ICI e abitazione principale: incostituzionalità del requisito della dimora dei familiari del contribuente. Commento alla sentenza n. 112/2025 della Corte Costituzionale

28 Agosto 2025

La Corte costituzionale, (su istanza di due ordinanze delle Sezioni Unite della Cassazione), con la sentenza n. 112 del 2025, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, d.lgs. n. 504/1992 (norma istitutiva dell’ICI), nella parte in cui subordina l’esenzione per abitazione principale alla dimora abituale non solo del contribuente, ma anche dei suoi familiari.

La decisione interviene su un orientamento giurisprudenziale consolidato, ma ritenuto lesivo dei principi di eguaglianza, capacità contributiva e tutela della famiglia (artt. 3, 53, 29 e 31 Cost.).

In linea con la precedente sentenza n. 209/2022 in tema di IMU, la Consulta chiarisce che l’esenzione si fonda su criteri oggettivi e personali riferiti al possessore, e non al nucleo familiare, ponendo fine a disparità applicative e potenziali discriminazioni tra coppie sposate e non coniugate.

Massima

È costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3,29,31 e 53 Cost., l'art. 8, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (come modificato dalla l. 27 dicembre 2006, n. 296), nella parte in cui subordina l'esenzione ICI per l'abitazione principale anche alla dimora abituale dei familiari del contribuente: l'agevolazione spetta quando l'immobile costituisce dimora abituale del contribuente-possessore, a prescindere dalla dimora dei suoi familiari; in continuità con i principi affermati dalla Corte cost. n. 209/2022 in tema di IMU.

Il caso

La sentenza n. 112/2025 decide, su rinvio delle Sezioni Unite della Cassazione (ord. reg. nn. 244 e 245 del 15 ottobre 2024), le questioni di legittimità dell'art. 8, comma 2, d.lgs. 504/1992 (ICI), in relazione all'esenzione ICI per l'“abitazione principale”, nella parte in cui richiedeva la dimora abituale anche dei familiari ai fini dell'esenzione per l'“abitazione principale”.

Primo giudizio (Comune di Desenzano del Garda): ricorso per cassazione dell'ente avverso la sentenza della CTR Lombardia, sezione staccata di Brescia, che aveva confermato l'accoglimento, in primo grado, del ricorso della contribuente contro tre avvisi di accertamento ICI per le annualità 2009-2011. L'immobile era in comproprietà al 50% della contribuente e del coniuge; il coniuge, non legalmente separato, aveva trasferito la residenza anagrafica in diverso immobile posto in altro Comune, facendo presumere la coesistenza nel medesimo immobile anche della dimora abituale, circostanza posta a base del disconoscimento dell'esenzione da parte del Comune, richiedendo la norma il requisito anche sui familiari.

Secondo giudizio (Comune di Pietrasanta): ricorso per Cassazione dell'ente avverso la sentenza della CTR Toscana, che in controversia su tre avvisi di accertamento ICI 2009-2011 per infedele dichiarazione, aveva accolto l'appello del contribuente. L'ente impositore ha chiesto di interpretare l'art. 8, comma 2, nel senso che, per l'agevolazione ICI, la dimora abituale debba riguardare anche i familiari del contribuente.

In entrambi i procedimenti, dunque, il punto fattuale comune è la richiesta di esenzione/agevolazione ICI per abitazione principale in presenza di coniugi con dimore non coincidenti, con contestazione degli enti locali circa la mancata dimora dell'intero nucleo familiare nell'immobile del contribuente.

La questione

Si pone qui il tema della compatibilità del requisito della “dimora dei familiari” con i principi costituzionali.

Le Sezioni Unite chiedono se l'art. 8, comma 2, d.lgs. 504/1992 – che definisce “l'abitazione principale” richiedendo contestualmente la dimora abituale del contribuente e dei suoi familiari, contrasti con gli artt. 3,53,29 e 31 Cost., specie nei casi di coniugi che dimorano stabilmente in immobili diversi.

Il dubbio sorge in particolare sul fatto che un'esenzione su un'imposta reale possa dipendere o meno dallo status familiare: poiché l'ICI è tributo “reale”, fondato su elementi oggettivi del bene, ci si interroga infatti se sia legittimo subordinare l'agevolazione a un profilo soggettivo (convivenza/dimore del nucleo), invece che alla sola dimora del possessore.

Si è inoltre in presenza di un orientamento consolidato della Cassazione (norme agevolative di stretta interpretazione e richiesta di dimora anche dei familiari) e pertanto la questione è di particolare delicatezza, specie nella decisione da parte della Suprema Corte, che si è trovata a dover scegliere se leggere la norma in senso conforme oppure sollevare la questione di legittimità, valutando la possibile esistenza di uno spazio di interpretazione costituzionalmente orientata, pur in presenza di norme di “diritto vivente” che precluderebbero tale opportunità.

Occorre però sottolineare che medesima questione fu già oggetto di valutazione e decisione in tema di IMU, (Corte cost. n. 209/2022), che dichiarò l'illegittimità della previsione normativa, tracciando però un solco tra le due discipline impositive. È parso pertanto necessario valutare la possibilità di uniformare anche la disciplina ICI i principi già affermati in materia di IMU, anche in ragione della continuità di ratio tra i due tributi.

L'oggetto preciso del dubbio sollevato attiene al riferimento normativo alla dimora abituale del contribuente, che il testo normativo aveva esteso anche ai familiari: su tale punto la Cassazione rimette nelle mani dei giudici costituzionali la questione.

Le soluzioni giuridiche

La Corte investita ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 8, comma 2, d.lgs. n. 504/1992 (come modificato dall'art. 1, comma 173, lett. b, Legge n. 296/2006), nella parte in cui richiede anche la “dimora abituale dei familiari” per fruire dell'esenzione ICI dell'abitazione principale: l'esenzione spetterebbe pertanto quando l'immobile costituisce dimora abituale del solo contribuente-possessore.

Di seguito i contenuti essenziali della motivazione.

Secondo la Corte, la norma censurata viola l'art. 3 Cost. perché disciplina in modo irragionevolmente diverso situazioni omogenee, legando l'esenzione a un requisito soggettivo (convivenza familiare) estraneo alla natura del tributo.

Poiché, come l'IMU, anche l'ICI è un'imposta “reale”, (presupposto: possesso/diritto reale sull'immobile), il trattamento di favore deve agganciarsi a elementi oggettivi dell'immobile, (residenza anagrafica e dimora del contribuente), non allo status familiare.

La previsione che include i “familiari” non rappresenta criterio idoneo a selezionare gli immobili effettivamente adibiti ad abitazione principale del contribuente.

La disposizione così formulata, inoltre, sarebbe in contrasto anche con gli artt. 29 e 31 Cost., perché finisce per penalizzare il coniugato non convivente, rispetto al single o a chi non è coniugato.

La Corte riscrive dunque la definizione normativa, specificando che per abitazione principale si intende quella nella quale il “contribuente dimora abitualmente”, (senza riferimento ai familiari), e chiude con la formula di accoglimento nel dispositivo.

La decisione, si fonda principalmente sui seguenti aspetti giuridici:

  • Natura e ratio dell'agevolazione: la finalità extrafiscale dell'agevolazione, (favorire il risparmio dei cittadini verso la proprietà della prima casa), emerge già nella giurisprudenza costituzionale in tema IMU ed è richiamata anche qui per l'ICI: il beneficio spetta a chi “dimora abitualmente” nella propria abitazione, non al nucleo familiare come tale.
  • Imposta reale e capacità contributiva (art. 53 Cost.): l'ICI, al pari dell'IMU, è imposta reale, perciò l'aggancio a relazioni familiari risulta irragionevole anche alla luce dell'art. 53 (capacità contributiva), che impone criteri coerenti col bene e con l'utilizzo (dimora) che il possessore ne fa.
  • Eguaglianza e non discriminazione (art. 3 Cost.): l'obbligo di dimora dell'intero nucleo introduce una disparità rispetto al contribuente single o a coniugi con residenze disgiunte per ragioni lavorative/assistenziali, senza nesso con lo scopo dell'agevolazione.
  • Tutela della famiglia (artt. 29 e 31 Cost.): la clausola “familiari” finisce per penalizzare la famiglia quando non vi è coabitazione, in contrasto con la funzione promozionale (non punitiva) dei precetti costituzionali sulla famiglia.
  • Ratio del riferimento ai “familiari” e mutamento sociale: la Corte riconosce che l'originaria menzione ai “familiari” mirava ad evitare doppi benefici in caso di fittizie doppie dimore dei coniugi; ma, alla prova delle moderne dinamiche abitative e lavorative, quel filtro non è più proporzionato e colpisce anche situazioni genuine di coniugi con dimore distinte.

La pronuncia supera l'orientamento restrittivo consolidato della giurisprudenza, (esclusione del beneficio in assenza di dimora/residenza del nucleo), riaffermando che il controllo anti-abuso va svolto sulla dimora effettiva del possessore e non mediante un automatismo pro-convivenza.

Osservazioni

La decisione della Corte costituzionale appare pienamente condivisibile, oltre che coerente sul piano sistematico.

Una volta che, con la sentenza n. 209/2022, la Consulta aveva già chiarito come l'esenzione IMU per l'abitazione principale non potesse dipendere dalla dimora dei familiari, era auspicabile che lo stesso principio venisse esteso anche all'ICI, sua diretta antenata sotto il profilo strutturale e funzionale.

L'unitarietà della ratio impositiva tra ICI e IMU, infatti, non consente che si mantengano, per due tributi tanto simili, criteri agevolativi differenti: la capacità contributiva espressa dalla residenza e dalla dimora abituale del contribuente-possessore è un elemento oggettivo, che deve valere indipendentemente dalla composizione o dalle dinamiche del nucleo familiare.

Si tratta in entrambi i casi di imposte “reali”, medesima ratio dell'agevolazione sulla prima casa, medesimo ancoraggio ad elementi oggettivi, (residenza anagrafica e dimora del possessore), e non allo status familiare. La stessa sentenza valorizza espressamente la necessaria continuità ICI–IMU, ribadita anche in precedenti posizioni della Corte e nella giurisprudenza di legittimità.

La sentenza ha il merito ulteriore di ristabilire un principio di parità di trattamento tra situazioni nella sostanza identiche, ma che fino a oggi ricevevano risposte giuridiche diverse: basti pensare alla disparità fra coniugi che non convivono per ragioni personali o lavorative (che potevano vedersi negata l'esenzione) e coppie non coniugate, prive del requisito della “familiarità” ai fini fiscali, ma che invece ne beneficiavano. Una discriminazione che ora viene finalmente superata.

Il requisito della “dimora dei familiari” produceva, infatti, una disparità irragionevole e discriminatoria, specie per coniugi stabilmente domiciliati in luoghi diversi per lavoro o assistenza a familiari quali genitori anziani o simili: la Corte lo afferma chiaramente richiamando gli articoli costituzionali 3, 29 e 31.

Resta, tuttavia, l'esigenza di trovare un giusto equilibrio tra equità e contrasto agli abusi: se è corretto escludere automatismi legati alla convivenza familiare, non si può negare che esistano situazioni di residenze “strumentali”, (talvolta fittizie), finalizzate a ottenere un doppio beneficio fiscale per lo stesso nucleo.

È il caso, ad esempio, di coniugi che risiedono formalmente in due immobili distinti (magari la seconda casa al mare), beneficiando entrambi dell'esenzione come “prima casa”, in contrasto con lo spirito della norma.

È dunque auspicabile che, pur nel rispetto della pronuncia della Corte, il legislatore e gli enti impositori rafforzino i presìdi anti-abuso, valorizzando strumenti istruttori più raffinati e circostanze oggettive (utenze, consumi, permanenza effettiva) per distinguere tra comportamenti legittimi e condotte elusive.

La certezza del diritto non va confusa con l'automatismo del beneficio: la tutela dell'equità orizzontale tra i contribuenti richiede, oggi più che mai, attenzione sia al principio, sia al contesto applicativo.

Senza reintrodurre il requisito familiare, infatti, si potrebbero prevenire abusi nel perimetro indicato dalla Corte, mantenendo il “focus” sul possessore e sugli elementi oggettivi dell'immobile.

Alcuni di questi potrebbero essere:

- l'unicità del beneficio per persona (non per nucleo): nessun contribuente può fruire di due abitazioni principali nello stesso periodo d'imposta; in caso di seconda “prima casa”, prevedere un onere probatorio “rafforzato” sulla dimora abituale;

- applicare indicatori oggettivi di dimora: stabilità dell'utenza domestica e dei consumi, medico di base, domicilio fiscale, contratti di lavoro/trasferte, percorrenze abituali ecc…;

- adottare presunzioni semplici: se due coniugi indicano abitazioni principali diverse nello stesso Comune o in comuni limitrofi, potrebbe operare la presunzione di “non effettività” superabile con una richiesta di prova qualificata;

- incrocio di banche dati: anagrafe–catasto–utenze possono fornire un quadro effettivo della dimora dell'utente.

Riferimenti

D. Degani, Esenzione ICI “prima casa” anche nell’ipotesi di residenze diverse del nucleo familiare, in Il Fisco, 2017, 36, 3488 ss. (lettura favorevole alla centralità della dimora del possessore).

G. Glendi, Agevolazione ICI/IMU per abitazione principale e separazione di fatto dei coniugi, in Corr. trib., 2018, 37, 2850 ss.

G. Piccolo, Agevolazioni ICI limitate a una sola abitazione principale anche se il nucleo familiare è “scisso”, in Il Fisco, 2015, 40, 3892 ss.

A. Doria – R. Troisi, Il nucleo familiare alla prova del sistema tributario. Nota a Corte cost. n. 209/2022, in Osservatorio AIC, 2023

E. Tomassini, La Corte costituzionale fa chiarezza sui presupposti di fruizione dell’IMU sull’abitazione principale, in Giurcost (note a sent. n. 209/2022).

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