Sull’appellabilità (o meno) della sentenza che applica la pena sostitutiva dell’ammenda, anche in sostituzione dell’arresto

07 Agosto 2025

La Cassazione a Sezioni Unite è chiamata a decidere «se, in tema di mezzi di impugnazione, a norma dell'art. 593, comma 3, c.p.p. la sentenza di condanna con cui è stata inflitta la pena dell'ammenda, anche se in sostituzione di quella dell'arresto, sia ordinariamente impugnabile con l'appello, o, viceversa, sia in ogni caso inappellabile».

Il caso

Nel caso di specie il Tribunale di Chieti, in composizione monocratica, condannava l'imputato alla pena di euro settemila di ammenda (di cui euro quattromilacinquecento in sostituzione di mesi uno e giorni quindici di arresto), il reato di cui agli artt. 68 r.d. n. 773/1931 e 681 c.p.

Contro la decisione il difensore proponeva gravame. La Corte d'appello de L'Aquila riqualificava l'atto di appello in ricorso e trasmetteva gli atti alla Corte di cassazione, sostenendo che la sentenza impugnata fosse inappellabile ai sensi dell'art. 593, comma 3, c.p.p. per come modificato dal d.lgs. n. 150/2022.

La questione

La Cassazione chiamata a decidere se, in tema di mezzi di impugnazione, a norma del disposto dell'art. 593, comma 3, c.p.p., come al fine novellato dal d.lgs. n. 150/2022, e della contestuale introduzione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui agli artt. 20-bis c.p. e 53 e ss. l. n. 689/1981, la sentenza di condanna con la quale è stata inflitta la pena dell'ammenda, anche se in sostituzione – in tutto o in parte – di quella dell'arresto   sia   ordinariamente impugnabile con l'appello o, viceversa, sia in ogni caso inappellabile   sia in ogni caso inappellabile ha rimesso la questione alle Sezioni Unite non ai sensi dell'art. 618 comma 1-bis c.p.p. ma ai sensi dell'art. 618, comma 1 c.p.p. per il contrasto sull'interpretazione della normativa sopravvenuta.

Le soluzioni giuridiche

Con la sentenza in esame la Sezione I della Cassazione ha rimesso alle sezioni unite il seguente quesito: «Se, in tema di mezzi di impugnazione, a norma del disposto dell'art. 593, comma 3, c.p.p., come alfine novellato dell'art. 34, comma 1, lett. a), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, e della contestuale introduzione delle pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui agli artt. 20-bis c.p. e 53 e ss. legge 24 novembre 1981, n. 689, la sentenza di condanna con la quale è stata inflitta la pena dell'ammenda, anche se in sostituzione – in tutto o in parte – di quella dell'arresto, sia ordinariamente impugnabile con l'appello o, viceversa, sia in ogni caso inappellabile».

Il tema dell'appellabilità /inappellabilità della sentenza di condanna alla pena dell'ammenda è stato oggetto di una risalente decisione delle sezioni unite per la quale se è stata inflitta la sola pena dell'ammenda, in tutto o in parte, come sanzione sostitutiva dell'arresto non troverebbe applicazione la limitazione dell'art. 593 comma 3 c.p.p. che regola i casi di decisioni inappellabili (Cass. pen., sez, un., 3 febbraio 1995, n. 7902, Bonifazi CED 201546).

La conclusione si basava sulla considerazione che il comma 3 dell'art. 593 c.p.p. riferito alle sentenze di “condanna” con cui è stata applicatala sola “pena” dell'ammenda, esclude che la norma stessa possa intendersi riferita alla "condanna" alla sanzione sostitutiva dell'ammenda. La sanzione sostitutiva (sempre revocabile) può essere applicata, secondo la disciplina indicata, in luogo di una pena, detentiva. Ma la "condanna" può aver per oggetto solo una pena; e, per quel che qui rileva, pena detentiva.

In altri termini, il fatto che le sanzioni sostitutive siano definite "pene" nella legge n. 689 (così agli artt. 54, 57, 58, 60, 62, 70, 71, 72, 73), non può e non deve trarre in inganno: non incide sul fatto che tali sanzioni (la semidetenzione, la libertà controllata e la pena pecuniaria) non sono pene, in senso tecnico-giuridico.

L'impostazione è stata ribadita da numerosi successivi interventi giurisprudenziali nonostante le reiterate modiche della disciplina dell'appello, come evidenziato dall' ampia e puntuale motivazione della decisione in esame.

Osservazioni

Si tratta tuttavia, ora, di considerare le ricadute delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022 al terzo comma dell'art. 593 c.p.p. ove si prevede che «Sono in ogni caso inappellabili le sentenze di condanna per le quali è stata applicata la sola pena dell'ammenda o la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, nonché le sentenze di proscioglimento relative a reati puniti con la sola pena pecuniaria o con pena alternativa».

La nuova formulazione della norma è stata oggetto di interventi interpretativi della giurisprudenza che hanno ritenuto l'appellabilità per cui il sacrificio del secondo grado di giudizio non sarebbe costituzionalmente legittimo, a fronte della astratta possibilità, in caso di mancato pagamento, di conversione in una sanzione che incide sulla libertà personale (Cass. pen., sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 41708) l'inappellabilità, della relativa decisione in considerazione che l'inappellabilità è prevista " in ogni caso" di “applicazione" della pena dell'ammenda (Cass. pen., 13 marzo 2024, n. 20573 Staffieri Rv 286360; Cass. pen., 12 dicembre 2024 Aversa Rv 287878); invero in senso contrario non si manca di sostenere che permane dunque, il profilo, individuato dalla giurisprudenza di legittimità a fondamento dell'orientamento su indicato.

A supporto di questo elemento formale si fa notare, del resto, che la conclusione appare in linea con l'impostazione tesa a ridurre le situazioni marginali suscettibili di avviare il giudizio di appello anche alla luce dell'introduzione della improcedibilità nella fase delle impugnazioni ma soprattutto con la configurazione del nuovo sistema sanzionatorio delle pene sostitutive superando la logica delle sanzioni sostitutive (art. 20-bis c.p.)

Inoltre, si fa notare che la previsione si armonizza con la preclusione all' appello in caso di applicazione del lavoro di pubblica utilità (anche se in questo caso l'esclusione e giustificata dal consenso prestato dall' imputato).  Si è, in particolare, osservato che, ove l'esegesi restasse ferma sul crinale dell'appellabilità delle sentenze di condanna alla pena dell'ammenda quale pena sostitutiva dell'arresto, non potrebbe non rilevarsi l'irragionevolezza di una previsione dell'appellabilità della sentenza di condanna alla pena sostitutiva dell'ammenda, in astratto irrogabile per contravvenzioni punite con la pena dell'arresto sino a un anno, e, al contempo, dell'inappellabilità della decisione di condanna alla pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità, in astratto irrogabile per delitti e contravvenzioni puniti con la pena della reclusione o dell'arresto non superiori a tre anni e, dunque, per fattispecie di reato ben più gravi.

Si può notare del resto che mentre l'originaria previsione era ispirata dalla finalità di favorire il ricorso all'appello la modifica introdotta dalla Riforma Cartabia è ispirata dalla finalità tesa a ridurre l'accesso al giudizio di secondo grado.

Essendo la questione oggetto di un contrasto interpretativo sulla citata modifica normativa la questione è stata rimessa alle sezioni unite, ma non ai sensi dell'art. 618 comma 1-bis c.p.p.

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