Pubblico impiego privatizzato: disciplina straniera e contrasto con le norme interne di ordine pubblico
15 Maggio 2025
Massima I rapporti regolati dagli artt. 152 e seguenti del d.P.R. n. 18 del 1967 sono soggetti, quanto a disciplina sostanziale speciale, alle norme del medesimo D.P.R. ed alla legge locale, fermo restando che, in caso di assenza nella legge locale di discipline di tutela fondamentali per l'ordinamento giuridico italiano, la cui assenza determini il contrasto con l'ordine pubblico, si applicano quelle della giurisdizione nazionale. Il caso Mu. Im., collaboratore del capo missione presso l'ambasciata italiana in Pakistan proponeva ricorso presso il Tribunale di Roma, nella funzione di Giudice del Lavoro, avverso il MAECI - Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, al fine di ottenere l'annullamento del licenziamento disciplinare comminato dal suddetto ente. In primo grado, il Giudice competente decideva annullando il licenziamento disciplinare comminato all'allora ricorrente. Impugnata la decisione di prime cure ed instauratosi il giudizio di secondo grado, la Corte di Appello di Roma riformava solo sul quantum la sentenza del Tribunale, ritenendo che il Giudice di primo grado avesse erroneamente applicato, quanto a determinazione delle conseguenze e dell'invalido recesso, l'articolo 63 comma 2, d.lgs. n. 165/2001, essendo il contratto di lavoro soggetto alla legge locale e non a quella italiana. Avverso tale statuizione è stato proposto ricorso per Cassazione dal MAECI, affidato a tre motivi, resistiti da controricorso del lavoratore. La vicenda ivi in commento è stata decisa nei termini che seguono. La questione Nel caso di specie, la vicenda trae origine dal ricorso al Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del lavoro, avanzato da un cittadino pakistano, dipendente del MAECI, concernente la presunta illegittimità del licenziamento disciplinare comminato al ricorrente dalla suddetta Pubblica Amministrazione. In via principale, deve dirsi che la quaestio iuris sorge appunto poiché la legge pakistana non riconosce tutele applicabili al caso di licenziamento disciplinare illegittimo (ma solo una disciplina concernente l'indennità di mancato preavviso o la c.d. indennità di liquidazione), con la conseguenza che essendo nell'ordinamento giuridico italiano le tutele interne contro il licenziamento illegittimo norme di ordine pubblico, queste sono destinate ad imporsi nei rapporti di lavoro alle dipendenze di una Pubblica Amministrazione italiana, sebbene soggetti per il resto interamente alle norme di cui alla legge locale. Nel quadro delineato, la questione giuridica si articola quindi attorno alla tesi del MAECI per cui ai sensi del d.P.R. n. 18/1967 la legge locale prevarrebbe sia nelle materie rispetto alle quali la disciplina speciale nulla prevede, sia qualora la stessa riservi al lavoratore un trattamento di miglior favore. Tanto premesso, la quaestio iuris appena delineata è stata decisa nei termini che seguono. Le soluzioni giuridiche La vicenda giuridica in commento è particolarmente interessante poiché concerne una tematica su cui la Suprema Corte non si è sovente pronunciata, nonostante la frequenza con cui oggigiorno vicende analoghe potrebbero presentarsi, stante il cospicuo aumento dei rapporti di lavoro con carattere di internazionalità. Ciò premesso, calandosi nel commento della sentenza de qua, deve dirsi che la Suprema Corte ha rigettato il ricorso proposto dal MAECI, ponendosi dunque in linea con le pronunce di primo e di secondo grado, sulla base della considerazione per cui la disciplina di cui all'art. 63, comma 2, d.lgs. n. 165/2001 debba applicarsi per ragioni di ordine pubblico anche ai rapporti regolati da leggi straniere, quando all'interno della disciplina delle stesse non vi sia la previsione di una fattispecie di tutela “reale” e, dunque, reintegratoria a fronte dei licenziamenti comminati illegittimamente. Nel dettaglio, la Suprema Corte è addivenuta a tale conclusione sostenendo che la Corte di merito competente in seconde cure avesse correttamente ricostruito il regime del rapporto di lavoro, affermando che lo stesso fosse soggetto alla disciplina locale pakistana in forza di quanto stabilito all'articolo 154, d.P.R. n. 18/1967. Tuttavia, la legge locale pakistana - non prevedendo una tutela reintegratoria, né la corresponsione di un'indennità risarcitoria a fronte di un licenziamento illegittimo - non avrebbe potuto essere applicata nell'ordinamento giuridico italiano, per contrasto con le norme di ordine pubblico: da qui la necessità di applicare la tutela reale con risarcimento attenuato ai sensi dell'articolo 18 comma 4 dello Statuto dei Lavoratori. Giungendo a tale decisione, la Corte di Cassazione si pone in linea con degli importanti precedenti (ex multiis Cass. 7 febbraio 2019, n. 3655; Cass. 5 dicembre 2017, n. 29062; Cass. 2 novembre 2023, n. 30469; Cass. 8 maggio 2019, n. 12174) affermati dalla Sezione Lavoro della stessa Suprema Corte, per cui i rapporti di lavoro degli impiegati assunti a contratto delle rappresentanze diplomatiche, dagli uffici consolari e dagli istituti di cultura sono soggetti al diritto speciale, ciò anche in linea con il d.lgs. n. 165/2001 che, nel regolamentare i rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, conferma la specialità degli stessi e dispone che le funzioni relative ai trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli Affari Esteri per i servizi che si prestano all'estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali scolastiche vengano disciplinati dalle disposizioni del d.P.R. n. 18/1967 il quale espressamente dispone che “ per quanto non espressamente disciplinato dal presente titolo, i contratti sono regolati dalla legge locale ”. La specialità, nel caso di specie la si rinviene dunque proprio nel fatto che la legge pakistana non prevede alcuna disposizione concernente la tutela reintegratoria a fronte di un licenziamento illegittimo e che, pertanto, essendo tale previsione contrastante con l'ordine pubblico interno dello Stato italiano, tale disciplina avrebbe dovuto essere sostituita di diritto da quella italiana, pur rimanendo, per il resto, il contratto disciplinato dalla legge pakistana. Da ultimo, brevi riflessioni circa un'ulteriore questione affrontata dalla Corte nella pronuncia in commento, quale appunto quella relativa all'applicabilità nel caso di specie della disciplina del pubblico impiego. Tale questione è stata affrontata linearmente dalla Suprema Corte in linea con dei precedenti principi di diritto per cui la sottoposizione di un rapporto di lavoro con un ente pubblico non economico alla disciplina speciale non comporta la fuoriuscita del rapporto dall'ambito del lavoro pubblico privatizzato (Cass. 24 aprile 2023, n. 10811). Nel caso di specie considerando dunque che il MAECI è certamente datore di lavoro con caratura di soggetto pubblico non economico, la Corte ha ritenuto pacifico ritenere applicabile al caso di specie la disciplina di cui all'articolo 63, d.lgs. n. 165/2001, per l'effetto riconoscendo in caso di licenziamento illegittimo, come previsto dalla suddetta norma, la reintegrazione oltre alla tutela risarcitoria c.d. “attenuata” dalla stessa norma previste. In applicazione della disciplina appena delineata, dunque, la Corte ha sancito l'applicabilità della tutela reintegratoria e di quella risarcitoria fino a 24 mensilità - trattandosi di un'ipotesi di illegittimità del licenziamento già precedentemente accertata -, così realizzando una soluzione uniformante, in quanto valida a prescindere dallo stato estero in cui la prestazione si è svolta, idonea a favorire un completo allineamento dei rapporti oggetto di causa al regime proprio del lavoro privatizzato con la pubblica amministrazione, superando di tal guisa ogni diversa questione agitata dalle parti in causa. Osservazioni La sentenza in esame è particolarmente interessante in quanto a mezzo della stessa la Corte ha affermato delle preziose regole idonee a ribadire la vigenza di un minimo di tutela standard a fronte di licenziamenti comminati illegittimamente da una Pubblica Amministrazione anche laddove il rapporto di lavoro sia, in linea con quanto disposto dal nostro d.P.R. n. 18/1967, interamente soggetto alla disciplina straniera. La sentenza in commento è di fondamentale rilevanza poiché – come anzidetto - la Suprema Corte, pur ritenendo che il contratto di lavoro del dipendente del MAECI fosse soggetto alla disciplina locale pakistana, in virtù dell'art. 154 d.P.R. n. 18/1967, ha escluso che tale disciplina potesse regolare le conseguenze di un licenziamento illegittimo, poiché in contrasto con l'ordine pubblico italiano, non prevedendo né la reintegrazione né la corresponsione di un risarcimento adeguato. Per l'effetto, la Corte ha ribadito dunque l'importante regola per cui i rapporti di lavoro con il MAECI, pur regolati da un sistema giuridico speciale, rientrano nel perimetro del lavoro pubblico privatizzato, soggetto alle normative italiane in caso di licenziamento illegittimo. Infine, la pronuncia è particolarmente interessante poiché si sofferma anche sul tema della giurisdizione, sancendo la preziosa regola giuridica per cui le controversie riguardanti i lavoratori assunti presso le rappresentanze diplomatiche italiane all'estero sono di competenza del giudice ordinario italiano, il quale esercita i propri poteri conformemente alle disposizioni previste dalla legge nazionale, ivi comprese le norme sul licenziamento illegittimo. Tale orientamento si inserisce nel consolidato principio di applicazione delle tutele contro il licenziamento illegittimo anche nei contratti di lavoro pubblici privatizzati, fondamentale in quanto corroborante la prevalenza delle normative italiane in siffatti contesti. Riferimenti V. Luciani, La risoluzione del rapporto, in Il lavoro pubblico, (a cura di) G. Amoroso, V. Di Cerbo, L. Fiorillo, A. Maresca, 2019. A. Boscati, F. Carinci, S. Mainardi, Diritto del lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni, Torino, 2024. |