NASPI e lavoro carcerario a rotazione
11 Agosto 2025
Massima Nel lavoro carcerario organizzato sotto forma di rotazione tra i detenuti non vi è cessazione del rapporto durante i periodi di inattività nell’ambito di un unico programma. Di conseguenza, non sussiste il diritto alla corresponsione della NASPI. Il caso Il caso sottoposto al vaglio della Corte di cassazione concerne la sussistenza del diritto a percepire l’indennità di disoccupazione, attualmente denominata NASPI, nell’ipotesi di lavoro carcerario a rotazione, ossia quando l’attività lavorativa è organizzata dall’Amministrazione penitenziaria attraverso l’alternanza di prestazioni svolte da diversi detenuti in un determinato periodo di tempo. Si tratta di una prassi molto diffusa quando i posti di lavoro disponibili sono inferiori al numero di coloro che potrebbero svolgerli, in modo da garantire a più detenuti possibile l’opportunità di lavorare. Considerato che l’attività lavorativa prestata all’interno del carcere è equiparabile alle prestazioni svolte all’esterno, i giudici di primo e secondo grado hanno accolto la domanda del detenuto che si è visto negare dall’INPS il diritto a ricevere l’indennità di disoccupazione. L’Istituto previdenziale, però, propone ricorso per cassazione, motivando che l’ordinario avvicendamento ad intervalli prestabiliti comporta necessariamente periodi di inattività nell’ambito di un unico rapporto di lavoro in favore dell’amministrazione penitenziaria. Questi periodi di non lavoro rientrano fisiologicamente nel programma di lavoro carcerario a rotazione e, quindi, secondo l’INPS, non possono essere considerati come una cessazione del rapporto di lavoro, ma come una mera sospensione. La questione Benchè il tema dell'applicabilità della NASPI al lavoratore in stato di detenzione carceraria sia stato più volte affrontato dalla giurisprudenza di legittimità (v. Cass. n. 13721/2025; Cass., n. 13577/2025 e Cass. n.13578/2025; Cass., n. 4741/2025; Cass., n. 396/2024, in DeJure), la Suprema Corte ritiene opportuno un ulteriore approfondimento, anche al fine di ricostruire in maniera dettagliata la disciplina e le specialità del lavoro carcerario. La sentenza – piuttosto corposa, dato che è composta da venti pagine – dedica particolare attenzione all'evoluzione dei diritti del detenuto lavoratore e all'attuazione del principio costituzionale della finalità rieducativa della pena, filo conduttore della decisione. Il nodo da sciogliere concerne la qualificazione degli intervalli tra una chiamata e l'altra nel lavoro organizzato sotto forma di rotazione tra i detenuti: se si tratta di mera sospensione, il rapporto di lavoro perdura senza alcuna interruzione; se, invece, ne comporta la cessazione, il lavoratore detenuto ha diritto alla NASPI. Le soluzioni giuridiche Alla luce dell'art. 27, comma 3, Cost., il lavoro è diventato uno strumento centrale nel trattamento del detenuto, nell'ottica di una globale finalità rieducativa e di reinserimento nella società, anche al fine di evitare il rischio di marginalizzazione sociale conseguente allo stato di reclusione. Tale fine rieducativo, però, non influisce sui contenuti e sulla modalità di svolgimento del rapporto di lavoro. Anzi, la Corte sottolinea come l'obiettivo di eguaglianza tra il lavoro carcerario e quello svolto in regime di libertà rientri proprio nella finalità educativa. Da qui il riconoscimento e la garanzia dei diritti del detenuto lavoratore, tra i quali la retribuzione, il riposo, la garanzia della salute e della sicurezza, la tutela previdenziale. D'altronde, l'art. 35 Cost. tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni e, di conseguenza, le peculiarità (organizzative, disciplinari e di sicurezza) del lavoro carcerario non possono elidere la configurazione tipologica e strutturale del rapporto subordinato intramurario, né scalfire il nucleo essenziale dei diritti dei lavoratori. Quindi, il lavoro intramurario è del tutto equiparabile al lavoro ordinario, anche per quanto riguarda l'applicazione del regime previdenziale di cui all'art. 38, comma 2, Cost. Pertanto, la NASPI è compatibile con il lavoro carcerario qualora il detenuto versi in uno stato di disoccupazione involontaria (sul punto, v. sentenze di legittimità precedentemente citate). Osservazioni Le peculiarità del lavoro carcerario, perciò, non rilevano ai fini della spettanza o meno della tutela previdenziale, ferme restando la natura e la funzione della tutela stessa. E il “cuore” della sentenza è proprio in questo passaggio. La NASPI ha la funzione di sostenere il reddito del lavoratore che si trovi in una situazione di disoccupazione involontaria, ossia quando abbia incolpevolmente perso il posto di lavoro. L’involontarietà della disoccupazione – nel lavoro intramurario – potrebbe verificarsi nell’ipotesi di scadenza della pena e liberazione del condannato, in caso di trasferimento presso altra struttura penitenziaria, per scadenza del contratto a tempo determinato… Nel caso di specie, però, si tratta di una temporanea inattività lavorativa susseguente al meccanismo di rotazione tra i detenuti coinvolti nel medesimo programma di lavoro. Questi intervalli di tempo tra una chiamata e l’altra a svolgere la prestazione lavorativa non sono delle interruzioni, ma delle semplici sospensioni mediante le quali l’Amministrazione garantisce la rotazione tra i detenuti. Conseguentemente, l’unicità del rapporto di lavoro perdura anche durante tali fasi di sospensione. Mancando la cessazione del rapporto di lavoro, il detenuto non è in stato di disoccupazione involontaria e, pertanto, non ha diritto alla corresponsione della NASPI. Alla luce di tali argomentazioni, che risultano ragionevoli e condivisibili, la Cassazione accoglie il ricorso dell’INPS, cassa la sentenza d’appello e rinvia alla Corte di merito per gli accertamenti di fatto sulle concrete modalità di svolgimento della turnazione. Riferimenti F. Malzani, Le dimensioni della dignità nel lavoro carcerario, Giappichelli, 2022; F. Malzani, Lavoro a favore dell’amministrazione penitenziaria e Naspi: un orientamento da ripensare, in Resp. civ. prev., n. 2, 2020, p. 41 ss.; V. Lamonaca, Il diritto alla Naspi del lavoratore detenuto alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, in Riv. giur. lav., n. 1, 2020, p. 196 ss.; A. Marcianò, Dignità e tutele del lavoro dei detenuti alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, 2019, n. 3, p. 39; M. Vitali, Il lavoro penitenziario, Giuffrè, 2001. |