Elargizioni liberali e assegno di mantenimento

08 Settembre 2025

Nella determinazione del quantum dell’assegno di mantenimento, devono ritenersi irrilevanti le elargizioni a titolo di liberalità effettuate da familiari o terzi, salvo che si traducano in un incremento patrimoniale solido, stabile e impattante, come nel caso delle donazioni immobiliari.

Massima

Le elargizioni liberali effettuate da familiari o da terzi, anche se sistematiche e regolari, sono irrilevanti ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento, in quanto frutto di una volontà sempre revocabile e stante la natura liberale delle stesse, che non permette di considerarle reddito in senso proprio ai sensi dell'art. 156 comma 2 c.c. Diversamente devono inquadrarsi gli incrementi patrimoniali una tantum, conseguenti alle donazioni di immobili, ricompresi nella voce delle “circostanze” rilevanti in conformità con l'art. 156 comma 2 c.c.

Il caso

L’iter processuale che ha condotto in Cassazione nasce da una domanda di separazione personale dei coniugi, avanzata presso il Tribunale di Siracusa. Il procedimento di primo grado si concludeva con il rispettivo rigetto della domanda di addebito formulata da entrambi i coniugi, e con la previsione di un assegno di mantenimento a carico del marito ed in favore della moglie.

Verso tale sentenza proponeva appello principale il marito, rilevando doglianze circa il rigetto della richiesta di addebito della separazione a carico della moglie, per abbandono del tetto coniugale e circa la disposizione di un assegno di mantenimento in capo al medesimo. La coniuge presentava appello incidentale, lamentandosi del rigetto della domanda di addebito a carico del marito, per violazione dei doveri coniugali e chiedendo, altresì, una rettifica in melius del quantum dell’assegno di mantenimento in suo favore.

L’adita Corte d’Appello di Catania respingeva l’appello principale ed accoglieva l’appello incidentale, dichiarando la separazione personale addebitabile al marito, ed aumentando la misura quantitativa dell’assegno di mantenimento in favore della moglie.

Avverso la suddetta pronuncia, il marito soccombente proponeva ricorso per Cassazione affidato a dodici motivi. La moglie resisteva con controricorso.

La questione

L'oggetto del dibattito risolto dalla Corte, verte sull'analisi di un aspetto, che può sorgere nel merito del reddito utile per la quantificazione dell'assegno di mantenimento. Poniamo il caso in cui un coniuge riceva, anche sistematicamente, delle somme di denaro dalla famiglia originaria; tanto premesso, viene spontaneo interrogarsi sul come debbano essere correttamente inquadrate tali cifre ricevute e, per quanto in questione, se le stesse possano, o meno, essere considerate reddito personale ai sensi dell'art. 156 c.c.

E nel caso in cui il coniuge riceva, non tanto delle somme di denaro, quanto un immobile da un familiare per donazione, le conseguenze, gli effetti e l'inquadramento seguono lo stesso percorso?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 156 c.c. disciplina una misura di natura assistenziale, ed eventuale, che sorge qualora venga accertata giudizialmente sia l'intollerabile prosecuzione della convivenza tra i coniugi, sia l'impossibilità, per il “coniuge debole”, di conservare il medesimo tenore di vita goduto durante la vita matrimoniale.

Nelle situazioni in cui viene acclarato giudizialmente con valore costitutivo l'an, il problema si pone, consequenzialmente, in relazione al quantum dell'assegno di mantenimento.

A rispondere al quesito è lo stesso comma 2 dell'art. 156 c.c., che chiarisce, infatti, che l'entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell'obbligato”.

Sul punto, il giudice del merito deve quindi valutare il reddito netto del coniuge, tenendo, altresì, in considerazione altri fattori apprezzabili in termini economici, tra cui la capacità patrimoniale, eventuali proprietà mobiliari e immobiliari, eventuali beni in possesso, anche di proprietà di terzi, di cui dispone in maniera continuativa (v. Cass. civ., sez. VI, ord., n. 1129/2022).

Visti gli spazi grigi della norma e la diffusa conflittualità dei coniugi in tale ambito, in plurime occasioni, la Corte di cassazione è intervenuta al fine di dirimere contrasti, e chiarificare il concetto di reddito e di circostanze utile ai sensi dell'art. 156 comma 2 c.c.

Per tramite dell'Ordinanza n. 17037/2025, la Suprema Corte stabilisce come correttamente inquadrare le eventuali elargizioni ricevute da familiari o da terzi, nella determinazione dell'assegno di mantenimento. La pronuncia, avallando e riprendendo il recente orientamento maggioritario, sigla l'irrilevanza delle elargizioni a titolo di liberalità ricevute dai propri genitori o da terzi, anche se regolari e continuate, non rientrando le stesse nel concetto di reddito espresso dall'art. 156 comma 2 c.c.

La Cassazione, partendo dal leading case in materia (Cass. civ., sez. I, sent., n. 10380/2012), ripercorre l'evoluzione che ha caratterizzato tale argomento e gli orientamenti che si sono susseguiti, con riguardo al coniuge che pretenda tale diritto.

  • Primo orientamento maggioritario (v. Cass. n. 5916/1996 in tema di separazione, nonché Cass. n. 278/1977, n. 358/1978, n. 497/1980, n. 1477/1982, n. 4158/1989 in tema di divorzio):

Favorevole a ricomprendere nel concetto di reddito o circostanza ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento, le elargizioni liberali di familiari o terzi, ove continue e regolari.

  • Secondo orientamento maggioritario (v. Cass. n. 11224/2003, n. 6200/2009 in tema di separazione, nonché Cass. n. 4617/1998, n. 7601/2011 in tema di divorzio):

Contrario a ricomprendere nel concetto di reddito o circostanza ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento, le elargizioni liberali di familiari o terzi, stante la natura liberale delle stesse.

La menzionata pronuncia del 2012 è conforme all'orientamento intervenuto e, tramite la medesima, viene parificata la posizione del coniuge richiedente l'assegno e la posizione del coniuge obbligato, e viene siglata, a chiare lettere, l'irrilevanza delle elargizioni liberali da parte di familiari, siano anch'esse regolari e costanti, ai fini del quantum dell'assegno.

La ratio della pronuncia risiede nella valorizzazione del carattere liberale di tali contributi che, stante la loro natura non obbligatoria, non sono legittimati a rientrare nel calcolo della capacità patrimoniale del coniuge utile ex art. 156 c.c.

L'Ordinanza in analisi riconferma e cristallizza tale orientamento, facendo leva sul carattere liberale e non obbligatorio delle elargizioni, dal momento che le stesse non contemplano la nascita di un diritto, e pertanto di un reddito, nel soggetto che le riceve. Altresì, viene evidenziato come le stesse, sebbene possano potenzialmente incrementare la disponibilità patrimoniale della parte che le ottiene, essendo frutto di una volontà sempre revocabile, non possano costituire reddito in senso proprio.

Dopo aver risolto il primo quesito, occorre comprendere se la Corte riservi le stesse deduzioni e implicazioni, anche per le ipotesi di donazioni immobiliari.

La risposta è negativa; i giudici di legittimità, infatti, distinguono nettamente le due situazioni di liberalità, incentrandosi sui differenti effetti sostanziali delle medesime.

Gli effetti di una donazione di immobili, difatti, vengono assimilati alle conseguenze di un acquisto iure successionis, stante il valore e la stabilità patrimoniale. Secondo la Corte, nel momento in cui il coniuge riceva, da un familiare, un immobile in donazione, l'incremento patrimoniale che vi sussegue è ingente, stabile e definitivo, tale per cui, deve ritenersi rilevante ai fini dell'art. 156 comma 2 c.c., rientrando nel concetto di “circostanze”.

Nel caso concreto, in applicazione di quanto detto, la Suprema Corte ritiene infondato il motivo di doglianza del marito, donatario di un immobile da parte della madre, che lamentava un mal governo da parte dei giudici del merito, dei principi espressi circa l'irrilevanza delle elargizioni di terzi, ai fini della determinazione dell'assegno di mantenimento. Gli Ermellini hanno confermato la posizione del merito che, correttamente, aveva tenuto conto della donazione immobiliare visto il valore e la solidità della stessa, nella ricostruzione della situazione patrimoniale del coniuge.

Osservazioni

A parere di chi scrive, la recente pronuncia in analisi si presta ad una serie di perplessità; sembrerebbe, infatti, aprire le porte a possibili disparità di trattamento tra i coniugi.

Non si comprende, fino in fondo, quale sia il valore che i giudici della legittimità conferiscono al dettato dell'art. 156 c.c., e alle “circostanze e ai redditi” menzionati dalla norma. Un tale lasco sostantivo quale “circostanze”, non parrebbe adattarsi all'interpretazione rigida e differenziata adottata, in questa sede, dagli Ermellini.

Evidenziando le indeterminate “circostanze” che menziona la norma, parrebbe più conforme, al fine di garantire un equo trattamento tra i coniugi, dare rilievo agli effetti che si producono sulla capacità patrimoniale della parte, in seguito agli atti di liberalità. Adottare, quindi, come elemento di distinzione tra ciò che è, o meno, rilevante ai fini del quantum dell'assegno di mantenimento, la regolarità, la sistematicità, oltre al valore delle elargizioni.

Escludere ex se le elargizioni di familiari o di terzi, benché continuative e di valore, non tiene conto del naturale e conseguente incremento patrimoniale che si verifica in funzione delle stesse, e non riconosce la ratio sottesa all'art. 156 comma 2 c.c.

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