L'intercettazione di comunicazioni all'estero
04 Marzo 2016
Massima
Sono utilizzabili i risultati delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti anche quando nel corso dell'esecuzione intervenga una variazione dei luoghi in cui deve svolgersi la captazione, purché tale variazione rientri nella specificità dell'ambiente oggetto dell'intercettazione autorizzata.
Qualora la persona nei cui confronti è stata autorizzata l'intercettazione utilizzi per la comunicazione mediante apparecchi di telefonia mobile schede telefoniche diverse da quella per la quale l'autorizzazione sia stata originariamente disposta, non è necessario un nuovo provvedimento autorizzativo dovendo ritenersi implicita la sua estensione a tutte le successive utenze telefoniche in uso alla medesima persona.
Il ricorso alla procedura dell'istradamento, e cioè il convogliamento delle chiamate partenti da una certa zona all'estero in un “nodo” situato in Italia, non comporta la violazione delle norme sulle rogatorie internazionali, in quanto in tal modo tutta l'attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate viene compiuta completamente sul territorio italiano. Il caso
Con decisione del Gup di Siena, confermata dalla Corte di appello di Firenze, i due imputati venivano condannati in concorso per l'importazione dall'Olanda di nove chili di cocaina sequestrati in un appartamento di Casalecchio e per altre specifiche cessioni di cocaina a favore di diversi soggetti. Il procedimento si era incardinato a seguito di indagini più ampie all'esito delle quali erano emersi anche elementi in merito alla fattispecie associativa di cui all'art. 74 d.P.R. 309/1990 per la quale veniva disposta la trasmissione degli atti al P.M. di Firenze. Mentre il P.M. di Siena disponeva il rinvio a giudizio, per le fattispecie di cui all'art. 73 d.P.R. 309/1990, richiedendo il giudizio immediato, poi trasformato in abbreviato su richiesta degli interessati, la richiesta di archiviazione formulata dal P.M. di Firenze per la fattispecie associativa di cui all'art. 74 d.P.R. 309/1990 veniva respinta dal Gip distrettuale con provvedimento che disponeva l'imputazione coatta. Avverso la condanna intervenuta per i reati di cui all'art. 73 d.P.R. 309/1990 gli imputati proponevano ricorso per Cassazione deducendo, tra l'altro i seguenti motivi:
La questione
La Cassazione è stata chiamata a chiarire:
Le soluzioni giuridiche
La Corte ha conclusivamente enunciato i seguenti principi di diritto:
Osservazioni
La Corte è pervenuta al rigetto del ricorso sulla base di una articolata serie di argomentazioni che ripropongono, in materia di intercettazioni, consolidati orientamenti. In particolare, quanto alla prima questione la giurisprudenza è costante nel ritenere che sono utilizzabili i risultati delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti anche quando nel corso dell'esecuzione intervenga una variazione dei luoghi in cui deve svolgersi la captazione, purché tale variazione rientri nella specificità dell'ambiente oggetto dell'intercettazione autorizzata (Cass. pen., Sez. V, 6 ottobre 2011, n. 5956). Anche in merito alla seconda questione la giurisprudenza è piuttosto univoca nell'affermare che ai fini della validità del provvedimento che autorizza l'intercettazione è sufficiente l'indicazione nel provvedimento del numero IMEI giacché tale codice rappresenta un elemento identificativo certo dell'apparecchio da sottoporre a controllo, sicché l'intercettazione può proseguire senza dover essere nuovamente autorizzata anche se l'apparecchio venga utilizzato con più schede telefoniche aventi numeri di utenza diversi, sempre che sia evidente agli atti la concreta riconducibilità dell'apparecchio radiomobile all'uso normale da parte della persona le cui conversazione telefoniche si intenda sottoporre ad intercettazione (Cass. pen., Sez. III, 21 marzo 2005; Cass. pen., Sez. I, 13 gennaio 2009, n. 7455). Per quanto concerne poi le intercettazioni di comunicazioni all'estero la giurisprudenza è solita distinguere tra comunicazioni che hanno un collegamento fisico con il territorio italiano (nel senso che almeno uno dei conversanti si trova materialmente sul territorio italiano o utilizza un'utenza italiana), cioè conversazioni intrattenute sul territorio italiano o che per ragioni tecniche (utilizzo di impianti o ponti-ripetitori utilizzati per la trasmissione della comunicazione telefonica) ‘transitano' su di un ‘nodo telefonico' posto sul territorio italiano, per le quali si applica la disciplina italiana delle intercettazioni e, viceversa, le comunicazioni che non hanno un collegamento fisico con il territorio italiano, nel senso che non utilizzano impianti o ripetitori posti sul territorio italiano per le quali si devono attivare le procedure di richiesta di assistenza giudiziaria internazionale (c.d. rogatorie) presso le autorità straniere competenti. Alla luce di tale distinzione se la telefonata corre su ripetitori installati in Italia (utenza italiana o straniera che comunica con latra utenza italiana o straniera, almeno una delle quali si trova in Italia e quindi utilizza ponti italiani) la comunicazione deve ritenersi avvenuta nel nostro Paese e quindi possibile l'intercettazione. Anche quando un'utenza italiana si trovi all'estero e comunichi con altra utenza (italiana o straniera) all'estero, la comunicazione non utilizza in linea retta i ripetitori collocati all'estero ma effettua una triangolazione con il più vicino ripetitore in Italia al fine della fatturazione (c.d. roaming) e anche in questo caso è possibile l'intercettazione perché la comunicazione triangola con un ripetitore italiano. Al contrario, se i ripetitori utilizzati si trovano tutti all'estero (utenza straniera all'estero che comunica con altra utenza straniera all'estero) è tecnicamente impossibile l'intercettazione nel nostro Paese, dove la comunicazione non transita e occorre procedere con rogatoria. Alla luce di tali precisazioni si ritiene che il ricorso alla procedura dell'istradamento, e cioè il convogliamento delle chiamate in partenza dall'estero in un nodo situato in Italia (e, a maggior ragione di quelle in partenza dall'Italia verso l'estero), operazione che è identica a quella di “canalizzazione dei flussi”, non comporti la violazione delle norme sulle rogatorie, in quanto in tal modo tutta l'attività di intercettazione, ricezione e registrazione delle telefonate avviene interamente nel territorio italiano (Cass. pen., Sez. VI, 12 dicembre 2014, n. 7634; Cass. pen., Sez. I, 31 marzo 2009; Cass. pen., Sez. IV, 28 marzo 2008, Volante, in Cass. pen. 2009, 3010; Cass. Sez. IV, 29 luglio 2004, Belforte,). Mentre in tema di utilizzabilità delle intercettazioni la Corte di cassazione ha riproposto orientamenti che, seppure criticati dalla dottrina, appaiono consolidati in giurisprudenza, il rigetto della censura relativa all'incompetenza funzionale del Gip di Siena, non tiene conto dei più recenti insegnamenti della Cassazione. Come è noto, infatti, per i reati per i quali è prevista la competenza del P.M. distrettuale per ragioni investigative è previsto che anche le funzioni di Gip e Gup siano esercitate da un magistrato distrettuale. È questa la competenza per ‘trascinamento' così definita in quanto prevista in parallelo e in funzione di quella del p.m. distrettuale (ex art. 51, commi3-bis, 3-quater e 3-quinquies c.p.p.). Orbene, la Corte esclude che a giudicare di tutti i reati nel caso di specie potesse essere il giudice distrettuale sebbene, essendo competente per il reato più grave (la fattispecie associativa in materia di stupefacenti), tutte le fattispecie avrebbero dovuto essere attratte sotto la sua cognizione. A giustificare tale conclusione è tra l'altro la considerazione che la vis actractiva della connessione non avrebbe potuto operare in quanto i due procedimenti si trovavano in diverso stato. Si tratta di affermazione che contrasta con un recente pronunciamento delle Sezioni unite le quali hanno chiarito che gli spostamenti di competenza per effetto della connessione tra procedimenti operano indipendentemente dal fatto che la pendenza sussista nello stesso stato e grado, essendo necessario unicamente che essa sia effettiva ed attuale e che nessuno dei procedimenti sia stato definito con sentenza irrevocabile atteso che il legislatore del 1988, modificando l'assetto del precedente codice, ha costruito l'istituto della connessione come criterio originario di attribuzione della competenza abbandonando lo schema della connessione come ipotesi di deroga ai generali criteri di competenza per materia e per territorio, senza richiedere, come risulta dalla lettera degli artt. 15 e 16 c.p.p. altri requisiti che, se introdotti per via interpretativa, segnerebbero un'erronea sovrapposizione con l'istituto della riunione oltre che una palese violazione del principio di pre-costituzione del giudice naturale di cui all'art. 25, comma 1, Cost. (Cass. pen., Sez. un. 21 giugno 2013, n. 27343). Recentemente è stato, peraltro, ribadito che l'art. 51, comma 3-bis,c.p.p. prevede, limitatamente ai reati in esso contemplati, una deroga assoluta ed esclusiva alle regole sulla competenza per territorio, anche fuori degli ambiti distrettuali, e stabilisce una vis actractiva di essi nei confronti dei reati connessi, che esulino dalla previsione normativa, anche se si palesino di maggiore gravità, di talché la competenza della procura distrettuale, legittimamente radicata si estende a tutti i reati connessi e agli imputati giudicati nello stesso procedimento (Cass. pen. Sez. I, 18 maggio 2005, n. 21354; Cass. pen., Sez. II, 13 novembre 2008, n. 6783; Cass. pen., Sez. II, 11 aprile 2006, n. 19831; Cass. pen., Sez. I, 5 ottobre 2006). |