Sgravi contributivi e assetto proprietario

27 Agosto 2025

Il presente commento analizza l’ordinanza n. 15056/2025 della Corte di Cassazione, la quale affronta due temi centrali: la nozione di “assetto proprietario coincidente” tra società ai fini dell’accesso agli sgravi contributivi ex art. 8, comma 4-bis, l. 223/1991, e le condizioni per l’esenzione contributiva delle indennità di trasferta. La Cassazione adotta una interpretazione ampia della coincidenza degli assetti proprietari e ribadisce che l’esclusione degli sgravi richiede un accertamento sostanziale da parte del giudice. In materia di trasferte, il datore di lavoro deve dimostrare i presupposti di legge per l’esenzione contributiva, che va accertata in concreto.

Massima

In tema di sgravi contributivi ex art. 8, comma 4-bis, l. n. 223/1991, la condizione ostativa dell'assetto proprietario coincidente tra società che licenzia e società che riassume i lavoratori va intesa in senso ampio, ricomprendendo anche collegamenti di fatto (come legami familiari o di amicizia tra soci, medesima sede e attività), e non solo quelli tipizzati dall'art. 2359 c.c.; spetta al giudice di merito verificare la sostanziale novità del contesto aziendale per escludere intenti elusivi della normativa.          
In materia di indennità di trasferta, ai fini dell'esenzione contributiva, è onere del datore di lavoro dimostrare che ricorrono i presupposti stabiliti dall'art. 51, d.P.R. n. 917/1986; le somme erogate concorrono a formare reddito salvo specifiche eccezioni, e la Corte d'appello deve accertare concretamente l'ammontare e la natura delle indennità corrisposte.

Il caso

La controversia oggetto dell'ordinanza n. 15056/2025 trae origine da una complessa operazione societaria che ha coinvolto due distinte società, in un contesto di crisi aziendale e di riorganizzazione delle attività. La società Alfa S.r.l., operante nel settore dei servizi, aveva proceduto al licenziamento collettivo di un gruppo di lavoratori, successivamente riassunti da Beta S.r.l., attiva nello stesso ambito e nello stesso territorio. A seguito dell'assunzione dei lavoratori provenienti da Alfa S.r.l., Beta S.r.l. aveva richiesto all'INPS il riconoscimento degli sgravi contributivi previsti dall'art. 8, comma 4-bis, l. 223/1991. L'INPS aveva tuttavia negato il beneficio, ritenendo che tra le due società sussistessero assetti proprietari sostanzialmente coincidenti e che l'operazione fosse finalizzata non ad un reale incremento occupazionale, ma ad una mera prosecuzione dell'attività sotto diversa ragione sociale.

Inoltre, l'INPS, in via incidentale, aveva lamentato che la Corte d'Appello non avesse svolto un adeguato accertamento sulle modalità e sull'ammontare delle indennità di trasferta riconosciute ai lavoratori, che sono soggette a contribuzione previdenziale salvo il rispetto delle condizioni e dei limiti posti dall'art. 51, commi 5 e 6, d.P.R. n. 917/1986. L'ente previdenziale ha dedotto che il giudice di merito avrebbe dovuto verificare in concreto la natura delle somme corrisposte, il rispetto dei limiti di non imponibilità e la genuinità delle trasferte effettuate, in ossequio ai principi affermati dalla Corte di Cassazione.

Quindi, i punti centrali in discussione erano: se la presenza di assetti proprietari e gestionali coincidenti (anche tramite legami familiari) escluda il diritto agli sgravi, e se le indennità di trasferta siano sempre esenti da contribuzione o richiedano un accertamento concreto sulle modalità e sull'importo.

Dunque, la Società ricorrente in Cassazione, avverso la sentenza di appello, aveva riassunto il personale precedentemente assunto da altra società ricollegabile per assetti societari alla prima. A tal proposito la Corte ha invece affermato che le società coinvolte nei licenziamenti e in successive assunzioni presentavano assetti proprietari coincidenti, criterio che escludeva la possibilità di beneficiare degli sgravi contributivi previsti dalla legge. La società ricorrente aveva sostenuto che la coincidenza degli assetti societari si sarebbe dovuta valutare secondo i dettami dell'art. 2359 c.c. e non su una nozione più ampia comprensiva anche di legami di familiarità.

La S.C., invece, si è attestata su un avviso differente.

Infatti: «In base alla giurisprudenza di questa Corte, la condizione dell'assetto proprietario coincidente è nozione più ampia di quella definita dall'art. 2359 c.c. Si è, infatti, chiarito che mediante il richiamo al "rapporto di collegamento o controllo", la legge non intende riferirsi soltanto ai rapporti tipizzati dall'art. 2359 c.c. (in ultimo, Cass. n. 2528/2025; Cass. n. 20504/2018).  La condizione ostativa individuata dalla norma di legge può, dunque, essere il risultato di un accertamento di merito che esclude la novità del contesto aziendale da una serie di indici, tra questi anche le relazioni familiari (e perfino di amicizia) tra i soci delle due entità se finalizzate all'ideazione di operazioni coordinate di ristrutturazione comportanti il licenziamento da parte di un' impresa e l'assunzione di lavoratori da parte dell'altra.» (cit. sentenza in oggetto). 

Si precisa sul punto che gli elementi di fatto valorizzati dalla Corte territoriale includevano:

  • La stretta familiarità tra i soci delle società coinvolte.
  • Il fatto che la socia di maggioranza di una delle società fosse appena diciottenne.
  • La coincidenza della sede e dell'attività esercitata dalle società in questione.
  • Un'unitarietà gestionale finalizzata a realizzare un'operazione di licenziamento e successiva assunzione priva di reale incidenza positiva sul piano occupazionale, e quindi contraria alla ratio degli sgravi contributivi.

La società ricorrente ha contestato dunque questa valutazione, sostenendo che la coincidenza degli assetti societari si sarebbe dovuta valutare secondo i parametri più restrittivi dell'art. 2359 c.c., e non su una nozione più ampia comprensiva anche di legami di familiarità o altri elementi sostanziali. Per maggior chiarezza si riporta di seguito la norma:

«Sono considerate società controllate:

1) le società in cui un'altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell'assemblea ordinaria;

2) le società in cui un'altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un'influenza dominante nell'assemblea ordinaria;

3) le società che sono sotto influenza dominante di un'altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa.

Ai fini dell'applicazione dei numeri 1) e 2) del primo comma si computano anche i voti spettanti a società controllate, a società fiduciarie e a persona interposta: non si computano i voti spettanti per conto di terzi.

Sono considerate collegate le società sulle quali un'altra società esercita un'influenza notevole. L'influenza si presume quando nell'assemblea ordinaria può essere esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in mercati regolamentati.» (cit. art. 2359 c.c.)

La questione

Nell'ordinanza in commento è possibile isolare due questioni giuridiche, una principale e una incidentale.

La questione principale riguarda la corretta interpretazione dei requisiti per il riconoscimento degli sgravi contributivi ex  art. 8, comma 4-bis, l. n. 223/1991 (norma ora abrogata) nel caso di assetti societari coincidenti tra società che hanno licenziato e società che hanno riassunto i lavoratori. Tale disposizione prevede, infatti, che l'agevolazione sia esclusa qualora “i lavoratori siano stati collocati in mobilità, nei sei mesi precedenti, da parte di impresa dello stesso o di diverso settore di attività che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli dell'impresa che assume ovvero risulta con quest'ultima in rapporto di collegamento o controllo” (Cfr. art. 8, comma 4-bis, l. 223/1991).

Invece, la questione incidentale si focalizza sulla verifica delle condizioni per l'esenzione dalla contribuzione delle somme erogate a titolo di indennità di trasferta ai sensi dell'art. 51, commi 5 e 6, d.P.R. n. 917/1986, che richiede un accertamento concreto delle modalità e dell'ammontare delle somme stesse.

La Corte di cassazione ha dunque dovuto valutare se la nozione di “assetto proprietario coincidente” debba essere intesa in senso ampio o stretto, nonché se sia stato correttamente escluso l'obbligo contributivo sulle indennità di trasferta senza averne verificato modalità e limiti di erogazione.

Le soluzioni giuridiche

Preliminarmente è necessario osservare che gli sgravi contributivi in caso di assunzione di lavoratori licenziati da altre società non spettano quando tra le società coinvolte esistano assetti proprietari sostanzialmente coincidenti o rapporti di collegamento o controllo, anche tramite elementi sostanziali, come legami familiari o unitarietà gestionale. La giurisprudenza ha chiarito che la nozione di “coincidenza sostanziale degli assetti proprietari” deve essere interpretata in senso ampio e non meramente formale, includendo non solo i rapporti tipizzati dall'art. 2359 c.c., ma anche tutti quei collegamenti di fatto, quali legami familiari, rapporti di amicizia e unitarietà gestionale, che consentano di ritenere che le due società agiscano come un unico soggetto economico (Cfr. Cass., 3 aprile 2024, n. 8786; Cass., 15 giugno 2023, n. 17214; Cass., 31 dicembre 2024, n. 35138; Cass., 24 febbraio 2022, n. 6194; Cass., 30 maggio 2025, n. 14600). Inoltre, la verifica della sussistenza di un'effettiva novità dell'assetto aziendale e della non elusività dell'operazione è demandata al giudice di merito, il quale deve valutare nel loro complesso tutti gli indici sintomatici della permanenza della struttura preesistente, con un accertamento di tipo sostanziale e non atomistico (Cfr. Cass., 15 giugno 2023, n. 17214; Cass., 3 aprile 2024, n. 8786).

La normativa di riferimento è (ora) l'art. 31 d.lgs. 150/2015, che pone l'esplicita esclusione:

«d) gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che sono stati licenziati nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenta assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume o utilizza in somministrazione, ovvero risulta con quest'ultimo in rapporto di collegamento o controllo;»

Il tema verte dunque intorno all'interpretazione di cosa si debba intendere per rapporto di collegamento o controllo. Il fatto che la norma non rimandi espressamente all'art. 2359 c.c. fa supporre che la locuzione “rapporto di collegamento o controllo sia più ampia di quella prevista dalla norma civilistica, che d'altronde, definisce solamente cosa sia il “controllo” societario. Viene dunque adottata dal legislatore una nozione necessariamente sostanziale, interpretata dalla giurisprudenza come  comprensiva di collegamenti di fatto, legami familiari e unitarietà gestionale. La evidente ratio è evitare elusioni della normativa sugli sgravi mediante operazioni meramente formali tra società che, in realtà, agiscono come un unico soggetto economico, in coerenza anche con la disciplina dell'Unione Europea che subordina la concessione degli aiuti ad un “incremento occupazionale netto” (Cfr. Cass., 15 giugno 2023, n. 17214; Reg. UE n. 651/2014).

Per tali ragioni, la Corte di Cassazione ha confermato che, in presenza di assetti  proprietari e gestionali sostanzialmente coincidenti tra la società che ha licenziato i lavoratori e quella che li ha riassunti (anche tramite legami familiari e unità gestionale), non spetta il diritto agli sgravi contributivi exart. 8, comma 4-bis, l. 223/1991.

Il tema si ricollega quindi al problema legato alle indennità di trasferta dal momento che queste – come arcinoto – sono esenti da contribuzione previdenziale, pur nei limiti di non imponibilità e purché le trasferte siano genuine. A tal proposito, la Corte di cassazione ha ribadito che tali indennità non sono automaticamente escluse dalla base imponibile ai fini della contribuzione, in quanto occorre che il giudice di merito verifichi in concreto le modalità e l'entità delle somme erogate rispetto ai limiti previsti dalla legge. Nel caso di specie, invece, il giudice di merito «ha omesso di accertare la concreta entità e le modalità delle indennità di trasferta, che possono concorrere a formare reddito e quindi sono soggette a contribuzione in base ai limiti di legge»

Tanto descritto, si possono dunque isolare due principi di diritto nella decisione oggetto del commento.

In presenza di assetti societari sostanzialmente coincidenti tra società che licenziano e società che assumono, la Cassazione esclude la possibilità di fruire degli sgravi contributivi ex art. 8, comma 4-bis, l. 223/1991.

Quanto alle indennità di trasferta, queste possono concorrere alla base imponibile ai fini contributivi, ove non sia provata la sussistenza dei presupposti di esenzione, che devono essere accertati in concreto dal giudice di merito, ribadendo che la prova delle condizioni di esenzione grava sul datore di lavoro

Osservazioni

Preliminarmente, lo scrivente precisa che l'ordinanza in oggetto è del tutto condivisibile, tuttavia volendo muovere alcune osservazioni si potrebbe rilevare come la Cassazione abbia adottato una nozione molto ampia di “assetto proprietario coincidente”, includendo anche collegamenti di fatto piuttosto ampi, rischiando di incentivare una certa arbitrarietà in capo al giudicando, con vulnus alla certezza del diritto.

Una lettura eccessivamente ampia del concetto di coincidenza degli assetti, che includa qualsiasi legame familiare o gestionale, rischia di produrre incertezza applicativa e di penalizzare ingiustamente imprese del tessuto produttivo italiano, spesso caratterizzate da assetti familiari, vanificando la funzione di reinserimento lavorativo propria degli sgravi (Cfr. Cass., 31 dicembre 2024, n. 35138).

Alla luce delle più recenti pronunce (Cfr. Cass., 3 aprile 2024, n. 8786; Cass., 30 maggio 2025, n. 14600), è dunque auspicabile che il giudice di merito proceda sempre ad un'analisi attenta e concreta del caso, valorizzando la reale novità della struttura imprenditoriale e l'effettiva incidenza sull'occupazione.

Oltretutto, ragionando sistemicamente, l'obiettivo degli sgravi contributivi è quello di favorire il reimpiego di lavoratori espulsi dal mercato. Un'interpretazione eccessivamente restrittiva che escluda ogni ipotesi di riassunzione in società “correlate” rischia di vanificare tale finalità, soprattutto nelle realtà imprenditoriali minori o a conduzione familiare tipiche del tessuto produttivo italiano. Lo scrivente, dunque, auspica una reale e sensibile analisi del caso concreto da parte del giudice di merito.

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