L’azione di mero accertamento della parentela collaterale
19 Maggio 2025
Massima Con l’Ordinanza n. 9222/2025 la Cassazione si esprime riguardo l’azione di mero accertamento della parentela collaterale che, lungi dal potersi qualificare come azione di stato, presuppone, per la sua ammissibilità, il necessario accertamento, già definitivamente avvenuto o almeno ancora possibile su richiesta dei soggetti a tanto legittimati, dello status (nella specie filiale). Tale accertamento deve effettuarsi necessariamente con valore di giudicato e non meramente incider tantum. Il caso Il caso affrontato dalla Suprema Corte trae origine dalla pretesa della ricorrente volta ad ottenere il riconoscimento del grado di parentela (nella specie nipote ex fratre) nei confronti di un soggetto deceduto in territorio francese, supposto fratello del padre e, quindi, figlio naturale non riconosciuto dei nonni paterni. In primo grado, il Tribunale respingeva la domanda, dichiarando il proprio difetto di giurisdizione in favore dell'Autorità giudiziaria francese. La sentenza, impugnata dalla ricorrente, veniva dichiarata nulla dalla Corte d'Appello che, rigettava la domanda, confermando la declinatoria di giurisdizione e, contestualmente, attestava la nullità della pronuncia, stante la mancata partecipazione al giudizio del Pubblico Ministero. Negata, altresì, la rimessione al primo grado, in quanto non dirimente né l'elemento della mancata presenza del Pubblico Ministero, né la decisione da parte del giudice monocratico, anziché collegiale. Preliminarmente, con sentenza del Cass. 9 maggio 2018, n. 11178, le Sezioni Unite della Suprema Corte definivano l'insorta questione relativa alla giurisdizione, dichiarando la legittima giurisdizione del giudice italiano sull'Autorità giudiziaria francese, cassando la pronuncia impugnata con rinvio. Nel giudizio di rinvio exart. 383, comma 3, c.p.c., il giudice di merito qualificava l'azione proposta dalla ricorrente come azione per la dichiarazione di paternità o maternità ex art. 269 e ss. c.c., dichiarandola inammissibile per difetto di legittimazione attiva. In secondo grado, l'impugnazione promossa dalla ricorrente veniva respinta dalla Corte d'Appello adita che confermava quanto statuito dal giudice di primae curae, sostenendo la qualificazione della domanda della ricorrente nell'azione disciplinata dall'art. 269 e ss. c.c., confermando il difetto di legittimazione attiva. La ricorrente proponeva ricorso avverso la menzionata pronuncia sulla base di sette motivi, formulando, altresì, eccezioni di incostituzionalità dell'art. 250 c.c., in relazione agli artt. 2,3,24, comma 1, 30, comma 3, e 31, comma 1, della Costituzione, e degli artt. 270 e/o 276 c.c. con riferimento agli artt. 3 e 24, comma 1, della Costituzione. La questione La questione affrontata dalla Corte di cassazione attiene ai presupposti necessari per l’azione di mero accertamento e la declaratoria dell’invocato grado di parentela collaterale. La Suprema Corte la ritiene ammissibile? In caso di risposta positiva, qual è il corretto inquadramento della stessa e in quali condizioni è possibile? Le soluzioni giuridiche Gli Ermellini ribadiscono e definiscono la linea di demarcazione esistente tra le azioni di stato e l'azione volta all'accertamento del grado di parentela collaterale. Parlando di azioni di stato, si incorporano nella suddetta categoria, tra le altre, tutte quelle azioni giudiziali tipiche volte ad attribuire ad un soggetto lo status filiationis nei confronti di uno o di entrambi i genitori. Per quanto attiene all'azione di accertamento giudiziale di paternità o maternità ex art. 269 ss. c.c., è chiaro l'interesse di tutela perseguito dalla stessa, che prevede l'imprescrittibilità per il figlio stabilendo, nel contempo, termini decadenziali ristretti, accompagnati ad una legittimazione attiva delimitata (discendenti legittimi, legittimati o naturali riconosciuti), nell'ipotesi in cui il figlio stesso muoia prima ancora di aver iniziato l'azione. Questo, coerentemente con lo spirito e l'interesse personale che muove dall'azione stessa, che si presume di natura differente per il figlio, da un lato, e per i discendenti, dall'altro. Difatti, il diverso regime considera l'evidente disomogeneità delle situazioni, considerato, da una parte, l'interesse diretto del figlio al riconoscimento della propria filiazione e, dall'altra, l'interesse riflesso del discendente. Sarà facile comprendere come il diritto al riconoscimento dello status in capo al figlio costituisce, altresì, una componente essenziale del diritto all'identità personale, riconducibile all'art. 2 della Costituzione ed all'art. 8 CEDU (Cass. civ., sez. VI, ord. n. 1667/2020). Risulta, di talchè, coerente l'esclusione dei parenti collaterali dalla categoria dei soggetti legittimati ai sensi dell'art. 270 c.c., poiché non sono in alcun modo portatori di simile interesse, né legittimati ad esercitare scelte discrezionali in luogo del figlio naturale o dei suoi discendenti. Il loro diritto, nel bilanciamento, deve considerarsi soccombente rispetto alla libertà di conservazione o di mutamento del proprio status, afferente all'identità personale del figlio naturale. La Cassazione, tramite l'Ordinanza in esame, chiarisce che l'azione volta all'accertamento del grado di parentela collaterale non può essere ricompresa nel novero delle descritte azioni di stato; anzi, deve essere ben distinta dalle medesime, stante la diversa ratio, il diverso interesse perseguito e la tassatività di quest'ultime. Fermo quanto detto, seppur le diverse azioni citate viaggino su binari paralleli, è essenziale che, talvolta, si verifichi un incontro; nella motivazione del Collegio si evidenzia che, per l'accertamento del grado di parentela collaterale, infatti, si rende necessario e imprescindibile l'avvenuto accertamento dello status, da effettuarsi con valore di giudicato e non meramente incider tantum (Cass. civ., sez. I, sent. n. 3934/2012; Cass. civ., sez. I, ord. n. 27560/2021). Rispondendo al primo quesito, secondo la Suprema Corte è, quindi, ammissibile la domanda di mero accertamento del grado di parentela collaterale, da ritenersi autonoma e differenziata dall'azione di accertamento giudiziale di paternità o maternità prevista dall'art. 269 ss. c.c., ma nel vincolante rispetto di alcune condizioni. I giudici di legittimità, riconfermando quanto statuito dalla pronuncia della Cass. civ., sez. II, 4 ottobre 1971 n. 2711, hanno chiarito l'onus probandi che ricade sul soggetto che si afferma parente del de cuius e che richiede il riconoscimento del grado di parentela (nella specie ai fini successori), qualora ciò venga contestato. In questo senso, il richiedente, per poter vedere accolta la sua domanda, deve essere in grado di dimostrare, tramite i rapporti di filiazione contestati, l'esistenza di uno stipite comune in grado di confermare, inconfutabilmente, il legame di parentela. Il requisito dell'accertamento dello status filiationis già definitivamente avvenuto, o, almeno, ancora possibile nei termini decadenziali previsti e su richiesta dei soggetti a tanto legittimati, è un elemento necessario ed imprescindibile, che si pone come presupposto inderogabile ai fini dell'ammissibilità della domanda di accertamento del grado di parentela collaterale. Infatti, per quanto gli Ermellini riconoscano l'autonomia della domanda di riconoscimento del grado di parentela collaterale che, talvolta, risponde ad interessi di prevalente natura patrimoniale legati alla successione (come nel caso in esame), stante la delicata sfera che gravita attorno al concetto di persona e al concetto di status, gli stessi delimitano l'azione, ancorandola al necessario presupposto del definito o definibile accertamento dello status filiale. Quindi, richiamando il secondo quesito, in base a quanto ritenuto dalla Corte di cassazione, per far sì che la domanda di mero accertamento del grado di parentela collaterale (nella specie nipote ex fratre) sia ammissibile, è imprescindibile la presenza:
Nel caso de quo, la Cassazione respingeva la domanda della ricorrente, in quanto mancante il presupposto doveroso dell'avvenuta azione costitutiva per l'accertamento dello status; in ogni caso, neanche astrattamente possibile nei termini di legge. La ricorrente avrebbe dovuto dimostrare che suo padre era fratello del de cuius, in quanto entrambi figli dei nonni paterni, nel rispetto delle preclusioni e dei limiti previsti dal legislatore. Per quanto attiene alle sollevate questioni di illegittimità costituzionale, riguardo l'art. 250 c.c., in relazione agli artt. 2,3,24, comma 1, 30, comma 3 e 31, comma 1, della Costituzione, i giudici di legittimità la definiscono irrilevante per il giudizio, attesa l'impossibilità concreta della ricorrente di agire processualmente, per un fine che presupponeva l'accertamento dello status filiationis del de cuius. Nei confronti dell'art. 270 e 276 c.c. in relazione agli artt. 3 e 24, comma 1, della Costituzione, la Corte confermava l'infondatezza delle deduzioni, stante la conformità contenutistica delle citate norme. Osservazioni L’Ordinanza della Suprema Corte n. 9222/2025 offre, senz’altro, spunti di riflessione interessanti, nel rispetto del delicato equilibrio tra il concetto di status, gli interessi personali e gli interessi patrimoniali. Il Collegio riconosce un mondo in continua evoluzione, che si accompagna ad un concetto di famiglia intangibile che, forte della sua eterogeneità, non può essere più inquadrata in un unico modello. Sarebbe, chiaramente, anacronistico. La Cassazione valorizza la genitorialità in chiave moderna, una genitorialità che non segue esclusivamente i canoni della genetica, ma risponde ad una funzione sociale di accompagnamento, cura, assistenza e affetto. Fermo e ribadito il preminente interesse del minore, chiave di volta dell’ambiente che lo circonda, e le molteplici forme tramite cui lo stesso può essere protetto e garantito, nel testo dell’Ordinanza viene confermato il confine esistente tra gli interessi personali e gli interessi patrimoniali, nella separazione esistente tra le azioni di stato e l’azione di mero accertamento del grado di parentela collaterale. Le diverse azioni rispondono ad esigenze distinte e perseguono un differente scopo e, il necessario presupposto della prima, ai fini dell’ammissibilità della seconda, è simbolo di una valorizzazione e di un’attenzione alla delicata sfera della persona e dello status. Infatti, per quanto sia riconosciuto l’interesse anche solo di natura patrimoniale del collaterale, che sorge nei confronti di un soggetto deceduto ai fini successori, lo stesso, correttamente, si accompagna alla preventiva e necessaria definizione dello status, stante l’incontro degli interessi e il bilanciamento degli stessi che deve essere, in ogni caso, valutato. |