L’impugnazione del provvedimento di rigetto della richiesta di invio al centro per la giustizia riparativa
Michele Toriello
18 Luglio 2025
Può essere impugnato il provvedimento con il quale il giudice di merito rigetti la richiesta dell'imputato di avviare un programma di giustizia riparativa? In caso affermativo, in quale modo e per quali motivi?
Questione controversa
La questione controversa riguarda il caso in cui il giudice rigetti la richiesta dell'imputato di essere inviato presso un Centro per la giustizia riparativa, onde avviare il relativo programma: si tratta di provvedimento di natura non giurisdizionale, e dunque non impugnabile in assenza di espressa previsione di legge? O si è in presenza di ordinanza impugnabile unitamente alla sentenza ai sensi dell'art. 586 c.p.p.?
Possibili soluzioni
Prima soluzione
Seconda soluzione
Secondo un primo orientamento, il provvedimento con il quale il giudice nega al richiedente l'accesso ai programmi di giustizia riparativa ai sensi dell'art. 129-bis c.p.p. non ha natura giurisdizionale, sicché lo stesso non è impugnabile.
Si ritiene, in particolare, che il programma riparativo e le attività che gli sono proprie appartengono non al procedimento penale, quanto piuttosto all'ordine di un servizio pubblico di cura della relazione tra persone; all'interno del procedimento riparativo operano regole non mutuabili e in alcuni casi incompatibili con quelle del processo penale: volontarietà, equa considerazione degli interessi tra autore e vittima, consensualità, riservatezza, segretezza.
A queste considerazioni si affiancano, deponendo per la non ricorribilità del provvedimento, la mancata previsione di strumenti di impugnazione da parte del legislatore (ritenuta scelta consapevole, per l'appunto ricollegata alla speciale natura non giurisdizionale del nuovo istituto), il principio di tassatività dei mezzi di impugnazione, e la circostanza che quello in esame non rientra tra i provvedimenti in materia di libertà personale, che l'art. 111 comma 7 Cost. consente di impugnare con ricorso per cassazione per violazione di legge.
Si è, altresì, rilevato che l'art. 129-bis c.p.p. non contempla alcuna ipotesi di nullità, ma si limita a disciplinare un potere essenzialmente discrezionale riconosciuto al giudice, fondato su una valutazione (della tipologia del reato, dei rapporti tra l'autore e la persona offesa, dell'idoneità del percorso riparativo a risolvere le questioni che hanno determinato la commissione del fatto) che non gli impone di avvalersene, né di motivare la sua scelta, con la conseguenza che nel caso di mancata attivazione del percorso riparativo non è configurabile alcuna nullità, né speciale, né di ordine generale, non essendo compromesso alcuno dei diritti e delle facoltà di cui all'art. 178, comma 1, lett. c), c.p.p. (1).
Secondo l'opposto orientamento il provvedimento in questione può essere impugnato dall'imputato.
Una prima linea esegetica ritiene che il provvedimento reiettivo emesso durante il compimento degli atti preliminari, o nel corso del dibattimento, può essere impugnato, ex art. 586 comma 1 c.p.p., unitamente alla sentenza, ma solo a condizione che la richiesta risulti avanzata dall'imputato e che la stessa riguardi reati procedibili a querela suscettibile di remissione, poiché solo ove siano soddisfatte tali due condizioni l'eventuale accoglimento della richiesta può determinare la sospensione del processo.
Si evidenzia che l'art. 586 c.p.p. consente di impugnare, unitamente alla sentenza, le ordinanze emesse nel corso degli atti preliminari o nel dibattimento che non attengano alla libertà personale, purché esse abbiano avuto un'influenza giuridicamente rilevante sul contenuto della successiva sentenza: nel caso in esame, l'unica ipotesi in cui tale influenza può ravvisarsi - attesa la reciproca autonomia che di regola caratterizza il procedimento riparativo e quello penale - è quella in cui il procedimento abbia ad oggetto reati perseguibili a querela soggetta a remissione, poiché in tal caso l'art. 129-bis comma 4, c.p.p. prevede la possibilità che il giudice, su richiesta dell'imputato, sospenda il processo al fine di consentire lo svolgimento del programma di giustizia riparativa «per un periodo non superiore a centottanta giorni» (2).
Altre pronunce hanno, invece, ritenuto che il provvedimento di rigetto può essere sempre impugnato, unitamente alla sentenza conclusiva del giudizio, senza alcuna distinzione tra reati procedibili a querela suscettibile di remissione e reati procedibili d'ufficio.
Questo orientamento ritiene che quello in esame è un atto del procedimento penale avente natura endoprocedimentale, che conserva tale natura anche qualora si proceda per un reato per cui non è consentita la remissione della querela ovvero si proceda d'ufficio: la contraria interpretazione – si osserva - ridurrebbe di significato e di rilevanza altre disposizioni che sono comunque racchiuse nel nuovo statuto della giustizia riparativa, e le indicazioni della Raccomandazione del Consiglio d'Europa adottata dal Comitato dei Ministri il 3 ottobre 2018, che, nel riconoscere un diritto all'accesso a procedure di reclamo chiare ed efficaci, non opera alcuna distinzione fondata sulla procedibilità del reato (3).
(1) Cass. pen., sez. IV, 23 ottobre 2024, n. 40164; Cass. pen., sez. VII, 10 ottobre 2024, n. 41406; Cass. pen., sez. VII, 8 maggio 2024, n. 20392; Cass. pen., sez. VII, 7 maggio 2024, n. 25120; Cass. pen., sez. II, 12 dicembre 2023, dep. 2024, n. 6595; Cass. pen., sez. VI, 9 maggio 2023, n. 25367.
(2) Cass. pen., sez. II, 14 febbraio 2025, n. 9220; Cass. pen., sez. I, 21 novembre 2024, dep. 2025, n. 8400; Cass. pen., sez. V, 18 dicembre 2024, dep. 2025, n. 7266; Cass. pen., sez. III, 11 giugno 2024, n. 41718; Cass. pen., sez. III, 7 giugno 2024, n. 33152.
(3) Cass. pen., sez. V, 26 novembre 2024, dep. 2025, n. 131; Cass. pen., sez. IV, 6 dicembre 2023, dep. 2024, n. 646.
Rimessione alle Sezioni Unite
Cass. pen., sez. V, 28 marzo 2025, n. 14833
La Corte era chiamata a deliberare sul ricorso per cassazione presentato dal soggetto riconosciuto responsabile del delitto di atti persecutori, avverso la sentenza che la Corte d'appello aveva emesso senza pronunciarsi sull'istanza di invio a un centro per la giustizia riparativa per l'avvio del relativo programma, avanzata dal procuratore speciale dell'imputato ex art. 129-bis c.p.p.: il ricorrente rappresentava che l'omessa pronuncia aveva inciso sulla sua posizione, in quanto l'accesso a un programma di giustizia riparativa avrebbe potuto consentire di addivenire alla remissione della querela ovvero, comunque, all'irrogazione di un trattamento sanzionatorio più favorevole.
La Quinta Sezione penale, dopo aver dato esaustivamente atto del contrasto insorto nella giurisprudenza di legittimità, ha osservato che «nel caso in cui si acceda alla tesi dell'impugnabilità quale che sia il regime di procedibilità del reato cui attiene la richiesta di invio a un centro per la giustizia riparativa, rimane da chiarire come e in che misura l'accoglimento dell'impugnazione avverso l'ordinanza, se proposta con l'impugnazione contro la sentenza ex art. 586 c.p.p., incida sul (e possa viziare il) medesimo provvedimento decisorio, profilo centrale per comprendere come operi l'innesto nelle cadenze del processo penale di questo modulo, da esso distinto, ispirato a un diverso paradigma. Sotto tale profilo diviene pure centrale delineare i vizi che possono essere denunciati e, a monte, i parametri che devono orientare il giudice e, nel corso delle indagini preliminari (prima della notifica dell'avviso di conclusione di esse), il pubblico ministero nel provvedere; e, proprio con riguardo all'ipotesi in cui sia quest'ultimo organo a statuire (si ribadisce, nel corso della fase investigativa), quale possa essere il regime di un'eventuale impugnazione e le conseguenze della sua fondatezza».
La Corte ha, altresì, rilevato che «il riferimento alla reiterabilità - in caso di diniego - della richiesta di invio a un Centro per la giustizia riparativa ... non pare un argomento decisivo per orientare l'esegesi tra le soluzioni sostenute dai diversi orientamenti in contrasto», dovendosi considerare che, di regola, le istanze che costituiscano mera riproposizione – in assenza di nova - di istanze già rigettate devono essere dichiarate inammissibili.
I giudici remittenti hanno, infine, osservato che la circostanza che i Centri per la giustizia riparativa non siano stati ancora istituiti non permette di inferirne che l'imputato non ha un concreto ed effettivo interesse ad impugnare il provvedimento reiettivo.
La Corte ha, dunque, rimesso il ricorso alle Sezioni Unite, per la risoluzione del quesito che è stato così formulato: «Se sia ricorribile per cassazione il provvedimento del giudice di merito di rigetto della richiesta di invio al Centro per la giustizia riparativa per l'avvio di un programma di giustizia riparativa, e, nell'ipotesi affermativa, in quali casi e per quali motivi».
Le Sezioni Unite tratteranno il ricorso nell'udienza del 30 ottobre 2025.
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