Il reperimento delle informazioni economico patrimoniali del coniuge obbligato all’assegno di divorzio

05 Maggio 2025

Spesso l'aspirante all'assegno non conosce l'effettiva situazione patrimoniale del coniuge, rendendo cruciale la condivisione preventiva in vista di assegni divorzili o di mantenimento il più possibile congrui alla luce del principio di solidarietà post coniugale

Premessa

Alla luce del revirement delle Sezioni Unite del 2018, l'art. 5, comma 6, l.898/1970, norma che disciplina l'assegno divorzile, affinché sorga il diritto all'emolumento occorre preliminarmente accertare l'esistenza e l'entità dello squilibrio determinato dal divorzio, sia onerando le parti che potenziando i poteri officiosi attribuiti al giudice ai fini probatori, ciò nonostante, la natura prevalentemente disponibile dei diritti in gioco (di recente, Cass. civ. ord. 17 marzo 2025 n. 7126). Solo all'esito del suddetto accertamento, laddove emerga una sproporzione delle condizioni economico patrimoniali tra i coniugi, sorge il diritto all'assegno divorzile nella funzione assistenziale (assegno strettamente assistenziale se il coniuge è privo di mezzi, assegno adeguato nel caso in cui la sperequazione delle condizioni economiche sia di entità variabile: così Cass. civ., n. 24795/2024). Il parametro in base al quale va fondato l'accertamento del diritto all'assegno ha natura composita, dovendo l'inadeguatezza dei mezzi o l'incapacità di procurarseli per ragioni oggettive essere desunta dai criteri enunciati dall'art. 5 comma 6 l.d., ovvero il contributo che il richiedente l'assegno ha apportato al nucleo familiare e al patrimonio, il nesso causale tra le scelte comuni dei coniugi durante il matrimonio e la situazione del richiedente al momento del divorzio, verificando se il richiedente abbia sacrificato le proprie aspettative professionali per contribuire alla cura della famiglia (nel qual caso rileva la funzione compensativa e perequativa dell'assegno) nonché le condizioni personali del richiedente (età, stato di salute, capacità lavorativa etc..) anche in prognosi futura che consentono di compiere una prognosi futura.

Stante le premesse, anche considerato che non di rado l'avente diritto all'assegno ignora le reali consistenze economico patrimoniali dell'altro, seppure il matrimonio sia stato di lunga durata, è evidente la necessità che laddove venga in esame la questione dell'assegno divorzile (ma a ben vedere anche l'assegno di mantenimento in fase di separazione o per i figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti), sia indispensabile prima di tutto che la parte obbligata metta l'altra in condizioni di conoscere sin dalla fase precontenziosa il suo patrimonio, in modo che le determinazioni economiche siano quanto più possibile congrue anche alla luce del principio di solidarietà post coniugale.

Il diritto d'accesso ai dati del coniuge obbligato

Per poter ricostruire il patrimonio del coniuge obbligato, esistono strumenti civilistici e processulcivilistici, alcuni di natura squisitamente giudiziale, altri stragiudiziali; in particolare, ancor prima del sorgere del contenzioso, è opportuno che sia soddisfatta l'esigenza di conoscenza la situazione economico patrimoniale del coniuge onerato dell'assegno. Tale esigenza viene soddisfatta mediante l'esercizio, da parte del coniuge che rivendica l'assegno, del cd. diritto di accesso, regolato dall'art. 22 e ss. della legge n. 241/1990, il quale riveste un ruolo importante anche per addivenire a soluzioni consensuali che prevedano accordi patrimoniali adeguati, laddove la via giudiziale spesso da un lato non ripaga le legittime aspettative di giustizia, dall'altro non rappresenta la soluzione ottimale per stabilizzare nel tempo gli assetti. Peraltro, se esercitato ante causam, il diritto di accesso può avere anche effetti deflativi.

Dopo un lungo dibattito giurisprudenziale con riguardo alla portata degli artt. 22 e ss. l. 241/1990, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con tre pronunce, vale a adire le nn. 19, 20 e 21 del 2019, che si sono susseguite in un brevissimo arco temporale, ha chiarito che i documenti reddituali, patrimoniali e finanziari sono qualificabili come documenti e atti accessibili, quali sono i rapporti tra la disciplina dell'accesso agli atti amministrativi e le norme processuali civili regolanti l'acquisizione al processo di documenti amministrativi (ossia gli artt. 210, e 213 c.p.c. nonché gli artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexsies disp. Att. C.c. in materia di ricerca telematica dei beni) nonché chi siano legittimato a richiederli.

La principale questione da risolvere era quella della possibilità per il coniuge richiedente l'assegno di accedere ai dati fiscali dell'altro, in concomitanza al procedimento di separazione o divorzio, in modo da poter utilizzare in quell'ambito la documentazione a scopo difensivo. L'art. 22 stabilisce che possono chiedere l'accesso documentale tutti i soggetti che abbiano un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”. Tale facoltà si contrappone naturalmente all'interesse del controinteressato, soggetto, individuato o facilmente individuabile in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbe compromesso il proprio diritto alla riservatezza. L'Adunanza Plenaria, recependo il filone giurisprudenziale già all'epoca dominante, ha ritenuto che la ratio dell'istituto, che è estrinsecazione anche della tutela dei diritti fondamentali dei familiari, può essere ravvisata nell'esigenza di trasparenza ed in quella di agevolare gli interessati nell'ottenere gli atti per valutare se sia il caso di agire in giudizio a tutela di una propria posizione giuridica (Cons. Stato sent. 12 marzo 2009, n. 1455), non potendosi ravvisare “zone franche” in cui non rilevino i principi sopra richiamati (in tal senso, Cons. Stato, ad. plen., 24 giugno 1999 n. 16). Di conseguenza, l'interesse del coniuge a conoscere i documenti fiscali, reddituali e patrimoniali del consorte, in concomitanza di un giudizio di diritto di famiglia, è diretto, concreto e attuale e, in presenza di un procedimento “di famiglia”, l'interesse è anche corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso. Detto interesse prevale sul diritto alla riservatezza del contro interessato. Non solo, ma il Consiglio di Stato ha anche ritenuto che il diritto d'accesso ai documenti contenuti nell'Archivio dei Rapporti finanziari non è escluso dal combinato disposto degli artt. 492-bis c.p.c. e 155-sexies c.p.c., che prevedono l'applicabilità anche nei procedimenti famiglia delle modalità di ricerca telematica dei beni dell'obbligato e che costituiscono un ampliamento dei poteri istruttori del giudice della cognizione già previsti dagli artt. 210 e 213 c.p.c. Le due discipline sono invero complementari poiché il Giudice può avvalersi dei poteri concessi ex artt. 210 e 213 c.p.c., ma non è obbligato farlo. Quindi, occorre consentire alla parte interessata di ricorrere al diritto di accesso per reperire quelle informazioni che sono indispensabili ai fini della tutela dei diritti economici.

In seguito, la giurisprudenza è andata conformandosi e oggi non esiste più alcun dubbio interpretativo (ad esempio, TAR Sicilia sent. 11 aprile 2023, 1205, Consiglio di Stato, sez. III sent. 4 aprile 2023, 3451).

Quindi, il coniuge interessato può chiedere all'Amministrazione i documenti fiscali, reddituali e finanziari, ma anche previdenziali dell'altro. Più precisamente, è possibile ad esempio presentare all'Agenzia delle Entrate territorialmente competente un'istanza volta ad ottenere l'accesso all'Anagrafe Tributaria, compreso l'Archivio dei Rapporti Finanziari (una sezione speciale dell'Anagrafe Tributaria gestita dall'Agenzia delle Entrate, che raccoglie dati dettagliati sui rapporti finanziari dei contribuenti e consente di conoscere in tempo reale gli operatori finanziari con i quali il coniuge mantiene un rapporto continuativo ed ogni operazione -anche extra conto- effettuata a nome proprio o a nome di terzi), per avere contezza delle dichiarazioni dei redditi, dell'esistenza di conti correnti ed investimenti oltre che di atti registrati; analogamente l'istanza può essere diretta all'Inps per conoscere la posizione contributiva dell'ex coniuge e i CUD, da cui si evincono eventuali indennità percepite non rientranti nella dichiarazione dei redditi oppure all'Ente pubblico per conoscere i tabulati di presenza del dipendente. L'istanza deve essere ben motivata, occorre cioè dedurre e rappresentare in modo puntuale e specifico le finalità dell'accesso, corredandola di idonea documentazione (ad es., scambi di corrispondenza, diffide, indicazione sintetica dell'oggetto del giudizio e dei fatti di causa se il procedimento è già pendente, ecc..), in modo da consentire all'Amministrazione di vagliare la strumentalità tra la documentazione richiesta e la situazione da tutelare.

Infine, il controinteressato, che potrebbe subire un pregiudizio a seguito dell'accesso ai documenti che lo riguardano, ha diritto di essere informato dall'amministrazione che abbia recepito l'istanza in modo da eventualmente opporsi presentando una richiesta motivata entro 10 giorni dalla comunicazione della richiesta e inibire la produzione documentale.

I poteri istruttori del Giudice

Il procedimento di famiglia è connotato da una particolare specialità anche sotto il profilo della deroga al principio dispositivo, ossia quello secondo il quale, come regola generale, solo alle parti spetta l'indicazione dei mezzi di prova a sostegno dei fatti allegati in giudizio (art. 115, comma 1, c.p.c.). Il giudice della famiglia è infatti dotato di poteri istruttori ufficiosi. Ad esempio, a norma dell'art. 210 c.p.c. egli, su istanza di parte ha il potere di ordinare all'altra o al terzo che detenga il documento la cui acquisizione agli atti di causa è necessaria e non diversamente ottenibile, l'esibizione in giudizio purchè sussistano i presupposti di cui all'art. 118 c.p.c. La Riforma Cartabia ha aggiunto alla norma la previsione secondo cui, in caso di inottemperanza della parte senza giustificato motivo, questa è condannata a una pena pecuniaria (al pari del terzo inadempiente) ed inoltre il Giudice può da questo comportamento desumere argomenti di prova a norma dell'art. 116 c.p.c.

Altro strumento processuale è l'art. 213 c.p.c., ossia la richiesta d'ufficio alla P.A., al di là dei casi di cui agli artt. 210 e 211, di informazioni scritte relative ad atti e documenti dell'Amministrazione stessa che è necessario acquisire al processo.

Ancora, ma in tema di assegno di mantenimento per la prole, a norma dell'art. 337-ter, u.c., c.c. ai fini della determinazione ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.

Le novità della Riforma Cartabia

In questo quadro, è intervenuta la cd. Riforma Cartabia del processo di famiglia.

Da un lato, essendo stato introdotto il cd. rito unico per separazione e divorzio, è stato abrogato il comma 9 dell'art. 5 l. 898/1970 (che così disponeva: “I coniugi devono presentare all'udienza di comparizione avanti al presidente del tribunale la dichiarazione personale dei redditi e ogni documentazione relativa ai loro redditi e al loro patrimonio personale e comune. In caso di contestazioni il tribunale dispone indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, valendosi, se del caso, anche della polizia tributaria),  attribuendo al giudice istruttore il potere di ordinare l'integrazione della documentazione depositata dalle parti, disporre ordini di esibizione, si badi bene, anche d'ufficio, e ciò in deroga all'articolo 210 del codice di procedura civile, che ne subordina l'emissione alla richiesta delle parti, indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi valendosi, se del caso, della polizia tributaria (per quanto detto “potere” non debba essere considerato come un “dovere” imposto dalla “mera contestazione” delle parti in ordine alle rispettive condizioni economiche, con la conseguenza che tale potere non può essere attivato a fini esplorativi); dall'altro ove siano formulate domande di natura economica, sono stati posti in capo alle parti oneri di allegazione con gli atti introduttivi che consentono una completa disclosure della situazione economico patrimoniale non solo , come in passato, producendo le dichiarazioni dei redditi, ma dando piene indicazioni sulle proprie disponibilità reddituali e patrimoniali dell'ultimo triennio, e laddove ciò non sia sufficiente sono stati attribuiti al Giudici poteri officiosi.

Precisamente, l'art. 473-bis.12, comma 3, c.p.c. afferma che in caso “di domande di contributo economico o in presenza di figli minori” al ricorso vanno allegati “a) le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni; b) la documentazione attestante la titolarità di diritti reali su beni immobili e beni mobili registrati, nonché di quote sociali; c) gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni”.

Gli stessi obblighi gravano sul convenuto. Il nuovo art. 473-bis.16 c.p.c. dispone infatti che la comparsa di risposta deve contenere le indicazioni previste dagli artt. 167 e l'art. 473-bis.12, commi 2, 3 e 4, c.p.c., ossia la medesima documentazione allegata dall'attore

Si dà così seguito alla prassi di alcuni Tribunali che già in precedenza richiedevano la produzione in giudizio di documentazione ulteriore rispetto alle dichiarazioni dei redditi, peraltro in perfetta aderenza al principio di trasparenza sancito dal Consiglio di Stato in materia di diritto d'accesso. Le parti devono quindi giocare a carte scoperte mettendo a disposizione tutti gli elementi per poter valutare in dettaglio la situazione economico patrimoniale e se ciò non avviene, dunque la produzione sia incompleta, a norma dell'art. 473-bis.2 c.p.c. rubricato appunto “Poteri del Giudice”, il Giudice può “anche d'ufficio ordinare l'integrazione della documentazione depositata dalle parti e disporre ordini di esibizione e indagini sui redditi, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita, anche nei confronti di terzi, valendosi se del caso della polizia tributaria”.

La nuova normativa impone alle parti un comportamento di “lealtà processuale” particolarmente pregnante, consistente non solo nell'offerta degli elementi probatori utili a ricostruire le effettive condizioni economiche, ma addirittura dovendo ciascuna di esse fornire al giudice elementi di prova contrari al proprio personale interesse, e ciò in forza della particolarità della materia trattata, legata ad interessi aventi rilievo costituzionale, quali la pari dignità e la solidarietà dei coniugi, che permeano l'unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo.

In caso poi di mancata inottemperanza dell'obbligo di produzione documentale ai fini della ricostruzione dei redditi e del patrimonio la Riforma prevede che il comportamento della parte sia valutabile ai sensi dell'art. 116, comma 2, c.p.c., dell'art. 92, comma 1, e dell'art. 96 c.p.c., quindi l'omissione, risolvendosi in una violazione del dovere di lealtà processuale, oltre ad influire sul convincimento del Giudice rispetto alla soluzione da adottare (ad es. Cass. civ., sent., 24 ottobre 2023, 2082 ), ha conseguenza sul piano delle spese e della responsabilità aggravata (art. 473-bis.18).

È evidente che se il coniuge obbligato a versare all'assegno si sottrae al proprio dovere di allegazione completa della situazione economico patrimoniale, e il Giudice non esercita il potere discrezionale di disporre indagini a mezzo della Guardia di Finanza sui redditi o della polizia tributaria, sui patrimoni e sull'effettivo tenore di vita o di disporre l'esibizione documentale ex artt. 210 e 213 c.p.c., in ogni caso la parte che rivendica il diritto all'assegno di mantenimento può supplire esercitando il diritto di accesso ai dati dell'altro ex artt. 22 e ss. l. 240/1990, perfettamente esercitabile anche in corso di causa. Anzi, il giudice potrebbe in astratto negare di disporre ulteriori indagini, ritenendole esplorative proprio sul presupposto che trattasi di dati reperibili e allegabili dalla parte in virtù del diritto d'accesso.

La ricerca con modalità telematica dei beni da pignorare

Infine, una volta riconosciuto il diritto all'assegno divorzile, in caso di inadempimento del coniuge obbligato, è facoltà del creditore far ricorso alla ricerca con modalità telematica dei beni da pignorare.

La Riforma Cartabia ha innovato profondamento l'art. 492-bis c.p.c. prevedendo al novellato primo comma che su istanza  del creditore  munito del titolo esecutivo e del precetto, l'ufficiale giudiziario addetto al tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, procede alla ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, senza quindi rivolgere una preventiva istanza al Presidente del Tribunale come era in precedenza. Successivamente il Ministero della Giustizia, con nota prot. 31360.U del 21.08.2023 ha dato avvio all'attivazione del servizio di accesso diretto da parte degli Uffici UNEP alle banche dati di cui all'art. 492-bis c.p.c. per la ricerca telematica dei beni da pignorare. Si tratta dell'accesso alle banche dati contenenti informazioni utili ai fini della ricerca telematica dei beni da pignorare oggetto della convenzione sottoscritta, in data 20 giugno 2023, dal Ministero della Giustizia con l'Agenzia delle Entrate ed in particolare di dati relativi a dichiarazione dei redditi e certificazione unica, atti del registro e archivio dei rapporti finanziari.

Conclusione

Dal quadro normativo succitato, emerge chiaramente una progressiva inversione di rotta.

Se in passato risultava difficile far emergere in giudizio la reale situazione economico patrimoniale delle parti nei casi in cui una rivendicasse il diritto all’assegno divorzile, oggi la situazione è radicalmente mutata. Ancor prima del procedimento, sia esso consensuale o giudiziale, è data alla parte che vi abbia interesse la facoltà di assumere informazioni circa la situazione reddituale e finanziaria di quella obbligata, anche al fine di meglio ponderare l’iniziativa giudiziaria da un lato e di evitare stenuanti contenziosi dall’altro, ciò in ragione del riconoscimento del rango costituzionale degli interessi in gioco, vale a dire la dignità e la solidarietà post coniugale. La Riforma Cartabia del processo di famiglia si colloca sul medesimo solco, introducendo una serie di previsioni che trovano fondamento nei principi di autoresponsabilità e collaborazione tra il giudice e le parti, finalizzate ad un’immediata disclosure, che consenta al giudice di aver contezza dell’effettiva condizione economico patrimoniale delle parti sin dalla prima udienza, potendo così adottare provvedimenti che, in quanto più aderenti alla realtà fattuale, risultano effettivamente più tutelanti per la parte debole, ma, perché no, anche garantisti nei confronti del coniuge obbligato al quale, in linea di massima, non dovrebbe nella maggior parte dei casi venir richiesto più di quanto possa effettivamente dare.

In conclusione, può quindi affermarsi che attraverso i nuovi obblighi di informazione e trasparenza tendenzialmente viene assicurata una miglior tutela di tutti i diritti patrimoniali coinvolti.

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