Decadenza dell’appellante dalla richiesta di trattazione in presenza e istanza di rinvio avanzata dal difensore

17 Settembre 2025

 La Suprema Corte si è occupata di stabilire il rapporto tra la richiesta di trattazione orale del nuovo difensore (tardiva) e la (successiva) istanza di rinvio dell'udienza.

Massima

La decadenza dell'appellante dalla richiesta di trattazione in presenza comporta l'irrilevanza dell'istanza di rinvio avanzata dal difensore.

Il caso

La Corte di Appello di Trieste confermava la sentenza emessa dal Tribunale di Pordenone che aveva ritenuto l'imputato colpevole del delitto di cui all'art. 495 c.p. (originariamente contestato ai sensi degli artt. 483 c.p. e 76 d.P.R. n. 445/2000).

Contro la decisione proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell'accusato deducendo la violazione di legge in relazione alla celebrazione dell'udienza del 6 novembre 2024 davanti alla Corte di appello di Trieste.

Con il primo deduce il fatto che la Corte d'appello aveva omesso di considerare che il difensore aveva inviato istanza di trattazione orale dell'udienza del 6 novembre 2024 il precedente 1° ottobre 2024 e, quindi, nel termine previsto per legge. Solo il 31 ottobre 2024, poi, aveva potuto inviare la missiva in cui comunicava la sua adesione allo sciopero di categoria, visto che il medesimo era stato nel frattempo indetto.

Per quanto qui di interesse in relazione al motivo di ricorso, la Corte territoriale, all'udienza del 6 novembre 2024, aveva rigettato la richiesta di rinvio, osservando che la presupposta richiesta di trattazione della fase di appello in presenza era tardiva, dal momento che era stata avanzata dal nuovo difensore in un momento successivo alla celebrazione della prima udienza, del 13 dicembre 2023.

Con il secondo motivo eccepisce che, a seguito di quanto sopra riferito, si era verificato il vizio di nullità previsto dagli artt. 420-ter e 178 c.p.p., (v. Cass. pen., n. 35102/2019).

La questione

Quale rapporto sussiste tra la richiesta di trattazione orale del nuovo difensore (tardiva) e la (successiva) istanza di rinvio dell'udienza?

Le soluzioni giuridiche

Il Supremo Consesso ha dichiarato il ricorso infondato e riconosciuto, secondo quanto già sostenuto dalla Corte (da ultimo Cass. pen., sez. VI, 9 luglio 2024, n. 38270) la correttezza della pronuncia emessa dalla Corte d'appello: la decadenza dell'appellante dalla richiesta di trattazione in presenza rende irrilevante l'istanza di rinvio del difensore.

Né per il Collegio, può ritenersi che il mutamento del difensore ed il rinvio del processo a nuova udienza possano condurre alla riapertura del termine di cui l'art. 598-bis, comma 2, c.p.p., vista la chiara lettera della norma, che così recita: «2. L'appellante e, in ogni caso, l'imputato o il suo difensore possono chiedere di partecipare all'udienza. In caso di appello del pubblico ministero, la richiesta di partecipare all'udienza è formulata dal procuratore generale. La richiesta è irrevocabile ed è presentata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione di cui all'articolo 601 o dell'avviso della data fissata per il giudizio di appello. La parte privata può presentare la richiesta esclusivamente a mezzo del difensore. Quando la richiesta è ammissibile, la corte dispone che l'udienza si svolga con la partecipazione delle parti e indica se l'appello sarà deciso a seguito di udienza pubblica o in camera di consiglio, con le forme previste dall'articolo 127. Il provvedimento è comunicato al procuratore generale e notificato ai difensori».

Lettera che riconduce alla prima udienza della fase di appello la richiesta di trattazione in presenza della stessa, a pena di decadenza, e ne sancisce l'irrevocabilità e, quindi, la irretrattabilità da parte anche della Corte d'appello che sulla stessa, o sulla sua mancata proposizione, è chiamato a decidere, fissando le forme del rito.

Osservazioni

Una significativa novità della riforma Cartabia con riferimento alla disciplina di celebrazione del giudizio d'appello, in linea con quanto obbligatoriamente previsto e sperimentato ai tempi del covid, è costituito dalle modalità con le quali si celebra il relativo giudizio.

Fino all'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 il giudizio d'appello poteva svolgersi secondo due modelli: quello pubblico e quello camerale partecipato.

A fronte della riforma Cartabia, l'art. 598-bis c.p.p. introduce la regola secondo la quale la Corte provvede sull'appello in camera di consiglio, e, se non è diversamente stabilito e in deroga all'art. 127 c.p.p., giudica sui motivi, sulle richieste e sulle memorie senza la partecipazione delle parti. Tuttavia, l'appellante e, in ogni caso, l'imputato o il suo difensore possono chiedere di partecipare all'udienza: la richiesta, irrevocabile va presentata, a pena di decadenza, nel termine di quindici giorni dalla notifica del decreto di citazione di cui all'art. 601 c.p.p. o dell'avviso della data fissata per il giudizio di appello. La parte privata può presentare la richiesta esclusivamente a mezzo del difensore (comma 2 prima parte). Dunque, a partire dall'1° gennaio 2023, il giudizio di appello, se non viene presentata l'indicata domanda, si celebra ordinariamente in camera di consiglio, senza la partecipazione delle parti, ai sensi del nuovo art. 598-bis, comma 1, c.p.p. Qualora non venga, dunque, formulata alcuna richiesta di trattazione partecipata del giudizio di appello, la corte, ai sensi dell'art. 598-bis, comma 1, c.p.p., giudica sui motivi, sulle richieste e sulle memorie, senza la partecipazione delle parti. 

Qualora il procedimento di secondo grado non si svolga in camera di consiglio senza o con partecipazione delle parti, il giudizio d'appello si celebra - in via residuale - in pubblica udienza (sicuramente nel caso in cui sia necessaria la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale, su richiesta o d'ufficio).

Ciò premesso, nel caso di specie accadeva che il difensore non formulava nessuna richiesta in merito alle modalità di trattazione dell'udienza.  Dopo la celebrazione di una prima udienza, sostituito il difensore, quest'ultimo avanzava richiesta trattazione partecipata e, successivamente, di rinvio della stessa in considerazione della sua sopravvenuta adesione allo sciopero di categoria. Nonostante le istanze avanzate, la Corte d'Appello decideva in assenza della difesa. Di qui la proposizione del ricorso che la Corte rigetta il ricorso in considerazione del fatto che la mancata richiesta, prevista irrevocabilmente, a pena di decadenza del rito, doveva ritenersi preclusiva di una successiva richiesta di rinvio. Invero, la Cassazione non trascura il fatto che in una precedente decisione, emessa durante la pendenza della disciplina emergenziale per il contenimento della pandemia da Covid-19, aveva dichiarato  che il superamento del termine, perentorio, entro cui dev'essere formulata la richiesta di discussione orale dell'appello, ai sensi dell'art. 23-bis d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, determina il consolidamento della trattazione con forma scritta, con conseguente irrilevanza, nel processo, delle vicende personali dell'imputato e delle ragioni di rinvio della trattazione scritta diverse dalla nullità degli atti introduttivi e, quindi, dalla non corretta instaurazione del contraddittorio (Cass. pen., sez. III, 21 settembre 2023, n. 3, dep. 2024, omissis, Rv. 285696 – 01). Del pari la Sez.  non manca di ricordare la più recente Cass. Sez. V, della Cassazione (Cass. pen., 21 gennaio 2025, n. 10459, omissis, Rv. 287574 – 01) in cui è affermato che, nel giudizio di appello celebrato in conformità alla disciplina emergenziale pandemica, il rinvio d'ufficio a data fissa per ragioni organizzative e senza svolgimento di attività processuale della prima udienza, fissata in camera di consiglio per mancata richiesta di discussione orale, non determina la tardività della richiesta di trattazione orale, formulata dalla parte nel rispetto dei termini di cui all'art. 23-bis, comma 4, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, da calcolare avuto riguardo alla data di rinvio e non a quella originariamente stabilita per l'udienza, posto che, nella concreta fattispecie esaminata da tale pronuncia, non vi era stata alcuna attività del Collegio in udienza, neppure la presa d'atto della mancata richiesta della trattazione orale con la conseguente decisione sul rito da seguire nella prosecuzione del processo.

Per la Cassazione si tratta di decisioni emesse nell'ambito di normative di segno completamente diverse e del resto nella sentenza da ultimo citata il rinvio era stato disposto per motivi puramente organizzativi e non per motivi legati alla celebrazione delle udienze.

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