Assegno divorzile e diritto ad ottenere la quota del TFR maturato in capo all’ex coniuge

21 Maggio 2025

La recente sentenza in esame ha chiarito quali siano i presupposti per ottenere il riconoscimento del diritto alla percezione di una quota del TFR spettante all’ex coniuge, il quale sia obbligato al versamento di un assegno divorzile, da parte dell’altro ex coniuge destinatario del suddetto assegno. La Corte ha inoltre rimesso alla “Pubblica udienza” la questione relativa alla spettanza per il titolare dell’assegno divorzile di una quota del TFR in caso di destinazione al Fondo di previdenza complementare.

Massima

Il diritto del coniuge divorziato titolare di assegno divorzile ad ottenere una quota del trattamento di fine rapporto dell'altro coniuge, ai sensi dell'art. 12-bis, l. n. 898/1970, permane anche nel caso in cui il lavoratore scelga di conferire l'intero TFR maturato in un fondo di previdenza complementare. Tuttavia, il versamento del TFR al Fondo e la percezione successiva, sotto forma di prestazione previdenziale integrativa, possono modificare la natura delle somme da retributiva a previdenziale, incidendo sulla spettanza della quota.

Il caso

Il Tribunale, dichiarando la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra Tizio e Caia, condannava il primo alla corresponsione di un assegno divorzile in favore della ex moglie. Il Tribunale condannava altresì Tizio al pagamento di una quota del suo TFR a Caia, poiché quest'ultimo in pendenza del giudizio era stato collocato in pensione.

La Corte d'appello di Milano riformava la decisione dichiarando la non debenza delle somme. Secondo il giudice di secondo grado, infatti, la stessa formulazione dell'articolo 12-bis, l. n. 898/1970, impone di limitare l'importo dovuto al titolare dell'assegno alla somma percepita dall'ex coniuge al momento della cessazione del rapporto. Infatti, nel caso di specie il TFR spettante a Tizio era stato conferito a un Fondo Previdenziale dal datore di lavoro ed era stato percepito solamente al momento del pensionamento.

Al contrario, secondo Caia, la Corte d'appello avrebbe violato l'art. 12-bis, l. n. 898/1970, che prevede il diritto della moglie divorziata a percepire una quota del TFR maturato durante gli anni di matrimonio anche in caso di versamento a Fondo Previdenziale.

Avverso questa pronuncia Caia proponeva dunque ricorso per Cassazione.

La questione

La questione in esame è la seguente: quali sono i presupposti per ottenere il riconoscimento del diritto alla percezione di una quota del TFR da parte dell’ex coniuge? Il diritto sussiste anche laddove una quota del TFR sia stata destinata a un Fondo di previdenza?

Le soluzioni giuridiche

L'art. 12-bis, l. n. 898/1970, si riferisce al diritto del coniuge divorziato a beneficiare di una quota del TFR “percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza” qualora il primo sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5 della medesima legge nel momento in cui l'ex coniuge matura il diritto alla corresponsione di tale trattamento (v. Cass. civ., sez. I, 19 febbraio 2021, n. 4499).

La sentenza in commento, riprendendo la pronuncia delle Sezioni Unite, Cass., sez.un.,n. 6229/2024, dà rilievo a quel filone giurisprudenziale che rinviene alla base dell'art. 12-bis, l. n. 898/1970, profili assistenziali ma anche di carattere compensativo, in quanto permette di attuare una partecipazione, seppure posticipata, alle fortune economiche costruite insieme dai coniugi durante gli anni di matrimonio.

La giurisprudenza ha ritenuto che tale diritto sorga e possa essere azionato nel momento in cui cessa il rapporto di lavoro (v. Cass. civ., sez. lav., 6 febbraio 2018, n. 2827; Cass. civ., sez. I, 27 febbraio 2020, n. 5376; Cass. civ., sez. I, 12 novembre 2021, n. 34050), in quanto è proprio da questo momento che la quota di spettanza dell'ex coniuge diviene esigibile (v. Cass. civ., sez. I, 14 novembre 2008, n. 27233 del; Cass. civ., sez. I, 23 marzo 2004, n. 5719).

La previsione di cui all'art. 12-bis, l. n. 898/1970 è stata ritenuta applicabile anche ad altre indennità, in particolare alle indennità di fine rapporto spettanti ai dipendenti pubblici che consistono in quote differite della retribuzione, esigibili dopo l'estinzione del rapporto di lavoro (v. Cass. civ., sez. I, 17 dicembre 2003, n. 19309) e alle indennità riferibili ai rapporti di lavoro parasubordinato (v. Cass. civ., sez. I, 30 dicembre 2005, n. 28874) (v. Cass. civ., sez. un, 7 marzo 2024, n. 6229). Sono state invece ritenute estranee le prestazioni private di natura previdenziale e assicurativa (v. Cass. civ., sez. I, 11 aprile 2003, n. 5720; Cass. civ., sez. I, 17 dicembre 2003, n. 19309), nonché l'indennità di incentivo all'esodo.

Nei casi in cui il TFR sia destinato a un Fondo pensionistico complementare, invece, si rinviene un'unica pronuncia di legittimità sul punto (v. Cass. civ., sez. VI-I, n. 12882/2017), la quale ha respinto il ricorso proposto contro la decisione della Corte d'appello con la quale era stata accolta la relativa domanda.

Al contrario, la sentenza impugnata ha dato rilievo al fatto che l'art. 12-bis della legge 898/1970 riconosce al coniuge divorziato titolare di assegno divorzile la quota del TFR “percepito” alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre, nel caso in cui il TFR sia conferito ad un Fondo di previdenza complementare, la liquidazione non è riconosciuta alla cessazione del rapporto di lavoro, bensì alla maturazione dei requisiti per la pensione. Secondo tale soluzione interpretativa, il TFR ha natura retributiva, ma se viene conferito nel Fondo Previdenziale dal datore di lavoro, per essere poi erogato da quest'ultimo al lavoratore, assume natura previdenziale (v. Cass. civ., sez. un., 9 marzo 2015, n. 4684 e Cass. civ., sez. un., 12 marzo 2015, n. 4949).

La questione che si pone e che dovrà dunque essere risolta dalla Suprema corte nella pubblica udienza è “se, tenuto conto che la destinazione del TFR non modifica i diritti e gli obblighi nascenti da rapporto di lavoro, e non incide sulle modalità di erogazione delle indennità di fine rapporto […] il titolare dell'assegno divorzile conservi il diritto ad ottenere la quota del Tfr maturato in capo al l'ex coniuge anche nel caso in cui quest'ultimo faccia confluire l'intero TFR in un Fondo di previdenza complementare, ovvero se tale scelta comporti l'esclusione del diritto previsto dall'art. 12-bis, l. n. 898/1970, non percependo l'ex coniuge obbligato al pagamento dell'assegno divorzile alcuna indennità di fine rapporto, ma un capitale o una rendita periodica che non ha natura retributiva ma solo previdenziale”.

Osservazioni

La corresponsione della quota di TFR da parte dell'ex coniuge è stato oggetto di diverse pronunce, spesso a sfavore del coniuge avente diritto alla somma, soprattutto quando vengono in rilievo altre indennità equiparabili al TFR.

Il punto nodale del ragionamento fatto dalla Corte circa la decisione impugnata è che l'art. 12-bis, l. n. 898/1970, riconosce al coniuge divorziato titolare di assegno divorzile la quota di TFR percepito alla cessazione del rapporto di lavoro, mentre nel caso in cui il TFR sia conferito a un Fondo di previdenza complementare, la liquidazione avviene alla maturazione dei requisiti per la pensione. Per questo motivo, al TFR è stata riconosciuta natura retributiva, mentre se conferito nel Fondo e successivamente erogato dal lavoratore, avrebbe natura previdenziale.

In quest'ultimo caso, la disciplina rientrerebbe nella previsione di cui all'art. 2123 c.c. quale forma di previdenza integrativa, e non nella previsione di cui all'art. 2120 c.c., al quale, in effetti, l'art. 12-bis, l. n. 898/1970, fa riferimento menzionando la nozione di “indennità di fine rapporto”.

La questione affrontata dalla sentenza in commento appare di grande rilievo nomofilattico, sia per la natura delle problematiche coinvolte, sia per l'incidenza delle soluzioni su diversi settori del diritto oltre che per l'ampia possibilità di applicazione.

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