Il sequestro preventivo impeditivo non può essere disposto nei confronti dell’ente
31 Luglio 2025
Massima Nell'ambito della disciplina della responsabilità amministrativa derivante da reato è escluso il sequestro preventivoex art. 321, comma 1, c.p.p. dal novero delle misure cautelari adottabili nei confronti delle società ai sensi del d.lgs. n. 231/2001. Il caso Il Tribunale di Trani rigettava l'appello proposto dal P.M. avverso il provvedimento con cui il G.i.p. rifiutava di disporre il sequestro preventivo impeditivo di cui all'art. 321 c.p.p. nei confronti di una società. Il Procuratore della Repubblica proponeva ricorso contro la decisione del Tribunale di Trani. La questione L'art. 321, comma 1, c.p.p. prevede il sequestro preventivo (detto “impeditivo”) delle cose pertinenti al reato, la cui libera disponibilità « possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati». L'art. 53 del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231 (di seguito, decreto 231), dedicato al sequestro preventivo nei confronti dell'ente al quale sia contestata la responsabilità per gli illeciti amministrativi dipendente da reato, prevede il sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca a norma dell'art. 19 del medesimo decreto e non contiene riferimento alcuno al sequestro impeditivo. Nondimeno, l'art. 34 del decreto 231 prevede che per il procedimento relativo agli illeciti amministrativi dipendenti da reato si osservano le norme del capo III (tra cui quelle contenute nell'art. 53) e, in quanto compatibili, anche le disposizioni del codice di procedura penale. Da qui la questione portata all'attenzione della Suprema Corte e alla quale Cass. pen., sez. VI, 12 febbraio 2025, depositata il 27 maggio, n. 19717,ha risposto affermando che il sequestro preventivo impeditivo, di cui all'art. 321, comma 1, c.p.p. non può essere disposto nei confronti di un ente. Le soluzioni giuridiche L'unica sentenza conosciuta che ha ritenuto ammissibile, in tema di responsabilità da reato degli enti, il sequestro "impeditivo" di cui all'art. 321, comma 1, c.p.p. è Cass. pen., sez. II, 10 luglio 2018, n. 34293, S.r.l. Sunflower che ha affermato, per giustificare le proprie conclusioni, non esserci «totale sovrapposizione e quindi incompatibilità logico giuridica tra il suddetto sequestro e le misure interdittive», precisando che «la misura interdittiva paralizza l'uso del bene criminogeno solo in modo indiretto, e temporaneo, al contrario il sequestro e la successiva confisca colpiscono direttamente il bene, eliminando il pericolo che il bene possa essere destinato a commettere altri reati». La sentenza che si commenta sviluppa tre argomentazioni per pronunciarsi in termini difformi e affermare l'impossibilità di disporre il sequestro preventivo impeditivo nei confronti dell'ente: lettera della legge, lavori preparatori, incompatibilità del sequestro preventivo impeditivo con le misure cautelari interdittive. Il prossimo futuro ci dirà se questo contrasto interpretativo è destinato a consolidarsi o a venire meno. Quanto a lettera della legge e lavori preparatori, il riferimento implicito è all'art. 12, primo comma, del R.d. 16 marzo 1942, n. 262, Disposizioni sulla legge in generale (di seguito, disp. prel.): «Nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore». Come sopra si è detto, l'art. 53 non contiene riferimento alcuno al sequestro preventivo impeditivo e alla disposizione del codice di procedura penale che lo prevede (art. 321, comma 1), mentre sono esplicitati i richiami al sequestro preventivo delle cose di cui è consentita la confisca a norma dell'art. 19 del decreto 231, vale a dire prezzo o profitto del reato oppure denaro, beni o altre utilità di valore equivalente. Il criterio fondamentale cui occorre attenersi nell'interpretazione delle disposizioniè quello del rispetto del dato letterale dei testi normativi (Cass. pen., sez. un., 27 giugno 2023. n. 41425, «che costituisce un limite insuperabile anche quando si proceda ad una interpretazioneestensiva,echenonpuòessereinalcunmodovalicatomediante il richiamo ailavori preparatori oalla relazione illustrativa» (Cass. pen., sez. un., 14 dicembre 2023, n. 12759/24, in motivazione). Impossibile dimenticare gli insegnamenti delle Sezioni Unite della Corte di cassazione: l'art.101,comma 2,Cost.poneunprincipiodi«fedeltàdelgiudiceal tenore letterale della disposizione normativa quale canone fondamentale di interpretazione cui si deve attenere» (Cass. pen., sez. un., 19 gennaio 2023, n. 32938, in motivazione); l'interpretazione estensiva «attiene alle ipotesi in cui il risultato interpretativo si mantiene, comunque, all'interno dei possibili significati della disposizionenormativa»(Cass. pen. sez. un., 27 ottobre 2022, n.14840/23); il criterio dell'interpretazione logica e sistematica «non può servire ad andare oltre quello letterale, quando la disposizione idonea a decidere è chiara e precisa» (Cass. pen., sez. un., 13 giugno 2022, n. 38810; Cass. pen., sez. un., 19 luglio 2018, n. 40986). Anche se, sotto un profilo teorico, non può dimenticarsi che il citato art. 12 disp. prel. stabilisce, nel secondo comma, che l'unico criterio ermeneuticoimpiegabilepersuperareildatoletteralediunadisposizionedilegge èquellodell'interpretazioneanalogica. In ogni caso, nessun cenno viene fatto, nella sentenza in esame, agli spazi lasciati al sopra citato art. 34 del decreto 231. La relazione ministeriale al decreto 231 rafforza detta considerazione quando spiega che «si èravvisatala necessità di disciplinare leipotesi di sequestro preventivo a scopo di confisca e del sequestro conservativo, posto chelalorooperativitàinragionedel generalerinvioalleregoleprocessuali ordinariamente vigenti - questo espressamente previsto dalla delega - non si sarebbe potutamettereseriamenteindiscussioneinragionediunaincompatibilitàconle sanzioni interdittive irrogabili nei confronti delle persone giuridiche, in realtà nonravvisabilese noninrelazionealsequestropreventivoin sensoproprio, chepertantoè da ritenersi ipotesi non applicabile nella specie», sciogliendo così ogni dubbio in ordine al fatto che con l'art. 53 si sia inteso disciplinare solo il sequestro a fini di confisca perché non incompatibile con le sanzioni interdittive (che trovano la propria disciplina negli artt. 9 e da 13 a 16 del decreto 231) e neppure - si potrebbe aggiungere - con le misure cautelari interdittive. La sentenza che si commenta mostra di condividere questa impostazione. Afferma, infatti, che nell'ambitodel sistemaprocessualee sanzionatorio del decreto 231 «non pare agevole configurarel'utilità di un ricorso alla misura cautelare ex art. 321, comma 1, c.p.p., essendovi una sovrapposizione (..) tra sequestro preventivo puro (o cd. "impeditivo")e la più grave delle misure cautelari previste dalla legge in esame, l'interdizione dall'attività, atteso che posto che trai beni che possono essere oggetto di sequestro preventivo v'è, come nel caso di specie, anche l'azienda, attraverso il sequestro preventivo dell'azienda si conseguirebbe il medesimo effetto di un'interdizione totale dell'attivitàdell'ente, ciò senza limiti temporali particolari (se non quellidellaconclusionedelprocedimento)esuperandotuttigli ulteriorilimitiprevisti per l'applicazione dellamisuracautelareinterdittiva». |