La deroga al diritto di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali

04 Agosto 2025

La Corte di cassazione è tornata a pronunciarsi sulla questione relativa alla portata del diritto soggettivo del lavoratore di astenersi dalla prestazione in occasione delle festività infrasettimanali. Nel far ciò, ha ribadito il proprio orientamento consolidato secondo cui si tratta di riposi rinunciabili e ha indicato le condizioni al ricorrere delle quali il diritto in parola è derogabile.

Massima

Il diritto soggettivo di astenersi dalla prestazione in occasione delle festività infrasettimanali è disponibile da parte del lavoratore, il quale può rinunciarvi in virtù di un accordo individuale con il datore di lavoro, o di accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato, dovendosi ritenere sufficiente l'espresso richiamo nel contratto di assunzione alla disciplina normativa del contratto collettivo di categoria ove le parti sociali - nel prevedere un'articolazione dell'orario di lavoro su tutto l'arco della settimana, giorni festivi compresi -, senza negare il diritto al riposo nelle festività infrasettimanali, abbiano già preventivamente valutato le esigenze sottese al contemperamento del diritto individuale nel contesto delle peculiarità del settore di competenza, nonché lo svolgimento di fatto del rapporto per un lungo periodo con organizzazione in turni anche nei giorni delle festività infrasettimanali

Il caso

La vicenda ha tratto l’abbrivio dall’azione di mero accertamento di alcuni lavoratori occupati nel settore dei trasporti pubblici aeroportuali volta a verificare l’esistenza del loro diritto ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali, la derogabilità o l’inderogabilità di tale diritto e i possibili modi in cui la deroga può essere attuata in ragione del lavoro in turni che comporta la ragionevole probabilità di coincidenza del turno con una giornata festiva infrasettimanale.

Tanto in primo grado, quanto in grado d’appello, i lavoratori avevano visto riconosciuto il loro diritto. La Corte d’appello di Firenze, in particolare, aveva interpretato gli artt. 2 e 5 della legge 260 del 1949, integrata dalla successiva legge 90/1954, nel senso dell’insussistenza di alcun obbligo, in forza di legge, per il lavoratore di prestare attività lavorativa nelle festività infrasettimanali. Aveva aggiunto che l’obbligo di prestazione lavorativa nelle predette giornate non avrebbe potuto essere imposto unilateralmente dal datore di lavoro e neppure concordato in sede di contrattazione collettiva, potendo derivare unicamente da un accordo individuale tra datore di lavoro e lavoratore. Aveva ritenuto che nel caso di specie un simile obbligo non risultasse previsto né da accordi individuali intervenuti tra le parti e neppure ad opera della contrattazione collettiva, ciò che l’aveva condotto ad accogliere la domanda.

La questione

La pronuncia della Corte di cassazione, dopo aver ritenuto sussistente l’interesse ad agire a sostegno della domanda di mero accertamento, nel merito ha ribadito l’orientamento espresso da altri propri precedenti, accogliendo il ricorso per cassazione promosso dal datore di lavoro con cui questi ha censurato l’asserzione secondo cui il diritto in parola sarebbe assoluto e non derogabile dalla contrattazione collettiva, a prescindere dal fatto che questa contenga previsioni in tema di lavoro a turni su un calendario destinato a coprire 365 giorni all’anno.

Le soluzioni giuridiche

A premessa della propria motivazione, la Cassazione ha chiarito che l’azione di mero accertamento promossa dai lavoratori è sorretta dall’interesse ad agire, la cui sussistenza non implica necessariamente l'attuale verificarsi della lesione d'un diritto o una contestazione, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva, anche non preesistente rispetto al processo, sull'esistenza di un rapporto giuridico o sull'esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, costituendo la rimozione di tale incertezza un risultato utile, giuridicamente rilevante e non conseguibile se non con l'intervento del giudice.

Nel caso di specie, in cui l’iniziativa è stata tesa a verificare se il diritto di astenersi in occasione delle festività sia derogabile e, in caso positivo, a quali condizioni, l’interesse ad agire coincide con la necessità di eliminare uno stato d’incertezza in vista del corretto adempimento del contratto e delle obbligazioni ad esso inerenti.

A premessa della sua analisi del merito, la Corte ha posto taluni propri precedenti con i quali è stato da tempo chiarito che con la normativa in tema di festività infrasettimanali  - le leggi n. 260 del 1949, n. 90 del 1954 e n. 54 del 1977 - il legislatore ha inteso attribuire al lavoratore subordinato il diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione di determinate ricorrenze religiose e civili conservando la normale retribuzione giornaliera, con la conseguenza che il datore di lavoro non può pretendere che il lavoratore espleti la sua prestazione nelle giornate suddette.

Posto questo diritto, è possibile però che le parti, di comune intesa, stabiliscano che l'attività produttiva, e quindi la prestazione lavorativa, abbiano normale corso anche nelle giornate di festività infrasettimanale con obbligo per il datore di lavoro di corrispondere, oltre alla normale retribuzione giornaliera, anche la paga per le ore di lavoro effettivamente prestate (con la maggiorazione del lavoro festivo), atteso che il diritto al riposo in tale giornata è rinunciabile da parte del lavoratore, a differenza del diritto al riposo settimanale che non può essere oggetto di rinuncia alcuna. Tale principio trova applicazione anche in ipotesi di festività di origine meramente contrattuale (come la festa del santo patrono).

La Corte ha quindi precisato, in linea con altri propri precedenti, che la disciplina legislativa in questione è completa e autosufficiente nel riconoscere al lavoratore il diritto di astenersi dal prestare la propria attività in determinate festività celebrative di ricorrenze civili e religiose, ciò che esclude eventuali sue integrazioni analogiche o commistioni con altre discipline, mentre il d.lgs. n. 66 del 2003, emesso in attuazione della direttiva 93/104/CE e della direttiva 2000/34/CE, nulla aggiunge alla specifica disciplina sulle festività infrasettimanali, in quanto la normativa eurounitaria si riferisce espressamente al riposo settimanale e alla possibilità che esso possa essere calcolato in giorno diverso dalla domenica.

Su questi presupposti, la Corte ha richiamato alcuni propri ulteriori precedenti, chiarendo che la rinunciabilità al riposo è rimessa all’accordo delle parti individuali o ad accordi sindacali stipulati da organizzazioni sindacali cui il lavoratore abbia conferito esplicito mandato.

Per ritenere integrata quest’ultima ipotesi, il Giudice di legittimità ha comunque precisato, ribadendo un orientamento già espresso in precedenza, che è sufficiente l'espresso richiamo nel contratto di assunzione alla disciplina normativa del contratto collettivo di categoria ove le parti sociali - nel prevedere un'articolazione dell'orario di lavoro su tutto l'arco della settimana, giorni festivi compresi - senza negare il diritto al riposo nelle festività infrasettimanali, abbiano già preventivamente valutato le esigenze sottese al contemperamento del diritto individuale nel contesto delle peculiarità del settore di competenza.

Secondo la Cassazione, la sentenza impugnata non ha fatto buon governo dei principi testé indicati.

In particolare, la Corte d’appello di Firenze, sul falso presupposto della assoluta inderogabilità del diritto del dipendente ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali, ha erroneamente affermato che sarebbe stato onere del datore di lavoro dimostrare come l’indisponibilità del singolo lavoratore inserito in quel determinato turno rendesse impossibile garantire il servizio aeroportuale avente natura di servizio pubblico essenziale.

I giudici di merito, in ragione di una errata interpretazione di legge nel senso della inderogabilità del diritto del lavoratore se non a fronte della impossibilità di erogazione del servizio e pretendendo un’espressa previsione, nel contratto collettivo o individuale, dell’obbligo di prestazione nei giorni di festività infrasettimanale, hanno omesso di considerare se la disciplina collettiva, e il contratto individuale attraverso il richiamo a quello collettivo, nel regolamentare il lavoro in turni, non avessero già valutato le esigenze di contemperamento del diritto individuale al riposo nelle festività infrasettimanali con la necessità di assicurare l'operatività del servizio pubblico essenziale.

Piuttosto, la Corte di merito avrebbe dovuto domandarsi se, nel regolare la materia della prestazione lavorativa nei giorni festivi, in cui sono comprese le domeniche e le festività di cui si discute, le parti sociali non avessero già valutato un bilanciamento dei rispettivi sacrifici che, senza evidentemente escludere il diritto al riposo, ne assicurasse il godimento in modo compatibile con l'erogazione delle prestazioni indispensabili e pure con la necessità di assicurare che il diritto sia garantito in modo equo a tutti i lavoratori e non soltanto a coloro che ne abbiano rivendicato il godimento individualmente. I giudici di appello avrebbero dovuto quindi verificare se la previsione del lavoro secondo turni su sette giorni nella contrattazione collettiva applicata, non costituisse essa stessa una deroga al diritto del lavoratore di astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali, deroga concordata tra le parti del rapporto di lavoro anche attraverso il richiamo nel contratto individuale alla disciplina collettiva o, comunque, in base allo svolgimento di fatto del rapporto per un lungo periodo con organizzazione in turni anche nei giorni delle festività infrasettimanali.

La mancanza di queste valutazioni ha condotto perciò alla cassazione della sentenza, con rinvio alla Corte d’appello per l’adozione d’una nuova statuizione che consideri i profili erroneamente non valutati nel giudizio precedente.

Osservazioni

Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione, disattendendo la diversa prospettazione della Corte d'appello di Firenze, ha colto l'occasione per ribadire il proprio orientamento in merito alla dibattuta questione relativa al diritto del lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa durante le festività infrasettimanali, tematica che propone la coesistenza di esigenze differenti e spesso contrapposte.

Le disposizioni normative destinate alla fattispecie sono contenute nella legge n. 260 del 1949, la quale, dopo aver indicato agli artt. 1 e 2 i giorni dedicati a ricorrenza civili e religiose, all'art. 5 stabilisce che il lavoratore ha diritto a percepire durante queste festività la normale retribuzione di fatto giornaliera e, in aggiunta a quest'ultima, la retribuzione maggiorata per le ore di lavoro eventualmente prestate.

Trattasi di norma che, prima facie, non è chiara nello stabilire se durante queste giornate l'attività lavorativa sia vietata oppure consentita e, in quest'ultimo caso, se la scelta di prestare l'attività lavorativa sia rimessa alla discrezionalità del lavoratore ovvero del datore di lavoro.

A dissipare questi dubbi è stata la giurisprudenza, che fin dagli anni '80 ha chiarito che il lavoratore ha un vero e proprio diritto soggettivo di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali conservando la normale retribuzione (cfr. Cass., n. 4039/1980), con la precisazione che questo diritto di astenersi è pienamente disponibile a fronte d'un accordo in tal senso raggiunto dal lavoratore e dal datore di lavoro. In particolare, se va escluso che il datore di lavoro possa pretendere unilateralmente la prestazione in una di queste giornate, nulla osta ad una comune intesa fra le parti, dal momento che le festività civili e religiose, diversamente dal diritto al riposo settimanale, non godono di copertura costituzionale e, dunque, non sono irrinunciabili (cfr. Cass, n. 5712/1986).

L'orientamento giurisprudenziale in questione si è del tutto consolidato e, nel tempo, è stato precisato che la disciplina di cui alla legge n. 260/1949 è del tutto autonoma e completa, in quanto tale insuscettibile di integrazioni analogiche ispirate alle deroghe al riposo domenicale previsto dalla legge n. 370 del 1934 o da altri fonti relative al “tempo” del lavoro, quali il d. lgs. n. 66 del 2003 (cfr. Cass., n. 16634/2005; Cass, n. 16592/2015).

Così come è escluso che la deroga del diritto di astenersi dal lavoro possa procedere da una decisione unilaterale del datore di lavoro (o dello stesso lavoratore), allo stesso modo è stato escluso che limiti a questo diritto possano essere introdotti dalla contrattazione collettiva, «non potendo le organizzazioni sindacali derogare in senso peggiorativo ad un diritto del singolo lavoratore se non nel caso in cui egli abbia loro conferito esplicito mandato in tal senso. Ne discende la nullità delle clausole di contratti collettivi che prevedano l'obbligo dei dipendenti di lavorare nei giorni di festività infrasettimanale, in quanto incidenti sul diritto dei lavoratori - indisponibile, giova ribadire, da parte delle organizzazioni sindacali (Cass. n. 9176/1997 cit.) - di astenersi dalla prestazione» (Cass., n. 22482/2016).

Gli spazi di deroga sono dunque riservati, principalmente, ad un accordo individuale concluso tra le parti del contratto.

In ordine alle modalità con cui esso può essere raggiunto, può darsi per scontata un'espressa e specifica pattuizione in tal senso in seno all'accordo individuale.

Agli stessi effetti, tuttavia, conduce il richiamo, contenuto nello stesso accordo individuale, della disciplina dettata dal contratto collettivo di settore con specifico

riguardo alla articolazione dell'orario di lavoro su tutto l'arco della settimana, giorni festivi compresi, posto che esso, secondo un precedente della Cassazione ampiamente richiamato dalla sentenza in commento, «costituisce un sicuro indice della volontà comune dei contraenti di recepire la regolamentazione collettiva sul punto, tanto più avvalorata dal comportamento successivo delle stesse parti» (Cass., n. 29907/2021).

Nondimeno, la pronuncia in esame s'apprezza per l'ulteriore approfondimento sul punto, laddove chiarisce che i giudici di merito avrebbero dovuto verificare se la comune intesa per la deroga all'astensione non potesse essere rintracciata non solo «attraverso il richiamo nel contratto individuale alla disciplina collettiva», ma anche, e comunque, «in base allo svolgimento di fatto del rapporto per un lungo periodo con organizzazione in turni anche nei giorni delle festività infrasettimanali».

In questo senso può cogliersi l'aspetto parzialmente innovativo della pronuncia commentata, laddove essa pare ammettere che l'accordo tra le parti possa essere ricostruito anche mediante fatti concludenti, sebbene, in chiave critica, la mancanza d'un puntuale atto dispositivo del lavoratore potrebbe indurre a ritenere che egli conservi la libertà di esercitare o meno il proprio diritto volta per volta, in prossimità della singola festività o dinanzi ad una richiesta, anche implicita, del datore di lavoro.

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