Deposito delle sentenze e termine per impugnare: rilevano soltanto i dati trascritti nel registro informatizzato

Paolo Grillo
29 Marzo 2016

Dopo l'entrata in vigore del d.m. 27 aprile 2009 (G.U. Serie Generale n. 107 del 11 maggio 2009) non è più consentita la tenuta dei registri di cancelleria in forma cartacea poiché gli stessi sono gestiti integralmente in via informatica. Non fa eccezione il registro di deposito delle sentenze che, in forma cartacea, permane soltanto per uso interno delle cancellerie.
Massima

Dopo l'entrata in vigore del d.m. 27 aprile 2009 (G.U. Serie Generale n. 107 del 11 maggio 2009) non è più consentita la tenuta dei registri di cancelleria in forma cartacea poiché gli stessi sono gestiti integralmente in via informatica. Non fa eccezione il registro di deposito delle sentenze che, in forma cartacea, permane soltanto per uso interno delle cancellerie. Le relative annotazioni sono quindi eseguite in via informatica e l'utente ne prende cognizione chiedendo al personale di cancelleria. Di conseguenza, non rileva, ai fini della rimessione in termini per proporre tardivamente impugnazione avverso una sentenza, la consultazione periodica e personale del registro cartaceo, non aggiornato.

Il caso

Un soggetto propone richiesta di rimessione in termini avverso una sentenza del Giudice di Pace che lo aveva riconosciuto responsabile del delitto di lesioni volontarie. A sostegno della propria richiesta, l'imputato rilevava di aver avuto tardiva e incolpevole cognizione del deposito della sentenza, avvenuto in via informatica e non annotato sul registro cartaceo in uso alla cancelleria del giudice a quo.

La questione

La questione in esame è quella della individuazione della fonte da cui attingere la notizia del deposito di una sentenza e della rilevanza delle annotazioni contenute nel registro cartaceo c.d. “Mod. 30”, in uso presso le cancellerie, nonostante l'entrata in vigore dei registri informatizzati della piattaforma SICP.

Le soluzioni giuridiche

L'interrogativo è risolto dalla Suprema Corte in maniera assolutamente inequivoca: le notizie ufficiali relative al deposito delle sentenze devono essere attinte esclusivamente tramite il personale di cancelleria il quale, a sua volta, le fornisce soltanto dopo aver consultato il registro informatizzato nel quale si effettuano le relative annotazioni. Di conseguenza, lo spirare del termine per impugnare derivante dall'omessa interrogazione del registro elettronico non può essere addotta quale elemento utile per chiedere ed ottenere la rimessione in termini.

Tale decisum è il frutto della rigorosa analisi della disciplina di settore, che è di natura regolamentare e che viene ricostruita, in tutti i suoi passaggi evolutivi, dalla Suprema Corte. Sin dal 2000 (d.m. 27 marzo 2000, n. 264) si è prevista la tenuta informatizzata dei registri di cancelleria, nonostante, però, tale testo normativo non abbia espressamente abrogato la disciplina che introduceva il registro cartaceo “Mod. 30”, da impiegarsi per il deposito delle sentenze. Quest'ultimo modello di registro, previsto insieme ad altri nel d.m. 30 settembre 1989, era da considerarsi ancora in corso di validità. La nascita del SICP, acronimo di Sistema Informativo della Cognizione Penale, avvenuta con il d.m. 27 aprile 2009, ha segnato, però, la fine ufficiale della vita dei registri cartacei, e le relative annotazioni, da quel momento in poi, devono essere effettuate soltanto sulla piattaforma elettronica.

I registri cartacei, eventualmente presenti nelle cancellerie, devono considerarsi pertanto solo ad “uso interno” e non hanno il crisma dell'ufficialità. Ciò comporta, quindi, che sull'utente incombe l'onere di chiedere le informazioni sul deposito della sentenza al cancelliere, il quale, consultato il registro informatizzato, dovrà comunicargliele. Ne discende l'irrilevanza della consultazione del registro cartaceo, ai fini della dimostrazione dell'incolpevole mancata osservanza dei termini per impugnare la sentenza.

Osservazioni

Occorrerà tenere ben presente il decisum della sentenza in commento: ciò che conta, per poter ottenere la restituzione nel termine per impugnare, è dimostrare di avere attinto i dati relativi al deposito della sentenza dalla fonte ufficiale, il registro informatico, che è gestito dal personale di cancelleria. Certo, ci rendiamo benissimo conto che il contenuto della sentenza che si annota pone non pochi interrogativi sul piano dell'effettività della tutela: come dimostrare, infatti, che il cancelliere di turno, nel rispondere alla domanda dell'utente circa l'avvenuto deposito di una sentenza, ha fornito una risposta sbagliata? Dopo mesi e mesi dall'ultimo accesso in cancelleria sarà egli disposto a certificare per iscritto di avere erroneamente comunicato una specifica informazione a colui che gliela chiese? Questo interrogativo non è affatto peregrino, poiché la Suprema Corte espressamente afferma la sussistenza dell'onere «...per l'istante di provare rigorosamente - mediante attestazione di cancelleria o altro atto o fatto certo – il verificarsi della circostanza ostativa al tempestivo esercizio della facoltà di impugnazione». Chi vorrà sostenere di avere ricevuto un'informazione fuorviante dal personale di cancelleria dovrà superare una probatio più che diabolica. Vero è che la giurisprudenza di legittimità continua a dare rilievo all'erroneo mancato rispetto del termine per impugnare una sentenza (Cass., 7 luglio 2015, n. 44509, Cass., sez. II, 24 maggio 2007, n. 22161), ma è altrettanto vero che l'esito del giudizio finalizzato alla rimessione in termini è affidato, praticamente, alla “confessione”, proveniente dal personale di cancelleria, di aver comunicato un dato erroneo all'utente.

Guida all'approfondimento

- F. De Stefano, Nuova disciplina della restituzione in termini e giudizio di contumacia, in Cass. Pen., 1991, 1810

- A. Follieri, Istanza di restituzione in termini o impugnazione tardiva incolpevole?, in Foro ambrosiano, 2001, 2, 225-229

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