I nomi della madre naturale ed adottiva sulla CIE del minore
16 Aprile 2025
Massima In seguito a una sentenza di adozione, il minore acquisisce lo stato di figlio dell’adottante, e quindi la sua situazione familiare deve essere adeguatamente rappresentata anche nei documenti di identificazione, come la carta d’identità elettronica. Il decreto ministeriale che limita questa rappresentazione non può essere considerato conforme alla normativa, in quanto non riflette la realtà giuridica (nella specie, la Corte ha confermato la disapplicazione del d.m. 31 gennaio 2019 che impone la dicitura «padre» e «madre» sulla carta di identità del figlio, ritenendo legittimo adottare le indicazioni di «genitore» e «genitore» o «madre/genitore» e «padre/genitore» per il rilascio del documento d’identità valido per l’espatrio del figlio adottato dalla compagna della madre naturale). Il caso La situazione di diritto emergente dagli atti dello stato civile in virtù della sentenza di adozione ritualmente annotata nell’atto di nascita assume un ruolo fondamentale anche per il contenuto che deve assumere la carta d’identità elettronica (CIE) rilasciata al minore. In particolare, la vicenda esaminata trae origine dalla pronuncia con cui la Corte d’Appello ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma che, previa disapplicazione del d.m. 31 gennaio 2019, aveva ordinato al Ministero dell’Interno di indicare sulla CIE del minore la qualità di «genitore» (o, alternativamente, di «padre/genitore madre/genitore») in corrispondenza tanto del nome della madre naturale quanto di quella adottiva; e, ciò in ragione del fatto che l’adozione in casi particolari produce effetti pieni e determina la nascita di relazioni di parentela con i familiari dell’adottante. Al riguardo, la decisione impugnata evidenziava proprio come le diciture previste dai modelli ministeriali (incentrati sulle sole figure del «padre» e della «madre») non erano rappresentative di tutte le legittime conformazioni dei nuclei familiari e dei correlati rapporti di filiazione, pregiudicando, di conseguenza, il diritto del minore di ottenere una CIE idonea a mostrare la sua peculiare situazione familiare. La questione La posizione assunta, nel caso di specie, dai giudici del merito e la soluzione (definitivamente) offerta dalla Corte di cassazione ad una questione di indubbia rilevanza e sicura diffusione hanno suscitato un partecipato interesse e generale fervore della collettività. Il giurista, chiamato a perimetrare il delicato tema di indagine si domanda: la disapplicazione del d.m. 31 dicembre 2019, nella parte in cui (modificando il Decreto del 23 dicembre 2015, recante «Modalità tecniche di emissione della Carta d'identità elettronica») prevede che sulla CIE del minore valida per l'espatrio siano indicati (o, più precisamente, possano essere indicati, a richiesta) il nome della «madre» e del «padre» (anziché genericamente dei «genitori»), viola il concetto di bigenitorialità attualmente in vigore nel nostro sistema giuridico e si pone in contrasto con i principi di ordine pubblico emergenti dalle norme dettate in materia di atti dello stato civile? Inoltre, poiché non è ammessa la formazione di atti di nascita e di stato civile che non riportino l'indicazione di un «padre» e una «madre», quale deve essere il contenuto della CIE rilasciata ad un minore adottato dalla partner della madre naturale a seguito del ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita? Ed ancor prima, a livello processuale: a fronte della (asserita) violazione di un decreto ministeriale, può proporsi ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.? Le soluzioni giuridiche La Suprema Corte evidenzia, innanzi tutto, come il decreto ministeriale oggetto di disapplicazione da parte del giudice di merito è, in generale, un «atto amministrativo» (TAR Lazio, 9 gennaio 2020, n. 215), e quindi un «atto privo di carattere normativo» e «men che meno un atto del legislatore nazionale», onde l'inammissibilità delle doglianze proposte per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (Cass., sez. I, 8 aprile 2025, n. 9216). Ciò posto, nel merito della vicenda, e per comprendere dunque la portata delle questioni affrontate dalla decisione annotata, occorre preliminarmente considerare che il d.m. 31 dicembre 2019 – nel modificare il d.m. 23 dicembre 2015 (recante «Modalità tecniche di emissione della Carta d'identità elettronica») e i relativi Allegati A e B – ha previsto, nelle disposizioni riguardanti tanto i soggetti legittimati alla richiesta quanto le informazioni di dettaglio contenute nella CIE del minore, la sostituzione dell'espressione «genitori» con quella di «padre» e «madre», con ciò ingenerando dubbi sulla compatibilità di tale scelta terminologica. Sin da subito, pertanto, ci si è domandati se tale sostituzione terminologica – giustificata dalla necessità di adeguare i dati anagrafici riportati sulla carta di identità alle specifiche disposizioni dello stato civile, nell'ambito di un necessario contesto di armonizzazione dei profili anagrafici dei soggetti richiedenti – fosse compatibile con il principio di esattezza dei dati personali e di tutela dell'identità personale del minore. Ed infatti posto che la richiesta di CIE del minore valida per l'espatrio deve essere «presentata dal padre e dalla madre congiuntamente» (art 4, comma 3 bis, d.m. 23 dicembre 2015), nelle ipotesi in cui i soggetti esercenti la responsabilità genitoriale non siano esattamente riconducibili alle predette figure (essendosi in presenza, per esempio, di sentenza di adozione in casi particolari ex art. 44, lett. d, Legge 4 maggio 1983, n. 184; di trascrizione di atti di nascita formati all'estero; di riconoscimento in Italia di provvedimento di adozione pronunciato all'estero; di rettificazione di attribuzione di sesso ex Legge 14 aprile 1982, n. 164) è del tutto evidente come «l'esercizio del diritto potrebbe essere impedito dall'ufficio – in violazione di legge – oppure, potrebbe essere subordinato a una dichiarazione non corrispondente alla realtà» da parte di uno dei genitori (Garante per la protezione dei dati personali, 31 ottobre 2018, parere n. 9058965). Inoltre, poiché «la carta di identità valida per l'espatrio rilasciata ai minori di età inferiore agli anni quattordici può riportare, a richiesta, il nome dei genitori o di chi ne fa le veci» (art. 3, comma 5, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, c.d. T.U.L.P.S.), nei predetti casi, il dato relativo a uno dei genitori risulterebbe necessariamente indicato in un campo riportante una specificazione di genere non corretta, non adeguata e non pertinente alla finalità perseguita, ove ciò che rileva è unicamente l'assenso di entrambi i soggetti che esercitano la responsabilità genitoriale al rilascio di un documento valido per l'espatrio (Garante per la protezione dei dati personali, 31 ottobre 2018, parere n. 9058965). È bene precisare come, nella fattispecie in discorso, non si discute affatto dello stato giuridico dei figli nati da una coppia di due donne che abbia fatto ricorso alle tecniche di P.M.A. all'estero (laddove è consentito) ovvero in Italia, pur in palese violazione del divieto previsto dagli artt. 4 e 5, Legge 19 febbraio 2004, n. 40 e, segnatamente, nella parte in cui prevedono che la coppia debba essere formata da persone «di sesso diverso, coniugate o conviventi» (A. Lestini, P.M.A. eterologa e superiore interesse del minore: quale status del figlio nato da due donne?, in Ius Famiglie, 2024; quanto, piuttosto, del mancato rilascio della carta d'identità elettronica valida per l'espatrio del minore a causa di un ostacolo tecnico costituito dalla dicitura «padre» e «madre», essendo il bambino figlio naturale di una donna e figlio adottivo dell'altra. In presenza di una sentenza di adozione passata in giudicato e ritualmente annotata nell'atto di nascita, pertanto, la pronuncia impugnata, lungi dallo scardinare il concetto di bigenitorialità padre/madre, ha correttamente preso atto delle reali circostanze invocate dalle parti, disponendo così la corretta indicazione dei dati corrispondenti alle figure genitoriali nel rilascio della CIE; indicazione che, in presenza di una adozione in casi particolari, deve riflettere il rapporto di filiazione con l'adottante, in quanto l'adottato entra «nella famiglia dell'adottante» e «acquista lo stato di figlio dell'adottante» (Cass., sez. un., 30 dicembre 2022, n. 38162). A tal riguardo, nella motivazione del Collegio, si ribadisce come l'adozione in casi particolari risponde adeguatamente alle esigenze del minore: del resto – a seguito della sentenza con cui la Corte Costituzionale (Corte Cost., 28 marzo 2022, n. 79) aveva espressamente ritenuto che «il minore adottato ha lo status di figlio» dell'adottante e che l'invocato strumento consente l'instaurazione di rapporti civili tra l'adottato ed i parenti dell'adottante – secondo la giurisprudenza di merito (App. Milano, sez. fam., 23 gennaio 2024) e di legittimità, l'istituto de quo non solo si presta a realizzare appieno il preminente interesse del minore alla creazione di legami parentali con la famiglia del genitore adottivo, senza che siano esclusi quelli con la famiglia del genitore biologico (Cass., sez. I, 20 febbraio 2024, n. 4448), ma costituirebbe l'unica strada percorribile dalla madre intenzionale (App. Milano, sez. fam. 6 febbraio 2024). Ne deriva che a fronte di una sentenza di adozione che abbia riconosciuto alla partner della madre naturale la condizione di madre adottiva, non si potrebbe che addivenire alla disapplicazione del decreto ministeriale del 31 gennaio 2019 (Cass., sez. I, 8 aprile 2025, n. 9216); quest'ultimo, infatti, si pone in contrasto con quelle norme che si riferiscono ai «genitori» come soggetti richiedenti il rilascio della carta d'identità (art. 3, comma 5, T.U.L.P.S.; art 4, comma 3 bis, d.m. 23 dicembre 2015), in quanto ciò che rileva è unicamente l'assenso di entrambi i soggetti che esercitano la «responsabilità genitoriale» al rilascio di un documento valido per l'espatrio (cfr. art. 3, comma 1, lett. b, Legge 21 novembre 1967, n. 1185). Inoltre, in presenza di due madri (naturale ed adottiva), il predetto decreto «impediva di dare adeguata rappresentazione alla realtà giuridica familiare venutasi a creare a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di adozione» ed «astringeva anche il diritto di ciascun genitore di veder riportata sulla carta di identità del figlio minore il proprio nome, in quanto consentiva un'indicazione appropriata solamente per una delle due madri ed imponeva all'altra di veder classificata la propria relazione di parentela secondo una modalità (“padre”) non consona al suo genere» (Cass., sez. I, 8 aprile 2025, n. 9216). Osservazioni La corretta rappresentazione del ruolo svolto, rispetto al minore, dai soggetti richiedenti l'emissione della CIE, peraltro, era già stata affrontata dal Garante per la protezione dei dati personali laddove, chiamato ad esprimersi sul ripristino dell'espressione «genitori» in sostituzione di quelle di «padre» e «madre», aveva auspicato «modifiche al d.m. del 2015 non già sostitutive ma meramente aggiuntive e tali, quindi, da consentire, da parte dei richiedenti la CIE, di indicare la figura che più esattamente corrisponda alla propria» (Garante per la protezione dei dati personali, 25 marzo 2021, parere n. 9677947). Nel corso del tempo, invero, è mutato il concetto di famiglia: non più «isola che il mare del diritto può lambire, ma lambire soltanto» (C.A. Jemolo, La famiglia e il diritto, in Annali del Seminario Giuridico dell'Università di Catania, III, 1949, pp. 38 ss.) ma «arcipelago» (F.D. Busnelli, La famiglia e l'arcipelago familiare, in Riv. dir. civ., 1/2002, pp. 509 ss.; S. Patti, La famiglia: dall'isola all'arcipelago?, in Riv. dir. civ., 3/2022, pp. 507 ss.), ove ciò che rileva è l'esistenza di «una struttura che possa garantire la cura dei piccoli» ed il fatto «che i suoi componenti siano uniti da un vincolo affettivo», vale a dire «che la formazione sociale funzioni come unità sociale, economica e potenzialmente educativa e che possa, dunque, assolvere o aver assolto in astratto, anche se in concreto non possa o non voglia, la funzione di educazione, crescita e sviluppo di persone nella fase di infanzia e adolescenza» (V. Barba, La famiglia nell'ordine giuridico: concetto e rilevanza, in Dir. fam. pers., 2/2024, pp. 746 ss.). Preso atto delle concrete e complesse dinamiche familiari – e, quindi, della presenza di «famiglie allargate o ricomposte ove uno dei coniugi o il componente della coppia non è genitore dei figli o solo di alcuni di essi» oppure di «coppie, eterosessuali e omosessuali, che all'estero attuano pratiche di procreazione medicalmente assistita da cui nascono figli e per i quali viene riconosciuto il rapporto di filiazione solo per uno dei componenti della coppia in quanto unico genitore biologico e non per il genitore intenzionale» (M. Rinaldo, La parità tra i modelli familiari. Un obiettivo lontano per la convivenza di fatto, in Dir. fam. pers., 4/2023, pp. 1876 ss.) – la decisione in epigrafe si allinea, in definitiva, a quell'indirizzo interpretativo secondo cui appare senz'altro necessario affiancare (e non già sostituire) alle nozioni di «padre» e di «madre», ovunque compaiano, quella di «genitore», anche secondo la composizione «padre/genitore e madre/genitore». |