Le assenze del lavoratore per ricoveri ospedalieri: disposizioni collettive e profili problematici
24 Aprile 2025
Massima Ai fini del corretto computo del periodo di comporto, a norma dell`art. 69 del CCNL Istituti Socio Sanitari, Assistenziali, Educativi AGIDAE, in caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita e/o temporaneamente invalidanti, devono essere esclusi dal calcolo delle assenze per malattia i giorni di ricovero ospedaliero, di trattamento in day hospital e di assenza comunque finalizzata a sottoporsi alle citate terapie, che siano debitamente certificati dalla struttura sanitaria, a nulla rilevando, ai fini della legittimità del licenziamento, l'effettiva conoscenza o meno da parte del datore di lavoro delle ragioni dell’assenza finalizzata al ricovero o alla sottoposizione a terapie temporaneamente invalidanti, alle quali deve essere attribuita una valenza oggettiva. Il caso La ricorrente, dipendente a decorrere dal 26 marzo 2021 di una casa di riposo, inquadrata come operaia qualificata con mansioni di operatrice sociosanitaria ex CCNL Istituti Socio Sanitari, Assistenziali, Educativi AGIDAE, conveniva in giudizio il datore di lavoro lamentando l'illegittimità del licenziamento per superamento del periodo di comporto irrogatole. In particolare, la ricorrente - che aveva in precedenza (nel periodo marzo 2018 - settembre 2020) già lavorato in somministrazione presso la casa di riposo convenuta, asseriva di essere affetta da gravi patologie, tra cui disturbo dell'umore e della personalità di secondo tipo, che si manifestavano con episodi ricorrenti di depressione maggiore con ideazione suicidaria; dichiarava altresì di essere stata sottoposta al ricovero a causa di un episodio di depressione maggiore con ideazione suicidaria nel maggio 2022, cui seguiva un periodo di convalescenza sino all'agosto 2022 e di essere stata ritenuta idonea alla mansione dal medico competente solo nel settembre 2022, con apposite prescrizioni l'effetto delle quali aveva anche trasformato il rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale e rimodulato le mansioni di attribuzione; attestava, infine, di aver fruito di ulteriori assenze per malattia anche nell'anno 2023, in cui veniva sottoposta ad ulteriori ricoveri ospedalieri verificatisi tra i mesi di febbraio e di aprile 2023. In data 3 ottobre 2023, la convenuta comunicava alla lavoratrice il licenziamento per superamento del periodo di comporto, essendo decorso il periodo massimo di conservazione del posto di lavoro così come previsto dall’art. 69, n. 2 del CCNL applicato al rapporto de quo. La lavoratrice ricorreva in giudizio chiedendo l’accertamento della nullità del licenziamento, per non avere la società convenuta, nel calcolo del c.d. termine lungo, correttamente applicato la clausola di cui al numero 3 dell'articolo 69 del CCNL di riferimento, che avrebbe invece dovuto essere applicata al caso di specie in ragione della peculiare condizione di salute patita dalla lavoratrice e, dunque, per non aver decurtato dal conteggio totale i giorni di assenza dovuti ai ricoveri ospedalieri. Si costituiva in giudizio la casa di cura, sostenendo la legittimità del licenziamento comminato, affermando che la lavoratrice avesse accumulato assenze per malattia per complessivi 377 giorni, così superando il limite dei 365 giorni di comporto c.d. lungo previsti dall'articolo 69 numero 2 del CCNL applicato. La vicenda veniva decisa dal Tribunale di Torino, con sentenza del 9 gennaio 2025, nei termini che ci si accinge ad illustrare. La questione La vicenda in esame affronta il tema del corretto computo del periodo di comporto per malattia del lavoratore obbligato ad assentarsi per sottoporsi a ricoveri ospedalieri, sulla base delle previsioni specifiche previste dei contratti collettivi sul punto. Come noto, ai sensi dell'art. 2110 c.c. è previsto che “In caso In caso d'infortunio, di malattia, di gravidanza o di puerperio, se la legge o le norme corporative non stabiliscono forme equivalenti di previdenza o di assistenza, è dovuta al prestatore di lavoro la retribuzione o un'indennità nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità. Nei casi indicati nel comma precedente, l'imprenditore ha diritto di recedere dal contratto a norma dell'art. 2118, decorso il periodo stabilito dalla legge, dalle norme corporative, dagli usi o secondo equità.”. Ad integrazione della suddetta disposizione, in funzione protettiva del lavoratore, i contratti collettivi stabiliscono la durata massima del periodo di astensione dal lavoro per causa di malattia (c.d. periodo di comporto) di cui ciascun lavoratore può godere, decorso il quale, ai sensi del comma 2, dell'art. 2110 c.c., il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto di lavoro. Per effetto di ciò, ciascun contratto collettivo prevede una propria regolamentazione del periodo di comporto, tendenzialmente articolata in modo tale da prevedere un periodo di comporto c.d. secco , applicabile in presenza di un singolo episodio morboso che si protrae nel tempo senza soluzione di continuità, e un periodo di comporto c.d. per sommatoria per patologie che determinano assenze dal lavoro discontinue. In questo caso il contratto individua anche l´arco temporale (termine lungo) entro il quale devono essere computate le assenze discontinue. Nel caso di specie, il contratto collettivo applicato tra le parti prevede una articolazione innovativa del periodo di comporto, di miglior favore per il lavoratore, in quanto prevede un'esclusione dal computo dei giorni di malattia delle assenze dovute a ricoveri ospedalieri, day hospital e simili (all'art. 69, n. 3). Tale premessa si rende doverosa per l'individuazione della quaestio iuris oggetto della decisione della pronuncia del Tribunale di Torino ivi in commento, poiché, nel caso di specie, le assenze per malattia di cui la ricorrente ha usufruito sono scaturite dalla peculiare condizione patologica sofferta dalla ricorrente. In particolare, la ricorrente è risultata essere affetta da un disturbo bipolare sfociato in episodi depressivi maggiori, a causa del quale la lavoratrice ha necessitato di un numero maggiore di giorni di assenza dal lavoro allo scopo di sottoporsi a terapie specifiche, tendenzialmente più limitanti rispetto a quelle ordinarie, in ragione dell'idoneità della patologia de qua ad incidere o ostacolare la vita professionale per un lungo periodo (ex multiis,Cass. civ., sez. lav., 31 marzo 2023, n. 9095 e Cass. civ., sez. lav., 21 dicembre 2023, n. 35747). Pertanto, alla luce di tutto quanto rappresentato, la questione giuridica su cui è opportuno riflettere concerne il tema del corretto calcolo delle assenze per malattia fruite dal lavoratore che, in ragione del suo stato di salute, è obbligato a sottoporsi a terapie lunghe ed invalidanti, tenuto conto della valenza oggettiva che a tali ipotesi di assenza viene oggi attribuita ai fini dell'esatto computo del periodo di comporto da parte del datore di lavoro che conosca o abbia avuto l'effettiva possibilità di conoscere della condizione di salute del prestatore di lavoro. Le soluzioni giuridiche La vicenda giuridica trattata nella sentenza in commento permette di formulare interessanti ed attuali riflessioni giuridiche in punto di corretto computo del periodo di comporto del lavoratore che sia obbligato ad assentarsi per sottoporsi a ricoveri ospedalieri o a terapie temporaneamente invalidanti per far fronte alla malattia. Come noto, e come sopra premesso, il periodo di comporto, quale causa legale di sospensione del rapporto di lavoro, è tendenzialmente articolato secondo le previsioni dei contratti collettivi, che integrano la previsione di legge – art. 2110 c.c. -, orientando le parti nell'ambito di un rapporto di lavoro nei meccanismi di computo del limite massimo di giorni di assenza per malattia di cui ciascun prestatore di lavoro può fruire con diritto alla conservazione del posto di lavoro. Nel caso di specie, la vicenda giuridica è caratterizzata dal fatto che il Tribunale di Torino, nell'accogliere il ricorso presentato dalla lavoratrice licenziata, ha attribuito rilevanza oggettiva alle assenze finalizzate ai ricoveri della ricorrente, a prescindere dall'effettiva conoscenza delle ragioni del ricovero che il datore di lavoro avesse avuto (e dalla buona fede dello stesso), così come espressamente previsto – in via del tutto innovativa – dall'art. 69, n. 3, del CCNL applicato al rapporto de quo. Per l'effetto, il Tribunale di Torino ha deciso dichiarando la nullità del licenziamento comminato alla ricorrente, poiché la datrice di lavoro avrebbe agito contra ius, per non avere applicato la previsione del n. 3, dell'art. 69 del CCNL Istituti Socio Sanitari, Assistenziali, Educativi AGIDAE che, in condizioni gravi, tra cui rientra quella patita dalla lavoratrice, dispone che “In caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita e/o temporaneamente invalidanti quali, a mero titolo esemplificativo, emodialisi o chemio terapia, sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia i relativi giorni di ricovero ospedaliero, di trattamento in day hospital, di assenza per sottoporsi alle citate terapie, debitamente certificati dalla competente Azienda Sanitarie Locale o struttura convenzionata”. Invero, chi scrive intende evidenziare la peculiarità della decisione de qua non tanto per il valore oggettivo che alle assenze per ricoveri viene attribuito ex se, quanto piuttosto per il fatto che tale oggettività, nella fattispecie concreta oggetto del giudizio, è stata espressamente disciplinata da una fonte collettiva, che ha chiaramente disposto l'esclusione dal computo dei giorni di comporto delle assenze per ricoveri ospedalieri et alia, ciò costituendo un dato peculiare e fortemente innovativo su cui è doveroso incentrare una riflessione giuridica anche in punto di conseguenze che il garantismo che anima tale disposizione contrattual-collettiva implica. È pacifico, infatti, che il CCNL Istituti Socio Sanitari, Assistenziali, Educativi AGIDAE sia una delle poche fonti collettive che disciplina espressamente la regola dell'esclusione dei giorni di ricovero ospedaliero e simili dai giorni di assenza per malattia ai fini del comporto. Invero, il principio di diritto interiorizzato dalla disposizione de qua non è di certo nuovo: innovativa è, piuttosto, la decisione delle parti sociali di recepire ed interiorizzare una così forte garanzia all'interno di un contratto collettivo nazionale. È pacifico infatti che la regola della valenza oggettiva delle assenze per ricoveri ospedalieri costituisca un principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza della Suprema Corte che nell'attribuire rilievo oggettivo a tale tipo di assenza – a prescindere dalla conoscenza effettiva che il datore possa avere della diagnosi o delle motivazioni del ricovero – ha espresso il principio di diritto per cui: “Nella disciplina del licenziamento per superamento del periodo di comporto, il punto di equilibrio tra i contrapposti interessi del datore di lavoro e del lavoratore sia realizzato assegnando al dato dell'assenza dal lavoro una valenza puramente oggettiva, con la conseguenza che, in mancanza di un obbligo contrattuale, non è onere del datore informare il dipendente dell'approssimarsi del superamento del periodo di comporto (v. Cass. n. 20761/2018; Cass. n. 14891/2006) e, analogamente, non rileva l'erroneo convincimento del datore di lavoro in ordine all'avvenuto superamento del comporto (v. Cass. n. 1770/2005)”. (Cass. civ., sez. lav., 6 giugno 2024, n. 15854, in senso analogo anche: Cass. civ., sez. lav., 17 gennaio 2025, n. 70). In buona sostanza, dai recenti arresti della Suprema Corte pare derivare la regola per cui la conoscenza dello stato patologico del lavoratore (o, comunque, la possibilità di conoscerlo secondo l'ordinaria diligenza) impone al datore di lavoro l'obbligo di acquisire – prima di procedere al licenziamento – informazioni circa l'eventualità che le assenze per malattia siano correlate alla condizione di salute del lavoratore (ex multiis,Cass. civ., sez. lav., n. 14402/2024 e Cass. civ., sez. lav., n. 14316/2024). Nella vicenda giuridica esaminata l'obbligo giurisprudenziale de quo è stato, invece, (direttamente) interiorizzato nella previsione collettiva su cui si fonda la decisione, quale appunto l'art. 69, n. 3, del CCNL Istituti Socio Sanitari, Assistenziali, Educativi AGIDAE, che in chiave espressamente garantista, supera (e, per certi versi, comprime) la buona fede del datore di lavoro e impone di dare valore oggettivo alle assenze per ricoveri e terapie temporaneamente invalidanti resi necessari dalla gravità di quelle patologie che non potrebbero essere diversamente trattate se non con terapie salvavita, intendendosi per tali tutte le terapie farmacologiche idonee a migliorare lo stato di salute o comunque a prevenire le conseguenze degenerative più drammatiche, anche a prescindere dalla effettiva conoscenza che ciascun datore possa avere della diagnosi o delle ragioni che hanno indotto il lavoratore al ricovero. Alla luce di ciò, dal combinato disposto delle previsioni (contrattualcollettiva e giurisprudenziale) richiamate, il Tribunale di Torino - avendo accertato l'avvenuta conoscenza del ricovero da parte del datore di lavoro, in ragione dei certificati che la lavoratrice inviava a mezzo whatsapp alla referente della struttura - ha deciso dichiarando la nullità del licenziamento e disponendo ai sensi dell'art. 2, d.lgs. 23/2015 la reintegra della lavoratrice con conseguente condanna del datore alla corresponsione dell'indennità commisurata all'ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR, dal giorno del licenziamento, sino a quello della reintegra. Osservazioni La sentenza attribuisce valenza oggettiva alle assenze per ricovero, come previsto dal contratto collettivo che regola il rapporto di lavoro tra la ricorrente e la casa di cura. Essa permette quindi di condurre un'analisi relativa a profili innovativi concernenti il tema del corretto computo del periodo di comporto del lavoratore costretto ad assentarsi per sottoporsi a ricoveri ospedalieri, day hospital e simili. Invero, nel caso di specie la decisione giudiziale è incentrata proprio sulla specifica e peculiare previsione introdotta dalle parti sociali nell'art. 69, n. 3, del CCNL Istituti Socio Sanitari, Assistenziali, Educativi AGIDAE applicato al rapporto de quo. Come si è avuto modo di vedere, infatti, la disposizione in esame prevede che “In caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita e/o temporaneamente invalidanti quali, a mero titolo esemplificativo, emodialisi o chemioterapia, sono esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia i relativi giorni di ricovero ospedaliero, di trattamento in day hospital, di assenza per sottoporsi alle citate terapie, debitamente certificati dalla competente Azienda Sanitarie Locale o struttura convenzionata”, all'evidenza esplicitando dunque l'obbligo interiorizzato dalla Suprema Corte di Cassazione, sezione lavoro, nelle pronunce sopra richiamate, in capo al datore che sia a conoscenza dello stato patologico del lavoratore, o nella possibilità di conoscerlo, di acquisire informazioni circa l'eventualità che le assenze per malattia siano dovute alla necessità di sottoporsi a terapie temporaneamente invalidanti, attribuendo rilievo oggettivo a tale tipo di assenza a prescindere dalla conoscenza che possa averne il datore di lavoro e, dunque, dalla buona fede dello stesso. È proprio, dunque, in tale forma di automatismo che si rinviene la peculiarità della pronuncia de qua, in relazione al quale è interessante interrogarsi circa l'attuale equilibrio tra il garantismo intrinseco nella previsione contrattual-collettiva e il principio generale di correttezza che deve orientare ciascun rapporto giuridico e che potrebbe risultare compresso per effetto di una regola giuridica e pattizia che instaura un legame oggettivo tra il dato dell'assenza per ricoveri o terapie e lo scomputo dei giorni ai fini del comporto, a prescindere dall'effettiva conoscenza del datore di lavoro della diagnosi o delle ragioni che hanno obbligato a tale ricovero: è evidente, dunque, che l'automatismo qui opera a prescindere dalla buona fede del datore di lavoro, che risulta evidentemente compressa, integrando così un'ipotesi di responsabilità oggettiva, che il nostro sistema giuridico storicamente ripugna. In conclusione, a chi scrive pare opportuno interrogarsi sulla convenienza giuridica, in termini di correttezza dei rapporti, di regole che, al fine di tutelare al meglio i lavoratori affetti da condizioni patologiche particolari, potrebbero, in assenza di previsioni di oneri di collaborazione a carico del lavoratore, esporre anche datori di lavoro in buona fede a conseguenze sanzionatorie rilevanti derivanti da un errato calcolo del periodo di comporto derivante dalla incolpevole ignoranza delle ragioni dell'assenza. A. Vallebona, La malattia del lavoratore, in Mass. Giur. Lav., 2024, 1, 152. P. Pizzuti, Licenziamento per superamento del comporto: un “rebus” ancora da risolvere?, in Mass. Giur. Lav., 2023, 3, 325. R. Pessi, Lezioni di diritto del lavoro, Torino, 2023. |