La Consulta prolunga la sospensione dell’interdittiva antimafia nel controllo giudiziario delle imprese
10 Ottobre 2025
Massima È costituzionalmente illegittimo, con riferimento agli artt. 3 e 41 Cost., l'art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 159/2011 (codice antimafia) nella parte in cui non prevede che la sospensione degli effetti dell'informazione interdittiva derivante dall'ammissione al controllo giudiziario si protrae, nel caso di sua conclusione con esito positivo, sino alla definizione del procedimento di aggiornamento del provvedimento interdittivo di cui all'art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011. Il caso La pronuncia della Corte costituzionale origina dall'ordinanza n. 235 del 28 ottobre 2024 del Tribunale amministrativo regionale per la Calabria, sezione di Reggio Calabria, che si era trovato a giudicare il ricorso di un'impresa destinataria di un'informazione antimafia interdittiva. Tale impresa, dopo aver impugnato il provvedimento prefettizio dinanzi al giudice amministrativo, aveva richiesto e ottenuto dal Tribunale per le misure di prevenzione l'ammissione al “controllo giudiziario volontario”, ai sensi dell'art. 34-bis, comma 6, del codice antimafia. La misura, introdotta con finalità di recupero e “bonifica” delle imprese esposte a rischio di infiltrazione mafiosa, consente la prosecuzione dell'attività aziendale sotto la vigilanza di un amministratore giudiziario per un periodo da uno a tre anni. Ai sensi del comma 7 dello stesso art. 34-bis, l'ammissione al controllo giudiziario comporta la sospensione degli effetti interdittivi del provvedimento prefettizio per tutta la durata della misura. Nel caso del giudice a quo, l'azienda si lamentava che, in esito alla scadenza del termine di durata della misura di prevenzione del controllo giudiziario, la stazione appaltante aveva preso atto che il provvedimento interdittivo aveva nuovamente iniziato a produrre effetti e, di conseguenza, aveva disposto l'interruzione dei lavori e la risoluzione dell'appalto. L'impresa, in sede di impugnazione delle determinazioni della stazione appaltante, aveva lamentato la violazione degli artt. 34-bis, 92 e 94-bis codice antimafia, sostenendo che la sospensione dell'efficacia dell'informazione prefettizia dovesse ritenersi estesa sino alla definizione da parte del prefetto del procedimento di riesame dell'interdittiva. Il Tribunale amministrativo regionale, nell'esaminare la contestazione, rilevata l'impossibilità di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 34-bis, comma 7, codice antimafia, a causa del suo chiaro tenore letterale, ritenendo la disposizione contraria a costituzione, sotto vari profili, sospendeva il giudizio e trasmetteva gli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione. La questione Il Tribunale amministrativo per la Calabria, sezione di Reggio Calabria, con l'ordinanza di rimessione, ha chiesto alla Corte costituzionale di verificare se l'art. 34-bis, comma 7, d.lgs. n. 159/2011 fosse costituzionalmente legittimo nella parte in cui non prevedeva che, in caso di esito positivo del controllo giudiziario, la sospensione degli effetti dell'informazione interdittiva si protraesse fino alla conclusione del procedimento di aggiornamento prefettizio ai sensi dell'art. 91, comma 5, del medesimo decreto. In sintesi, il Tribunale amministrativo regionale rilevava:
Dunque, l'obiettivo del giudice rimettente era quello di colmare un vuoto normativo e garantire la continuità operativa all'impresa risanata, evitando che, a seguito della conclusione del procedimento di “bonifica”, il ripristino della dell'informazione interdittiva potesse compromettere la capacità economico-produttiva dell'impresa e la forza lavoro ivi impiegata. Le soluzioni giuridiche L'art. 34-bis, comma 7, d.lgs. 159/2011 dispone(va) che «Il provvedimento che dispone l'amministrazione giudiziaria prevista dall'articolo 34 o il controllo giudiziario ai sensi del presente articolo sospende il termine di cui all'articolo 92, comma 2, nonché gli effetti di cui all'articolo 94. Lo stesso provvedimento è comunicato dalla cancelleria del tribunale al prefetto della provincia in cui ha sede legale l'impresa, ai fini dell'aggiornamento della banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui all'articolo 96, ed è valutato anche ai fini dell'applicazione delle misure di cui all'articolo 94-bis nei successivi cinque anni». La sentenza n. 109 del 23 luglio 2025 della Corte costituzionale ha introdotto una modifica di fondamentale importanza nell'architettura dell'istituto, dichiarando l'illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui non prevede che la sospensione degli effetti dell'informazione interdittiva, conseguente all'ammissione al controllo giudiziario, si protragga fino alla conclusione del procedimento di aggiornamento prefettizio in caso di esito positivo della misura. Ricordato che la misura del controllo giudiziario viene disposta solo se l'agevolazione a persone pericolose sia occasionale e che all'imprenditore è lasciata la gestione dell'attività sotto le prescrizioni di varia tipologia e la sorveglianza di un amministratore giudiziario (melius controllore giudiziario), la Consulta ha posto in evidenza che tra i fatti positivi idonei a superare la pregressa valutazione infiltrativa, operata con l'informazione interdittiva, vi è senza dubbio l'esito favorevole del controllo giudiziario. Tale sopravvenienza, come già riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, genera l'obbligo in capo alla pubblica amministrazione di procedere all'aggiornamento dell'informativa ex art. 91, comma 5, d.lgs. n. 159/2011: obbligo che, se inadempiuto, rende operante l'azione avverso il silenzio, di cui agli artt. 31 e 117 d.lgs. n. 104/2010. Inoltre, sotto il profilo del riesame, il prefetto non può ignorare gli esiti del controllo, dovendo valutare con onere motivazionale rafforzato se il compiuto percorso abbia dato luogo, o meno, alla recisione dei rapporti con le organizzazioni criminali e se i risultati della misura costituiscano effettivamente una di quelle sopravvenienze rilevanti ai fini dell'aggiornamento. Proprio l'istituto dell'aggiornamento costituisce un fondamentale punto di raccordo tra l'istituto dell'informativa antimafia e quello del controllo giudiziario. Nondimeno, sussiste un mancato allineamento, nella disciplina, fra il tempo della definizione del controllo e il tempo di definizione del riesame dell'interdittiva. La decisione sull'aggiornamento può avvenire (come normalmente avviene) a distanza di tempo dalla conclusione del controllo giudiziario, ma all'impresa è precluso l'accesso a un rimedio effettivo per evitare l'automatica riespansione degli effetti interdittivi con le conseguenti ripercussioni negative costituite dallo scioglimento dei contratti in essere e dall'impossibilità a partecipare a nuove gare. Sul punto, la Corte costituzionale ha osservato un effetto paradossale: le perdite che discendono dalla nuova paralisi dell'attività imprenditoriale non possono essere eliminate retroattivamente anche se l'esito del procedimento di riesame sia favorevole per decisione amministrativa o giudiziale. Inoltre, la riespansione degli effetti interdittivi rischia di vanificare le spese e i risultati conseguiti con l'attività monitorata, creando l'occasione per una crisi dell'impresa. Pertanto, è stata ritenuto sussistente, da un lato, la violazione del principio di ragionevolezza, essendo intrinsecamente contraddittorio che l'ordinamento investa risorse significative (giudiziarie e amministrative) in una misura finalizzata al recupero delle imprese e alla loro reintroduzione nel mercato legale, per poi vanificare i risultati positivi ottenuti. Dall'altro lato, è stata riconosciuta la violazione della libertà di iniziativa economica, in ragione della paralisi dell'attività imprenditoriale imposta a un soggetto che ha dimostrato la propria capacità di operare nella legalità attraverso un percorso vigilato, costituendo tale conseguenza della disposizione una compressione ingiustificata e sproporzionata della libertà di iniziativa economica. Riscontrato il vulnus, la Corte costituzionale, con una sentenza di tipo additivo, ha accolto la soluzione indicata dal giudice rimettente, consistente nella protrazione della sospensione dell'interdittiva sino al suo riesame, facendo riferimento al meccanismo già previsto dal legislatore in tema di prevenzione collaborativa (art. 94-bis, comma 4, d.lgs. n. 159/2011). La Consulta, tuttavia, ha precisato che la protrazione della sospensione può essere riconosciuta solo in caso di chiusura del controllo giudiziario con esito favorevole. In conclusione, la sentenza esaminata si configura come un giusto intervento sostanziale che afferma la ratio recuperatoria e non punitiva del controllo giudiziario. Assicurando una transazione senza soluzione di continuità tra la fase di risanamento giudiziale e la rivalutazione prefettizia, il sistema è stato reso più coerente, garantendo che gli sforzi compiuti dall'impresa e dallo Stato per il ripristino della legalità non vengano vanificati da un automatismo normativo privo di giustificazione logica e costituzionale. |