L’elezione del domicilio presso il difensore implica l’accettazione del legale ai fini dell’efficacia dell’atto notificato

24 Settembre 2025

La validità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini presso il difensore d'ufficio è subordinata o meno all'espresso assenso del difensore domiciliatario a pena di efficacia dell'atto?

Massima

L'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio costituisce condizione di efficacia subordinata all'espresso assenso del difensore domiciliatario, come stabilito dall'art. 162, comma 4-bis, c.p.p., il quale prescrive che tale elezione non produce effetto se l'autorità procedente non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l'assenso del difensore stesso. La notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis c.p.p. effettuata presso lo studio del difensore d'ufficio che non abbia prestato il proprio assenso alla domiciliazione risulta pertanto invalida e comporta la nullità dell'atto notificato. Tale principio trova applicazione indipendentemente dalle disposizioni di cui all'art. 157-bis c.p.p.., il quale disciplina le notifiche successive alla prima e presuppone una sequenza procedimentale diversa che inizia con la prima notifica ai sensi dell'art. 157 c.p.p., mentre nel caso di notifica dell'avviso ex art. 415-bis senza precedenti notifiche non può prescindersi dall'avvenuta elezione di domicilio validamente perfezionata. Le notifiche al difensore d'ufficio dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione diretta a giudizio dell'imputato che abbia eletto domicilio presso tale difensore sono affette da nullità assoluta qualora il difensore abbia rifiutato la domiciliazione, in quanto, benché non omesse ma effettuate in forma diversa da quella prescritta, risultano radicalmente inidonee ad assicurare la reale ed effettiva conoscenza del processo all'imputato.

Il caso

Con ordinanza del 26 marzo 2025, il Tribunale di Torino, decidendo in sede di udienza predibattimentale, disponeva la restituzione degli atti al pubblico ministero rilevando la irregolarità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari previsto dall'art. 415-bis c.p.p. all'indagata perché effettuata presso il difensore di ufficio senza che questi abbia accettato l'elezione di domicilio da parte dell'indagata presso il suo studio.

Propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale deducendo l'abnormità del provvedimento del giudice: per il ricorrente la notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. era regolare essendo avvenuta, ai sensi dell'art. 157-bis c.p.p., presso il domicilio eletto dall'indagata, lo studio del difensore. Piuttosto, secondo il ricorrente, la mancata accettazione da parte del difensore d'ufficio dell'elezione di domicilio della medesima aveva comportato la nullità della notifica del decreto di citazione a giudizio, posto che lo prevede espressamente l'art. 157-ter c.p.p. La decisione del Tribunale, per il Procuratore, aveva così determinato una regressione non dovuta del procedimento (posto che la nuova notifica del decreto di citazione doveva essere ordinata dal giudice del dibattimento) ed una stasi del medesimo, dovendo il pubblico ministero ripetere la notifica dell'avviso ex art. 415-bis c.p.p. con le medesime modalità.

La questione

La validità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini presso il difensore d'ufficio è subordinata o meno all'espresso assenso del difensore domiciliatario a pena di efficacia dell'atto?

Le soluzioni giuridiche

La Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato indicando come l'art. 162 c.p.p. detta le disposizioni sulle forme della comunicazione del domicilio eletto o dichiarato (ed ogni successivo loro mutamento) prescrivendo, al comma 1, che lo stesso debba avvenire con dichiarazione raccolta a verbale (come nel caso di specie, nel verbale di identificazione redatto l'8 ottobre 2023; o con telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore).

Al comma 4 bis (da ultimo modificato con d.lgs. n. 150 del 2022) si precisa tuttavia che: «L'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio non ha effetto se l'autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l'assenso del difensore domiciliatario. Se non presta l'assenso, il difensore attesta l'avvenuta comunicazione da parte sua all'imputato della mancata accettazione della domiciliazione o le cause che hanno impedito tale comunicazione».

Ne discende che l'espresso assenso del difensore alla elezione di domicilio presso il suo studio appare pacificamente una condizione di efficacia della elezione stessa, e assente nel caso di specie: né, osserva la Sez. V, vale richiamare, come indica il ricorso, le forme prescritte all'art. 157-bis c.p.p. perché tale norma muove da una sequenza procedimentale diversa, che inizia con la prima notifica ai sensi dell'art 157 c.p.p. e prosegue, appunto disciplinando, proprio all'art. 157-bis c.p.p. le notifiche "successive alla prima" (ancorché afferenti gli atti introduttivi del giudizio) e, invece, non risulta affatto che, nel caso di specie, vi sia stata una notifica che abbia proceduto quella dell'atto previsto dall'art. 415-bis c.p.p. (dato che si fa riferimento al solo verbale di identificazione) e che consenta, pertanto, la notifica al difensore di ufficio senza che presso il medesimo sia stato eletto domicilio.

Notifiche, peraltro, quelle disciplinate dall'art. 157-bis c.p.p., che prescindono dall'avvenuta elezione di domicilio.

Se ne deduce, così la correttezza della decisione impugnata che ha ritenuto invalida la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini presso lo studio del difensore e della restituzione degli atti al pubblico ministero.

Del resto, in via più generale, che anche le notifiche ex art. 161, comma 4, c.p.p. al difensore d'ufficio del l'avviso di conclusione delle indagini preliminari e del decreto di citazione diretta a giudizio dell'imputato che, in fase di indagini preliminari, abbia eletto domicilio presso tale difensore d'ufficio sono affette da nullità assoluta ove quest'ultimo abbia rifiutato la domiciliazione ai sensi dell'art. 162, comma 4-bis, c.p.p., in quanto, benché non omesse, ma solo effettuate in forma diversa da quella prescritta, sono radicalmente inidonee ad assicurare la reale ed effettiva conoscenza del processo all'imputato (Cass. pen., sez. V, 14 giugno 2022, n. 32586, Stroe, Rv. 283566 - 01).

Osservazioni

Con la sentenza in esame, la Cassazione, investita da un ricorso del Procuratore Generale nei confronti dell'ordinanza con cui il Tribunale in sede dibattimentale aveva disposto la trasmissione degli atti il P.M. per l'irregolare notificazione dell'avviso di conclusione dell'indagine articolo 415-bis c.p.p. al difensore d'ufficio in mancanza di un suo assenso all' elezione di domicilio fatta dall'indagato ma senza il suo assenso convalida la decisione del Tribunale.

Secondo la Procura, la notificazione effettuata al domicilio eletto doveva ritenersi regolare, con la conseguente abnormità della restituzione degli atti al Pubblico Ministero, ovvero subordinatamente, in caso di ritenuta invalidità della notifica, la notifica dell'atto doveva ritenersi attribuita al giudice dibattimentale. Nel rigettare ricorso, la Cassazione richiama quanto previsto dagli artt. 162 c.p.p. e in particolare il comma 4 dello stesso articolo.

Ora, com'è noto, l'art. 162 c.p.p. prevede che Il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall'imputato all'autorità che procede, con le modalità previste dall'articolo 111-bis o con dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore. La dichiarazione può essere fatta anche nella cancelleria del tribunale del luogo nel quale l'imputato si trova. Nel caso previsto dal comma 2 il verbale è trasmesso immediatamente all'autorità giudiziaria che procede. Analogamente si provvede in tutti i casi in cui la comunicazione è ricevuta da una autorità giudiziaria che, nel frattempo, abbia trasmesso gli atti ad altra autorità. Più specificamente il quarto comma bis della disposizione, prevede che 4-bis. L'elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio non ha effetto se l'autorità che procede non riceve, unitamente alla dichiarazione di elezione, l'assenso del difensore domiciliatario. Se non presta l'assenso, il difensore attesta l'avvenuta comunicazione da parte sua all'imputato della mancata accettazione della domiciliazione o le cause che hanno impedito tale comunicazione.

Ora, sulla scorta delle indicate norme la conclusione della Corte appare ineccepibile. Il mancato assenso del difensore di ufficio alla domiciliazione non legittima la notifica mediante consegna di copia dell'atto allo stesso difensore, pena l'adozione di un sistema presuntivo di conoscenza degli atti, incentrato sulla mera regolarità formale del procedimento di notificazione, con sacrificio dell'esigenza di una informazione effettiva e della conseguente possibilità di procedere validamente in assenza dell'imputato. La disposizione dell'art. 162 c.p.p., comma 4-bis c.p.p. si inserisce coerentemente in un quadro normativo che rifugge da meccanismi presuntivi di conoscenza legati alla mera regolarità formale del procedimento di notificazione.

Dunque, bene ha fatto la Corte a confermare come necessaria la restituzione degli atti al Pubblico Ministero per la rinnovazione dell'avviso sostanzialmente da replicare. Nessuna abnormità pare ricorrere nel caso in questione, seguendo l'insegnamento di Cass. pen., sez. un., 26 marzo 2009, n. 25957, Toni e altri, Rv. 243590, che, in un caso ben diverso, ha escluso l'abnormità del provvedimento con cui il giudice del dibattimento, rilevata l'invalidità della notifica dell'avviso di conclusione delle indagini di cui all'art. 415-bis c.p.p., invero regolarmente eseguita, dichiari erroneamente la nullità del decreto di citazione a giudizio disponendo la trasmissione degli atti al pubblico ministero. Ciò che rileva è che, secondo la ricostruzione fatta propria dalle Sezioni Unite, non possono essere qualificati "anomali" (ergo, abnormi) i provvedimenti che siano espressione dei poteri riconosciuti al giudice dall'ordinamento e che non determinino la stasi del procedimento, come potrebbe dirsi in relazione al caso oggetto di ricorso, dal momento che il pubblico ministero, ricevuti gli atti, può disporre la rinnovazione della notificazione dell'atto irritualmente compiuto. Al contrario, se il provvedimento di restituzione degli atti imponesse all'organo di accusa, in adempimento dell'ordine giudiziale, di compiere un atto nullo, se ne dovrebbe predicare l'abnormità.

Diversamente da quanto fin qui osservato deve dirsi che non poche perplessità sorgono quanto, invece, alla riconduzione della violazione nell'ambito delle nullità assolute: i vizi legati all'erronea notifica dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari determina una nullità intermedia. È questa la nullità' che si verifica quando l'atto non viene notificato correttamente all'indagato o al suo difensore, o quando l'indagato, pur avendo ricevuto l'avviso, non può esercitare pienamente il diritto di difesa a causa di omissioni o irregolarità nella notifica o nella disponibilità degli atti di indagine.

È integrata, così una nullità, di tipo generale a regime intermedio che comporta l'invalidità della richiesta di rinvio a giudizio o del decreto di citazione diretta, e può essere eccepita fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, ma non una nullità assoluta, peraltro, tassativamente previste. L'ipotesi in esame non pare, infatti, riconducibile a talune delle ipotesi previste dall'art. 179 c.p.p.

Infine, la Corte non trascura il fatto che con una precedente decisione legata ad un rinvio per motivi organizzativi nel periodo emergenziale aveva ritenuto di poter consentire la prestazione di una richiesta di rinvio ma si trattava obiettivamente di una decisione di segno completamente diverso e del resto questo dato rende comunque irrilevante le considerazioni sviluppate dalle decisioni che nella prima udienza si fosse o meno si fossero meno svolte attività processuali.

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