in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie (c.d. mandato post mortem exequendum); la possibilità di essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno (nonché di essere indicato, ex art. 712 c.p.c., nella domanda per l'interdizione, inabilitazione o per la nomina dell'amministratore di sostegno). Ancora, la legge /2016 incide sul diritto sulla casa di abitazione. Infatti, la nuova normativa prevede – fatto salvo quanto previsto dall'articolo 337-sexies c.c. per l'assegnazione della casa familiare (applicabile anche ai conviventi in presenza di figli minori) – che in caso di morte del convivente proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni (che possono diventare tre anni ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite) o per un periodo pari alla convivenza, se superiore, e comunque non oltre i cinque anni; mentre, in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha facoltà di succedergli nel contratto. Inoltre, è previsto il diritto di preferenza nell'assegnazione di alloggi di edilizia popolare. È, poi, regolamentato il diritto a partecipare ad un'impresa familiare, estendendo anche al convivente di fatto la disciplina propria dell'impresa familiare. È regolato il diritto al risarcimento del danno in caso di morte derivante da fatto illecito: si equipara la convivenza di fatto al rapporto coniugale ai fini del risarcimento del danno in caso di decesso del compagno. Ancora, è regolato il diritto agli alimenti in caso di cessazione della convivenza: in caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice può riconoscere al convivente il diritto di ricevere dall'altro convivente gli alimenti, per un periodo proporzionale alla durata della convivenza medesima, in presenza degli stessi presupposti e nelle misure già previste dall'art. 438 c.c. Difetta, invece, una regolamentazione dei diritti successori: la convivenza rimane ancora irrilevante dal punto di vista successorio, a differenza di quanto previsto in tema di unioni civili. Pertanto nessun diritto spetta ex lege al convivente in caso di morte del compagno, né la legge in esame ha pensato di agevolare, sotto il profilo fiscale, eventuali donazioni o lasciti testamentari tra i conviventi (che, essendo tra loro estranei, sconterebbero la massima aliquota). Evidente, comunque, che tutto quanto sopra segnalato non potrà che essere valutato e applicato anche dal giudice penale, quando e se necessario nei procedimenti in corso, come nel caso che ci ha occupati.
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