Patti pre-matrimoniali finalmente liberalizzati?

04 Agosto 2025

Con l’Ordinanza n. 20415/2025, la Corte di cassazione torna sul binomio autonomia contrattuale-famiglia, riconoscendo piena validità agli accordi economico-patrimoniali stipulati in bonis tra i coniugi, aventi ad oggetto reciproche concessioni di dare-avere, condizionati ad una futura ed eventuale crisi familiare.

Massima

Sono validi ed efficaci gli accordi stipulati tra i nubendi, o tra i coniugi, volti a regolamentare i rapporti patrimoniali interni, in caso di futura ed incerta crisi coniugale, per mezzo di reciproche ed eque concessioni, in quanto qualificabili come contratti atipici sottoposti a condizione sospensiva lecita. Nel caso di specie, la Suprema Corte ha riconosciuto la piena validità di una scrittura privata sottoscritta tra i coniugi, per mezzo della quale si prevedeva che, in caso di separazione, l’uno si obbligava al pagamento di una somma di denaro a beneficio dell’altro che, a sua volta, rinunciava, in suo favore, ad alcuni beni mobili.

Il caso

Parte attrice intestava il Tribunale di Mantova domandando l'accertamento della nullità, per contrarietà all'ordine pubblico e a norme imperative quali gli artt. 143,160 c.c., della scrittura privata stipulata, in costanza di matrimonio, con l'allora coniuge.

Il citato accordo regolava aspetti patrimoniali interni, nell'ipotesi di un'incerta e futura crisi coniugale e, in particolare, riconosceva il ruolo attivo della consorte nella formazione, e nel mantenimento, del benessere economico familiare e nel pagamento del mutuo per la ristrutturazione dell'immobile a lui intestato. I mutuali interessi delle parti, come sigillati nella scrittura privata contestata, si concretizzavano nella dichiarata previsione dell'insorgere automatico di un debito a carico del marito, nell'ipotesi di separazione personale, e di un'espressa rinuncia a determinati beni mobili da parte della moglie.

Il Giudice del primo grado respingeva la menzionata domanda ed accoglieva quanto richiesto dalla costituita coniuge in via riconvenzionale, condannando, contestualmente, il marito al pagamento della somma, a titolo di obbligazione restitutoria, indicata all'interno della stipulata scrittura privata.

L'adita Corte d'appello confermava la decisione del Tribunale, accertando la piena validità della scrittura privata e, quindi, degli accordi patrimoniali ivi contenuti.

Avverso la suddetta pronuncia, il coniuge soccombente proponeva ricorso per Cassazione affidato a due motivi.

La questione

Devono ritenersi validi gli accordi coniugali che regolamentano i rapporti patrimoniali interni in caso di crisi matrimoniale? Con la pronuncia in questione, la Suprema Corte ha davvero posto un termine all’annosa questione circa la validità, o meno, dei patti pre-matrimoniali all’interno dell’ordinamento italiano?

Le soluzioni giuridiche

L'ordinanza in analisi si sviluppa, nel suo percorso logico-contenutistico, partendo da una ricapitolazione giurisprudenziale della progressiva apertura che si è registrata, negli anni, nei confronti della “privatizzazione” della famiglia.

Sin dall'origine, l'ordinamento italiano ha mantenuto una visione restrittiva e timorosa nei confronti dell'autonomia contrattuale dei coniugi, stante il concetto pubblicistico del matrimonio e il carattere indisponibile dei diritti e delle situazioni giuridiche ricomprese nello stesso. Tale posizione è, altresì, motivata sulla scorta della tutela che viene riconosciuta al coniuge debole, nel timore di prevenire eventuali sopraffazioni a danno dello stesso e al fine di evitare una “mercificazione” dello status.

Nel tempo, essendo il diritto sensibile al contesto sociale, naturale è stato, per la giurisprudenza, dover fronteggiare, e regolare, controversie aventi ad oggetto ipotesi di “contrattualizzazione” familiare, al netto, altresì, dei vari riflessi internazionali.

Il tema centrale affrontato dagli Ermellini, si inserisce nell'ambito della vexata quaestio circa la validità, o meno, degli accordi conclusi tra i coniugi in previsione di una futura crisi matrimoniale.

Preliminarmente, la Suprema Corte pone in evidenza l'avvenuta valorizzazione dell'autonomia negoziale dei coniugi nell'ambito del fallimento matrimoniale, compiutasi mediante la normativizzata possibilità di concordare le condizioni per la regolamentazione della stessa, ed in continua crescita. Attualmente, infatti, oltre alle ipotesi di risoluzione consensuale, è opportuno ricordare il ruolo attribuito alla negoziazione assistita in tale contesto, la possibilità di separazione/divorzio dinnanzi all'Ufficiale di stato civile e l'introduzione del ricorso cumulativo che, in ogni caso, prevede accordi globali che incidono sia sulla separazione, che sul futuro divorzio.

Il bilanciamento tra il profilo pubblicistico del matrimonio e quello privatistico ha comportato un susseguirsi di pronunce, che hanno tentato di equilibrare i molteplici interessi.

Sul punto la Cassazione, recuperando i propri “annales”, ricorda la sentenza  n. 8109/2000 che, riconfermando la generale nullità, per illiceità della causa, degli accordi pre-divorzio stipulati tra i coniugi in sede di separazione, che dispongano di diritti inderogabili, dichiarava, contestualmente, la validità di eventuali accordi pre-divorzio aventi, come unica funzione, quella di risolvere insorte controversie patrimoniali, senza riferimenti al futuro assetto economico conseguente all'eventuale pronuncia di divorzio.

Continuando la linea evolutiva, la Suprema Corte ricorda la pronuncia di legittimità n. 23713/2012 che, pur ribadendo la generale nullità, per illiceità della causa, degli accordi pre-divorzio assunti prima del matrimonio o in sede di separazione, strizzava l'occhio all'autonomia contrattuale familiare.

In tale sentenza, infatti, veniva precisata e riconosciuta la piena validità dell'accordo tra coniugi ordinatore dei rapporti patrimoniali interni, in quanto qualificabile come contratto atipico con condizione sospensiva lecita, in conformità con il disposto dell'art. 1322 c.c.  In particolare, la Corte riconosceva la validità dell'accordo stante la matrice patrimoniale e l'equità delle condizioni e reciproche concessioni.

Per quanto possa sembrare contraddittorio, appare visibile il tentativo di equilibrio adoperato dalla Cassazione per, da un lato, proteggere i diritti indisponibili e, dall'altro, riconoscere l'esistenza dell'autonomia privata all'interno del diritto di famiglia.

La linea temporale scansionata tramite le ulteriori pronunce menzionate dalla Suprema Corte nell'Ordinanza de qua, riflette l'evoluzione e l'apertura che si sta progressivamente registrando nei confronti di tale argomento, ferma la generale nullità che avvolge, ancora ad oggi, i patti pre-matrimoniali aventi ad oggetto la totalità del futuro assetto economico, nel caso di crisi coniugale.

Il descritto avanzamento è frutto della consapevolezza che l'interesse pubblicistico della famiglia, non può qualificarsi come superiore rispetto agli interessi singoli, coordinati e collegati, delle persone che compongono lo stesso nucleo. Deve esservi, necessariamente, un equilibrio.

L'Ordinanza n. 20415/2025 presenta il quadro effettivo della situazione attuale, in conformità con la recente giurisprudenza (v. Cass. civ. n. 5065/2021; Cass. civ. n. 11012/2021; Cass. civ. n. 13366/2024; Cass. civ. n. 18843/2024).

Manifesta è la ratificata apertura verso gli accordi stipulati tra coniugi condizionati alla crisi coniugale, che abbiano un contenuto economico-patrimoniale, ma anche personale, fermo, in questo caso, il doveroso controllo di legittimità del Giudice, nella valorizzazione del principio del superiore interesse del minore. Il riconoscimento di suddetti pattizzi si giustifica grazie all'individuazione della crisi come condizione sospensiva. Difatti, la condizione deve considerarsi lecita, poiché la rottura coniugale non è causa genetica delle rispettive attribuzioni previste dall'accordo, ma mero evento condizionale.

Confermata la generale nullità delle pattuizioni pre-matrimoniali intese come “prenup”, devono, invece, ritenersi valide e meritevoli di tutela le convenzioni di dare-avere sottoscritte tra i nubendi, o tra i coniugi, subordinate alla crisi coniugale, quando prevedano eque condizioni e reciproche concessioni, e non incidano sui diritti indisponibili.

I summenzionati patti, infatti, sono espressione dell'autonomia negoziale che si sta gradatamente riconoscendo al nucleo familiare.

Come detto, viene rimarcata la liceità della condizione sospensiva della frattura coniugale; difatti, l'elemento accidentale non può ritenersi né violativo dell'art. 160, in quanto non dipendente dalla volontà di un unico soggetto e quindi non meramente potestativo, né contrario a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume.

Parallelamente, sulla base di tale inquadramento, viene rispettato anche l'art. 143 c.c. in quanto, se inconfutabile è il dovere dei coniugi di contribuzione reciproca, in base ai propri mezzi e alle proprie capacità, nessun divieto è posto, nei riguardi degli stessi, circa l'eventuale accertamento di rapporti di dare-avere, sospesi in costanza di matrimonio.

Nel caso concreto, la Cassazione respingeva il ricorso, confermando la pronuncia della Corte territoriale che aveva riconosciuto la validità della contestata scrittura privata, in quanto contratto atipico con condizione sospensiva lecita.

In sede di legittimità, l'accordo è stato riconfermato come valido, in quanto lecito ed equo e, nondimeno, rispettoso dei necessari limiti da mantenere nei confronti dei diritti indisponibili; l'importo previsto a titolo di obbligazione restitutoria, non poteva configurarsi come una somma “una tantum”, che avrebbe, di talché, interferito con la disciplina dell'assegno divorzile (indisponibile), sulla considerazione che non vi era alcuna espressa dicitura, né rinuncia esplicita all'assegno. Parimenti, non risultava integrare adempimento di un'obbligazione naturale, stante l'inesistenza di divieti che inibiscano i coniugi nella riconoscenza di insorti rapporti di dare-avere.

Osservazioni

La pronuncia in questione, destando un notevole interesse per l’oggetto trattato, richiede una lettura approfondita ed un’attenta analisi, al fine di rifuggire dalle interpretazioni superficiali e semplicistiche.

Infatti, è bene precisare che tale decisione non ha introdotto novità di principio, né ha conferito piena legittimità alla figura dei patti pre-matrimoniali che, nel nostro ordinamento, si classificano, tuttora, nulli per i motivi sopra esposti. L’istituto dei patti pre-matrimoniali è realtà applicativa costante in altri e differenti sistemi di diritto; la corretta lettura della realtà giurisprudenziale, semplicemente, dimostra che la Cassazione, tramite il susseguirsi temporale di varie pronunce, ha riconosciuto la validità di situazioni gradualmente vicine ai patti pre-matrimoniali, sebbene, ad oggi, permanga immutata la descritta posizione.

I giudici di legittimità inserendosi, con coerenza, nel filone controverso relativo al binomio autonomia negoziale-famiglia, riconfermano il progressivo spiraglio, riaprendo interrogativi irrisolti, o sospesi, di quotidiano interesse.

La Suprema Corte testimonia il mutevole e costante cambiamento che permea il diritto di famiglia e sottolinea il graduale “sdoganamento” del ruolo pubblicistico della famiglia, nel legittimo riconoscimento degli interessi e dell’autonomia dei singoli componenti del nucleo, ferme le dovute tutele e protezioni.

Tanto detto è, sicuramente, riflesso di una spinta crescente verso la privatizzazione della famiglia e di un’attenzione doverosa al cambiamento evolutivo, anche se il percorso è ancora lungo.

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