Lavoro domestico: lavoro notturno retribuito solo in caso di esplicita previsione contrattuale

06 Agosto 2025

Nell’ambito di un rapporto di lavoro domestico, avente ad oggetto l’attività di assistenza domiciliare in favore della moglie del datore di lavoro, dopo la morte di quest’ultimo, è insorta una controversia inerente alla rivendicazione, da parte dell’ex lavoratrice, di somme a titolo di differenze retributive, tra cui l’indennità prevista dal CCNL per il lavoro notturno.

Massima

In assenza di esplicita previsione contrattuale, non è applicabile al lavoratore che svolga mansioni di assistente domiciliare e badante anche nelle ore diurne l’art. 11 del CCNL lavoro domestico, che prevede una paga specifica per i lavoratori che si limitino a garantire la loro presenza esclusivamente nelle ore notturne.

Il caso

Nel caso esaminato dalla Corte, una lavoratrice aveva adito l'autorità giudiziaria per ottenere il pagamento, da parte degli eredi del defunto datore di lavoro, di somme a titolo di differenze retributive, dell'indennità sostitutiva del preavviso, dei riposi settimanali non goduti e un importo a titolo di lavoro notturno.

La lavoratrice, infatti, prestava assistenza alla moglie inferma del datore di lavoro, svolgendo mansioni di assistente domiciliare e badante, con inquadramento nel livello C super, ai sensi del CCNL Lavoro Domestico – Fidaldo e Domina.

I giudici di merito avevano parzialmente accolto le domande della lavoratrice.

Gli eredi del datore di lavoro hanno, quindi, impugnato la sentenza del Tribunale di Pordenone presso la Corte di Appello di Trieste, la quale, in parziale accoglimento dell’appello proposto da parte datoriale, ha rideterminato l’importo dovuto alla lavoratrice e confermato, in sostanza, l’accertamento del maggior orario di lavoro svolto dal 2011 in poi, a seguito del trasferimento presso il domicilio dell’assistita.

Nello specifico, la corte di Appello di Trieste ha: i) accertato che la lavoratrice si fosse trasferita, dal marzo 2011, presso l’abitazione del defunto datore e dell’assistita; ii) ritenuto che, dal marzo 2011, la lavoratrice avesse, di fatto, lavorato per un numero di ore superiore a quello contrattualmente previsto; iii) ritenuto insufficiente la prova fornita dall’ex lavoratrice sullo svolgimento di lavoro notturno; iv) ritenuto fondata e provata la richiesta di ottenere, a partire dal momento della convivenza, una retribuzione parametrata a un numero più elevato di ore, oltre che per i mancati riposi non domenicali; v) rideterminato il TFR dovuto; vi) ritenuto dovuta l’indennità di mancato preavviso; e, infine, vii) condannato gli eredi a corrispondere all’ex lavoratrice, a titolo di differenze retributive a vario titolo dovute, una somma inferiore rispetto a quella determinata in primo grado di giudizio.

Gli eredi del defunto hanno, quindi, proposto ricorso per Cassazione.

La questione

I ricorrenti, con i primi quattro motivi di ricorso, sollevando questioni prettamente procedurali, hanno rilevato la nullità della pronuncia della Corte di Appello di Trieste, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., nonché la violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi del n. 3 dello stesso articolo del Codice di procedura civile.

Con il quinto motivo di ricorso, gli eredi dell'ex datore hanno censurato la decisione della Corte territoriale nella parte in cui riconosce all'ex lavoratrice l'indennità sostitutiva di mancato preavviso.

Con il sesto motivo di ricorso, poi, hanno rilevato la violazione e falsa applicazione dell'art. 14 del CCNL applicabile al rapporto di lavoro, per avere la Corte di Appello di Trieste riconosciuto in favore dell'ex lavoratrice la retribuzione relativa ai mancati riposi settimanali non goduti, senza che fosse stato provato, a loro parere, che alla stessa fosse stato negato il riposo.

Con ricorso incidentale, l'ex lavoratrice, invece, censura la pronuncia della Corte territoriale, ritenendola nulla per avere la Corte omesso di esaminare la propria domanda inerente al mancato pagamento della presenza notturna.

Le soluzioni giuridiche

La Corte di Cassazione ha respinto tutti i motivi del ricorso principale proposto dagli eredi dell’ex datore di lavoro.

Nello specifico, i primi quattro motivi di ricorso e il sesto sono stati cassati in quanto inerenti a questioni di merito, quindi non rilevabili in sede di legittimità.

La Corte di Cassazione ha, altresì, ribadito che le doglianze in merito all’asserita errata valutazione delle prove da parte dei giudici di merito non possono costituire oggetto di valutazione in questa sede.

Il quinto motivo di ricorso, poi, è stato cassato in quanto, a opinione della Corte, non è stata fornita la prova del pagamento alla ex lavoratrice dell’indennità sostituiva del preavviso. Infatti, la comunicazione all’INPS della cessazione del rapporto non integra di per sé una prova del pagamento della predetta indennità, non potendo sostituire una quietanza di pagamento.

Il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla lavoratrice, invece, è stato ritenuto inammissibile in quanto, secondo la Corte di Cassazione, l’articolo 11 del CCNL (erroneamente indicato nell’ordinanza in esame come art. 12), che la lavoratrice chiedeva che venisse applicato al fine di vedersi riconosciuta una maggiore retribuzione a fronte della prestazione notturna, fa esplicito riferimento all’ipotesi di assunzione di lavoratori “esclusivamente per garantire presenza notturna”, mentre nel caso di specie è pacifico e incontestato che la lavoratrice prestasse la propria attività durante il giorno.

Ad opinione della Corte, la predetta disposizione del contratto collettivo è applicabile al rapporto di lavoro solo previa esplicita previsione all’interno del contratto di lavoro.

Non essendo stata prevista alcuna clausola nel contratto tra la lavoratrice e il datore di lavoro, non può che ritenersi inapplicabile, nel caso di specie, la disposizione del contratto collettivo richiamata dalla lavoratrice.

Osservazioni

L'ordinanza in esame ha riaffermato il consolidato principio secondo cui l'esame della ricostruzione dei fatti e l'apprezzamento delle prove proposte dalle parti è affidato alla competenza dei giudici di merito, ribadendo quali siano i limiti dell'art. 360 c.p.c.

La Corte si è quindi opposta al tentativo delle parti di esigere un esame di merito della vertenza, quindi dichiarando inammissibili i motivi di ricorso che, sotto la veste di vizi di legge, celano una richiesta di nuova valutazione dei fatti.

Inoltre, in tema di onere della prova, la Corte ha confermato che la parte creditrice ha l'onere di provare il titolo da cui ha origine il proprio diritto e che, invece, spetta alla parte debitrice dare atto del proprio adempimento rispetto all'obbligazione in esame o, in alternativa, il fatto estintivo dell'altrui pretesa.

Quanto alla questione inerente alla possibilità di riconoscere una maggiore retribuzione per la presenza notturna, nell'ambito del lavoro di assistenza domestica svolto dall'ex lavoratrice , la Corte sottolinea come l'applicazione di una clausola contrattuale non possa essere invocata al di fuori del proprio specifico ambito di applicazione.

La soluzione offerta dalla Corte di Cassazione, a giudizio di chi scrive, è coerente con il dettato letterale della disposizione del contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro.

Invero, il contratto collettivo prevede una somma mensile per i lavoratori che offrano esclusivamente una prestazione consistente nella presenza durante le ore notturne.

Considerato, nel caso di specie, che l'ex lavoratrice prestava la propria attività lavorativa anche nelle ore diurne, la disposizione del CCNL risulta essere inapplicabile in assenza di espressa previsione all'interno del contratto di lavoro, nella veste di retribuzione aggiuntiva corrisposta per la presenza anche nelle ore notturne.

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