Adozione di maggiorenni: una nuova pronuncia della Corte Costituzionale definisce il rapporto tra diritto all’identità personale e tutela del nome

27 Maggio 2025

Nell'attuale quadro normativo, la prassi che impone all'adottato maggiore di età di aggiungere il cognome dell'adottante al proprio, senza la facoltà di sostituirlo, solleva questioni in merito alla compatibilità con gli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana. Tale disposizione potrebbe ledere il diritto fondamentale all'identità personale e generare disparità di trattamento rispetto alla disciplina riguardante l'adozione di minori.

Massima

Non sono fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 299 comma 1 c.c. sollevate in riferimento agli artt. 2 e 3 comma 1 della Costituzione nella parte in cui dispone che l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio. La scelta legislativa di non permettere la sostituzione del cognome dell'adottato maggiore d'età con quello dell'adottante non viola il diritto all'identità personale dell'adottato, né comporta una disparità di trattamento ingiustificata rispetto all'adozione piena di un minore di età.

Il caso

Tizio e Caia si rivolgevano al Tribunale di Reggio Emilia affinché pronunciasse l'adozione da parte loro di Sempronio, maggiore di età, facendogli assumere il loro cognome in luogo di quello della famiglia di origine, d'accordo con Sempronio. I ricorrenti deducevano che Sempronio era stato loro affidato all'età di sei anni in seguito alla declaratoria di decadenza della genitorialità di entrambi i genitori biologici, con cui non aveva mai più avuto rapporti e che erano deceduti prima dell'apertura del procedimento di adozione di maggiorenne. Il Tribunale adito, non ritenendo accoglibile la soluzione prospettata dai ricorrenti in base all'attuale disposto normativo, con ordinanza del 30 maggio 2024 ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 299 comma 1 c.c., in relazione agli artt. 2 e 3 Cost., nella parte in cui prevede che in caso di adozione di maggiore d'età l'adottato assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio, formulando distinti petita cui corrispondono altrettanti interventi additivi. Con la prima formulazione, il tribunale reggiano ha censurato la norma de qua nella parte in cui non consente la sostituzione del cognome dell'adottato maggiore di età con quello degli adottanti se entrambi hanno manifestato il consenso in tal senso e se i genitori biologici dell'adottato sono stati dichiarati decaduti dalla responsabilità genitoriale. L'attuale formulazione normativa lederebbe infatti il diritto all'identità personale dell'adottato che sia stato cresciuto dalla famiglia degli adottanti in regime di affidamento pre-adottivo e sia stato adottato al conseguimento della maggiore età e determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento rispetto alla condizione del minore adottato subito prima del raggiungimento della maggiore età. Con la seconda formulazione, il giudice a quo ha osservato che la norma censurata potrebbe contrastare con gli evocati parametri anche nell'ipotesi in cui le parti abbiano prestato il loro consenso e i genitori biologici dell'adottato non si oppongano alla sostituzione del cognome di origine ovvero siano deceduti prima dell'adozione. Con una terza formulazione del petitum, il giudice a quo ha rilevato che la norma censurata potrebbe contrastare con gli evocati parametri ove, in aggiunta a quanto prospettato con la seconda formulazione, l'adottato sia figlio del coniuge dell'adottante o sia stato affidato alla famiglia dell'adottante prima del raggiungimento della maggiore età e fino a quel momento. Il rimettente ha quindi prospettato una possibile lesione dei richiamati parametri costituzionali da parte della norma impugnata anche ove, a fronte dell'opposizione dei genitori biologici ovvero di impossibilità di opposizione, per morte o altra causa, il giudice ritenga che sussistano gravissimi motivi per cui il mancato assenso è pregiudizievole per l'adottato. Infine, il giudice rimettente ha prospettato un ultimo possibile intervento additivo per l'ipotesi in cui, fermi restando i presupposti richiamati nei precedenti due quesiti, i genitori biologici siano venuti meno in modo continuativo, grave e ingiustificato agli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione successivamente al provvedimento che ha disposto l'affidamento.

La questione

L'attuale assetto normativo per cui l'adottato maggiore di età aggiunge il cognome dell'adottante al proprio, senza poterlo sostituire ad esso, contrasta con gli artt. 2 e 3 Cost. per lesione del diritto all'identità personale e disparità di trattamento rispetto alla disciplina dell'adozione del minore di età?

Le soluzioni giuridiche

La Corte Costituzionale nella pronuncia in commento ha ritenuto, ancorché ammissibili, non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tribunale di Reggio Emilia con la su richiamata ordinanza di rinvio.

Nel farlo ha richiamato, in primo luogo, la pronuncia della stessa Consulta (Corte cost. n. 135/2023) che ha dichiarato la medesima norma impugnata illegittima nella parte in cui non consente, con la sentenza di adozione di maggiorenne, di aggiungere il cognome dell'adottante a quello dell'adottato anziché di anteporlo ad esso. Ha quindi analizzato i parametri di giudizio invocati dal giudice a quo. Quanto all'art. 2, la Consulta ha osservato che il cognome insieme al nome rappresenta il nucleo dell'identità giuridica e sociale della persona che le conferisce identificabilità nei rapporti giuridici e sociali e si arricchisce nel tempo di significati, motivo per cui la progressiva stratificazione di tale segno distintivo comporta il consolidamento dell'identità personale e giustifica la tutela del cognome. In quanto tale il nome, composto dal cognome e dal prenome, è sottratto alla piena disponibilità del titolare, il cui consenso costituisce mero presupposto di eventuali modifiche che richiedono la pronuncia dell'autorità giudiziaria o prefettizia. Proprio il progressivo consolidamento dell'identità personale intorno al segno distintivo del cognome lo rende di norma capace di resistere ai mutamenti di status. (v. C. Cost. 13/1994, Corte cost. 297/1996, Corte cost. 120/2001, Corte cost. 135/2023). Per tale ragione la scelta legislativa di escludere la sostituzione del cognome dell'adottato maggiorenne non è irragionevole. La medesima scelta, d'altronde, è stata compiuta con riguardo all'adozione in casi particolari ed è già stata ritenuta legittima dalla Consulta (Corte cost. 268/2002). Tale scelta non è irragionevole nemmeno se confrontata con le peculiari ipotesi divisate dal giudice a quo (decadenza dalla responsabilità genitoriale dei genitori biologici, grave inadempimento da parte di costoro ai propri doveri genitoriali, genitori biologici deceduti), tenuto conto dell'evoluzione dell'adozione dei maggiorenni sul piano funzionale grazie alla progressiva riduzione dei limiti che la ostacolavano. Ad oggi, infatti, l'adozione di maggiorenni soddisfa sia l'esigenza di chi non ha avuto un figlio in natura sia esigenze solidaristiche di persone bisognose di assistenza in prospettiva della vecchiaia. La maggiore flessibilità dell'istituto non gli ha tuttavia fatto perdere le sue peculiarità e soprattutto la distinzione con l'adozione del minorenne. Non è di conseguente irragionevole che il legislatore non abbia dato rilievo a vicende riguardanti l'adottato quando era minorenne e non abbia coinvolto soggetti estranei all'adozione c.d. civile, quali sono i genitori biologici. Sotto tale profilo risultano non fondate le censure relative all'art. 3 Cost. che in tanto possono valere in quanto le situazioni confrontate siano omogenee. Della distinzione tra le due forme di adozione deve essere stato consapevole anche il giudice a quo, che diversamente avrebbe invocato l'estensione dell'art. 27 comma 1 l. 184/1983, che determina l'attribuzione all'adottato del solo cognome degli adottanti. L'interesse che il giudice rimettente mira a tutelare, ossia quello a cancellare il cognome p.e. per non rievocare il ricordo dell'abbandono, non è correlato alla disciplina dell'adozione di maggiorenne ma può essere tutelato mediante il ricorso a diverse fattispecie, quali il ricorso al Prefetto ex art. 89 comma 1 d.P.R. 396/2000, volto a cambiare il cognome perché rivela l'origine naturale.

Osservazioni

La decisione della Consulta va letta alla luce del complesso normativo che disciplina i rapporti di adozione e i rapporti di parentela.

Come noto, successivamente all'introduzione della l. 184/1983 non si può più parlare di adozione al singolare ma occorre parlare di adozioni, dal momento che il legislatore ha disciplinato l'adozione del minore di età in un corpo normativo autonomo al fine, tra l'altro, di valorizzare i diversi presupposti e la diversa ratio delle due forme di adozione.

Mentre l'adozione del minore di età presuppone che il minore si trovi in stato di abbandono morale e materiale e risponde alla ratio di garantirgli il sostegno morale e materiale di una famiglia diversa da quella di origine, in vista del progredire nella crescita, l'adozione del maggiore di età, nella sua formulazione originaria, rispondeva alla ratio di consentire a chi fosse privo di discendenti di garantire la trasmissione del cognome e del patrimonio.

L'adozione di maggiorenne presuppone il consenso dell'adottato, dell'adottante nonché dei genitori dell'adottando e del coniuge, non legalmente separato, dell'adottante o dell'adottando, salvo che costoro siano irreperibili o incapaci. Il tribunale potrà superare l'eventuale dissenso ove ingiustificato e contrario agli interessi dell'adottando, salvo che si tratti dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del coniuge convivente dell'adottando o dell'adottante (art. 297 c.c.).

Per effetto dell'intervento della pronuncia della Corte Cost. 557/1988l'adozione di maggiorenni è concessa anche a chi abbia discendenti legittimi ove questi ultimi vi consentano e, successivamente all'intervento ablativo della Corte cost. con la sentenza n. 5/2024, anche ove la differenza di età tra adottato e adottante sia di poco inferiore ai 18 anni, se sussistono interessi meritevoli di tutela. Proprio per effetto della maggiore estensione dei presupposti dell'adozione di maggiorenne è stato osservato che la stessa soddisfa ormai plurime esigenze, tra cui quella di coloro che vogliano garantirsi una forma di sostegno, anche morale, da parte dell'adottato, che si presume maggiore in virtù del vincolo giuridico che viene a crearsi.

Nonostante tale estensione funzionale, l'adozione di maggiorenni resta ispirata a una diversa ratio rispetto all'adozione dei minorenni e se ne distingue per un'ulteriore fondamentale conseguenza: mentre l'adottato minore di età assume lo stato di figlio legittimo degli adottanti, nell'adozione di maggiorenne non viene reciso il legame tra l'adottato e la famiglia di origine. L'art. 300 c.c. esclude infatti l'esistenza di alcun rapporto civile tra l'adottante e la famiglia dell'adottato e tra l'adottato e i parenti dell'adottante e dispone che l'adottato conserva tutti i diritti e i doveri verso la propria famiglia di origine. Parimenti, l'art. 74 c.c., nel disciplinare i rapporti di parentela, esclude espressamente che in caso di adozione di maggiore di età sorgano rapporti di parentela. Né tale scelta legislativa costituisce un unicum nel sistema delle adozioni, dal momento che è prevista anche per l'ipotesi di adozione in casi particolari (art. 44 l. 184/1983), in cui per definizione è meno consolidata l'identità personale intorno al cognome dal momento che riguarda minori di età.

Nell'adozione di maggiore di età, in ultima analisi, i legami tra l'adottato e l'adottante sono affievoliti rispetto a quelli che si creano tra l'adottato minore di età e gli adottanti e, proprio per tale motivo, non è irragionevole che il giudice possa superare il dissenso all'adozione dei genitori dell'adottando ove contrario agli interessi degli stessi o ove gli stessi siano incapaci e irreperibili, come previsto dall'art. 297 c.c., mentre le medesime circostanze non giustifichino la possibilità per l'adottando di chiedere la cancellazione del cognome di origine.

Il cognome, d'altronde, come ricordato dalla Consulta, costituisce il nucleo dell'identità personale dell'individuo, motivo per cui può essere conservato anche ove non corrisponda al rapporto di filiazione, come accade in ipotesi di rettifica degli atti dello Stato Civile per falsità parziale dell'atto di nascita.

Solo ove il rapporto di filiazione sia accertato successivamente alla nascita allo stesso dovrà darsi rilievo, come risulta dal c. 2 dell'art. 299 c.c. nella parte in cui dispone che anche ove il rapporto di filiazione tra l'adottato e i genitori biologici sia accertato successivamente all'adozione, l'adottato dovrà aggiungere al cognome dell'adottante quello della famiglia di origine, senza tuttavia compromettere la conservazione del cognome fino a quel momento utilizzato quale segno distintivo dell'individuo.

Alla base della scelta legislativa, d'altronde, vi sono anche non trascurabili esigenze di tutela dei terzi e di certezza dei rapporti giuridici: mentre tali esigenze soccombono dinanzi al rapporto di filiazione, motivo per cui in ipotesi di riconoscimento di figli nati fuori dal matrimonio, il figlio può assumere il cognome del genitore la cui paternità è stata dichiarata solo in seguito in sostituzione dell'altro (art. 262 c.c.) a prescindere dal momento in cui avviene il riconoscimento, lo stesso non può dirsi ove il rapporto di filiazione manchi e l'adozione sia dipesa da ragioni di convenienza morale o materiale, come sopra rappresentate.

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