La fine del fondo patrimoniale come strumento di protezione?
17 Aprile 2025
Massima In tema di pignorabilità dei beni conferiti in un fondo patrimoniale, la protezione offerta dall’art. 170 c.c. non opera in via automatica, ma presuppone che il debitore dimostri, anche mediante elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, che il debito per cui si procede è stato contratto per finalità estranee ai bisogni della famiglia e che il creditore fosse consapevole di tale estraneità. In particolare, nell’ambito della riscossione tributaria, l’iscrizione ipotecaria sui beni del fondo è legittima quando il debito tributario è riconducibile, anche indirettamente, alle esigenze familiari o quando il contribuente non fornisca prova contraria idonea a escludere il collegamento tra l’obbligazione e il sostentamento del nucleo familiare. Il caso Nel caso in esame, l'Agenzia delle Entrate – Riscossione aveva proceduto all'iscrizione ipotecaria ex art. 77 d.P.R. 602/1973, volta a garantire il pagamento di svariate cartelle, su beni immobili posti in un fondo patrimoniale. In primo grado il ricorso in opposizione presentato dalla contribuente è stato rigettato; per cui la stessa ha proposto appello avverso la sentenza della Corte di Giustizia tributaria, gravame altrettanto respinto tanto che la ricorrente ha proposto ricorso in Cassazione formulando tre distinti motivi di impugnazione. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente contestava proprio la regolarità e validità della notifica avvenuta tramite PEC da un indirizzo non presente nei registri ufficiali (quali l'INI-PEC o l'IPA), per violazione e falsa applicazione di diverse norme, tra cui: i) gli artt. 77, comma 2 bis e 26 del d.P.R. 602/1973, nonché l'art. 60 d.P.R. 600/1973; ii) gli art. 16-ter del d.l. n. 179/2012, l'art. 3-bis della L. n. 53/1994 e l'art. 6-ter del d.lgs. n. 82/2005, in materia di comunicazioni telematiche; iii) gli art. 44, co.1, lett. b) del Reg. UE n. 910/2014, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3 del codice di procedura civile. Con il secondo motivo di ricorso, la ricorrente sosteneva la violazione o falsa applicazione dell'art. 77 comma 2 bis del d.P.R. 602 del 1973 e dell'art. 19 comma 1 lettera e-bis) del D.lgs. n. 546 del 1992 in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. da parte del giudice del merito per aver imposto l'onere di impugnare subito il preavviso di iscrizione ipotecaria, in quanto già contente la pretesa tributaria. Il terzo e centrale motivo d'impugnazione verteva sulla disciplina dell'impignorabilità e insequestrabilità dei beni del fondo patrimoniale ai sensi dell'art. 170 c.c. In particolare, secondo la ricorrente, la presenza di beni destinati a costituire il fondo patrimoniale, avrebbe dovuto impedire l'iscrizione ipotecaria, poiché il debito tributario non era strumentale ai bisogni della famiglia. Nello specifico il ricorso ha evidenziato la rilevanza degli artt. 170,2727 e 2729 del codice civile, in relazione all'art. 360 comma 1, n. 3 c.p.c., nonché delle disposizioni contenute nel d.lgs. n. 546/1990, con riferimento in particolare all'art. 36, comma 2, n. 4, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 4 del c.p.c. La questione centrale, quindi, verteva sull'onere probatorio, ossia se e in che misura il debitore, per opporsi all'effetto esecutivo dell'iscrizione ipotecaria, dovesse dimostrare l'estraneità dell'obbligazione rispetto ai bisogni della famiglia e la consapevolezza del creditore della natura del debito. In tale contesto, la questione relativa al fondo patrimoniale è emersa come uno degli aspetti cruciali, in quanto ha implicato la valutazione della possibilità di impugnare l'effetto dell'iscrizione ipotecaria sulla base della tutela del patrimonio familiare. La questione Con la sentenza in commento, la Corte di cassazione torna ad affrontare una tematica particolarmente dibattuta in dottrina e giurisprudenza, cioè l'impatto dell'iscrizione ipotecaria sul fondo patrimoniale, con particolare attenzione all'onere probatorio che il debitore deve sostenere per dimostrare l'estraneità del debito rispetto alle esigenze familiari, come previsto dagli artt. 170,2727,2729 c.c. e dal d.lgs. n. 546/1990. Le principali questioni quindi sono: i) in presenza di un'iscrizione ipotecaria su beni destinati a costituire il fondo patrimoniale, il debitore può far valere il regime di impignorabilità, ovvero può opporsi all'efficacia dell'iscrizione dimostrando l'estraneità dell'obbligazione rispetto ai bisogni familiari e la consapevolezza del creditore?; ii) la famiglia trova ancora protezione nell'istituto del fondo patrimoniale o si sta verificando una maggior tutela a favore dei creditori? Le soluzioni giuridiche Questa complessa vicenda processuale ha unito questioni di forma – relative alla corretta modalità di notifica degli atti amministrativi – e questioni di sostanza - inerenti alla tutela del patrimonio familiare -, rendendo necessaria una rigorosa valutazione dei requisiti probatori e dell'applicazione delle norme in materia. Per completezza, sebbene estranei al focus della presente rivista, evidenziamo solo sommariamente che la Corte di Cassazione ha rigettato il primo motivo di reclamo, relativo alla validità della notifica del preavviso di iscrizione ipotecaria avvenuta tramite PEC da un indirizzo non presente nei pubblici registri, ritenendo che la notifica fosse comunque valida perché l'indirizzo utilizzato era istituzionale e non è stato dimostrato alcun pregiudizio al diritto di difesa del destinatario. Venendo ora al tema della nostra analisi, il fondo patrimoniale - istituto giuridico introdotto con la riforma del diritto di famiglia del 1975 e disciplinato dagli articoli 167 e seguenti del Codice Civile -, ha la funzione di garantire che determinati beni – immobili, mobili registrati o titoli di credito - siano utilizzati esclusivamente per soddisfare le esigenze della famiglia, creando un vincolo di destinazione su di essi. Questo vincolo determina la creazione di patrimonio separato rispetto a quello personale dei coniugi o del terzo che ha istituito il fondo, con l'obiettivo di proteggere tali beni da eventuali azioni esecutive da parte di creditori per debiti non contratti per i bisogni familiari. Uno degli aspetti più dibattuti in dottrina e giurisprudenza è l'opponibilità del fondo patrimoniale ai creditori. L'art. 170 c.c. stabilisce che i beni conferiti nel fondo non possono essere aggrediti per debiti che il creditore sapeva essere stati contratti per scopi estranei alla famiglia. Inizialmente, la giurisprudenza tendeva a ritenere estranei ai bisogni della famiglia i debiti derivanti dall'attività imprenditoriale o professionale, escludendo di fatto la possibilità per i creditori di aggredire i beni del fondo patrimoniale (in tal senso, Cass. civ., sez. I, sent., 5 giugno 1999, 5385). Col passare del tempo, poi, la Cassazione ha adottato un'interpretazione più restrittiva; nella sentenza Cass. n. 2904/2021, la Corte ha stabilito che l'onere della prova dell'estraneità del debito ai bisogni familiari grava sul debitore che invoca l'impignorabilità dei beni del fondo patrimoniale. Inoltre, ha chiarito che la nozione di “bisogni della famiglia” non si limita alle esigenze essenziali, ma comprende anche quelle legate al mantenimento e allo sviluppo armonico della famiglia, escludendo solo le esigenze di natura voluttuaria o speculativa. Successivamente, la Cassazione ha ulteriormente precisato che i debiti contratti nell'esercizio dell'attività d'impresa possono rientrare nei bisogni familiari se l'attività è finalizzata al suo mantenimento. L'aggressione dei beni del fondo patrimoniale è dunque ammissibile se si dimostra che, nel caso concreto, il debito è stato assunto per soddisfare immediatamente e direttamente i bisogni della famiglia (in tal senso Cass. civ., sez. III, sent., 28 settembre 2023, n. 27562 e Cass. civ., sez. III, ord., 8 febbraio 2021, n. 2904). A conferma di questa impostazione, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza Cass. n. 9789/2024, ha fornito importanti chiarimenti sulla pignorabilità dei beni conferiti in un fondo patrimoniale. In particolare, ha ribadito che la possibilità per un creditore di aggredire tali beni non dipende dalla natura dell'obbligazione contratta, ma dalla relazione tra il fatto generatore del debito e i bisogni della famiglia. La nozione di “bisogni della famiglia” è stata interpretata in senso ampio, includendo esigenze primarie di mantenimento e sviluppo armonico della famiglia, oltre che potenziamento della capacità lavorativa di uno dei coniugi. Sono invece escluse da questa categoria le esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi. Inoltre, la Corte ha stabilito che spetta al debitore l'onere di dimostrare che il debito è stato contratto per scopi estranei ai bisogni familiari e che il creditore ne fosse consapevole al momento della contrazione dell'obbligazione. Questa prova può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici. Questa ordinanza, quindi, ha segnato un punto di svolta nell'interpretazione della pignorabilità dei beni conferiti nel fondo patrimoniale, chiarendo che la vera discriminante non è più la natura del debito-imprenditoriale, professionale o tributario -, ma il suo concreto collegamento con il mantenimento della famiglia. Su questa stessa linea si colloca la sentenza in commento, che ha applicato lo stesso principio al settore della riscossione tributaria. La Corte ha ribadito che l'iscrizione ipotecaria su beni vincolati nel fondo patrimoniale è legittima se il debito tributario ha una connessione con i bisogni della famiglia, oppure se il debitore non è in grado di dimostrare che il creditore fosse consapevole dell'estraneità di tale debito. Entrambe le pronunce, quindi, sottraggono il fondo patrimoniale ad una tutela di tipo assoluto, introducendo una maggior flessibilità nella sua aggressione da parte dei creditori. Pertanto, il nuovo orientamento giurisprudenziale evidenzia come la protezione dei beni del fondo patrimoniale non sia più automatica, bensì subordinata alla dimostrazione da parte del debitore – anche attraverso elementi presuntivi – dell'estraneità del debito ai bisogni della famiglia, integrando così l'onere probatorio previsto dagli artt. 170,2727 e 2729 del Codice civile, nonché dal d.lgs. n. 546/1990. Come noto, gli elementi presuntivi permettono di giungere a una conclusione logica anche in assenza di prove dirette. Il loro utilizzo è disciplinato dall'art. 2729 c.c., che stabilisce che le presunzioni devono essere gravi, precise e concordanti affinché possano costituire prova nel processo. In materia di fondo patrimoniale e pignorabilità, tali elementi assumono un ruolo centrale, per provare: i) se il debito è stato contratto per bisogni familiari (favorendo l'azione del creditore); ii) se il creditore era a conoscenza della sua estraneità (favorendo la difesa del debitore). Quindi, in assenza di una prova diretta, la decisione del Giudice potrà fondarsi su indizi e presunzioni gravi, precise e concordanti, applicando il principio espresso nelle recenti pronunce della Cassazione. La sentenza in commento, nel rigettare il terzo motivo di reclamo, conferma questo nuovo orientamento stabilendo che non basta la mera esistenza del fondo patrimoniale per escludere l'aggressione dei beni conferiti, ma è necessaria una prova concreta dell'estraneità del debito ai bisogni familiare e della consapevolezza del creditore. Osservazioni A parere di chi scrive, la pronuncia n. 5206/2025 conferma che il fondo patrimoniale non può essere utilizzato come un escamotage per sottrarre beni alle pretese creditorie quando il debito è funzionale al mantenimento della famiglia o quando il creditore non poteva conoscerne l'estraneità. Con questa decisione, la Cassazione consolida un orientamento giurisprudenziale sempre più volto a bilanciare la tutela della famiglia con la protezione dei creditori, evitando che il fondo patrimoniale si trasformi in uno scudo impenetrabile contro l'esecuzione forzata. Tale evoluzione segna una netta discontinuità rispetto al passato, quando la protezione del fondo era quasi automatica in base alla tipologia del debito. L'attuale approccio introduce una maggiore flessibilità nell'aggredibilità dei beni conferiti nel fondo patrimoniale, imponendo una valutazione caso per caso sull'eventuale estraneità del debito ai bisogni familiari. In quest'ottica, il riferimento agli artt. 2727 e 2729 c.c. evidenzia l'importanza di analizzare non solo la natura formale dell'obbligazione, ma soprattutto la sua reale finalità. L'obiettivo è evitare che la tutela del fondo patrimoniale rappresenti un ostacolo all'esecuzione, laddove emergano elementi idonei a dimostrare una destinazione diversa del debito, inclusi i casi di riscossione coattiva. La sentenza solleva un interrogativo fondamentale: questa soluzione rappresenta davvero un equilibrio tra interessi dei creditori e protezione della famiglia o la tutela si sta progressivamente spostando a favore dei creditori? La maggiore flessibilità introdotta nell'interpretazione della pignorabilità del fondo patrimoniale potrebbe comportare: - un'eccessiva discrezionalità: se il criterio non è più la natura dell'obbligazione, ma il suo collegamento con i bisogni familiari, si rischiano interpretazioni soggettive e incertezze applicative; - una penalizzazione del debitore: l'onere di dimostrare l'estraneità del debito ai bisogni familiari può risultare gravoso e complesso, specie in assenza di prove documentali dirette, rendendo necessario il ricorso a elementi presuntivi. - un indebolimento della tutela patrimoniale: il fondo patrimoniale, nato per proteggere il patrimonio familiare, rischia di perdere efficacia. Se un creditore può aggredire i beni del fondo basandosi su presunzioni di collegamento con la famiglia, questa tutela potrebbe risultare progressivamente svuotata. Se da un lato è giusto evitare che il fondo patrimoniale venga strumentalizzato per eludere le pretese creditorie, dall'altro lato occorre garantire che non si trasformi in una tutela inefficace, a causa di un'interpretazione che estenda eccessivamente i margini di azione dei creditori. Per questi motivi sarebbe auspicabile una maggior chiarezza nei criteri di valutazione adottati dalla Cassazione, magari attraverso linee guida più oggettive, in grado di distinguere i debiti effettivamente estranei ai bisogni della famiglia da quelli che possono essere considerati pertinenti. Alla luce di questa sentenza, chi possiede un fondo patrimoniale dovrebbe adottare una strategia più prudente e documentata per prevenire possibili aggressioni da parte dei creditori provvedendo a: i) dimostrare documentalmente che il debito non è riconducibile ai bisogni familiari; ii) evitare la commistione tra fondi personali e familiari nelle operazioni finanziarie; iii) precostituire elementi presuntivi chiari e precisi per rafforzare la propria difesa in un'eventuale sede contenziosa. |