Istanza di rinnovo audizione del minore in appello, la Cassazione statuisce la necessità dell’audizione anche se si è proceduto all’ascolto nel primo grado di giudizio
22 Agosto 2025
Massima In tema di modifica delle statuizioni sull'affidamento o sul collocamento del minore, se sia stata formulata un’istanza di rinnovo della audizione nel giudizio di secondo grado, il giudice deve procedere all'ascolto o, nel caso di rigetto della richiesta, deve fornire idonea motivazione del rigetto, posto che non è sufficiente che il minore sia già stato ascoltato nel precedente grado di giudizio, in quanto l’ascolto costituisce un adempimento, a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo. Il caso Il Tribunale di Pescara nel 2023 rigettava la richiesta di assegno divorzile di Caia, non avendo, la ricorrente “diritto, sia sotto il profilo assistenziale che quello compensativo-perequativo.” Il Collegio di prima istanza riteneva che Caia non versava in una condizione economica di bisogno tale da giustificare l’assegno perché non vi era uno squilibrio economico o comunque una rinuncia a opportunità lavorative. Il Tribunale prendeva questa decisione giacché era emerso dall’istruttoria orale e documentale che la signora Caia svolgeva attività lavorativa professionale e aveva altresì instaurato una stabile convivenza di fatto. Il giudice confermava anche la regolamentazione dei rapporti non patrimoniali tra genitori e figli minori, concordata tra i coniugi, ovvero l’affidamento condiviso e il collocamento presso la madre, con regolare diritto di visita del padre. Per i rapporti patrimoniali, decideva per l’obbligo a carico del padre di versare a favore dell’ex coniuge un assegno mensile a titolo di mantenimento ordinario, il canone di locazione dell’immobile di abitazione ed il 50% delle spese straordinarie. Il resistente, Tizio, impugnava la sentenza dinanzi la Corte d’Appello. Questo chiedeva la riforma della pronuncia nella parte in cui aveva disposto la collocazione di preferenza dei minori presso la madre e rifiutato, in via subordinata, il collocamento paritetico, nonché la riforma nella parte in cui aveva stabilito, oltre all’obbligo di mantenimento dei figli ed il 50% delle spese straordinarie, l’ulteriore obbligo del canone di locazione e delle utenze. La Corte d’Appello nel 2024 rigettava l’impugnativa e confermava la sentenza di I grado. Più nel dettaglio i giudici di appello osservavano che non vi fossero ragioni per mutare l’assetto del collocamento e confermavano che i figli continuassero a vivere con la madre Caia. La decisione era data dal fatto che i minori non avevano manifestato disagio o sofferenza derivanti dalla relazione della madre e perché tale scelta, la Corte ha sottolineato, sarebbe stata contraria all’interesse dei minori giacchè essi sarebbero stati “costretti a spostamenti continui e alternanza di habitat”. Un cambiamento quindi che avrebbe potuto destabilizzarli. Relativamente al canone di locazione e alle utenze dell’immobile di abitazione, questo risultava sospeso in quanto la ex coniuge si era trasferita con i figli presso un immobile dato in comodato gratuito dal compagno e comunque il pagamento dei suddetti oneri non era per beneficio della ex moglie ma andava ad integrare l’obbligazione di mantenimento. Avverso tale sentenza Tizio proponeva ricorso per Cassazione per 5 motivi:
In riferimento alla richiesta di audizione del minore, Tizio deduceva che non sentire il minore (con capacità di discernimento) rappresentava una violazione del principio del contraddittorio perché il suo ascolto avrebbe potuto fornire degli elementi decisivi per la valutazione del collocamento e per la sua revisione. L’audizione non era una richiesta meramente formale e quindi priva di utilità ma avrebbe potuto offrire elementi decisivi per valutare il suo benessere o disagio nella situazione in cui si trovava e la sua effettiva volontà rispetto al collocamento, in adempimento al suo diritto processuale di essere ascoltato in tutti i procedimenti che lo riguardano. Caia, alla quale era stato notificato regolarmente il ricorso, non si era costituita. La questione La questione in esame è la seguente: può il giudice di II grado, dopo che sia stata formulata istanza di rinnovo di audizione del minore, non procedere al suo ascolto, senza violare i principi del contraddittorio e del giusto processo, che è finalizzato alla valutazione dei suoi bisogni? Le soluzioni giuridiche La Corte ha accolto i primi due motivi e assorbito gli altri. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato il primo motivo, rilevando che la Corte d'Appello non ha valutato il mutamento sia delle condizioni di fatto che riguardavano i minori, sia dell'opinione del minore che avrebbe potuto incidere sul collocamento, evidenziando anche come l'ascolto del minore non sia una formalità ma un utile strumento necessario per garantire al minore la partecipazione al procedimento che lo riguarda. Ha altresì accolto il secondo motivo relativo alla capacità di discernimento del minore, il cui ascolto è obbligatorio anche in appello, in presenza di fatti nuovi come in questo caso il mutamento di residenza. Il difetto di motivazione e il non tener conto dell'istanza di ascolto costituisce una violazione del diritto fondamentale del minore ad essere ascoltato e del principio del giusto processo, soprattutto nei procedimenti familiari. La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha dato da sempre continuità al fatto che, nei giudizi che riguardano la modifica delle statuizioni sull'affidamento o sul collocamento del minore, deve tenersi conto anche di fattori sopravvenuti quali ad es. la modifica della residenza e, laddove il minore sia prossimo alla capacità di discernimento ovvero sia stata presentata al giudice di II grado una istanza di rinnovo per la sua audizione, questo deve procedervi o, nel caso di rifiuto, fornire una giustificazione argomentativa del perché del rigetto, non essendo sufficiente che il minore sia già stato ascoltato nel precedente grado di giudizio. Conformemente poi, a quanto detto sopra, gli Ermellini in tema di affidamento dei figli minori, hanno statuito che l'ascolto del minore con capacità di discernimento (infraquattordicenne) è un adempimento previsto a pena di nullità a tutela dei principi del contraddittorio e del giusto processo, in quanto lo stesso procedimento è finalizzato a raccogliere le sue opinioni e i suoi bisogni ed è irrilevante che il minore sia già stato sentito in altri procedimenti riguardo l'affidamento. In passato, la giurisprudenza si è mostrata costantemente attenta a tutelare l'interesse del minore. Ciò risulta confermato dalla sent. Cass. n. 18538/2013 (Conf. Cass. civ. sez. I n. 19327/2015), dove la Corte ha preso in considerazione per la prima volta l'art. 315-bis c.c., come introdotto dalla l. 219/2012, per evidenziare che “ il diritto all'ascolto del minore debba essere sempre previsto per tutte le questioni e i procedimenti che lo riguardano, salvo che quest'ultimo possa essere in contrasto con il suo superiore interesse ”. Orbene, sotto l'aspetto processuale, il susseguirsi di diverse Convenzioni Internazionali ha portato gli Ermellini a pronunciarsi a Sezioni Unite con la sent. n. 22238/2009. Qui, nel dettare nuovamente il principio del carattere necessario dell'ascolto del minore in tutti i procedimenti che lo riguardano, così come previsto dall'art. 12 della Convenzione di New York e dall'art. 6 della Convenzione di Strasburgo, la Suprema Corte ha stabilito che “l'omissione di detto adempimento costituisce violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo, salvo che il mancato ascolto sia sorretto da espressa motivazione sull'assenza di discernimento che ne può giustificare l'omissione, in quanto il minore è portatore di interessi contrapposti e diversi da quelli del genitore in sede di affidamento e diritto di visita, e pertanto per tale profilo è qualificabile come parte in senso sostanziale.” Casistica peculiare poi, è quella scrutinata dalla Suprema Corte nella sent. Cass. n. 6129/2015, in cui in esame c'era la valutazione delle indicazioni date dal minore in sede di appello. Ebbene, “Il giudice di II grado, qualora il minore stesso sia stato già sentito nel precedente grado di giudizio, non è tenuto a reiterarne l'ascolto, né è vincolato dalle indicazioni che il minore aveva dato; qualora intenda disattenderle, tanto già se in riforma del provvedimento di prime cure, deve motivare sul perché da un lato abbia ritenuto non necessaria una nuova audizione, dall'altro perché abbia individuato il genitore affidatario o collocatario in contrasto con la volontà espressa dal minore, dovendo altrimenti disporne nuovamente l'ascolto; peraltro, a prescindere dal fatto che il minore sia stato sentito o meno nella fase del primo grado, ove nella fase di appello il Giudice provveda non può prescindere dal tener conto delle relative risultanze, in quanto tale incombente costituisce una modalità tra le più rilevanti di riconoscimento del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano, nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse, anche nel quadro del necessario bilanciamento tra l'esigenza di affermare la verità biologica con l'interesse alla stabilità dei rapporti familiari.” Tornando alla sentenza in commento, questa riporta come la Corte territoriale non si sia neppure pronunciata sull'istanza di ascolto dei minori, né ha motivato al riguardo. Infatti si è limitata al rigetto dell'istanza di collocamento dei minori prevalente, presso il padre, per preservare l'equilibrio familiare che si era venuto a creare e per evitare disagi ai minori (tra l'altro il più piccolo dei figli aveva manifestato al padre il disagio di essersi trasferito nella residenza del compagno della madre). Quindi, non può essere preclusa (né omessa implicitamente) l'audizione del minore, in presenza di un mutamento relativo al luogo di abitazione dei minori e di una possibile condizione sopravvenuta di disagio esposta dal minore al padre con un SMS, stante che l'ascolto consente un più accurato esame della questione del trasferimento nell'interesse del minore. Osservazioni Il punto centrale della sentenza in commento riguarda la tutela dell'interesse del minore, come criterio orientativo e decisivo per la soluzione di questioni familiari. L'ascolto del minore nei procedimenti civili è previsto dal codice civile, all'art. 315-bis il quale stabilisce diritti e doveri dei figli. Si prevede l'obbligo dell'ascolto del minore che abbia compiuto gli anni 12, o di età inferiore, in base alla capacità di discernimento in tutte le questioni e procedure che lo riguardano. La giurisprudenza nel corso degli anni (come abbiamo visto nelle sentenze sopra citate Cass. 18538/2013 – Cass. 19327/2015 – Cass. 22238/2009 – Cass. 6129/2015), ha ritenuto che l'ascolto del minore in appello sia necessario, anche se già effettuato in I grado, per consentire al giudice una valutazione della situazione e delle esigenze del minore, a meno che non vi siano ragioni specifiche che lo impediscano. (Più recentemente: Cass. n. 16410/2020 “il minore ha diritto di essere ascoltato anche nei procedimenti in cui è parte solo in senso sostanziale (…)” - Cass. civ., sez. I, ord. 6 febbraio 2025 n. 2981 “Il mancato ascolto del minore determina un vizio della sentenza che si sostanzia in un error in procedendo” - Cass. ord. n. 4561/2025 “Nei procedimenti di affidamento e regolamentazione dei rapporti familiari, il giudice deve valutare attentamente l'interesse del minore, escludendo l'audizione solo se motivata in modo rigoroso.”) La riforma Cartabia (agli artt. 473-bis.4 e 473-bis.5 c.p.c.) ha attribuito ampiezza all'ascolto del minore, che dal canto suo vanta un vero e proprio diritto di esprimere il suo pensiero in tutte le questioni e le procedure volte ad incidere nella propria sfera individuale. Ciò è a conferma che l'ascolto del minore non è solo un onere processuale, ma un diritto sostanziale vero e proprio poiché il minore ha diritto ad essere informato e ad esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano e gli viene consentito dunque di partecipare alle decisioni relative alla sua sfera individuale. Nel dettaglio, l'art. 473-bis.4 c.p.c. stabilisce il diritto del minore che abbia compiuto gli anni dodici, ma eventualmente anche di età inferiore se capace di discernimento, di essere ascoltato dal giudice all'interno dei procedimenti in cui debbano essere adottati provvedimenti che lo concernono, la norma prosegue disponendo l'esclusione motivata dell'ascolto “se esso è in contrasto con l'interesse del minore o manifestamente superfluo, in caso di impossibilità fisica o psichica del minore o se quest'ultimo manifesta la volontà di non essere ascoltato”, nonché la previsione dell'ascolto solo se necessario “nei procedimenti in cui si prende atto di un accordo dei genitori relativo alle condizioni di affidamento dei figli”; mentre il successivo 473-bis.5 c.p.c. affida al giudice il compito di condurre l'ascolto del minore, pur comunque potendo farsi assistere da esperti e ausiliari, nonché potendo parteciparvi, su espressa autorizzazione del giudice stesso, i genitori, gli esercenti la responsabilità genitoriale, i rispettivi difensori e il curatore speciale, i quali possono altresì proporre argomenti e temi di approfondimento. Entrando più nello specifico, si tratta quindi di un esercizio di un diritto che, in questo caso, era stato sottratto alla disponibilità di una delle parti ovvero del ricorrente e che, deve essere garantito dal giudice. Quest'ultimo è tenuto a rendere una motivazione puntuale ed argomentativa nel caso di rifiuto della istanza di rinnovo audizione del minore, non potendo essere un rifiuto cd. implicito né di per sé è sufficiente, giustificare od omettere l'esame, se il minore è stato già sentito nel precedente grado di giudizio. Con riferimento al caso di specie, la Cassazione ha rilevato che non solo il minore non era stato ascoltato, ma la Corte territoriale non si è nemmeno pronunciata sull'istanza di rinnovo. Concludendo, il mancato ascolto del minore (anche in II grado e come nel caso di specie) senza una adeguata motivazione che ne possa giustificare l'omissione o addirittura senza nemmeno l'esame dell'istanza, costituisce una violazione del principio del contraddittorio e dei principi del giusto processo, in quanto il minore è portatore di interessi e qualificabile quindi come parte sostanziale del procedimento. Riferimenti Graziosi A., Note sul diritto del minore ad essere ascoltato; Sesta M., Manuale di diritto di famiglia, Milano, 2023; Donzelli, L’ascolto del minore come situazione processuale partecipativa attenuata, in Scritti in onore di Nicola Picardi, 2016: “L’ascolto, infatti, ancor prima che come strumento processuale, emerge quale diritto sostanziale dei minori nei confronti dei genitori”; Nascosi A., Nuove direttive, cit. Cass. Ord. n. 32309/2018 “l’opinione del minore costituisce elemento di primaria importanza per valutare l’interesse del minore.”; Finocchiaro M., Legittimazione con assenso del minore di 14 anni, in Guida al diritto, 2013; Danovi F., L’audizione del minore nei processi di separazione e divorzio tra obbligatorietà e prudente apprezzamento del giudice. |