Riduzione di un sesto per mancata impugnazione della sentenza ordinaria: legittima l’esclusione rispetto all’abbreviato

10 Settembre 2025

La prima sezione penale della Cassazione ha rigettato la richiesta di sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 442, comma 2-bis c.p.p. per contrarietà agli artt. 3 e 111 Cost, nella parte in cui non consente la riduzione di 1/6 all'imputato che, giudicato con il rito ordinario, non abbia proposto appello.

Massima

Non si ravvisa, invero, alcuna violazione dei principi di ragionevolezza ed eguaglianza fra l'imputato che definisce la propria posizione processuale con il rito abbreviato e quello che opta per i rito ordinario sono radicalmente diverse proprio in ragione della diversità del rito prescelto, sicché la riduzione ulteriore per l'imputato che ha optato per il rito speciale deriva da una diversa valutazione di opportunità, effettuata dal legislatore e, quindi, in definitiva, trova la sua ratio in non sindacabili ragioni di politica giudiziaria.

Il caso

Con sentenza del 7 luglio 2023, il Tribunale di Roma ha condannato l'imputato alla pena di due anni e quattro mesi di reclusione e, a seguito della mancata impugnazione, la stessa è divenuta irrevocabile 1'11 dicembre 2023.

Con istanza, diretta al Tribunale di Roma, quale giudice dell'esecuzione, la difesa aveva invocato l'applicazione della riduzione di un sesto della pena inflitta, a norma dell'art. 442, comma 2-bis, c.p.p., introdotto dall'art. 24, comma 1, lett. c), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, in vigore dal 30 dicembre 2022, attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata della citata disposizione, ovvero, in via subordinata, aveva chiesto di sollevarne la questione di legittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3 e 111 Cost. Con il provvedimento in preambolo, il Giudice adito ha dichiarato irrilevante e, comunque, manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 444, comma 2-bis, c.p.p., norma che ha ritenuto non applicabile all'ipotesi dell'imputato giudicato con rito ordinario che non abbia appellato la sentenza, ritenendo non ricorrente nessuna delle condizioni per l'operatività della riduzione premiale invocata. Per tale via, ha implicitamente rigettato le istanze di riduzione della pena e la conseguente sospensione condizionale della stessa.

Contro il provvedimento propone ricorso il condannato, tramite il difensore di fiducia, lamentando la contrarietà dell'art. 442, comma 2-bis c.p.p. agli artt. 3 e 111 Cost, nella parte in cui non consente la riduzione di 1/6 all'imputato che, giudicato con il rito ordinario, non abbia proposto appello. La tesi difensiva riposa sul rilievo che, la mancata applicabilità della norma a tale situazione, nella quale si trova il ricorrente, finirebbe per creare un'ingiustificata disparità di trattamento tra l'imputato che ha optato per il rito abbreviato - che, ove rinunciante all'appello. beneficerebbe di una doppia riduzione di pena (quella di 1/3 derivante dalla scelta del rito premiale e quella di 1/6 per la mancata impugnazione) - e l'imputato che ha definito la propria posizione processuale con il rito ordinario e che, al pari del primo, non ha impugnato la sentenza di condanna, cost assumendo un comportamento processuale collaborativo del tutto analogo a quello del condannato con rito abbreviato. Il Sostituto Procuratore generale, intervenuto con requisitoria scritta ha chiesto la declaratoria d'inammissibilità del ricorso. Il ricorso dev'essere rigettato.

La questione

È possibile l'applicazione costituzionalmente orientata del comma 2-bis dell'articolo 442 del codice di procedura penale introdotto dalla Riforma Cartabia con la lettera c) del comma 1 dell'articolo 24 del d.lgs. n. 150/2022 vale a dire la riduzione di un sesto della pena (prevista in sede di abbreviato) al condannato che non impugna la decisione emessa nell'ambito del processo ordinario?

Le soluzioni giuridiche

La richiesta di sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 442, comma 2-bis c.p.p. per contrarietà agli artt. 3 e 111 Cost, nella parte in cui non consente la riduzione di 1/6 all'imputato che, giudicato con il rito ordinario, non abbia proposto appello è stata rigettata dalla Sez. I.

Per il Collegio, la previsione stabilita limitatamente al rito abbreviato, è stata introdotta esclusivamente con riferimento al rito abbreviato, procedimento speciale a prova contratta, e tale scelta legislativa non appare manifestamente irragionevole, perché ancorata sulla complessiva natura deflattiva del rito premiale, non è in alcun modo sindacabile. Non si ravvisa, invero, alcuna violazione dei principi di ragionevolezza ed eguaglianza. dal momento che le situazioni prese in esame - ovverosia quella dell'imputato che definisce la propria posizione processuale con il rito abbreviato e quello che opta per il rito ordinario -sono radicalmente diverse proprio in ragione della diversità del rito prescelto, sicché la riduzione ulteriore per l'imputato che ha optato per il rito speciale deriva da una diversa valutazione di opportunità, effettuata dal legislatore e, quindi, in definitiva, trova la sua ratio in non sindacabili ragioni di politica giudiziaria. Per la Corte, dunque, la questione di legittimità costituzionale è manifestamente infondata.

Osservazioni

Lo sconto di pena previsto nel caso in cui si venga condannati con rito abbreviato e non si appelli la sentenza di primo grado non supera il vaglio dei giudici di legittimità che decidono appunto di non rinviare alla Consulta la questione di legittimità costituzionale sollevata nell'ambito del ricorso di una persona che, condannata all'esito del rito ordinario, lo invocava in base agli artt. 3 e 111 Cost., ossia ai principi di uguaglianza e del giusto processo.

La Corte di cassazione penale ha riconosciuto la legittimità dell'ordinanza emessa dal Tribunale di Roma con cui veniva respinta l'istanza già proposta in sede di esecuzione.

La Sez. I conferma la ratio su cui riposa il riconoscimento dello sconto premiale di un sesto previsto in caso di mancata impugnazione solo per il giudizio abbreviato, vale a dire solo per chi abbia già optato per lo strumento deflattivo a “prova contratta”, applicato in sede di esecuzione quando la condanna risulti definitiva perché non impugnata in secondo grado né dal difensore né dal condannato, che si cumula con il già  previsto sconto di pena di un terzo applicato direttamente dal giudice di merito.

Muovendo da tale rilievo per la Cassazione non è consentita una riduzione premiale nel caso di “non impugnazione” della decisione emessa all'esito del rito ordinario.

Come è noto con la riforma Cartabia, nel contesto delle varie modifiche che sono state introdotte, una particolarmente significativa riguardava le implicazioni della mancata impugnazione da parte dell'imputato della decisione di condanna emessa all'esito del rito abbreviato. Segnatamente l''art. 442 c.p.p. è stato modificato e attualmente prevede che quando l'imputato o il suo difensore non propongono impugnazione contro la sentenza di condanna, la pena irrogata è ulteriormente ridotta nella misura di un sesto dal giudice dell'esecuzione.

Dunque, si prevedeva in particolare che questa mancata attività difensive, determinasse un ulteriore sconto di pena a favore del soggetto che aveva rinunciato a proporre gravame.

È pacifico che, come ha indicato la stessa Sez. I, essa discende da una precisa scelta legislativa, ancorché se ne poteva discutere, si poteva ragionare, ciò, quell'opzione in termini di opportunità e di “razionalità” del sistema, anche in relazione alla legalità, cioè al fatto che per un determinato reato deve essere applicata una certa pena. Ora, allo sconto di un terzo per l'accesso al rito abbreviato, si aggiunge un ulteriore sconto sulla base della non contestazione della sentenza di condanna. Ma questa previsione solleva, oltre alle riserve in sé, qualche ulteriore elemento riflessivo in ordine al rito ordinario, perché l'imputato condannato in primo grado che avesse deciso di non appellare non può godere dello sconto di pena. La questione, in altri termini, non attiene tanto alla disparità di trattamento -negata ora, giustamente, dalla Corte- ma certamente palesa una incerta linearità o a-sistematicità sotto il profilo trattamentale, tanto più tenuto conto del fatto che nell'ambito dell'appello ordinario, l'imputato impugnante può subire la reformatio in peius, a fronte dell'appello del P.M., mentre quel vincolo non opera nel caso d'appello proposto avverso la sentenza emessa a seguito del rito contratto ex art. 438 e ss. c.p.p.

Peraltro, l'irrazionalità del sistema discende, sul piano pratico, dalla constatazione che, mentre l'imputato che ha goduto dello sconto di pena tende a non impugnare per poter godere del segnalato beneficio, quello che ha, all'esito del processo ordinario, subito la pena “intera” ha tutto l'interesse ad impugnare la decisione tanto per ottenere la sua riduzione, quanto per protrarne l'esecuzione.

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