Sottrazione internazionale di minore e qualificazione autonoma convenzionale di affidamento e visita

12 Agosto 2025

Con la sentenza del 12 marzo 2025 n. 6590, la prima sezione civile della Corte di cassazione ha rigettato il ricorso avverso il decreto del 2023 con cui il Tribunale per i minorenni di Lecce, ai sensi della Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980, ha respinto il ritorno di una minore nel suo Stato di abituale residenza.

Massima

In tema di sottrazione internazionale, il trasferimento del minore non è considerato illecito quando il diritto di custodia, pur derivando dalla legge, non sia effettivamente esercitato. L’immediato ritorno del minore nel proprio Stato di residenza abituale ai sensi dell’art. 12 della Convenzione dell’Aja del 1980 persegue l’esclusivo scopo di tutelare l’affidamento quale situazione di fatto, di talché, qualora difetti il presupposto dell’illiceità del trasferimento, al genitore non affidatario residua, ai sensi dell’art. 21 Convenzione, l’effettivo esercizio del diritto di visita, anche attraverso una ridefinizione delle relative modalità con la cooperazione dell’Autorità centrale.

Il caso

Il Tribunale per i minorenni di Lecce, con decreto del 14 dicembre 2023, n. 6366, ha respinto un ricorso ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, finalizzato al rimpatrio della minore Le.Ch., dall’Italia verso l’isola britannica di Jersey, luogo di residenza abituale. Avverso tale decreto, il padre, cittadino inglese, ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando l’omessa valutazione del diritto di custodia della minore in capo al padre; la violazione del superiore interesse della minore per non aver rimosso gli ostacoli all’esercizio della bigenitorialità; la violazione del diritto di ascolto della minore; la violazione del diritto all’equo processo non avendo autorizzato, il Tribunale per i minorenni, il deposito dei documenti, che per problemi tecnici, non erano rientrati nel fascicolo telematico.

La questione

Premesso che, nel caso all’esame, l’affidamento della minore è condiviso in base alla legge dello Stato del Jersey, e che, a carico del padre, non vi sono stati provvedimenti limitativi o ablativi in punto di responsabilità genitoriale, è configurabile la fattispecie di sottrazione internazionale in presenza di una minore allontanata dalla dall’isola di Jersey, luogo di residenza abituale, e condotta a tempo indefinito in Germania e successivamente in Italia anche laddove il padre non abbia esercitato la responsabilità genitoriale ed il diritto di custodia ma un mero diritto di visita?

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza del 12 marzo 2025 n. 6590, la prima sezione civile della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avverso il decreto del 2023 con cui il Tribunale per i minorenni di Lecce, ai sensi della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980, ha respinto il rimpatrio di una minore nel suo Stato di abituale residenza. La Suprema Corte ha confermato la statuizione del Tribunale per i minorenni, in forza della quale, sebbene il trasferimento della minore in Italia sia avvenuto senza il consenso del padre, quest’ultimo non ha esercitato effettivamente la responsabilità genitoriale ed il diritto di custodia bensì un limitato diritto di visita, senza alcun coinvolgimento rispetto alla crescita della minore. Nella fattispecie in parola è invero emerso che, durante la permanenza della minore nel Jersey, comprendendosi i periodi di coabitazione dei genitori, il padre ha offerto una presenza sporadica laddove l’assistenza genitoriale continua è stata garantita dalla madre. La Corte ha rilevato in particolare che l’accertamento dell’esercizio del diritto di custodia, la cui prova ricade sul genitore che richiede il ritorno della minore, non è stato scalfito sufficientemente dalla censura, limitandosi il ricorrente a richiamare la legge dello Stato del Jersey sull’esercizio della responsabilità genitoriale.

Per una ipotesi come quella all’esame, l’Autorità nazionale non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore, poiché la Convenzione dell’Aja dispone, in forza dell’art. 21, una tutela differenziata che si realizza attraverso l’organizzazione ed il pacifico esercizio del diritto di visita con la cooperazione dell’Autorità Centrale.

Con riguardo alla censura relativa alla violazione del diritto di ascolto, finalizzato ex art. 13, comma 2, della Convenzione dell’Aja anche alla valutazione della eventuale opposizione del minore al rimpatrio, la Suprema Corte ha altresì statuito che nella fattispecie in esame si tratta di minore sotto i cinque anni, di cui si presume la non capacità di discernimento, intesa come capacità di esprimere liberamente la propria opinione o la propria volontà su una particolare questione che lo riguardi.

Osservazioni

Come è noto, la Convenzione dell’Aja sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori distingue nettamente i rimedi disponibili per tutelare il “diritto di affidamento” e il “diritto di visita”, disponendo che il trasferimento o il mancato rientro di un minore sia ritenuto illecito quando avviene in violazione dei “diritti di custodia” assicurati dalla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale, immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro, e se tali diritti erano “effettivamente esercitati”, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o avrebbero potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze. Dunque, l’immediato ritorno del minore nello Stato di residenza abituale ex art. 12 Convenzione è sancito esclusivamente in caso di violazione del diritto di affidamento.

Nei rispettivi ordinamenti, gli Stati contraenti possono qualificare le nozioni di “affidamento” e “visita” nei modi più differenti; ciò è irrilevante ai fini dell’applicazione della Convenzione. Rileva viceversa se un genitore abbia “diritti di affidamento” proprio ai sensi della Convenzione. Qualunque sia la qualificazione applicata nel diritto interno, è necessario, in forza dell’art. 5 Convenzione, valutare se il genitore eserciti “i diritti concernenti la cura della persona del minore” o “il diritto di decidere riguardo al suo luogo di residenza”. È in queste ipotesi infatti che il trasferimento o il trattenimento all’estero configurano in modo arbitrario la variazione del luogo di residenza del minore, impedendo all’altro genitore di continuare a garantire con costanza le molteplici e fondamentali esigenze di vita del figlio.

Gli obiettivi della Convenzione, stabiliti nell’art. 1, sono quelli “di assicurare l'immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente” e “assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti”.

Sebbene la Convenzione protegga i diritti sia di affidamento sia di visita, prevede il rientro di un minore solo quando si sia verificato un trasferimento o un mancato rientro “illecito”. Un allontanamento o un mancato rientro sono “illeciti” solo se violano i diritti di affidamento. I diritti di visita godono di tutela affievolita e un genitore che ha solo diritti di visita non può avvalersi della Convenzione per ottenere il rientro del minore che sia stato allontanato dal genitore affidatario. Il diritto di visita non è definito specificamente nella Convenzione. Tuttavia, l’art. 5, lett. b), stabilisce che “il diritto di visita” comprende “il diritto di condurre il minore in un luogo diverso dalla sua residenza abituale per un periodo limitato di tempo”. Un genitore che esercita esclusivamente il diritto di visita non avrà diritto a un ordine di rientro, ma ha diritto all’assistenza delle Autorità Centrali ai sensi dell'art. 21.

Applicando l’interpretazione autonoma di queste nozioni, va tuttavia evidenziato che, ai sensi della Convenzione, un genitore titolare del diritto di visita potrebbe essere considerato titolare del diritto di affidamento e quindi ottenere un ordine di rientro del minore. L'art. 5, lett. a), Convenzione stabilisce che “il diritto di affidamento” comprende “i diritti concernenti la cura della persona del minore, ed in particolare il diritto di decidere riguardo al suo luogo di residenza”. Se il genitore titolare del diritto di visita condivide il diritto di determinare il luogo di residenza del minore, il medesimo genitore beneficia di “diritti di affidamento” ai sensi della Convenzione. Nel diritto comune, il termine “affidamento” non significa semplicemente cura e controllo, ma si riferisce a un insieme di diritti relativi al minore. Questi diritti, spesso condivisi, comprendono non solo l’assistenza quotidiana del minore, ma anche, ad esempio, il diritto di determinarne il luogo di residenza o il diritto all’istruzione.

Gli Stati sono liberi di qualificare la nozione di “affidamento”, ma, per inquadrare gli obblighi convenzionali, ciò che rileva è l’interpretazione autonoma alla luce della stessa Convenzione. È emerso che la nozione è aperta in quanto la Convenzione specifica che il diritto di affidamento include i diritti relativi alla cura della persona del minore e, in particolare, il diritto di determinarne il luogo di residenza. Tali diritti, indipendentemente dagli ordinamenti giuridici statali, rappresentano “diritti di affidamento” ai fini della Convenzione e sono da essa tutelati. In ipotesi essi potrebbero essere separati. Laddove, ad esempio, il diritto all’assistenza quotidiana del minore venisse assegnato alla madre e il diritto di determinarne il luogo di residenza alla madre e al padre, entrambi i genitori sarebbero titolari di diritti di affidamento ai sensi della Convenzione.

Dunque così come normative nazionali, accordi tra le parti o sentenze, vietando l’allontanamento di un minore senza il consenso del genitore titolare del diritto di visita, creano diritti di affidamento ai sensi della Convenzione, un diritto di affidamento, in forza del diritto comune, che non sia effettivamente esercitato dà diritto ad una tutela affievolita ai sensi della stessa Convenzione; e difatti, pur muovendo dal presupposto secondo cui la minore era legalmente affidata ad entrambi i genitori, il Tribunale per i minorenni nella causa in esame, dopo l’istruttoria, è giunto alla conclusione che a prendersi cura della minore era di fatto la sola madre, dando conferma dell’interpretazione autonoma, ai sensi della Convenzione, di affidamento e visita.

Riferimenti

G. Carella, La convenzione dell'Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1994, p. 777 ss.

I. Queirolo, International Child Abduction and the 1980 Hague Convention in Practice: The Biran Case, in The Italian Review of International and Comparative Law, 2022, p. 191 ss.

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